Il caso Grillo e la responsabilità dell’Ateneo Sant’Anselmo. “Come è possibile che un giovane beato possa comunicare una teologia eucaristica così vecchia, così pesante, ossessiva, concentrata sull’inessenziale e tanto trascurata invece sulle cose decisive?”, scrive il teologo, già ben noto per il suo modernismo (qui).
Chi crede insegna. Chi non crede, perché insegna?
Il comunicato del Pontificio Ateneo Sant’Anselmo del 23 giugno 2025 prende ufficialmente le distanze da “quanto singolarmente espresso da docenti ” sui propri blog e social, precisando che tali opinioni non rappresentano l’insegnamento dell’Ateneo, che invece si professa in piena comunione con la Chiesa e il Romano Pontefice.
A prima vista, potrebbe sembrare un segnale positivo. Ma a ben vedere, è qui che nasce il vero cortocircuito:
che senso ha dissociarsi dalle opinioni private di un docente, se poi lo si lascia libero di continuare a insegnare ciò che crede?
Un teologo non è un funzionario della riflessione religiosa, ma un uomo credente che pensa nella Chiesa e per la Chiesa. La teologia non è un’opinione personale, è un atto di fede che si fa intelligenza. E chi insegna, plasma le menti e i cuori di coloro che domani guideranno il popolo cristiano.
Nel caso del prof. Andrea Grillo, è noto che da anni il suo blog ospita riflessioni che mettono in discussione punti essenziali della fede ecclesiale:
- l’autorità liturgica del Papa,
- la continuità tra i due usi del rito romano,
- la sacralità del sacerdozio,
- il valore obiettivo della Tradizione.
Ora, se l’Ateneo dice che queste sono “opinioni personali” da cui si dissocia, ma continua ad accreditarne l’insegnamento ufficiale, vuol dire che accetta, consapevolmente o no, un modello di teologia scisso, schizofrenico, dove la fede e la docenza non devono più combaciare.
Ma un teologo non può mai insegnare ciò che non crede.
E se professa pubblicamente idee che meritano una dissociazione ufficiale, allora è inevitabile che il suo insegnamento accademico risenta di quella stessa visione personale. Pensare che la cattedra sia immune dalla fede di chi la occupa è una finzione pericolosa.
Una volta, la Chiesa lo sapeva bene: esisteva il giuramento antimodernista, la vigilanza sui testi, la professio fidei. Non per esercitare censura, ma per proteggere i fedeli dall’ambiguità e dall’inganno. Oggi invece si moltiplicano i distinguo, le reticenze, le formule eleganti che però non risolvono il problema:
Andrea Grillo insegna ancora. Ma crede ciò che insegna? E la Chiesa può ancora permettersi che chi non crede appieno insegni a suo nome?
Il Papa ci chiama a discernere. Ma discernere senza decidere è solo un altro modo di rimandare, e intanto lasciare che il danno si compia.
La teologia cattolica ha bisogno di coerenza. Ha bisogno di credenti che insegnino ciò che credono. Ha bisogno, semplicemente, di verità.
E, quindi, diciamola tutta!
* * *
IL GIOVANE CARLO ACUTIS E LA MALFORMATA TEOLOGIA DEI GRANDI
Alla vigilia del Corpus Domini, un attacco pubblico alla santità eucaristica
Siamo alla vigilia della festa del Corpus Domini, che nella tradizione romana e nel rito antico si celebra il giovedì dopo la domenica della Trinità. È il giorno in cui la Chiesa si ferma, si inginocchia, adora e proclama: “Veramente degno è, veramente giusto è adorarti, o Sacramento dell’amore”. È la festa di Colui che ha promesso: “Io sarò con voi tutti i giorni”, e che ha mantenuto la promessa facendosi Pane vivo.
Ed è proprio oggi, in questo tempo sacro, che un teologo accreditato, Andrea Grillo, pubblica un articolo in cui accusa la devozione eucaristica del Beato Carlo Acutis di essere “vecchia, ossessiva, pesante, concentrata sull’inessenziale”. Si dice che non si voglia colpire lui, ma solo i “maestri” che lo hanno formato. Ma la verità è che si colpisce la sua figura spirituale, la sua testimonianza pubblica, la sua santità. E lo si fa con un tempismo che sa di atto consapevolmente provocatorio, se non addirittura, diciamolo, empio.
Un adolescente che credeva davvero
Carlo Acutis non è un caso clinico da studiare. È un beato della Chiesa cattolica, un ragazzo che ha vissuto la fede con freschezza e verità. Amava l’Eucaristia, non in astratto, ma come centro della vita. L’ha detta con parole sue: “L’Eucaristia è la mia autostrada per il Cielo”. E ha camminato su quella strada, con passo sicuro, con la gioia dei semplici, con lo zelo dei santi.
È proprio questo che scandalizza: un ragazzo che ha preso sul serio ciò che molti adulti hanno ridotto a simbolo. Un ragazzo che si è inginocchiato, mentre molti teologi alzano lo sguardo altrove. Un ragazzo che ha adorato, mentre altri spiegavano.
Un attacco alla sua fede, non solo alla sua formazione
Il cuore dell’articolo di Grillo è questo: Carlo sarebbe stato vittima di una “maleducazione eucaristica”, influenzato da adulti con una teologia “distorta”. Ma se questa è la radice del suo cammino spirituale, allora la sua santità è resa sospetta. E si arriva, con sottile ma chirurgica operazione, a insinuare: “Santo sì, ma mal formattato. Da non imitare.”
È un modo elegante per demolire ciò che ha reso Carlo ciò che è. Come se la sua fede fosse una forma di ingenuità. Come se il suo amore per i miracoli eucaristici fosse una fissazione secondaria. Come se fosse diventato beato nonostante l’Eucaristia, anziché grazie a essa.
Miracoli eucaristici: i segni non sono un fastidio, sono un dono
L’articolo liquida la mostra sui miracoli eucaristici curata da Carlo come un’opera di diseducazione. Ma dimentica che i miracoli eucaristici non sono superstizione, né folklore: sono segni, riconosciuti nella storia della Chiesa, documentati, meditati, accolti da santi, teologi e papi. Non sostituiscono il Sacramento, lo illuminano.
Il vero problema, forse, è che oggi fa paura ciò che non si controlla, ciò che non si riduce a schema, ciò che sfugge alla teologia da scrivania. Ma Carlo non era un intellettuale: era un credente. E i suoi miracoli preferiti non erano le ostie incorrotte, ma le anime convertite davanti all’Eucaristia.
Chi è davvero maleducato all’Eucaristia?
L’articolo accusa una “maleducazione eucaristica”. Ma a ben vedere, la maleducazione non è nel giovane che si inginocchia e prega. È in chi si vergogna di farlo. In chi evita le genuflessioni. In chi riduce il Corpo di Cristo a metafora comunitaria. In chi parla dell’Eucaristia senza mai pronunciare la parola “adorazione”.
Carlo ha imparato ciò che la Chiesa insegna da secoli: Cristo è realmente presente sotto le specie del pane e del vino. Questa è la fede cattolica. Questa è la sua pedagogia. E chi la smonta con ironia, rischia di scandalizzare i piccoli e raffreddare i cuori.
Il Popolo di Dio ha già capito: Carlo è un segno
Carlo è amato. Non solo dai giovani. Anche da genitori, catechisti, preti, religiosi, vescovi. Perché la sua fede è vera. Perché ha fatto della Messa il suo centro. Perché ha unito il cielo alla terra senza effetti speciali, ma con una vita santa.
Chi oggi vuole relativizzare questo fuoco, lo fa con la pretesa di salvare la teologia. Ma la teologia senza santità si svuota, e la santità senza adorazione non esiste. Chi ha paura del soprannaturale, non lo screditi: lo contempli, e si lasci cambiare.
Scrivere contro la spiritualità eucaristica di un beato alla vigilia del Corpus Domini è più di una provocazione: è un atto che urta il senso della fede. Forse è il segno di una teologia senza liturgia, di una intelligenza che ha smarrito l’adorazione.
Ma la Chiesa, per grazia, non cammina solo con le idee: cammina con i santi. E i santi, come Carlo, non hanno bisogno di aggiornamenti. Sono già luce. E chi vuole illuminare il loro cammino con una torcia accademica, spesso finisce per fare solo ombra.
Beato Carlo, tu che hai amato l’Eucaristia con il cuore puro, prega per noi.
Fà che torniamo a inginocchiarci, a credere, a stupirci.E a non vergognarci del miracolo più grande: Cristo presente, oggi, sull’altare.
don Mario Proietti
5 commenti:
Riguardo al professor Grillo, i suoi simili affollano Seminari, Atenei, Istituti Cattolici. Su questi bisognerebbe dare uno sguardo attento perché sono decenni che il 'secondo me' impera insieme a molte altre stravaganze.
Per quanto riguarda Carlo Acutis, meno male che abbiamo un esempio da portare a milioni di suoi coetanei che non sono stati mai neanche battezzati.
Personalmente trovai la mamma eccessiva verso il suo figlio santo. Non so nulla in verità della famiglia Acutis, una trasmissione o un documentario su internet. Ma la mamma mi colpì per un troppo in più.
Prima che si gridi al lupo, è meglio chiarire subito.
In un tempo in cui tutto cambia, e cambia rapidamente, queste parole del Papa suonano come un’àncora. Parlano di una fisionomia che resta e di frutti che maturano, e ci costringono a pensare a che cosa sia davvero la Chiesa.
La parola "fisionomia" richiama un volto, una forma riconoscibile, non mutabile a piacimento. Dire che il Sinodo dei Vescovi conserva la propria fisionomia istituzionale significa riaffermare che la Chiesa non è un esperimento sociale, ma un corpo visibile che ha ricevuto da Cristo una struttura. Non siamo noi a doverla inventare. La Chiesa nasce gerarchica, nasce apostolica, nasce visibile. E questo volto non va ritoccato secondo le mode, ma venerato e servito.
Eppure, il Papa non si ferma qui. Non dice che la fisionomia basta. Dice che essa “si arricchisce dei frutti maturati in questa stagione”. È il realismo della Tradizione: la forma non è una gabbia, ma un contenitore vivo, che può accogliere i doni che lo Spirito suscita. Ma attenzione: frutti maturati, non semi ancora acerbi, non suggestioni estemporanee. Il Papa chiede discernimento: che cosa è maturato davvero? Che cosa è rimasto solo fermento emotivo? Si apre qui un grande lavoro di verifica e purificazione.
Si delinea, così, un metodo ecclesiale di profonda sapienza: custodire la forma, discernere i frutti, riconoscere ciò che è maturato davvero nello Spirito.
Non si tratta di conservatorismo né di progressismo, ma di fedeltà creativa: un principio tutto cattolico, che rifiuta sia la stasi che lo stravolgimento.
Infine, questa frase ci consegna un messaggio spirituale: anche nella nostra vita personale, vale lo stesso principio. C’è una fisionomia che Dio ci ha dato: una vocazione, una grazia, una forma. Ma quella fisionomia può e deve arricchirsi, nella misura in cui accogliamo i frutti dello Spirito, le prove, le conversioni, le stagioni vissute alla luce della fede.
(Mario Proietti)
L'eretico Grillo deve essere espulso dall'Ateneo Sant' Anselmo perché per colpa di questo individuo l'Ateneo ha una bruttissima reputazione.
Domanda :
Da quanti anni il docente insegna in quell' Ateneo?
Da quanti anni il Pro-Rettore (e il Rettore) dirige quell' Ateneo?
“Non si tratta di conservatorismo né di progressismo, ma di fedeltà creativa”. Infatti si tratta di “modernismo”, nella forma più raffinata ma ugualmente triviale. Questa della “fedeltà creativa” mi mancava, dopo tutte le amenità che ho dovuto sorbirmi negli ultimi sessant’anni. Qualche anno fa un frate cappuccino ci disse, a me e a mia moglie che, per fortuna, aveva potuto prendere la laurea in psicologia, anche se a dispetto dei suoi superiori, perché “solo la psicologia può aiutare noi religiosi a capire come si trasforma l’animo umano in relazione con l’evoluzione creativa del mondo”.
Claudio Gazzoli (senza il “don” visto che non sono un prete.).
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