Nella nostra traduzione da Substack.com una interessante riflessione sul tema del "giudicare". Sul giudizio in generale vedi precedente: È il passato che giudica il presente qui
Giudicare o non giudicare. Il dilemma di San Girolamo
Cosa possiamo giudicare? Come dovremmo giudicare?
Immagine a lato: Domenico Ghirlandaio (1448–1494), San Girolamo nello studio
Negli ultimi anni, quando parlavo con alcuni miei conoscenti della terribile crisi che sta attraversando sia il mondo moderno sia la Chiesa, uno degli “argomenti” utilizzati dai miei interlocutori per mettermi a tacere era tratto direttamente dal Vangelo di Matteo:
Non giudicate, affinché non siate giudicati (Matteo 7:1). (1)
Tutte queste situazioni sono diventate per me una buona occasione per riflettere sul brano biblico in relazione al quale mi è stato chiesto di sospendere la mia capacità di giudizio. Ho così iniziato a leggere le interpretazioni dei Santi Padri e Dottori della Chiesa, che sono assolutamente unitarie e convergenti.
I due aspetti estremamente importanti riguardanti l'interpretazione dell'affermazione di Nostro Signore "Non giudicate, affinché non siate giudicati" si riferiscono, in primo luogo, al contenuto – cosa dovremmo e non dovremmo giudicare – e, in secondo luogo, al modo in cui giudichiamo – come giudichiamo. Li considererò uno per uno, ma non prima di aver menzionato il dilemma di San Girolamo – un dilemma espresso attraverso una domanda che ci condurrà direttamente al cuore della questione:
Ma se ci proibisce di giudicare, come mai Paolo giudica il Corinzio che aveva commesso impurità? O come fa Pietro a convincere Anania e Saffira di falsità? (2)
Entrambe le situazioni evocate dall'illustre traduttore della Vulgata sembrano implicare il contrario di quanto affermato in Matteo 7,1 e Luca 6,37. Il primo episodio si trova, come ricorderete, nel capitolo 5 della prima lettera di san Paolo ai Corinzi. Lì, l'apostolo rimprovera i membri di quella comunità per non aver giudicato e punito con la scomunica l'adultero incestuoso. Il modo in cui l'apostolo si esprime sembra quindi contrario all'insegnamento del Salvatore:
Poiché io, assente di corpo ma presente di spirito, ho già giudicato, come se fossi presente, colui che ha fatto ciò (1 Corinzi 5: 3) +.
Quanto al giudizio di Pietro su Anania e Saffira negli Atti degli Apostoli (5, 1-10), le cose sono ancora più drammatiche: non solo l'apostolo li ha giudicati, ma entrambi furono puniti all'istante – per opera dello Spirito Santo – per il peccato di aver nascosto una parte dei propri beni, che avevano mentito di aver donato interamente alla Chiesa. Sono i due episodi evocati da san Girolamo. A prima vista, entrambi sembrano contraddire l'insegnamento evangelico di Matteo 7, 1. Poiché Dio, autore della Sacra Scrittura, non può contraddirsi, i Padri della Chiesa ci hanno spiegato qual è l'interpretazione di questi passi.
Come si può facilmente comprendere dal terzo versetto del testo del Vangelo secondo Matteo, dobbiamo preoccuparci anzitutto di togliere «la trave dal nostro occhio»:
E perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio del tuo fratello, e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? (Matteo 7:3).
Il fatto che un simile comportamento sia sbagliato diventa evidente quando si giudicano i peccati minori degli altri più dei propri. San Giovanni Crisostomo dimostra che Dio non ha proposto il suo insegnamento per sospendere completamente il nostro giudizio, ma per disciplinare e moderare la nostra tendenza a considerarci superiori al prossimo:
Egli non ci proibisce di giudicare in modo assoluto ogni peccato, ma impone questo divieto a coloro che sono essi stessi pieni di grandi mali e giudicano gli altri per mali molto piccoli.
San Cirillo d'Alessandria segue la stessa interpretazione, dimostrando che è un errore dimenticare o ignorare le nostre passioni e i nostri peccati mentre ci occupiamo di quelli degli altri:
Qui esprime quella peggiore inclinazione dei nostri pensieri e dei nostri cuori, che è il primo inizio e l'origine di un orgoglioso disprezzo. Infatti, sebbene sia giusto che gli uomini guardino in se stessi e camminino secondo Dio, non lo fanno, ma guardano alle cose degli altri e, dimenticando le proprie passioni, osservano le debolezze di alcuni e li rendono oggetto di rimprovero.
Per essere veri discepoli del nostro Signore Gesù Cristo, dobbiamo rinunciare a noi stessi, prendere la nostra croce e seguirLo ( Matteo 16:24). Tuttavia, per rinunciare a noi stessi, dobbiamo esaminare seriamente la nostra anima per scoprire tutte le passioni, i vizi e le debolezze che ci dominano. Ovviamente, un tale atteggiamento non dovrebbe permettere a nessuno di preoccuparsi più degli altri e dei loro peccati che dello stato della propria anima. San Francesco di Sales afferma chiaramente che «ciascuno ha già abbastanza da fare nel giudicare se stesso, senza assumersi il compito di giudicare il prossimo» .(3)
Cosa possiamo giudicare
Un secondo punto molto importante che deve essere chiarito riguarda il contenuto del giudizio. Cosa possiamo giudicare? In primo luogo, veniamo resi consapevoli di ciò che non possiamo giudicare. Ad esempio, non possiamo giudicare questioni poco chiare e confuse, o coloro le cui intenzioni non sono chiare. Sant'Agostino afferma che "dobbiamo guardarci particolarmente dai giudizi affrettati, quando non appare con quale animo l'azione è stata compiuta". Allo stesso modo, si dovrebbero evitare i giudizi di coloro che sono più avanti nel cammino della virtù verso coloro che sono alle prime armi. Chi prega tutte le ore del giorno e un Rosario completo non dovrebbe giudicare chi recita solo le preghiere del mattino e della sera. Chi digiuna a pane e acqua non dovrebbe giudicare chi digiuna a pesce, uova e latte. Sebbene il progresso sul cammino della virtù sia fortemente incoraggiato, si devono evitare giudizi che possano generare disprezzo per il prossimo.
Anche San Francesco di Sales ci mette in guardia da qualsiasi giudizio affrettato [il giudizio temerario -ndr]. Ad esempio, ci mostra come parlare con delicatezza, senza precipitarci a condannare, di chi beve o mangia troppo. Il fatto che qualcuno beva, magari, un bicchiere in più ogni tanto, non dovrebbe indurci a dire che quella persona è un ubriacone. Noè e Lot si ubriacarono, ma questo non significa che fossero ubriaconi. Ma "quando non riusciamo a trovare alcuna scusa per il peccato, affermiamo almeno tutta la compassione che possiamo per esso e attribuiamolo ai motivi meno dannosi che possiamo trovare, come l'ignoranza o l'infermità".
Ci sono, tuttavia, alcuni peccati specifici che richiedono sempre il giudizio di coloro che sono veri cristiani, come abbiamo già visto nel caso dei santi apostoli Pietro e Paolo nei due esempi citati da San Girolamo. Quali sono questi peccati? Ecco la spiegazione di Sant'Agostino:
Suppongo che il comando qui non sia altro che quello di dare sempre la migliore interpretazione possibile a quelle azioni la cui intenzione appare dubbia. Ma riguardo a quelle che non possono essere compiute con una buona intenzione, come adulteri, bestemmie e simili, Egli ci permette di giudicare; ma di azioni indifferenti che ammettono di essere compiute con una buona o cattiva intenzione, è temerario giudicare, ma ancor più condannare.
Pertanto, quei peccati che non possono mai essere scusati, come l'adulterio, la contraccezione, l'aborto, le bestemmie, le violazioni dei principi del pudore e tutti quegli atti e quelle azioni con cui gli altri sono incoraggiati a peccare, possiamo e anzi dobbiamo denunciarli. Ci sono due categorie speciali di peccatori – gli eretici e gli scismatici – che dobbiamo denunciare pubblicamente o addirittura condannare con tutta fermezza, dice San Francesco di Sales. Facendo questo, compiamo un vero atto di carità:
Bisogna parlare liberamente di condanna dei nemici dichiarati di Dio e della Sua Chiesa, gli eretici e gli scismatici: è vera carità indicare il lupo dovunque si insinui nel gregge.Come giudichiamo?
Infine, l'ultimo punto dell'insegnamento dei Santi e dei Dottori della Chiesa riguarda il modo in cui dovremmo parlare dei peccati altrui. Come, dunque, parlare dei peccati altrui? San Giovanni Crisostomo, con una frase illuminante, sottolinea l'essenza dell'atteggiamento cristiano, mostrando che, in effetti, l'affermazione del Vangelo secondo Matteo «Non giudicate, per non essere giudicati» rappresenta un'esortazione a non essere «giudici severi», ma a
correggerlo (cioè il peccatore), sì, ma non come un nemico che cerca vendetta, bensì come un medico che applica un rimedio.Sulla stessa falsariga, mostra
che i cristiani non dovrebbero disprezzare altri cristiani ostentando la propria rettitudine, odiando gli altri spesso solo per sospetto, condannandoli e coltivando rancori privati sotto la parvenza di pietà.
San Gregorio di Nissa, riconoscendo lo stesso diritto di giudicare, aggiunge che la parola del Vangelo «non proibisce di giudicare con perdono». Da tutto ciò, comprendiamo che l'essenza dell'insegnamento biblico riguarda sempre la carità che dobbiamo esercitare nei confronti di chi sbaglia, secondo la parola della preghiera del Pater noster :
Rimetti a noi i nostri debiti, come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori (Matteo 6:12).In conclusione, riassumo ciò che ci insegnano i Santi Padri e Dottori della Chiesa.
Il versetto del Vangelo secondo Matteo, «Non giudicate, affinché non siate giudicati», non implica affatto una sospensione totale del giudizio. Al contrario, riguardo a certi peccati, il giudizio è necessario, come abbiamo visto nei casi degli apostoli Pietro e Paolo, menzionati da San Girolamo. Tuttavia, il giudizio che applichiamo al prossimo deve essere applicato con carità e non con il desiderio di annientare chi ha sbagliato; con misericordia e speranza nella possibilità della sua correzione. La virtù della prudenza, soprattutto in quelle situazioni in cui le cose non sono chiare, è assolutamente necessaria. Se possibile e veniamo ascoltati, possiamo cercare di aiutare chi ha sbagliato attraverso consigli e insegnamenti capaci di indicargli cosa può fare per rimediare ai suoi errori e riparare i peccati commessi. I casi in cui siamo tenuti, per carità, a denunciare e persino a condannare i peccati sono l'eresia e lo scisma. Tuttavia, il pentimento e la penitenza devono essere sempre tenuti presenti.
Infine, vorrei aggiungere a tutto questo la necessità di preghiere per la conversione dei peccatori. Sant'Alfonso Maria de' Liguori, insieme ad altri santi, sottolinea che due intenzioni perpetue nelle nostre preghiere dovrebbero essere:
1) l'accorciamento del tempo di purificazione delle anime del purgatorio e2) la conversione dei peccatori ostinati.
Santa Maria, Ora Pro Nobis!
Robert Lazu Kmita, 20 giugno 2025
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1 In una forma leggermente diversa, lo stesso insegnamento appare anche in Luca 6:37: Non giudicate e non sarete giudicati.
2
Le citazioni dei Padri della Chiesa provengono dalla Catena Aurea di San Tommaso d'Aquino. I testi contenenti i commenti ai Vangeli di Matteo e Luca sono disponibili online qui: https://www.ecatholic2000.com/catena/untitled-14.shtml e qui: https://www.ecatholic2000.com/catena/untitled-67.shtml [Consultato il: 20 giugno 2025].
3
San Francesco di Sales, Introduzione alla vita devota : https://ccel.org/ccel/desales/devout_life/devout_life.v.xxviii.html [Consultato il: 20 giugno 2025].
[Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]
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