Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

giovedì 26 gennaio 2023

'Vas electionis est mihi iste'. Viganò: Omelia nella festa della Conversione di San Paolo Apostolo

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Vas electionis est mihi iste

Omelia dell’Arcivescovo Carlo Maria Viganò
nella festa della Conversione di San Paolo Apostolo


Egregie Doctor Paule, mores instrue,
Et nostra tecum pectora in cœlum trahe;
Velata dum meridiem cernat fides,
Et solis instar sola regnet caritas.
O egregio dottore Paolo, insegna le leggi
e attira i nostri spiriti con te verso il cielo,
fin quando l’oscurata Fede scorga il mezzodì
e la sola Carità regni a somiglianza del sole.

LA CONVERSIONE DI SAN PAOLO è una conquista di Santo Stefano, e non a caso la divina Liturgia pone questa festa a pochi giorni da quella del Protomartire, che il giudeo Saulo, ligio all’Antica Legge e fedele esecutore della volontà dei Sommi Sacerdoti, vide martirizzato sotto i suoi occhi e forse egli stesso martirizzò, credendo di compiere un’azione conforme ai precetti osservati da ogni Ebreo ortodosso. Commenta l’abate Guéranger: Per completare la corte del nostro grande Re, era giusto che si elevassero ai lati della mangiatoia le due potenti colonne della Chiesa, l’Apostolo dei Giudei e l’Apostolo dei Gentili: Pietro con le chiavi e Paolo con la spada. Così Saulo, da ebreo osservante e persecutore dei Cristiani, diventa Paolo, conquistatore dei pagani al Vangelo. 

Oggi la potenza di Cristo abbatte il Suo nemico, e la Sua misericordia lo risolleva facendo di lui un campione della Fede e il compagno del Principe degli Apostoli, assieme al quale egli verserà il proprio sangue nell’Urbe: O Roma felix, quæ duorum Principum es consecrata glorioso sanguine, cantiamo nell’inno Decora lux. Felice Roma, consacrata dal glorioso sangue dei due Principi! Un sangue che è glorioso perché da esso, versato per amore di Cristo, non deriva la morte ma la vita, non la sconfitta ma la vittoria, non l’ignominia del supplizio ma la gloria della palma del Martirio.
Quando i Pastori obbedivano a Dio e non inseguivano gli inganni di questo mondo, dalla festa della Cattedra di San Pietro in Roma a quella della Conversione di San Paolo si teneva l’Ottavario di preghiera per la conversione dei non Cattolici, scismatici, eretici e pagani. La nuova chiesa, sulla falsariga del Vaticano II, ha rinnegato la propria missione e cerca di nascondere ciò che ci separa dalle sette e dagli idolatri, enfatizzando ciò che secondo loro ci unisce. E quel momento di preghiera è diventato la “Settimana per l’unità dei Cristiani”, anteponendo gli scopi di un insano ecumenismo alla missione soprannaturale della predicazione della vera Fede. Vi invito dunque a pregare per i chierici e i Prelati persecutori dei buoni Cattolici, e per quanti come Saulo credono di osservare i precetti della legge mentre sono nell’errore. Chiediamo al Signore di mostrarSi loro e di convertirli, come fu convertito l’Apostolo dei gentili.

Non vi stupisca questo parallelo: il velo del tempio che si strappò per il lungo nel momento della morte del Salvatore sulla Croce pose fine all’antica Alleanza, facendo della Chiesa di Cristo il nuovo Israele, e dei battezzati il nuovo popolo eletto. Questa nuova ed eterna Alleanza, suggellata nel Sangue dell’Agnello di cui erano figura i sacrifici del Tempio, accolse molti figli della Sinagoga, illuminati dalle profezie messianiche e confermati dai miracoli del Signore: tra costoro vi furono tanti che, come Saulo, obbedirono alla Legge finché non furono toccati dalla Grazia che mostrò loro il compimento delle Scritture in Gesù Cristo. E mentre l’accecamento della perfidia non lasciava scorgere la Luce venuta nel mondo e la respingeva; mentre il Sinedrio cospirava con Pilato nel timore di veder compromesso il proprio potere e nascondeva ai semplici le verità custodite nei rotoli di Isaia e dei santi Profeti; mentre Saulo cercava in tutte le sinagoghe di costringere i cristiani con minacce a bestemmiare (At 26, 11), ossia a rinnegare la divinità di Cristo e la Sua venuta come Messia promesso, si preparava il grande miracolo della conversione: istantanea, immediata, fulminea come tutte le cose che riguardano Dio.

Il cammino di conversione è talvolta arduo e lungo, irto di difficoltà e di cadute; ma la conversione in sé avviene con la forza e la potenza di cui il Signore è capace, quando ci tocca con la luce della Verità e con il fuoco della Carità. Chi sei tu, Signore?, chiede Saulo, disarcionato da cavallo; Io sono Gesù, che tu perseguiti (At 9, 5). Nella luce sfolgorante in cui risuona la voce di Cristo, uno dei più temuti inquisitori del Tempio riconosce il miracolo, ne comprende il divino Artefice, Gli si rivolge chiamandolo «Signore», obbedisce all’ordine di recarsi a Damasco. Egli rimane abbagliato e cieco per tre giorni, e per tre giorni digiuna, in mistica preparazione all’epifania di Cristo.

Con un altro miracolo, Anania viene istruito di recarsi a guarire Saulo di Tarso, e quegli rimane stupito perché il giudeo ha l’autorizzazione dai sommi sacerdoti di arrestare tutti quelli che invocano il tuo nome (At 9, 14). E il Signore gli risponde: Và, perché egli è per me uno strumento eletto per portare il mio nome dinanzi ai popoli, ai re e ai figli di Israele; e io gli mostrerò quanto dovrà soffrire per il mio nome (ibid., 15-16). Recatosi dunque da Saulo, Anania gli impone le mani e lo guarisce, facendo cadere dai suoi occhi il velo della cecità, figura dell’oscuramento della vista dell’anima. Ricolmo di Spirito Santo, Saulo fu subito battezzato (ibid., 18) con il nome di Paolo.

Anche oggi un Sinedrio di seguaci del Vaticano II manda nelle sinagoghe i suoi ministri a perseguitare i Cattolici tradizionali, perché siano puniti e condotti all’osservanza dei riti riformati. Anche oggi vi sono dei Sauli zelanti e terribili che cercano i fedeli per «costringerli a bestemmiare», a rinnegare l’insegnamento di Cristo e ad obbedire ai Sommi Sacerdoti e agli scribi del popolo. Molti di loro credono di essere giusti e di rispettare la Legge. Ma la potenza di Dio, che rovescia e atterra i superbi, vuole toccare l’anima di costoro come fece con Saulo. È per questi, cari fedeli, che vi invito a pregare: perché il Signore mostri la Sua potenza nel disarcionarli dalle loro granitiche certezze, per accecarli nel loro orgoglio; e usi nei loro riguardi la Sua misericordia per risollevarli, restituire loro la vista spirituale, colmarli dello Spirito Santo e farne dei Suoi apostoli.

Preghiamo perché i Prelati e i sacerdoti che oggi obbediscono al Sinedrio romano, che non vuole riconoscere Cristo Re mentre rende omaggio a Cesare, siano illuminati dalla Grazia del Signore. Perché essi tornino nelle sinagoghe come Paolo a proclamare Gesù Figlio di Dio (ibid., 20), a dimostrare che Gesù è il Cristo (ibid., 22), a predicare che il Sacrificio della nuova ed eterna Alleanza si rinnova sull’altare di coloro che fino ad oggi hanno perseguitato. Preghiamo perché anche di quel Monsignore, di quel Vescovo, di quel Cardinale si possa dire: Ma costui non è quel tale che a Gerusalemme infieriva contro quelli che invocano questo nome ed era venuto qua precisamente per condurli in catene dai sommi sacerdoti? (ibid., 21).

Se sapremo rendere testimonianza della nostra Fede nel Signore e della nostra fedeltà al Santo Sacrificio della Messa, che è il cuore e l’anima palpitante della nostra santissima Religione, potremo fare con queste anime toccate dalla Grazia ciò che fecero i discepoli a Damasco: parlare loro di Cristo, farli stare con noi per crescere e camminare nel timore del Signore (ibid., 31). Forse quel Prelato venuto per costringerci ad accettare i riti riformati vorrà celebrare la Santa Messa tradizionale, scoprendo quanto il proprio Sacerdozio sia confermato e nutrito dalla divina Liturgia, quanto la sua anima di Levita trovi perfetto compimento nel ripetere le parole del Salvatore che Si immola sull’altare, come una volta per tutte Si immolò sulla Croce. Forse quel Vescovo giunto con intenti battaglieri si accorgerà di perseguitare Cristo, e vorrà diventare Suo apostolo e discepolo, dopo esserne stato persecutore per ordine del Sinedrio.

E comprenderà – come abbiamo compreso noi, per grazia di Dio e nonostante la nostra indegnità – quanto dovrà soffrire per il mio nome.

Questo è il nostro più sincero auspicio, questa la nostra preghiera, questa la ragione della nostra testimonianza.
E così sia.
25 Gennaio 2023
In Conversione Sancti Pauli Apostoli

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Il rendere testimonianza è la parte difficile, si eccede nel troppo o nel troppo poco, la testimonianza spontanea, naturale, autentica è merce rara. La si imita spesso senza mai riuscire nell intento. Perché imitare non è essere.

Anonimo ha detto...

"Qual è il tuo nome?" Il mio nome sulla terra ormai non ha importanza. Il mio nome nuovo nel Cielo è confidenziale; perché devi sapere che il nostro Dio, rivela segretamente ad ogni beato il suo nome nuovo, cioè, il nome che esprime con esattezza il modo di essere preciso e individuale di ciascuno. Esso spiega chiaramente la personalità esclusiva e la particolare funzione di felicità che ognuno godrà nel Cielo. E’ la definizione esatta di ogni beato glorificato; è la rivelazione luminosa della sua vocazione terrestre e celeste. Non puoi immaginare con quale giubilo il beato accoglie il suo nome nuovo (nota = in Apocalisse 2,17 - "Al vincitore darò una manna occulta, e un sassolino bianco, nel quale è scritto un nome nuovo, che nessuno conosce se non colui che lo riceve" ); conosce allora l’essenza della sua personalità e vede che si addice esattamente alla sua eterna vocazione di gioie e di piaceri. Il nome nuovo è un segreto, poiché si riferisce soprattutto alla Gloria essenziale che si va a godere direttamente con il nostro Dio; perché concerne le sottili caratteristiche o sfumature particolari d’amore con cui eternamente si ameranno l’Altissimo e il glorificato. Include il principale godimento che questo beato riceverà dall’intero Universo, come pure quel piacere che in cambio lui darà al resto del Cosmo
( R. P. Hernandez - il libro di Teneramata - Al di là dello Spazio e del Tempo)

Anonimo ha detto...

L'uomo è di una superbia tale che, quando si trova provvisto di mezzi e di salute, crede di essere un Dio se non addirittura superiore a Dio stesso, ma quando poi avviene un fatto per cui lui nulla possa e nulla possono i suoi simili, allora soltanto si ricorda che c'è un Ente Supremo.

Padre Pio