Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

venerdì 9 marzo 2018

La Trilaterale alla prova della maggioranza parlamentare - Federico Dezzani

Il tema della politica non può esserci estraneo in questo momento grave per il nostro Paese. Ho scelto questo secondo testo da condividere oggi perché è un'analisi puntuale e senza remore della situazione che ha raggiunto livelli di criticità difficilmente risolvibili mentre gli ambiti significativi di riferimento e interazione risultano isole faticosamente collegabili nel mare di globalistica dissoluzione riconosciuta e temuta da tempo. Ci resta la preghiera e l'impegno di continuare a parlarne per approfondire e diffondere la lettura realistica della realtà, esclusa dall'editoria "forte" e ideologicamente orientata, senza la quale non si va da nessuna parte. Lettura che ci aiuta a collocarci e agire nell'ambito che maggiormente corrisponde alla nostra responsabilità di credenti. (M.G.)

Il “Rosatellum” ha fatto il suo lavoro. Certo, se si fosse votato con il “Consultellum”, ossia due leggi diversi per Camera e Senato, l’effetto sarebbe stato ancora più dirompente: tuttavia, il voto non ha prodotto nessuna chiara maggioranza parlamentare ed è questo il punto cruciale. Perché un Parlamento “impiccato” implica necessariamente una grande coalizione e, nella fattispecie, implica la convergenza tra il Movimento 5 Stelle ed il Partito Democratico, come auspicato dall’establishment “liberal”, chiamato anche “gruppo Bilderberg” o “Commissione Trilaterale” in base al conciliabolo considerato [qui]. Benché M5S e PD siano rispettivamente il grande vincitore e il grande sconfitto delle politiche 2018, i due partiti sono in realtà riconducibili allo stesso corpo. È questa la raffinatezza (o la diabolicità) della manovra con cui si sta portando l’Italia alla bancarotta: presentare come alternanza (governo Monti, centrosinistra e M5S), la continuazione della stessa strategia di saccheggio e destabilizzazione dell’Italia.

Si parte nel 2011 col governo di Mario Monti, imposto all’Italia sull’onda dell’emergenza “spread”. La massiccia dose di austerità getta il Paese in recessione (PIL a -2,8% nel 2012 e -1,7% nel 2013), imprimendo nuovo slancio al debito pubblico: parallelamente le prime aziende strategiche finiscono all’estero e, un po’ alla volta, si aprono le porte all’immigrazione clandestina. I pessimi risultati macroeconomici del governo Monti non sono un “effetto indesiderato” dell’austerità: l’indebolimento dell’Italia è scientificamente perseguito ed è la missione dei “tecnici” calati da Obama, Merkel, Cameron e Sarkozy, con il decisivo avvallo di Giorgio Napolitano.

Subentrano le elezioni del 2013: il senatore Monti ha la sfacciataggine di presentarsi alle elezioni con un proprio soggetto politico (Scelta Civica) che si ferma ad un 10% per poi sciogliersi nel corso della legislatura e confluire nel PD. Poco male, a ricevere il testimone dal governo tecnico, c’è infatti proprio il centrosinistra, che porta avanti le medesima politiche economiche/migratorie, formalmente volte a “risanare il bilancio” e “salvare vite umane”, in realtà mirate al preciso scopo di sfiancare/destabilizzare l’Italia: il debito pubblico continua a crescere e tocca livelli record, i bilanci delle banche si caricano di sofferenze, le coste meridionali sono prese d’assalto dai flussi migratori poi bloccati alle Alpi, un numero crescente di aziende strategiche (Telecom ed Unicredit) passa un mano straniera. Dopo l’esperienza Monti, il M5S conosce il primo exploit (25%), ma non è ancora tempo di portarlo al governo: occorre che l’austerità indebolisca ulteriormente il Paese e, in parallelo, gonfi il partito anti-sistema creato ad hoc.

Arrivano le elezioni del 2018. Se il partito di Monti si è ormai dissolto nel nulla, tocca questa volta al Partito Democratico incassare alle urne l’onda d’urto delle politiche che stanno sfibrando il Paese: il PD subisce un vero e proprio tracollo, scendendo al 18% dal 25% di cinque anni prima. Poco male, perché a ricevere il testimone dal Partito Democratico, che a sua volta l’aveva ricevuto dal governo tecnico, c’è il Movimento 5 Stelle, che svetta col suo 32% di preferenze. Ma come, qualcuno potrebbe chiedersi, i grillini sono la continuazione dell’esecutivo Monti? Luigi Di Maio, sebbene ormai su posizioni “europeiste”, è l’epigono di Monti?

Sì, perché M5S non è soltanto la continuazione della strategia di annichilimento del nostro Paese, ma ne è addirittura il culmine: i grillini sono il virus inoculato insieme all’austerità. Traggono forza e si alimentano dalle politiche della Troika e, quando il Paese è sufficientemente esausto ed il malessere acuto abbastanza, sono infine portati al governo per terminare il lavoro iniziato da Monti: il default, il saccheggio e, se possibile, lo smembramento geografico dell’Italia.

La calma piatta sui mercati con cui è stato accolto l’esito delle elezioni non deve ingannare. I mercati rimarranno su questi livelli o saliranno persino, prima che scatti la trappola: insediato il governo M5S, alzati i tassi delle banche centrali, allora le borse inizieranno a franare ed il differenziale tra Btp e Bund schizzerà oltre i record del 2011 (dopotutto, il quadro macroeconomico italiano è peggiorato, e di molto, da allora). A quel punto, si ripeterà lo schema già sperimentato in Grecia con Syriza o nei comuni di Torino e Roma con le giunte Appendino e Raggi: di fronte all’emergenza, di fronte alle pressioni dei creditori, di fronte ad un quadro sempre più fosco e complesso, il governo M5S si sfalderà, lasciando mano libera alla speculazione. Che rimane da saccheggiare? I risparmi delle famiglie, le partecipate della Cassa Depositi e Prestiti, gli immobili dello Stato ed una miriade di municipalizzate. Dopo l’ultimo salasso, l’Italia, esangue, potrà anche essere spinta al default, come la Russia del 1998.

Come la Russia del 1998, è ormai evidente che si tenterà anche di smembrare il Paese, esasperando al massimo i “federalismi”, le “autonomie” ed i “secessionismi”. Sedici anno di euro, hanno impoverito il Nord Italia, ma hanno prodotto effetti ancora più drammatici nel Sud Italia: il Paese è oggi spaccato in due, come ha fotografato il voto del 4 marzo, e lo Stato, sempre più debole, è in fase di ulteriore destrutturazione con i vari referendum sulle autonomie, il cui scopo è ridurre ulteriormente i trasferimenti fiscali tra zone ricche e povere. La crisi finanziaria ed il probabile default del Paese saranno così accompagnati dal tentativo di inglobare il Nord Italia nei domini franco-germanici, per lasciare il resto del Paese alla deriva. È lo stesso scenario, dissesto finanziario e balcanizzazione dello Stato, che incontrò Vladimir Putin nel 1999 installandosi al Cremlino.

Se questo è il piano che l’establishment liberal, la cosiddetta “Trilaterale”, ha in serbo per l’Italia, resta però da metterlo in pratica: resta, in sostanza, da battezzare l’esecutivo M5S. Il passaggio è decisivo ed è, probabilmente, l’ultimo ostacolo che separa l’Italia dal baratro.

M5S, a distanza di nove anni dalla fondazione, è certamente pronto per assolvere al suo compito di distruzione dello Stato italiano. Per la formazione di un esecutivo grillino, come dicevamo, è però necessario l’apporto parlamentare del Partito Democratico: non si può dire che questo sia altrettanto pronto ad immolarsi col Movimento 5 Stelle. Qualche resistenza c’è.

Lungi da noi voler rappresentare Matteo Renzi come il “salvatore della patria”: resta il fatto che, fosse anche soltanto per ripicca, screzi o ambizioni personali, l’ex-premier è il maggior ostacolo alla formazione di un governo PD-M5S, i cui massimi fautori sono, al contrario, Sergio Mattarella, Giorgio Napolitano e la corrente più liberal-atlantista del PD (Sergio Chiamparino, Michele Emiliano, Francesco Boccia, Luigi Zanda, etc.).

Bisognerebbe essere più addentro al mondo massonico per conoscere la realtà, ma è ormai evidente che Renzi ed i suoi contendenti sono separati anche da diverse “osservanze”: più legato al mondo della P2 (e quindi a Berlusconi) Renzi, più legato alle grandi logge internazionali e anglofone i vari Mattarella, Monti e Napolitano. Questa divergenza è affiorata più volte nel corso della legislatura: “no” di Mario Monti al referendum costituzionale, attacco di Renzi agli “aristocratici illuminati” (vedi), oscure manovre di servizi e magistratura per “far fuori” l’ex-premier (il caso Consip), tenace resistenza di Renzi all’approvazione dello “ius soli”. Persino l’opposizione di Mattarella a sciogliere le camere, dopo il fallito referendum del dicembre 2016, può essere considerata una manovra tesa a indebolire Renzi, costretto a subire l’esecutivo di Paolo Gentiloni (oggi fra i fautori dell’alleanza con M5S).

Renzi è apparentemente deciso ad impedire qualsiasi convergenza verso il Movimento 5 Stelle: in quest’ottica deve essere letta la decisione di dimettersi “formalmente” il 5 marzo, conservando però la guida del partito sino alle consultazioni al Quirinale per la formazione del nuovo esecutivo. È una scelta, quella di Renzi, che ha subito scatenato la reazione del mondo “liberal”, consapevole che, così facendo, il segretario uscente può bloccare la nascita dell’esecutivo PD-M5S. “Dimissioni Fake” scrive Lucia Annunziata, “Renzi finge di dimettersi e prende in ostaggio il PD” le fa eco Massimo Giannini.

Riuscirà Renzi a scongiurare l’intesa tra PD e M5S, mandando così a monte i piani di Mattarella e Napolitano? Dipenderà non tanto dalla sua capacità di conservare la segretaria del partito, ma dall’oculata scelta degli eletti al Senato, dove una robusta minoranza “renziana” sarebbe in grado di impedire la fiducia a qualsiasi esecutivo grillino-democratico (M5S e PD attualmente dispongono di 167 senatori su una maggioranza di 161).

Nel Movimento 5 Stelle si è parlato di “nascita della Terza Repubblica”. Stiamo in realtà entrando nell’ultima fase della Seconda Repubblica: l’ultima occasione per scongiurare la vittoria di quei poteri che prima hanno spazzato via un’intera classe dirigente con Tangentopoli, poi hanno portato Mario Monti al governo e ora lavorano per assestare il colpo di grazia all’Italia con l’alleanza M5S-PD.  - [Fonte]

15 commenti:

irina ha detto...

http://www.byoblu.com/post/minipost/davvero-esagerato-alberto-bagnai

ABBIAMO DAVVERO ESAGERATO – Alberto Bagnai
Pubblicato 9 marzo 2018 - 11.59 - Da Claudio Messora

Nota a margine ha detto...

Nell'Italia ormai ignorante i mediocri fingono di parlare latino : "porcellum-consultellum-rosatellum "

Anonimo ha detto...

https://m.youtube.com/watch?v=zQCVAWbL2C4

Anonimo ha detto...


Un'analisi che fa riflettere. E a proposito di "smembramento geografico", l'Austria sta cercando di riaprire scorrettamente la questione altoatesina.

L'altro giorno sul Il Giornale si riportava un'improvvisa dichiarazione di Alfano, ministro degli esteri ancora in carica, di colpo tornato in vita, per così dire. Ha respinto l'invito austriaco di recarsi a discutere a Vienna con il collega austriaco e il presidente della regione Trentino AA, la singolare intenzione austriaca di concedere agli altoatesini di lingua tedesca che lo vogliano il passaporto austriaco e in più di consentir loro di fare il servizio militare in Austria! Nota bene: a tal fine, dovrebbe l'Austria modificare la sua costituzione, che prevede il servizio mil. per i soli cittadini. Così un domani avremmo altoatesini cittadini italiani di lingua tedesca, con passaporto anche austriaco, viventi in Italia ma inquadrati nell'esercito austriaco, per via del servizio militare prestato in Austria! Le implicazioni antiitaliane del singolare progetto sono del tutto evidenti: si mira a porre le basi di una futura annessione, creandosi una forza armata sudtirolese addestrata in Austria e vivente in Italia, per di più lautamente. Ci sfottono pure.
Alfano si è dunque svegliato dal letargo e ha negato la sua partecipazione, negando legittimità all'iniziativa austriaca, sul presupposto corretto che non si va a discutere in Austria di una cosa del genere. Ha ricordato che l'Italia tutela sì le minoranze (e in modo molto ampio) ma è nello stesso tempo una e indivisibile, come dice la Costituzione.
Conclusione: oltre al problema delle frontiere mediterranee, che finora i nostri governi non hanno nemmeno tentato di difendere dall'invasione straniera, adesso si profila anche di nuovo l'antica e per noi vitale questione della frontiera del Brennero, grazie alla perfidia austriaca. Piove sul bagnato, come si suol dire.
L'iniziativa di Vienna, estremamente scorretta, meriterebbe da subito una risposta dura da parte nostra, con protesta diplomatica ed eventuale interruzione dei rapporti diplomatici.
L'articolo di F. Dezzani presenta molti spunti interessanti. Unico appunto, a mio avviso: prresenta il "complotto" in modo troppo nitido, come se si fosse trattato di un film di J. Bond: tutto previsto, tutto che va a posto, secondo i piani. Ma anche facendo un po' di tara alle sue tesi, è pur vero che le pressioni da fuori ci sono e sono gravi.
La cosa più grave sono le nostre divisioni interne, le nostre interne incapacità, di vario tipo.
Ma qui, con le elezioni, non si cava il ragno dal buco e l'abisso è sempre più vicino. Occorre cominciare a pensare ad un "partito della nazione", composto da varie forze o partiti, che prenda in considerazione anche l'uso della forza per tentare di ribaltare la situazione.
La domanda che ci si deve porre, a questo punto, già affrontata in passato dal pensiero politico, è la seguente: quando una classe dirigente tradisce il patto sociale e governa all'incontrario, avviando il Paese alla dissoluzione, è lecito cercare di rovesciarla anche con la forza? Forza, che può ovviamente essere anche solo quella delle dimostrazioni di piazza, come teorizzava p.e. il sindacalismo rivoluzionario di un tempo?
[X].

mic ha detto...

Forza, che può ovviamente essere anche solo quella delle dimostrazioni di piazza, come teorizzava p.e. il sindacalismo rivoluzionario di un tempo?

L'unica forza di piazza immediatamente mobilitabile e molto efficace perché violenta mi pare quella dei centri social, che si mobilita per gli scopi esattamente opposti...

irina ha detto...

https://www.rossoporpora.org/rubriche/italia/764-elezioni-4-marzo-qualche-nota.html

ELEZIONI 4 MARZO: QUALCHE NOTA
ELEZIONI 4 MARZO: QUALCHE NOTA – di GIUSEPPE RUSCONI

"...Il voto dato alla Lega di Salvini ha invece una diversa consistenza. Certo anche di protesta contro la politica di un governo nazionale giudicato (nel migliore dei casi) inetto. E però il voto leghista è oggi anche espressione del buon senso quotidiano (originariamente lombardo-veneto, ma oggi molto più esteso geograficamente), che affonda le sue radici in un humus cristiano e che conserva in ogni caso una particolare sensibilità ai temi di un cattolicesimo perlomeno ‘civile’. Un voto non di disperazione, ma di speranza, di chi vive la quotidianità con umiltà, serietà, creatività dato a una forza con un’identità chiara, un programma chiaro, con un’esperienza amministrativa di tutto rispetto, come dimostrato ancora una volta dalla vera e propria umiliazione che la Lombardia ha inflitto a Giorgio Gori, cocco dei massmedia radicalchic e dei salotti della gauche au caviar del collegio di Milano 1, centro città..."

Anonimo ha detto...

La situazione politica attuale in Italia; non è peggiore di tante altre volte...
Cep

Bavaricus ha detto...

Mi pare giusta l'iniziativa austriaca di tutelare i diritti del loro popolo, di cui una parte è malauguratamente capitata, come bottino di una guerra iniqua, in seno a uno staterello d'operetta. Meglio saper difendersi: i Südtiroler manco vorranno trovarsi un giorno nella stessa situazione dei Russi nell'ucraina orientale.
B.

Anonimo ha detto...


Bavaricus, l'antiitaliano di turno, magari "bavarese" quanto un piatto di spaghetti...

L'iniziativa austriaca è scorretta e in malafede in relazione ai Trattati e agli accordi esistenti tra Austria e Italia, relativamente alla questione dell'Alto Adige. Bisogna ricordare che il regime di autonomia ottenuto dai sudtirolesi/altoatesini è considerato un modello in Europa (di fatto sono semiindipendenti). Ma all'ultradestra oggi al governo in Austria evident.te non basta.

La nostra partecipazione alla Grande Guerra fu giusta e sacrosanta. Non c'era altro modo di raggiungere finalmente l'unità nazionale, estendendola, come di dovere, sino alle frontiere naturali. La frontiera strategica del Brennero è per noi di importanza fondamentale. Tenendo quella frontiera, noi difendiamo tutta la pianura padana,sino al Po. IL Brennero è stato da sempre una delle vie privilegiate delle invasioni straniere. Per i nazionalisti tedeschi e austriaci, sempre pangermanisti, il confine con l'Italia doveva essere addirittura al Mincio. Chiaro? E Trento doveva essere una città tedesca. Da decenni, l'imperial-regio governo stava procedendo a "limitare" l'elemento italiano a favore degli slavi e dei tedeschi tirolesi.
I bavaresi e gli Asburgo, in lotta tra loro, con opera secolare, fecero in modo di ricacciare indietro o assorbire l'elemento italiano nella valle dell'Adige. La spuntarono gli Asburgo.
Con la vittoria del 1918, un secolo fa, riscattammo alla fine la servitù che gli Asburgo, che si sono sempre considerati nostri nemici, erano riusciti ad imporci per tre secoli e mezzo, a partire dalle sventurate Guerre d'Italia, nel Cinquecento, che ci rovinarono completamente, profittando delle nostre divisioni. Quelle sì, guerre di rapina. L'Italia fu divisa, in modo diretto ed indiretto, tra Asburgo spagnoli (Spagna) e gli Svizzeri (il Ticino, sottratto dai mercernari svizzeri con il tradimento al Ducato di Milano). Si salvò solo la Repubblica di Venezia, dopo una dura lotta. E per questo fu sempre detestata dagli Asburgo, dagli austriaci, che mirarono sempre al suo annientamento, finché ci riuscirono grazie a Napoleone Buonaparte, impiantandosi poi in Italia con un dominio nei fatti di tipo coloniale (Lombardo-Veneto).
Non sono un esperto dei problemi dell'Ucraina orientale ma non vedo il collegamento.
Lo "Staterello da operetta" riferito allo Stato italiano unitario in generale, dall'epoca liberale, al fascismo, all'attuale, è dizione puramente offensiva che, in ogni caso, dimostra l'ignoranza di chi la pronuncia.
[X]

Januensis ha detto...

Il movimento 5 stelle è stato creato a tavolino, con l'avvallo certo e sicuro degli U.S.A. L'obbiettivo, all'inizio , era quello di distruggere gli eredi del partito comunista e, come si vede dal risultato delle elezioni, ci sono in gran parte riusciti. Ma, nel frattempo, è anche cambiato il Presidente degli Stati Uniti.
Nella nostra campagna elettorale si è parlato molto poco di politica estera. Ma è noto a tutti che la politica obamiana, che onorava Renzi, mentre sosteneva il movimento 5 stelle, forse con speranza di distruggere Berlusconi, ha gettato il Medio Oriente in preda ad una guerra sanguinosa, in cui il governo dell'IRAN è il vero vincitore. Ora siamo alla stretta finale : come dimostrano i fatti accaduti l'IRAN riempe di armi o meglio di missili i dintorni di Damasco per arrivare alla distruzione di Israele. Tra i democratici americani ci sono molti che odiano Israele. In caso contrario avrebbero dovuto opporsi alla politica obamiana. Un governo PD - M5s in quale campo ci collocherà ? con Israele o con l'Iran ?

Unam Sanctam ha detto...

L'analisi è pregevole in sè, tranne la parte sui secessionismi. Io sono fortemente convinto che il ritorno a una situazione preunitaria, per poi ricostruire una sorta di confederazione sul modello giobertiano, sarebbe l'unico modo di restituire veramente l'Italia a ciò che la sua natura storica e etnica è realmente.

Anonimo ha detto...


Perché si parla sempre poco di politica estera? I limiti dell'azione italiana e le possibilità di sueperarli? [1]

Una "mossa" di politica estera interessante l'ha fatta a mio avviso Meloni quando è andata a Budapest ad incontrare Orban. Ha dichiarato che il suo partito appoggerebbe l'adesione dell'Italia al Gruppo di Visegrad, i tre Stati cattolici (anche se in Ungheria c'è da sempre una forte componente calvinista, alla quale appartiene lo stesso Orban). Si tratta di un approccio eterodosso rispetto alle posizioni ufficiali dell'Unione Europea, nettamente ostili al Gruppo di Visegrad, che si impegna a difendere i valori cristiani e non vuole accettare la c.d. emigrazione (musulmana e incontrollata).
Si sente spesso dire da anni che l'Italia democratica non ha e non ha mai avuto una vera politica estera. Il rilievo è in sostanza giusto e spinge ad alcune considerazioni.

1. L'Italia uscì devastata, sconfitta, umiliata e disarmata dalla II gm, con gli americani installati per diritto di conquista a Camp Darby vicino a Pisa e sostanziose mutilazioni ai confini. La II gm era stata persa soprattutto perché, spinto anche da circostanze soverchianti, Mussolini aveva violato il canone fondamentale strategico e di politica estera per noi imprescindibile: mai entrare in guerra contro la Potenza navale che dominava il Mediterraneo, per ovvie ragioni. Questo principio era stato formulato con la consueta lucidità da Cavour. Nel dopoguerra, trovandoci per forza di cose nello schieramento occidentale ossia americano, ci trovavamo dalla parte della Potenza che dominava nel Mediterraneo. Ci siamo poi voluti (ma anche dovuti, per difenderci dalla minaccia comunista) inserire nell'Alleanza militare governata da questa Superpotenza: la NATO. Il cui titolo per esteso è: North Atlantic Treaty Organization. Organizzazione (militare) per l'attuazione del Trattato del Nord Atlantico, ossia per la difesa di un'area strategica vitale per gli Stati Uniti, il Canada e il Regno Unito. La NATO poi si è estesa anche al Mediterraneo e all'Europa centrale.
2. E'chiaro che così incapsulata l'Italia, potenza di second'ordine, non ha tanta possibilità di svolgere una politica estera veramente autonoma. Ciò era tanto più vero all'epoca della guerra fredda, con il mondo rigidamente diviso in due blocchi. Ma con la fine della guerra fredda, le cose sono forse cambiate? No, anzi. Perché l'Italia ora è inserita anche nell'Unione Europea, che tende ad avere una sua politica estera ed inoltre si fanno sentire i condizionamenti diventati pesanti dell'ONU, piuttosto diversa da ciò che era negli anni Cinquanta (nel senso che non aveva una sua politica di sostegno alla Rivoluzione Sessuale, che ancora non c'era, e all'invasione terzomondista dell'Occidente, né torturava le nazioni con le sue c.d. ONG).
3. Tuttavia è forse del tutto impossibile all'Italia, se davvero lo voglia, acquisire una relativa autonomia, non in generale, ma almeno su questioni vitali per la sua sopravvivenza, quali ad esempio il contenimento della c.d. immigrazione? E'una questione di fede in determinati valori (la Patria, l'italianità da difendere, gli equlibri sociali etc.) e di volontà politica, ma anche di preparazione e di intelligenza. [segue]

Anonimo ha detto...


Il ritorno a una situazione preunitaria, per "restituire all'Italia la sua vera natura storica ed etnica". Un grave errore di prospettiva

1. Ad una situazione "preunitaria" siamo già tornati con il regionalismo inaugurato improvvidamente dalla presente Costituzione, anche per impedire "il ritorno del fascismo" elevato stolidamente a categoria metastorica. Si assiste ad una continua lotta fra governo centrale e regioni che, pur chiedendo sempre soldi, vogliono allargare in ogni modo le proprie già ampie competenze. Certe regioni tendono a comportarsi come se fossero Stati sovrani.
2. Non si capisce perché si debba dividere l'Italia e poi "riunirla" in una confederazione di tipo giobertiano, che si dimostrò storicamente impossibile già nel 1848. L'unica soluzione ragionevole sarebbe invece quella di dar vita ad un effettivo federalismo, anche senza dover usare il nome di Stato federale. Cioè: uno Stato centrale dotato di competenze precise, nazionali, per certe materie fondamentali e strategiche + un'amministrazione decentrata a livello regionale, che tenga conto delle esigenze locali in modo più immediato. Una amministrazione decentrata, non enti di fatto sovrani, come le attuali regioni.
Per esempio: la Protezione Civile era stata articolata bene, finché non è stata distrutta, regionalizzandola, e diventando quindi preda delle burocrazie, dipendenti dai partiti, anche a livello locale (vedi ultimi casi). Bene, perché poteva operare agilmente a livello nazionale e in fretta.
3. Non riesco a vedere differenze "etniche" tra gli italiani, a parte i sudtirolesi o gli sloveni sul confine orientale.
4. Una "confederazione" alla Gioberti dovrebbe allora ridare al Papa uno Stato più esteso dell'attuale? Per l'Italia ma anche per la Chiesa ciò sarebbe una jattura, farebbe ripiombare la Chiesa nel "temporalismo" che tanti danni ha fatto a tutti, religione compresa.
5. La nostra funesta mancanza di uno Stato unitario è dipesa in gran parte da circostanze storiche disgraziate, che poi si sono cristallizzate. Non è un dato "ontologico".
6. Il passato preunitario viene da qualche tempo mitizzato. Se ne è fabbricata l'immagine di una sorta di Isola Felice o ultima Thule della Tradizione immune da ogni contagio con la Modernità, dimenticando da quante miserie, anche morali, fosse afflitta.
7. Stiamo subendo assalti mostruosi da fuori (Poteri forti-finanza mondiale + invasione afromusulmana) con la complicità dei senza Dio (preti inclusi) da dentro: sembrerebbe più sensato cercare di rafforzare l'unità (innanzitutto spiritualmente) invece di spingere verso la sua dissoluzione in un utopico "con-federalismo".
[X]

Anonimo ha detto...

HA FATTO UNA CARNEFICINA DI INNOCENTI E LA CHIAMA PACE! PERCHE' LE TV NON LO DICONO?

Lo dice esplicitamente l'esercito turco armato dal Sultano Erdogan: ''neutralizzati'' 3.149 ''terroristi''. Che vuol dire curdi massacrati senza pietà!!! Bugiardo, ha fatto una carneficina e la chiama ''ramoscello d'ulivo'' mentre la comunità internazionale tace e acconsente!

Fa bene RightsReporter a chiedersi quanti civili siano stati massacrati visto che non se ne cita il numero... Morti che l'Occidente, muto e inginocchiato ha tutti quanti sulla coscienza! E ora gli occhi del Sultano si posano sull'Algeria, dove gli autori dei massacri degli anni '90 lo aspettano a braccia aperte...

http://www.rightsreporter.org/turchia-massacrati-3-149-curdi-nellindifferenza-internazionale/

Souad Sbai

punisher ha detto...

5 stelle creati per TRADIRE dopo 4 anni nessuno può più negarlo o avere dubbi.