Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

venerdì 7 giugno 2013

Un serio richiamo alla devozione al Sacro Cuore di Gesù : Pio XII e Benedetto XVI

Nella sua Enciclica sulla devozione al Sacro Cuore, Haurietis aquas (berrete alle fonti), Pio XII lancia ai cattolici un serio richiamo perché non cedano alle sirene dell'aggiornamento arrivando a trascurare la pratica di questa devozione. Oggi è il giorno a Lui dedicato. Non dimentichiamolo!

[...] « Se tu conoscessi il dono di Dio ». Ecco, Venerabili Fratelli, il paterno monito che Noi, chiamati per divina disposizione ad essere custodi e dispensatori del tesoro di fede e di pietà, che il divin Redentore ha affidato alla sua Chiesa, Ci sentiamo in dovere di rivolgere a tutti quei Nostri figli; i quali, nonostante che il culto al Cuore Sacratissimo di Gesù, trionfando degli errori e della indifferenza degli uomini, abbia pervaso il Mistico Corpo del Salvatore, nutrono ancora dei pregiudizi a riguardo e giungono persino a ritenerlo meno rispondente, per non dire dannoso, alle necessità spirituali più urgenti della Chiesa e dell’umanità nell’ora presente.
Taluni, infatti, confondendo o equiparando l’indole primaria di questo culto con le varie forme di devozione che la Chiesa approva e favorisce, ma non prescrive, lo stimano quasi come alcunché di superfluo, che ciascuno può praticare o no a suo arbitrio; altri, poi, stimano che questo stesso culto sia oneroso e di nessuno o ben modesto vantaggio specialmente per i militanti del Regno di Dio, preoccupati soprattutto di consacrare il meglio delle loro energie spirituali, dei loro mezzi e del loro tempo alla difesa e alla propaganda della verità cattolica, alla diffusione della dottrina sociale cristiana e all’incremento di quelle pratiche e opere di religione, che giudicano molto più necessarie per i tempi nostri; vi sono inoltre alcuni, i quali anziché riconoscere in questo culto un mezzo efficacissimo per l’opera di rinnovamento e di progresso dei costumi cristiani, sia degli individui che delle famiglie, vi vedono una forma di devozione pervasa piuttosto di sentimento che di nobili pensieri ed affetti, e perciò più confacente al femmineo sesso che alle persone colte.
Vi sono anche altri, i quali, ritenendo questo culto come troppo vincolato agli atti di penitenza, di riparazione e di quelle virtù che stimano piuttosto « passive », perché prive di appariscenti frutti esteriori, lo giudicano senz’altro meno idoneo a rinvigorire la spiritualità moderna, cui incombe il dovere dell’azione aperta e indefessa per il trionfo della fede cattolica e la strenua difesa dei costumi cristiani, in mezzo ad una società inquinata di indifferentismo religioso, incurante di ogni norma discriminatrice del vero dal falso nel pensiero e nell’azione, ligia ai princìpi del materialismo ateo e del laicismo.
Come non vedere, Venerabili Fratelli, lo stridente contrasto tra simili opinioni e le pubbliche attestazioni di stima per il culto al S. Cuore di Gesù, professate dai Nostri Predecessori su questa cattedra di verità? Come giudicare inutile o meno adatta per l’epoca nostra quella forma di pietà, che il Nostro Predecessore di imm. mem. Leone XIII non esitò a definire: « pratica religiosa encomiabilissima »; e nella quale additava il rimedio a quegli stessi mali, individuali e sociali, che anche oggi, e indubbiamente in modo più vasto ed acuto, travagliano l’umanità? « Questa devozione, che a tutti consigliamo, asseriva Egli, sarà a tutti di giovamento ». Ed inoltre, aggiungeva questi ammonimenti ed esortazioni, che ben si addicono anche al culto verso il Cuore sacratissimo di Gesù: « Di fronte alla minaccia di gravi sciagure che già da molto tempo sovrasta, è urgente che si ricorra, per scongiurarle, all’aiuto di colui che soltanto, ha la potenza per allontanarle. E chi altri potrà essere costui, se non Gesù Cristo. l’Unigenito di Dio? Poiché non c’è sotto il cielo alcun altro nome dato agli uomini, dal quale possiamo aspettarci d’essere salvati ». « A Lui dunque si deve ricorrere, che  è via, verità e vita ».[...]
E così Benedetto XVI, nel 50° anniversario dell'Enciclica, riprende a suo modo lo stesso richiamo:
Il costato trafitto del Redentore è la sorgente alla quale ci rimanda l'Enciclica Haurietis aquas: a questa sorgente dobbiamo attingere per raggiungere la vera conoscenza di Gesù Cristo e sperimentare più a fondo il suo amore. Potremo così meglio comprendere che cosa significhi conoscere in Gesù Cristo l'amore di Dio, sperimentarlo tenendo fisso lo sguardo su di Lui, fino a vivere completamente dell'esperienza del suo amore, per poi poterlo testimoniare agli altri. Infatti, per riprendere un'espressione del mio venerato Predecessore Giovanni Paolo II, “vicino al Cuore di Cristo, il cuore umano apprende a conoscere il senso vero e unico della vita e del proprio destino, a comprendere il valore d'una vita autenticamente cristiana, a guardarsi da certe perversioni del cuore, a unire l'amore filiale verso Dio all'amore verso il prossimo. Così - ed è la vera riparazione richiesta dal Cuore del Salvatore - sulle rovine accumulate dall'odio e dalla violenza, potrà essere edificata la civiltà del Cuore di Cristo” (Insegnamenti, vol. IX/2, 1986, p. 843).
[...] Questo mistero dell'amore di Dio per noi, peraltro, non costituisce soltanto il contenuto del culto e della devozione al Cuore di Gesù: esso è, allo stesso modo, il contenuto di ogni vera spiritualità e devozione cristiana. E’ quindi importante sottolineare che il fondamento di questa devozione è antico come il cristianesimo stesso. Infatti, essere cristiano è possibile soltanto con lo sguardo rivolto alla Croce del nostro Redentore, “a Colui che hanno trafitto” (Gv 19,37; cfr Zc 12,10). A ragione l'Enciclica Haurietis aquas ricorda che la ferita del costato e quelle lasciate dai chiodi sono state per innumerevoli anime i segni di un amore che ha informato sempre più incisivamente la loro vita (cfr n. 52). Riconoscere l'amore di Dio nel Crocifisso è diventata per esse un'esperienza interiore che ha fatto loro confessare, insieme a Tommaso: “Mio Signore e mio Dio!” (Gv 20,28), permettendo loro di raggiungere una fede più profonda nell’accoglienza senza riserva dell'amore di Dio (cfr Enc. Haurietis aquas, 49).

7 commenti:

Anonimo ha detto...

Ricorda Benedetto XVI:
E’ quindi importante sottolineare che il fondamento di questa devozione è antico come il cristianesimo stesso. Infatti, essere cristiano è possibile soltanto con lo sguardo rivolto alla Croce del nostro Redentore, “a Colui che hanno trafitto” (Gv 19,37; cfr Zc 12,10).

Infatti, come dimenticare che il Signore ha espiato la nostra colpa sulla Croce, operando la redenzione. E ci ha rigenerati nella Risurrezione, riportandoci alla destra del Padre nell'Ascensione e inviandoci nella pentecoste il Suo Spirito di Risorto, che non cessa di renderci a Lui 'connaturali' nella Sua Chiesa, custodendola Una Santa e santificatrice fino alla fine dei tempi?

Ariel ha detto...

Cor Iesu Sacratissimum, miserere nobis!

Marco P ha detto...

Scusate l'off topic ma mi sembra importante.

Riporta da Tiscali che cita LaPresse:
Bergoglio stravolge l'ufficialità durante l'incontro con le scuole ignaziane ammettendo candidamente: "Non ho voluto io fare il Papa".
.....

Mic puoi approfondire ?

Anonimo ha detto...

Marco,
ho trovato la registrazione del'incontro a questo link.
Più tardi ne parliamo.

http://www.vatican.va/holy_father/francesco/speeches/2013/june/documents/papa-francesco_20130607_scuole-gesuiti_it.html

Anonimo ha detto...

Ancora il ritornello della povertà.

Aiutare i poveri è importante, ma più importante è salvare le anime. Poi vengono le conseguenze.

Alessandro ha detto...

Queste devozioni si accompagnano ad un'iconografia orrenda

Anonimo ha detto...

Queste devozioni si accompagnano ad un'iconografia orrenda

orrenda? In alcuni casi, semmai semplicistica. Ma tutto dipende dagli occhi (del cuore) di chi guarda...
Bisogna infatti essere consapevoli di Chi è Colui da cui lasciarci guardare e salvare e trasformare. Oppure, guardandolo - anzi contemplando e adorando -, imparare e 'conoscerlo' e amarlo sempre di più.