Nella nostra traduzione da The Catholic Thing. Il professor Kmita sottolinea una prospettiva al di fuori del quotidiano – che si tratti di letteratura, architettura, storia, teologia – da molti considerata irrilevante, ma che in realtà apporta maggiore rilevanza e un significato umano e divino più pieno alle nostre vite.
Il valore teologico della narrativa
In un articolo dedicato alla lettura di narrativa letteraria, L'autorevole padre gesuita James V. Schall, uno dei fondatori di The Catholic Thing, ha ricordato l'opinione di Rudolf Allers (1883-1963), il quale affermava che vale sempre la pena leggere opere letterarie. Questa affermazione, ci dice padre Schall, include anche la cattiva letteratura; per la ragione che "vi troveremo quasi sempre scene di realtà umana che altrimenti non noteremmo".
Fin da giovanissimo, sono stato – e rimango – un avido lettore di narrativa. Persino i miei interessi teorici sono sempre stati subordinati alla letteratura. Questo perché il mio mentore, un professore francese di nome Marian Prada, mi ha insegnato che scrittori e poeti hanno in genere una visione della vita, dell'essere umano e del mondo più profonda di quella della maggior parte di noi. Potrebbe sembrare un'affermazione semplicistica, una che avrete sicuramente sentito (o letto) in una forma o nell'altra. Ma quando viene detta al momento giusto, dalla persona giusta, assume un valore che può cambiarti la vita. L'affermazione di Allers va nella stessa direzione.
Nella sua breve affermazione, Padre Schall si riferiva principalmente alla profondità delle nostre esperienze di vita, i cui contenuti sono spesso meglio evidenziati da poeti e scrittori. Oltre a queste essenze distillate dell'umanità, le opere di narrativa riescono a offrire descrizioni vivide in grado di spiegare concetti chiave della teologia cristiana (cioè cattolica) meglio di qualsiasi discorso razionale-speculativo. "Il sacro", "il profano", "il sacrificio" o "il simbolo" sono tutti concetti di questo tipo. In un modo che richiama la conoscenza intuitiva che i mistici di tutti i tempi si sforzano di ravvivare, le metafore fornite da un romanzo possono rivelare il valore cognitivo di tali termini senza confondervi nel labirinto della conoscenza discorsiva.
Ad esempio, rileggendo L'isola misteriosa (1875), un romanzo di Jules Verne (1828-1905), ho inaspettatamente trovato un'immagine rivelatrice della nozione di "simbolo" (sinonimo del concetto agostiniano di "segno"). In questo modo, come spiegherò più avanti, ho potuto dare ai nostri due figli più piccoli (di 12 e 16 anni) sia una lezione di catechismo che una di estetica letteraria.
Probabilmente non è necessario spiegare molto perché i simboli sacri siano di cruciale importanza nella teologia cristiana (cioè cattolica). A riprova di ciò, è sufficiente citare la definizione della Santa Liturgia proposta dal famoso liturgista benedettino Dom Prosper Guéranger (1805-1875):
La liturgia, considerata in generale, è l'insieme dei simboli, dei canti e degli atti mediante i quali la Chiesa esprime e manifesta la sua religione verso Dio.
Dunque, la Liturgia è prima di tutto “un insieme di simboli”.
Mi affretto ad aggiungere e sottolineare che tutto è simbolico nel contesto della Tradizione cattolica: l'architettura delle chiese, gli oggetti liturgici, il santo altare, i paramenti liturgici, i gesti liturgici – in breve, tutto. Non è un caso che uno dei liturgisti preferiti da Papa Benedetto XVI, Romano Guardini (1885-1968), abbia scritto una bellissima monografia breve intitolata Segni Sacri.
In parole povere, il simbolo crea un legame tra un oggetto consacrato, che svolge il ruolo di simbolizzatore, e l'entità o l'essere del mondo invisibile, che viene simboleggiato. Ad esempio, l'altare sacro è in una misteriosa relazione simbolica con la persona trascendente di Nostro Signore Gesù Cristo, "la pietra angolare".
La luce delle candele ricevuta dal sacerdote, da parte dei padrini e dei genitori durante il rito battesimale, simboleggia la luce inestinguibile della grazia santificante che, sebbene invisibile ai nostri occhi fisici, avvolge l'anima del bambino battezzato. Da questi semplici esempi, si può facilmente dedurre il valore di un simbolo sacro: stabilisce una connessione profonda, misteriosa, ma non per questo meno reale, tra un oggetto sacro del nostro mondo e un'entità del mondo spirituale invisibile.
Data l'importanza cruciale di questa nozione, mi sono sempre sforzato di presentarla nel modo più convincente possibile sia ai miei figli che ai fedeli adulti per i quali tengo catechesi da oltre dodici anni. In una delle mie recenti discussioni con i nostri due figli più piccoli, il ricordo di un romanzo di Jules Verne mi ha offerto una nuova immagine per chiarire l'importanza eccezionale dei simboli sacri.
L'isola misteriosa, uno dei romanzi più famosi di Verne, inizia con una scena intensa in cui cinque prigionieri nordisti, durante la Guerra Civile Americana, riescono a fuggire a bordo di un pallone a idrogeno. Danneggiato durante una terribile tempesta, il pallone perde rapidamente quota. Proprio come gli equipaggi delle navi d'epoca, gli uomini a bordo del pallone iniziano a gettare via qualsiasi cosa possa appesantire il loro mezzo volante. Alla fine, gettano via persino la gondola, riuscendo ad aggrapparsi alle corde che l'avevano collegata al pallone.
L'immagine dei cinque eroi, sospesi sopra l'oceano e aggrappati alle corde del pallone, mi perseguita ancora. Sono convinto che milioni di lettori nell'ultimo secolo abbiano letto il racconto di Jules Verne con il fiato sospeso. E durante la mia breve catechesi, mi sono reso conto all'istante di quanto questa immagine sia vivida ed espressiva.
Se correttamente interpretati, i simboli sacri sono letteralmente le corde che ci tengono connessi non a un pallone, ma alle realtà eterne del Regno dei Cieli – la Gerusalemme celeste dell'Apocalisse di San Giovanni – verso cui viaggiamo attraverso il mondo decaduto. Proprio come una nave non può raggiungere la sua destinazione senza vele legate agli alberi da centinaia di corde, così anche gli avventurieri volanti di Verne non avrebbero potuto raggiungere l'isola salvifica senza l'aiuto delle corde a cui si aggrappavano.
Allo stesso modo, non possiamo giungere alla fine del cammino senza i simboli che stabiliscono numerose e forti connessioni di pensiero – accessibili attraverso meditazioni guidate dalla fede soprannaturale – con il mondo invisibile di cui si parla nel Credo.
Tuttavia, a differenza dei “segni” del mondo umano – come la segnaletica stradale – i simboli sacri hanno significati eterni, significati non creati da noi, ma stabiliti da Dio stesso.
[Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]
3 commenti:
“Mi hanno reso male per bene e odio in cambio del mio amore.” (Sal 109,5)
Ci sono parole che bruciano, perché non raccontano il dolore fisico, ma quello dell’anima. Il Cuore di Cristo, nel corso della storia, è stato amato da pochi, dimenticato da molti, offeso da troppi.
È il paradosso più amaro: l’Amore è venuto nel mondo, e il mondo lo ha rifiutato.
Il Figlio si è donato, e gli uomini lo hanno ignorato. Ha cercato, e non è stato atteso. Ha parlato, e la sua voce è stata coperta dal rumore dell’indifferenza.
Non è solo un tema da meditazione: è una sofferenza viva.
Il Cuore di Gesù conosce la dolcezza del dare tutto e la pena di non essere corrisposto.
Eppure non si richiude. Non si indurisce. Non si arrende.
Continua ad amare anche chi lo oltraggia.
Ma chi ama, quando non è amato, soffre.
Nel giorno di oggi, la novena ci porta non davanti a una ferita passata, ma a una piaga ancora aperta.
Gesù continua a essere dimenticato nelle sue chiese deserte.
È ridotto a simbolo culturale nei discorsi vuoti.
È manipolato, usato, deformato, ignorato.
La riparazione non è un’idea medievale.
È il linguaggio della fedeltà.
È dire al Signore: “Io Ti vedo. Io Ti amo. Io voglio stare con Te anche dove altri Ti lasciano solo.”
È la compagnia silenziosa di chi, come Giovanni, resta ai piedi della croce quando tutti se ne sono andati.
Nel Cuore oltraggiato, noi impariamo a consolare l’Innocente.
A offrirgli, non grandi opere, ma la nostra piccola fedeltà.
A dargli ristoro, non perché Lui abbia bisogno, ma perché noi non possiamo vivere senza dirgli che lo amiamo.
Oggi il Cuore di Gesù ti chiede questo:
Non parole, ma presenza.
Non gesti straordinari, ma fedeltà nei dettagli.
Non rammarico, ma riparazione.
Preghiera finale
Signore Gesù,
non voglio lasciarti solo nel Getsemani,
né sul Calvario, né nel Tabernacolo.
So che sei stato tradito, abbandonato, disprezzato.
Ma io non voglio essere tra quelli che ti feriscono ancora.
Voglio stare accanto a Te,
nella fedeltà nascosta,
nella costanza silenziosa,
nel mio piccolo amore che oggi ti offro.
Accetta questa povera compagnia,
accetta il desiderio del mio cuore di consolare il Tuo.
Fa’ che io sia riparazione viva,
in ogni atto d’amore,
in ogni scelta buona,
in ogni Eucaristia vissuta con adorazione.
Amen.
Giaculatoria: Cuore di Gesù, tanto offeso e poco amato, ricevi il mio amore in riparazione.
La virtù del giorno: la perseveranza nella prova
Ci sono stagioni in cui si vorrebbe fuggire.
Giorni in cui la preghiera sembra inutile,
la fatica non trova senso,
e Dio pare silenzioso.
Ma in quel silenzio ci attende il Cuore di Gesù.
Non quello trionfante, ma quello trafitto.
Non quello acclamato, ma quello abbandonato.
È lì, sul Golgota, che la perseveranza prende forma:
non come ostinazione, ma come offerta d’amore.
“Avendo amato i suoi, li amò sino alla fine” (Gv 13,1):
questa è la misura del Cuore divino.
Sino alla fine, non solo quando è facile.
Sino alla fine, anche quando tutto sembra perduto.
Sino alla fine, anche quando la fedeltà non ha applausi.
La perseveranza nella prova non è forza d’animo naturale,
ma grazia ricevuta e custodita.
È dire “sì” a Dio anche quando non si capisce,
quando le lacrime non cessano,
quando l’ingiustizia vince,
quando l’anima geme.
È la virtù dei martiri, ma anche dei genitori stanchi,
dei consacrati feriti,
dei fedeli che pregano nel silenzio,
di chi resta saldo quando tutti si disperdono.
Il Cuore di Cristo non ci toglie la croce,
ma ci insegna a portarla senza maledire.
Non ci promette una via breve,
ma una fedeltà che salva anche nel buio.
Gesù, Cuore che non ha tradito,
quando il mio cuore vacilla, tienilo stretto al Tuo.
Quando vorrei mollare, ricordamene la bellezza.
Quando mi sento solo, fammi sentire che Tu ci sei.
Donami la grazia di restare,
di non cercare scorciatoie,
di non vendere la verità per un istante di pace.
Insegnami che nella notte si impara a credere,
che nelle ferite germoglia la santità,
che Tu sei fedele anche quando io non lo sono.
E fa’ che il mio cuore, pur ferito,
resti aperto come il Tuo,
senza mai smettere di amare.
TRIDUO AL SACRO CUORE DI GESÙ
Da pregare tutto intero per tre giorni consecutivi in preparazione alla solennità del Sacro Cuore (venerdì dopo la solennità del Corpo e Sangue di Cristo) ma anche in preparazione della solennità di Cristo Re dell’Universo
1. O Gesù, per mezzo di Maria, Madre tua e Mediatrice di tutte le grazie, affretta la venuta del tuo regno nelle anime; trionfa su tutti gli ostacoli al regno del tuo amore in noi e compensa il tuo Cuore della freddezza con cui Ti abbiamo servito.
Gloria al Padre
Sacro Cuore di Gesù, venga il tuo Regno nel mondo intero.
Per mezzo di Maria, tua Santa Madre.
2. O Gesù, per mezzo di Maria, Madre tua e Mediatrice di tutte le grazie, affretta la venuta del tuo regno nelle famiglie: riconsacrate nella tua ineffabile carità, godano quella tranquillità e quel-la pace che solo il tuo regno può portare.
Gloria al Padre
Sacro Cuore di Gesù, venga il tuo Regno nel mondo intero.
Per mezzo di Maria, tua Santa Madre.
3. O Gesù, per mezzo di Maria, Madre tua e Mediatrice di tutte le grazie, affretta la venuta del tuo regno su tutti i popoli: presto si formi con tutte le genti quell’unico ovile, sotto un solo pastore, come Tu stesso ci hai insegnato a domandare, per la salvezza dell’umanità.
Gloria al Padre
Sacro Cuore di Gesù, venga il tuo Regno nel mondo intero.
Per mezzo di Maria, tua Santa Madre.
Preghiamo
O Dio onnipotente ed eterno che hai voluto rinnovare tutte le cose nel tuo diletto Figlio Re dell’universo, concedi propizio che tutte le Nazioni disunite dalla ferita del peccato si sottomettano al suo soavissimo impero. Per lo stesso Gesù Cristo, nostro Signore. Amen.
Letteratura: certamente ci sono libri che ti fanno crescere per il loro contenuto, per la loro forma. Ma non tutti. Non tutti. A scuola vengono assegnati libri contemporanei, si dice per far conoscere ai ragazzi i problemi del mondo moderno. I classici italiani sono stati messi a tacere, anche se un classico di letteratura, di pittura, di musica, di scultura, di filosofia, di storia è tale perché, anche se scritto avanti Cristo, per contenuto e forma non solo ha insegnato a noi, ma insegna ed insegnerà anche ai nostri discendenti ed ai loro discendenti. Infondo i classici si trovano come la Messa Catttolica, anche lei per molti non la si comprende più e non si mette in dialogo con i contemporanei. I nostri tempi cancellano il passato perché non interessante come il presente che è dinamico colto enciclopedico e grandemente superbo. Quindi ignorante. Accantonare i classici è precludersi la conoscenza personale del presente, il che significa che uno finisce di formarsi sulla stampa, sui film, sulle canzonette e sulla propaganda che viene veicolata attraverso i media dai signori del discorso, plutocrati. Anche la Messa Cattolica è stata messa all'angolo per far passare i cattolici dallo spirituale al sentimental/sociale, così da poterli neutralizzare e farli accoppiare con chi capita capita secondo lo spirito dei tempi. Ma da dove nasce questo odio verso il passato? Certamente dalla superbia generata dai progressi della scienza e della tecnica moderne. Il moderno piano piano e con le dovute eccezioni si è sempre più ateizzato e/o spizzica filosofie e religioni qui e là. Cioè il moderno si è tagliato le proprie radici religiose e culturali. E siamo arrivati alla IA. Quest'ultima è l'ultima delle mille e mille illusioni con le quali il Nemico tende a farci fessi. Se noi leggiamo le vite dei Santi vediamo che da loro sono usciti portenti, cioè la Grazia ha concesso loro poteri soprannaturali. Ecco io credo che il vero progresso sia proprio e solo questo: diventare Santi. Il resto meno di zero. Quindi i libri, ci sono quelli che aiutano a diventar Santi, anche se difficili, e libri che fanno solo del male e sono da evitare.
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