Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

venerdì 9 aprile 2021

Alcune considerazioni del grande latinista card. Bacci per la Giornata della Lingua Latina

Quest’anno per la prima volta, il 9 e il 10 aprile, verrà celebrata la Giornata Mondiale della Lingua Latina. L'iniziativa è promossa dalla Presidenza nazionale dell’Associazione italiana di cultura classica (Aicc) e patrocinata dall'Unesco, dal Ministero dei Beni culturali e da cinque università del Lazio: Sapienza, Tor Vergata, Roma Tre, Cassino e Tuscia. Ogni lezione è affidata a uno studioso specialista nello specifico tema del titolo, che farà dialogare antico e contemporaneo con lo scopo di avvicinare gli studenti del triennio dei licei allo studio universitario del latino, inteso come lingua non solo splendida nella elaborazione artistica dei maggiori scrittori, ma “viva” sotto varie forme nel passato, e viva certamente ancor oggi nella sua eredità. Le lezioni si svolgono in modalità telematica.
Per seguire le lezioni.
Prendiamo spunto da Radio Spada per celebrare l'evento riprendendo alcune parole del cardinale Antonio Bacci (1885-1971) [vedi anche], grande latinista, tratte da una intervista rilasciata all’Osservatore Romano della Domenica del 18 marzo 1962 (XXIX-11, p. 3). Notiamo che sull'uso del Latino come lingua universale della Chiesa le sue affermazioni, purtroppo, non sono più attuali. 
Sulla vexata questio potete documentarvi qui : indice degli articoli sulla Latina lingua.
* * * 
Una delle locandine dell'evento
«Il decadimento dello studio del latino è da lamentare dovunque, in Italia e all’estero, in ogni ordine e grado di scuole dove il latino è materia basilare o soltanto accessoria. Mi domanderete le ragioni. A mio parere, sono due: la prima si deve ricercare nell’utilitarismo che caratterizza la nostra epoca. Oggi interessa soltanto quello ch’è utile, pratico, quello "che serve”; con il tramonto dell’umanesimo, si è spento ogni amore alla cultura di per se stessa. 
La seconda ragione è che oggi lo studio del latino non è impartito per fare amare questa mirabile lingua, tutt’altro: la si studia come una lingua morta, archeologica, cioè da un punto di vista freddamente scientifico. Gli insegnanti di latino sono dei filologi puri che insegnano la grammatica, la sintassi, la critica dei testi, ma rendono arido l’insegnamento. 
Vorrei citare, a questo proposito, Plutarco che diceva: «I giovani non sono dei vasi da riempire, ma delle fiaccole da accendere». Ora, i ragazzi nostri seguono le lezioni di latino sbadigliando, imparano pappagallescamente delle regole, si aiutano nelle traduzioni con i «traduttori», e non sanno scrivere in latino perché, anche uscendo dal liceo classico, e cioè dopo molti anni di studio, conoscono la parte lessicale, ma non conoscono praticamente l’uso della lingua […] 
Non c’è nulla di più formativo per l’intelligenza di un giovane che lo studio razionale della lingua latina. Noi italiani, inoltre non si può comprendere appieno la bellezza della nostra lingua moderna, in tutte le sue sfumature senza lo studio del latino. Altrettanto si può dire per tutte le lingue neolatine; mentre nelle lingue anglo-sassoni un terzo dei vocaboli correnti è di origine latina. 
Il latino, comunque, è una lingua straordinariamente logica, quadrata; forse l’espansione della civiltà romana si deve anche alla forza di suggestione, alla chiarezza estrema della lingua di Roma; o almeno è un coefficiente molto importante. 
Trascurare il latino, oggi, è errore gravissimo. Anzitutto, il latino aiuta estremamente anche gli uomini di scienza non soltanto per creare un linguaggio di universale intelligenza; ma perché il latino ha la stessa logicità di un ragionamento scientifico. 
Il latino fa pensare; è ormai acquisito che i giovani che riescono bene in matematica, sono anche ottimi latinisti […] nella Chiesa il latino è potuto rimanere anche oggi lingua viva per il fatto che essa non si è rinchiusa nella torre d’avorio del latino ciceroniano, ma usa tre latini a seconda degli scopi che si prefigge; e cioè il latino classico per la compilazione dei grandi documenti Pontifici, il latino curiale presso le Congregazioni della S. Sede, ed il latino scolastico cioè scorrevole, piano, facile nell’insegnamento degli Atenei e dei Seminari, arricchendolo dei nuovi vocaboli necessari a questo scopo, come ho fatto io pure nel mio lessico delle parole moderne».

22 commenti:

Anonimo ha detto...

https://www.maurizioblondet.it/bergoglio-salva-giuda/

Bergoglio salva Giuda…
Maurizio Blondet 9 Aprile 2021
E così, abbiamo appreso dall’Osservatore Romano che Bergoglio s’è messo nello studio un quadro dove Gesù, nudo e appena risorto, “ abbraccia Giuda dopo averlo tolto dall’albero su cui si è tolto la vita”. “Scandalo della misericordia” flauteggia l’adulatore.

Non ci scandalizzeremo; vedremo invece la cosa come evidente sintomo del suo Disturbo Narcisista di Personalità, confessione – involontaria ma trasparente, come i sintomi psichici, al di là delle intenzioni di chi ne è affetto – della miseranda condizione spirituale del soggetto. Perché, se un cattolico – e un alto prelato – ha i suoi motivi per identificarsi con Giuda e cerca di convincersi (e ha bisogno di convincere tutti gli altri credenti) che Giuda è stato perdonato, salvato, lo stato della sua coscienza è terribile....

Anonimo ha detto...

A proposito di lingua latina: munus e ministerium. Cionci in grande spolvero!

https://www.marcotosatti.com/2021/04/09/cionci-la-possibile-ricostruzione-del-piano-b-di-benedetto-xvi/

Anonimo ha detto...

Libero quotidiano.La possibile ricostruzione del piano B di Papa Benedetto.

Anonimo ha detto...

Ho letto su: https://www.marcotosatti.com/2021/04/09/cionci-la-possibile-ricostruzione-del-piano-b-di-benedetto-xvi/

Non lo credo. Tanto acume avrebbe potuto usarlo diversamente in altri tempi e luoghi.
Stiamo giocando? E le anime beffate e contaminate? E le chiese chiuse e profanate? La caduta morale? Il disorientamento universale? E' questo il sì sì, no no? La pezza è peggio del buco. Non lo credo.

Italicus ha detto...

«Ciò che non si riesce a trovare qui, non rientra nella prospettiva delle cose che sono esistite o che sono tuttora esistenti; per questo non è semplice stabilire se sia più Roma, a superare le città a lei coeve, o il suo impero a superare tutti gli imperi del passato». Così nel 144 d.C. il filosofo e retore greco Elio Aristide tenne un discorso in lode della città di Roma, che poi veniva a essere un elogio dell’impero di Roma. Ma cosa ha lasciato la Città Eterna alla posterità? Cerco di spiegarlo alle alunne e agli alunni delle mie classi, che vedo in formato «classroom», come tante faccine sulle figurine di un gioco di società in voga negli anni Ottanta. «Prof. ancora la perifrastica attiva e passiva?» mi chiede uno studente, stanco e annoiato: mesi di DAD, ora mascherata con il nuovo acronimo DID, hanno creato zombie di adolescenti che il coronavirus ha segregato nella solitudine della propria cameretta, trasformata da tana in cui cercare se stessi a gabbia in cui ascoltare il professore pontificare sulla propria materia. Come hanno spiegato più volte gli esperti, l’isolamento e la didattica a distanza hanno una significativa influenza sulla vita degli adolescenti. Lontano dalla scuola, ogni contatto con i compagni di classe, se rappresenta una delle esperienze che scandisce la normalità di un adolescente, crea identità sociale. Ma la DAD-DID ha sradicato il legame con il luogo fisico della classe e questo conduce i ragazzi a sentirsi più soli, ammalarsi di solitudine, fino causare, secondo allarmi lanciati da esperti, nei casi più estremi, l’autolesionismo. Ma come docente e adulto, cerco di tirarli su di morale: è passato un anno dalla comparsa della peste del terzo millennio, come ai tempi dell’Atene di Tucidide.

https://www.corriere.it/scuola/secondaria/21_aprile_09/prima-giornata-mondiale-lingua-latina-vaccino-speranza-giovani-f0cc70bc-990c-11eb-9898-68a50e5b3d06.shtml

Anonimo ha detto...

https://www.uniroma3.it/en/articoli/latino-lingua-viva-prima-giornata-mondiale-della-lingua-latina-159814/

La Presidenza Nazionale dell’Associazione Italiana di Cultura Classica (AICC) con il patrocinio dell’UNESCO, del Ministero dei Beni Culturali e delle cinque Università statali del Lazio, organizza la prima Giornata Mondiale della Lingua Latina che intende contribuire alla preservazione del patrimonio culturale della lingua latina e alla sua diffusione presso la popolazione studentesca, anche in vista della scelta degli studi universitari.

Anonimo ha detto...


Cosa ha lasciato Roma alla posterità?


L'eredità della romanità è contestata da decenni, in Italia anche come reazione "democratica" alla retorica imperiale del fascismo, finita come sappiamo.
La Chiesa manteneva un rapporto positivo con la romanità, intesa nei suoi aspetti migliori ovviamente. A cominciare dalla lingua e dalla letteratura latine. Ma con le sciagurate riforme liturgiche provocate dal Vat II, il nesso con il latino si è spezzato e credo ne abbiano risentito anche gli studi classici. Le riforme montiniane sono state disastrose anche sul piano culturale.
Al di fuori delle esaltazioni fuori misura del passato e delle negazioni ancor più fuori misura del presente, cosa resta oggi della romanità, che possa ancora esser considerato un modello cui ispirarsi?
Qualche sparsa notazione.
Il senso del diritto (le sentenze dovevano esser motivate, l'onere della prova spettava all'accusa, etc) - il senso dello Stato, della res publica, fortissimo nonostante la faziosità politica sempre all'opera - il senso della disciplina, di quelle virtù che si traducevano nel valore militare, valore essenziale per ogni popolo (non per nulla disprezzato nella nostra corrottissima epoca) - la capacità di governo, di avere alleati, di costruire politicamente, nonostante gli inevitabili errori e ingiustizie e le occasionali crudeltà - il senso della famiglia monogamica, del resto fortissimo in tutti i popoli italici, a base patriarcale ma nel cui ambito la madre e moglie era molto rispettata - una visione della vita in generale positiva, senza le profondità speculative dei Greci, ma tutta volta ad affrontare i problemi e le situazioni, i nemici in campo aperto, a lottare, prima per sopravvivere poi per vincere e dominare ma in modo da poter costruire anche con i dominati, in un secondo momento.
Il dominio di Roma realizzò un valido equilibrio tra il potere centrale e le istanze provinciali o locali che dir si voglia. Lo spirito della civiltà romana era quello di assimilare assai più che di distruggere. La decadenza di Roma città era cominciata con la fondazione di Costantinopoli, dovuta ad esigenze militari soprattutto. Ma la città era diventata già un mito, creato dai suoi cittadini, di tutto l'impero.
L'impero, troppo vasto, ha poi travolto Roma e l'Italia, ma questa è un'altra storia, fa parte della decadenza inevitabile di tutte le costruzioni umane.
H.

Anonimo ha detto...

"Il latino è una lingua precisa, essenziale.
Verrà abbandonata non perché inadeguata alle nuove esigenze del progresso, ma perché gli uomini nuovi non saranno più adeguati ad essa.
Quando inizierà l’era dei demagoghi, dei ciarlatani, una lingua come quella latina non potrà più servire e qualsiasi cafone potrà impunemente tenere un discorso pubblico e parlare in modo tale da non essere cacciato a calci giù dalla tribuna.
E il segreto consisterà nel fatto che egli, sfruttando un frasario approssimativo, elusivo e di gradevole effetto “sonoro” potrà parlare per un’ora senza dire niente.
Cosa impossibile col latino."
Giovanni Guareschi

Anonimo ha detto...

Straordinario, con decenni di anticipo rispetto a quei professori fautori in Italia del metodo natura (trovatelo sui motori di ricerca, se non lo conoscete), il cardinale sta sostenendo quella che dovrebbe essere un'ovvietà: è inutile e soprattutto dannoso fondare sull'insegnamento/apprendimento della sintassi e della grammatica lo studio di qualsiasi lingua, non che del latino (ricordate la stucchevole litania delle declinazioni? rosae - rosarum - rosis - rosas... mamma mia).

mic ha detto...

Il cardinale non afferma che sia inutile l'apprendimento della grammatica e della sintassi ma stigmatizza quegli insegnanti che si limitano alla grammatica e alla sintassi senza riuscire a far amare la lingua... Quella stucchevole litania delle declinazioni non era e non è fine a se stessa ma imprime nella memoria il susseguirsi dei casi e le relative desinenze e, proprio grazie all'uso corretto della grammatica e della sintassi, consente di impadronirsi della struttura e dell'intero impianto della lingua e dunque di entrare in un ordine mirabile e di assimilarlo padroneggiandolo.... Il che non può non influire sulla forma mentis con cui affrontare ogni tipo di discorso e di ragionamento.

Anonimo ha detto...

''Gli insegnanti di latino sono dei filologi puri che insegnano la grammatica, la sintassi, la critica dei testi, ma rendono arido l’insegnamento.''

Eppure a me sembra chiaro.

Del resto, 'contra factum non valet argumentum', direbbe don Nitoglia; ed è appunto un fatto che, dopo i 5 cinque anni del liceo, al giovane (generalizzando) l'unica cosa che rimane è l'odio per quella meravigliosa lingua.

Eccolo, invece, il metodo natura, insegnante e studenti che in classe parlano in latino, altro che versioncine di Cesare e lupus, lupi, lupo...

https://www.youtube.com/watch?v=cCDaGsyExaU

Anonimo ha detto...

https://www.lanuovabq.it/it/vaccini-nessun-obbligo-ecco-perche-deve-essere-volontario

SPERIMENTALE E RISCHIOSO
Vaccini, nessun obbligo: ecco perché deve essere volontario
ATTUALITÀ10-04-2021 Paolo Bellavite
Sui vaccini, il problema non è la loro efficacia, ma che non sono veramente necessari alla salute individuale e della collettività e che possono causare gravi danni: le evidenze stanno dimostrando che le morti successive alla vaccinazione sono circa 50 volte più frequenti rispetto al siero anti-influenzale. Non ci può essere una sperimentazione senza il consenso dell’interessato, che, per essere valido, non può essere condizionato dalla minaccia di radiazione o di licenziamento....

Anonimo ha detto...

'' la si studia come una lingua morta, archeologica, cioè da un punto di vista freddamente scientifico''

Ha ragione da vendere qui il Bacci; il metodo tradizionale ('all'italiana'), fondato sulla memorizzazione di tediose regole grammaticali e sulla ripetizione pedissequa di declinazioni e sim., affonda le sue radici nel positivismo scientifico ottocentesco applicato alla linguistica.

''e non sanno scrivere in latino perché, anche uscendo dal liceo classico, e cioè dopo molti anni di studio, conoscono la parte lessicale, ma non conoscono praticamente l’uso della lingua''

Questa parte, invece, mi vede in disaccordo: se c'è una cosa che il metodo 'all'italiana' trascura è proprio la fondazione di una solida base lessicale nella testa dello studente (che sarebbe poi imprescindibile soprattutto per emanciparsi finalmente da un uso compulsivo del 'sacro' vocabolario).

bernardino guerrini ha detto...

OT. ...... vorrei segnalare un bellissimo articolo riportato da intermultiplices unavox di Don Curzio Nitoglia, intitolato dal ""Silenzio di Dio"" a.... ""chi tace acconsente"".. e magari alcuni articoli usciti oggi sempre da una vox.. ""lo strano Giovedi Santo de l'Osservatore romano"" di Giovanni Servodio... oppure i 1700 anni del riposo domenicale della FSSPX --- Mons. Lefebvre profetico sulla sovietizzazione della nostra società di Pierre-Alain Depauw-----Parla Solzhenytsin di Mons. Williamson.... ----magari ogni tanto fare dell'articolo la possibilità di farne commenti... grazie

tralcio ha detto...

«I giovani non sono dei vasi da riempire, ma delle fiaccole da accendere».

La "cultura" mainstream li ha spenti.
Li ha fatti diventare studenti con la valigia, proiettati nell'utopia pensata per loro.
Infatti è meglio -per qualcuno- che pensino il meno possibile.
Li hanno riempiti di libertà, permissivismo e vizi, frottole e idoli.
Hanno loro tolto sistematicamente ciò che li accende.

Eppure... Eppure ci sono ancora quelli che riescono ad accorgersene e a provare a starne fuori. Fuori dal "vuoto a rendere" per chi ha loro propinato i "valori" che li spengono.

Ille nihil dubitat qui nullam scientiam habet (vacciniamo tutti)
In nihil sapiendo vita iucundissima est (goditela senza farti troppe domande)
Litterae non intrant sine sanguine (ben altro da vuoti irenismi, buonismi, maniche larghe)
Scio me nescire (invece di sfoderare "CV europei" al cui confronto Einstein pare inferiore)
Eventus docet: stultorum iste magister est (altro che il pragmatismo che divide utili da inutili)
Multis lingua nocet, nocuere silentia nulli. altro che far casino (manipolati da) per sentirsi vivi!

Anonimo ha detto...


Eppure l'arida grammatica e sintassi costituisce lo scheletro di qualsiasi lingua.
È un lavoro noioso e faticoso ma bisogna apprendere a memoria le declinazioni,
quando esistono, di sostantivi e verbi, etc., non c'è altra scelta. (L'esercizio è ottimo per la memoria, per il cervello, lo si capisce in vecchiaia).
Certo, questo è solo lo scheletro della lingua. E senza scheletro il corpo si affloscia,
un sacco vuoto.
Bisognerebbe poi costruire il corpo sullo scheletro. Ma questo dovrebbe dipendere
soprattutto dall'insegnante.
Con le lingue del passato, che non sono parlate, costruire il corpo sullo scheletro
è difficile. Gli ecclesiastici di rango riuscivano a parlare tra loro in latino, mantenuto vivo non solo come lingua liturgica ma anche come lingua ufficiale della Chiesa. Lo è ancora oggi, ma in compenso viene capito da pochi e sostituito in parte dall'inglese, credo.
Già sarebbe tanto riuscire a leggere i classici nella loro lingua, anche dopo aver finito
la scuola superiore.
(Chi ha studiato il tedesco con il metodo moderno, senza le suddivisioni grammaticali del passato, con le declinazioni per classi, con le loro eccezioni etc., insomma con il metodo che si usava in passato per il latino e il greco, sarà riuscito ad impadronirsi delle declinazioni stesse? È da dubitare).
G.

Anonimo ha detto...

''Certo, questo è solo lo scheletro della lingua. E senza scheletro il corpo si affloscia,
un sacco vuoto.''

Sbagli. Contrariamente a quello che si pensa e che tu sostieni lo 'scheletro della lingua' è dato dall'acquisizione di una solida base lessicale, non certo dalle regole grammaticali.

Del resto, conviene ripetere che parlano i fatti.

E a tal proposito, io credo sia importante leggere una dichiarazione tratta da un’indagine compiuta nel 1909 dalla ''Commissione Reale per l’ordinamento degli studi secondari in Italia''.

“Il metodo adottato nelle scuole italiane per l’insegnamento delle lingue classiche è il più difficoltoso e il meno redditizio; serve poco alla conoscenza della lingua, serve anche meno alla conoscenza dello spirito letterario; alla base del fallimento vi sono due errori di fondo: il primo, ed è il più grave e il più frequente, e quindi anche quello che più comunemente viene lamentato, è di prendere subito le mosse da un insegnamento sistematico della grammatica per introdurre alla conoscenza della lingua, e poi di continuare ad insistere con esso come se nell’apprendimento delle regole sue e nelle ripetute esercitazioni per applicarle consistesse tutta la ragione dello studio della lingua, anzi l’essenza della lingua stessa.”

Potrebbe averlo scritto lo stesso Bacci, mirabile non trovate?

Anonimo ha detto...


Il metodo tradizionale (all'italiana) per studiare le lingue classiche era in realtà di derivazione germanica, della Germania (e della Francia) dell'epoca del positivismo ottocentesco, arido fin che si vuole ma non privo di rigore.
La struttura delle grammatiche nostre di greco derivava da quelle tedesche.

Anonimo ha detto...


Una solida base lessicale senza saper come mettere due parole in fila, perché non si conosce la grammatica?
Magari usando sempre il verbo all'infinito, come facevano i soldati tedeschi nell'ultima guerra, quando parlavano con gli alleati italiani?
"Voi 'taliani fare sempre guerre con ferovecchio".
In realtà la base lessicale e la conoscenza della grammatica concrescono.
Se ho a che fare con continue declinazioni, di nomi e verbi, devo pur conoscerle queste declinazioni per potermi fare la "solida base lessicale". E quindi senza una conoscenza della grammatica non c'è neanche la base lessicale. Devo pur saper distinguere un accusativo, da un duale, da un ablativo etc.
G.

Anonimo ha detto...


Se pensiamo poi a lingue come il sanscrito, l'arabo, l'ebraico (per non parlare del cinese) o anche solo il russo, c'è uno studio preliminare dell'alfabeto di estrema difficoltà, che richede appunto quell'applicazione meccanica e mnemonica che tanto affatica.

Anonimo ha detto...

Meno male ogni tanto una buona notizia
Stefano Brugnettini

Anonimo ha detto...

Come in tutte le cose l'equilibrio va sempre ricercato. Il metodo genericamente naturale o è perfetto nella costruzione, nella correttezza, compresa la pronuncia, della frase o poi l'apprendimento della morfologia diventa qualcosa di ostico. Per questo è bene che i due apprendimenti crescano insieme. Oggi noi siamo in un periodo dove la lingua madre si è molto semplificata. Anche nei libri i periodi sono brevi, essenziali, destreggiarsi con un periodare complesso di principale, coordinate e subordinate anche per l'adulto medio non è semplice. L'impoverimento della lingua italiana incide non poco nell'apprendimento delle lingue classiche, si scade spesso nel suono appena articolato della lingua natia, scadendo nel bestiale, e l'apprendimento del latino diventa più difficile. Il parlar veloce dei media inoltre rende la comprensione del pensiero trasmesso una sensazione e così ci si accontenta di una comprensione a senso e a sentimento, che impoverisce l'elaborazione personale di quanto non si è potuto ascoltare chiaramente. Sì, per insegnare le lingue classiche e moderne bisognerebbe prima curare bene la lingua madre fin dalla culla e tenere i media lontani mille miglia dai bambini.