Indice degli articoli sul Latino, lingua classica, sacra (nella Liturgia Romana) e vincolo di unità tra popoli e culture.
È fuori moda, sarebbe oggetto degli strali più aspri della cancel culture, è oggi guardato (spesso perfino nel mondo accademico) con una certa insofferenza, ma quel che scrisse sulla «persistenza del latino scritto» un maestro indiscusso di comparatistica e storia delle lingue come Antoine Meillet resta illuminante e, almeno nelle sue linee essenziali, ancora valido ed attuale.
Stralci nella traduzione italiana:
«Il latino scritto [...] ha salvaguardato la tradizione della civiltà antica, con la quale non c’è mai stata rottura nell’Impero romano: l’Occidente ha conservato ciò che ha potuto della letteratura latina, così come Bisanzio ha conservato parte della letteratura greca.
[...] D’altra parte, il latino scritto era la lingua del cristianesimo in Occidente.[...] Tra la lingua più classica e quella della Vulgata o dei Padri della Chiesa ci sono solo differenze di dettaglio [...]. Rimase sempre un solo latino scritto, che era l'unica lingua della Chiesa romana, l'unica lingua della cultura intellettuale sopravvissuta in Occidente. Malgrado la diversità delle dominazioni barbariche, questa unità non è stata mai inficiata; e, anche quando in un territorio non si parlava una lingua romanza, il latino è stato la lingua della civiltà e della Chiesa - inseparabili l'una dall'altra [...].
Il re franco Carlo Magno si fece incoronare imperatore romano, protesse la Chiesa romana e fu sostenuto da essa; nel diffondere il cristianesimo propagò l’uso del latino scritto nell’Europa centrale. [...] L’impero di Carlo Magno non mantenne l’unità che il suo fondatore gli aveva dato. [...] Ma, soprattutto nelle regioni di lingua tedesca e slava occidentale e in Italia, in certa misura il senso di unità dell’impero perdurò e andava ad aggiungersi all’unità reale e indiscussa – anche quando il papato fu temporaneamente diviso – della Chiesa.
[...] Per quanto il potere politico fosse diviso e sgretolato, in Occidente restava integra nondimeno l'unità culturale. Fino alle soglie dell’età moderna, non si pensò se non in latino. [...] Tale unità era così forte e profondamente radicata che la sua azione si manifesta ancora oggi con forza. Anche se la Riforma ha rotto l’unità della Chiesa e ha staccato da essa gran parte dei territori di lingua tedesca [...], tuttavia il cattolicesimo romano è ancora oggi l'unica religione che merita il nome di cattolica, cioè universale. [...] È imitando l’articolazione delle frasi latine che i prosatori europei hanno imparato l’arte della scrittura. L’Europa e l’America potranno anche dimenticare l'unità originaria della loro cultura – e lo farebbero a proprio discapito – ma le loro lingue di civilizzazione, attraverso la loro unità (rivendicata o dissimulata che sia), continueranno sempre a testimoniare che, dietro le diversità di cui tanto ci si vanta e di cui di esagera il valore, rimangono - a volte poco visibili, spesso dimenticati ma sempre attivi - gli enormi benefici dell'unità romana».
(Da A. Meillet, Esquisse d'une histoire de la langue latine, Hachette, Parigi 1931, pp. 279-284)
5 commenti:
"Se Dio non esiste, tutto è permesso"
Il 28 gennaio 1881 muore a San Pietroburgo lo scrittore e filosofo russo Fedor Dostoevskij, tra i massimi pensatori russi di ogni tempo; lo ricordo con questa sua citazione nell'enciclica "Spe Salvi" di Benedetto XVI, in modo da ricordare anche lui...
"La questione della giustizia costituisce l’argomento essenziale, in ogni caso l’argomento più forte, in favore della fede nella vita eterna. Il bisogno soltanto individuale di un appagamento che in questa vita ci è negato, dell’immortalità dell’amore che attendiamo, è certamente un motivo importante per credere che l’uomo sia fatto per l’eternità; ma solo in collegamento con l’impossibilità che l’ingiustizia della storia sia l’ultima parola, diviene pienamente convincente la necessità del ritorno di Cristo e della nuova vita....ambedue – giustizia e grazia – devono essere viste nel loro giusto collegamento interiore. La grazia non esclude la giustizia. Non cambia il torto in diritto. Non è una spugna che cancella tutto così che quanto s’è fatto sulla terra finisca per avere sempre lo stesso valore. Contro un tale tipo di cielo e di grazia ha protestato a ragione, per esempio, Dostoëvskij nel suo romanzo “I fratelli Karamazov”. I malvagi alla fine, nel banchetto eterno, non siederanno indistintamente a tavola accanto alle vittime, come se nulla fosse stato" (Benedetto XVI, "Spe salvi", n. 43-44)
Grazie!
28 Gennaio
San Tommaso d'Aquino
Affermare raramente, negare di rado, distinguere sempre.
La maggior parte degli uomini sembra vivere secondo i propri sensi, piuttosto che secondo la propria ragione.
Imperfettamente conosciamo e imperfettamente amiamo.
Non ci può essere gioia nella vita senza la gioia del lavoro.
L’amicizia è la fonte dei più grandi piaceri, e senza amici anche le attività più piacevoli diventano tediose.
L’uomo non può vivere senza gioia. Pertanto, quando viene privato delle vere gioie spirituali, diventa dipendente dai piaceri carnaliLa pretesa che gli angeli non esistano perché sono invisibili è come credere che noi non dormiamo mai perché non ci vediamo dormire.
Come dice S. Agostino: «Dio, essendo sommamente buono, non permetterebbe in nessun modo che nelle sue opere ci fosse del male, se non fosse tanto potente e tanto buono, da saper trarre il bene anche dal male». Sicché appartiene all’infinita bontà di Dio il permettere che vi siano dei mali per trarne dei beni.
Il bene può esistere senza il male, laddove il male non può esistere senza il bene.
Solo Cristo è il vero sacerdote, gli altri sono i suoi ministri.
Umiltà è la virtù che frena il desiderio innato dell’uomo di innalzarsi sopra il proprio merito.
Chi riceve qualcosa senza soffrire la conserva senza amore
La misericordia senza giustizia è madre della dissoluzione, la giustizia senza misericordia è crudeltà
La santità non consiste nel sapere molto o meditare molto; il grande segreto della santità consiste nell’amare molto.
Chi è perfetto nell’amore è perfetto nella vita spirituale.
Nell'antica Cina l'Impero romano era chiamato "Da Qin" che significa "grande Cina".
Questo paragone onorifico nel nome testimonia la coscienza dei cinesi di non essere l'unica entità dotata di una sofisticata cultura e civiltà.
Dopo l'apertura della Via della Seta nel II secolo a.C., proprio Roma occupava l'estremo polo finale di tale rotta commerciale, mentre la Cina era quello iniziale, e ciò rafforza l'uso metaforico di un nome speculare.
Tuttavia i due antichi imperi, pur percependosi nell'estrema lontananza, non ebbero mai contatti diretti, sebbene un generale cinese di nome Ban Chao della Dinastia Han, condusse una spedizione fino al Mar Caspio nel 97 d.C. e un suo ambasciatore, Gan Ying, si avvicinò ulteriormente fino a raggiungere le coste del Mar Nero.
Giunto in queste terre, però i Parti gli suggerirono di non proseguire oltre a causa delle enormi difficoltà che avrebbe trovato per raggiungere i territori romani.
In realtà la maggior parte del cammino era già stata compiuta, ed è ragionevole pensare che i Parti li dissuasero per conservare la loro posizione privilegiata di intermediari dei traffici commerciali tra l'impero romano e quello cinese.
SPQR Official
"Che idea sublime quella di una lingua universale per la Chiesa universale! Da un polo all'altro il cattolico che entra in una Chiesa del suo rito è a casa propria e niente è estraneo ai suoi occhi. Giungendovi sente ciò che ha sentito per tutta la vita; può unire la propria voce a quella dei suoi fratelli. La fraternità che risulta da una lingua comune è un legame misterioso di una forza immensa."
(Joseph de Maistre)
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