Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

domenica 7 maggio 2023

Quarta Domenica dopo Pasqua (Cantáte Dómino)

Da queste meditazioni domenicali cogliamo l'occasione per approfondire quando non per imparare i tesori della nostra Fede.

Quarta Domenica dopo Pasqua 

Intróitus
Ps. 97, 1 et 2 - Cantáte Dómino cánticum novum, allelúia: quia mirabília fecit Dóminus, allelúia: ante conspéctum géntium revelávit iustítiam suam, allelúia, allelúia, allelúia. Ps. 97, 1 - Salvávit sibi déxtera eius: et bráchium sanctum eius. Glória Patri… Ps. 97, 1 et 2 - Cantáte Dómino canticum novum...
Introito
Sal. 97, 1 e 2 - Cantate al Signore un cantico nuovo, allelúia: perché il Signore ha fatto meraviglie, allelúia: ha rivelato la sua giustizia agli occhi delle genti, allelúia, allelúia, allelúia. Sal. 97, 1 - Gli diedero la vittoria la sua destra e il suo santo braccio. Gloria al Padre… Sal. 97, 1 e 2 - Cantate al Signore un cantico nuovo…

Annuncio dello Spirito Santo:
Vado ad eum qui misit me...
L'istituzione dei Sacramenti.

Abbiamo veduto Gesù costituire la sua Chiesa, affidare nelle mani degli Apostoli il deposito delle verità che formeranno l'oggetto della nostra fede. Ma vi è un'altra opera, non meno importante per il mondo, alla quale egli dedicherà le sue cure durante quest'ultimo periodo di soggiorno sulla terra. È l'istituzione dei Sacramenti. Non è sufficiente il credere: bisogna anche che noi diveniamo giusti, ossia conformi alla santità di Dio: bisogna che la grazia, frutto della redenzione, discenda in noi, si incorpori a noi, onde, divenuti membra viventi del nostro divin Capo, possiamo anche essere coeredi del suo Regno. Ora, è per mezzo dei Sacramenti che Gesù deve operare in noi questa meraviglia della giustificazione, applicandoci i meriti della sua Incarnazione e del suo Sacrificio, mediante i mezzi decretati dalla sua potenza e dalla sua sapienza.

Sorgenti e canali della grazia.
Sovrano padrone della grazia, egli è libero di determinare le sorgenti dalle quali la farà discendere in noi; a noi spetta di conformarci alla sua volontà.
Ognuno dei Sacramenti sarà, dunque, una legge della sua religione, di sorta che l'uomo non potrà pretendere gli effetti che il Sacramento stesso è destinato a produrre, se sdegna o trascura di compiere le condizioni secondo le quali esso opererà. Ammirabile economia che concilia, in un medesimo atto, l'umile sottomissione dell'uomo con la più prodiga larghezza della munificenza divina. Abbiamo dimostrato qualche giorno fa come la Chiesa, società spirituale, è nello stesso tempo una società visibile ed esteriore perché l'uomo, al quale era destinata, è composto di un corpo e di un'anima. Gesù, istituendo i Sacramenti, ha assegnato a ciascuno di essi un rito essenziale; e questo rito è esteriore e sensibile. Il Verbo, prendendo carne, ne ha fatto l'istrumento della nostra salvezza nella sua passione sulla croce: è per mezzo del sangue delle sue vene che egli ci ha riscattati; e, proseguendo nel suo piano divino, egli prende gli elementi della natura fisica come ausiliari, nell'opera della nostra giustificazione. Li eleva allo stato soprannaturale e ne fa, fino nel più profondo delle anime nostre, i conduttori fedeli e potentissimi della sua grazia. Così verrà applicato sino alle sue ultime conseguenze il mistero dell'incarnazione, che ha avuto per scopo di elevarci alla conoscenza e al possesso delle cose invisibili per mezzo di quelle visibili. Così pure si spezza l'orgoglio di Satana, che disprezzava la creatura umana, perché l'elemento materiale si unisce in essa alla dignità spirituale, e che rifiutò, per sua disgrazia eterna, di piegare il ginocchio davanti al Verbo fatto carne.
Allo stesso tempo, essendo i Sacramenti segni sensibili, formeranno un nuovo vincolo nei membri della Chiesa, già uniti per la sottomissione a Pietro e ai pastori che egli manda, e per la professione della medesima fede. Lo spirito Santo ci dice nella sacra scrittura che "lo spago a tre fili non si strappa così presto" (Eccl 4,12). Ora, questo è ciò che ci lega nella gloriosa unità della Chiesa; Gerarchia, Dogma e Sacramenti, che contribuiscono a fare di noi un sol corpo. Dal settentrione al mezzogiorno, dall'oriente all'occidente, i Sacramenti proclamano la fraternità tra i cristiani; in qualunque luogo sono il loro segno di riconoscimento, e quello che li distingue agli occhi degli infedeli. È a questo scopo che i Sacramenti sono identici per tutte le razze dei battezzati, qualunque sia la varietà delle formule liturgiche che ne accompagnano l'amministrazione: ovunque, la base è la stessa, e la medesima grazia si produce mediante i medesimi segni essenziali.

Il sacro settenario.
Gesù risorto sceglie il settenario come numero dei suoi sacramenti. Sapienza eterna del Padre, egli ci rivela fin dall'Antico Testamento, che si costruirà una casa, che è la santa Chiesa, e aggiunge che la farà riposare su sette colonne (Prov 9,1; questa Chiesa la raffigura in anticipo nel tabernacolo di Mosè, e ordina che un candelabro a sette bracci, ornato di fiori e di frutti, illumini giorno e notte il santuario (Es 25,37). Quando, in un'estasi, egli trasporta in cielo il suo discepolo prediletto, è per mostrarsi circondato da sette candelieri e tenendo sette stelle nella mano (Ap 1,12.16). Quando si manifesta sotto le sembianze dell'agnello vittorioso, questo ha sette corna, simbolo della forza, e sette occhi che significano l'estensione infinita della sua scienza (ivi 5,6). Presso di lui vi è il libro che contiene i destini del genere umano, e questo libro è suggellato con sette sigilli che solo l'Agnello può togliere (ivi 5). Davanti al trono della Maestà divina, il discepolo scorge sette Spiriti beati che ardono come sette lampade (ivi 4,5), attenti ai minimi ordini di Dio, e pronti a portare la sua parola fino agli ultimi limiti della creazione.
I sette peccati capitali.

Se adesso volgiamo lo sguardo verso l'impero delle tenebre, vedremo lo spirito del male occupato a contraffare l'opera divina, usurpando il settenario, per lordarlo consacrandolo al male. Sette peccati capitali sono lo strumento della sua vittoria sull'uomo; e il Signore ci avverte che, quando nel suo furore, Satana si slancia su un'anima, prende con sé i sette spiriti più cattivi che ha nell'abisso. Noi sappiamo che Maddalena, fortunata peccatrice, non ricuperò la vita dell'anima che dopo che il Salvatore ebbe espulso da lei sette demoni. Questa provocazione dello spirito dell'orgoglio forzerà la collera divina, quando cadrà sul mondo del peccato, a imprimere il settenario fino nella sua giustizia. San Giovanni c'insegna che sette trombe, suonate da sette Angeli, annunceranno le successive convulsioni della razza umana, (ivi 7,2) e che sette altri Angeli verseranno, di volta in volta, sulla terra colpevole, sette coppe riempite dalla collera di Dio (ivi 15,1).
Noi dunque che vogliamo essere salvati e gioire della grazia, in questo mondo, e del nostro Maestro risorto, nell'altro, accogliamo con rispetto e riconoscenza il Settenario misericordioso dei suoi Sacramenti.
Sotto questo numero sacro egli ha saputo racchiudere tutte le forme della grazia. Sia che, nella sua bontà, voglia farci passare dalla morte alla vita, per mezzo del Battesimo e della Penitenza; sia che cerchi di sostenere in noi la vita soprannaturale, e di consolarci nelle nostre prove, per mezzo della Confermazione, dell'Eucaristia e dell'Estrema Unzione; sia infine che provveda al ministero della sua Chiesa e alla sua propagazione, per mezzo dell'Ordine e del Matrimonio: non sarebbe possibile di trovare un bisogno dell'anima, una necessità della società cristiana, senza che egli ne abbia provveduto per mezzo delle sette fonti di rigenerazione e di vita che ha aperto per noi, e che non cessa di far scendere sulle nostre anime.
I sette Sacramenti sono sufficienti per tutto; uno solo di meno, e l'armonia sarebbe spezzata. Le Chiese dell'Oriente, separate dall'unità cattolica da tanti secoli, confessano con noi il settenario sacramentale; e il protestantesimo, portando, su tale numero, la sua mano profana, ha dimostrato, in questa come in tutte le sue altre pretese riforme, che il senso cristiano gli faceva difetto. Non ce ne meravigliamo; la teoria dei Sacramenti s'impone tutta intera alla fede; l'umile sottomissione dei fedeli deve accoglierla, prima di tutto, come venuta dal sommo Maestro: è quando si applica all'anima, che la sua magnificenza e la sua efficacia divina si rivelano; allora noi comprendiamo, perché abbiamo creduto. Credite et intelligetis.

Il Battesimo.
Oggi consacriamo la nostra ammirazione e la nostra riconoscenza al primo dei Sacramenti: al Battesimo. Il Tempo pasquale ce lo mostra in tutta la sua gloria. Noi l'abbiamo visto, il Sabato santo, compiere i voti dei fortunati catecumeni, e dare a popoli interi la vita della patria celeste. Ma questo mistero aveva avuto la sua preparazione. Nella festa dell'Epifania avevamo adorato l'Emmanuele, disceso nei flutti del Giordano, comunicare all'elemento dell'acqua, per mezzo del contatto della sua carne, la virtù di purificare tutte le macchia dell'anima. Lo Spirito Santo venne a posarsi sulla testa dell'Uomo-Dio, ed a fecondare, con il suo divino influsso, l'elemento rigeneratore, mentre la voce del Padre celeste risuonava nella nube annunciando l'adozione che, nel suo Figliolo Gesù, si sarebbe degnato di fare dei battezzati, oggetto della sua eterna compiacenza.
Già durante la vita mortale, il Redentore spiegò, di fronte ad un dottore della legge, le sue misteriose intenzioni. Egli disse: "Nessuno, se non nasce per acqua e Spirito, può entrare nel regno di Dio" (Gv 3,5). Secondo la sua abitudine, quasi costante, egli annuncia ciò che dovrà fare un giorno, senza compierlo ancora; noi sappiamo solamente che, non essendo stati puri nella nostra prima nascita, ce ne prepara una seconda che sarà santa, e che l'acqua ne sarà lo strumento.
Ma in questi giorni è venuto il momento per dichiarare la potenza che ha dato alle acque di produrre l'adozione progettata dal Padre. Indirizzandosi ai suoi Apostoli, dice loro, con la maestà di un re che promulga la legge fondamentale del suo impero: "Andate e ammaestrate tutte le genti, battezzandole nel nome del Padre e del Figliuolo e dello Spirito Santo" (Mt 28,19). Ecco il beneficio principale che annunzia al mondo: la salvezza per mezzo dell'acqua, con l'invocazione della Santissima Trinità, poiché, dice egli ancora: "Chi crede e sarà battezzato, sarà salvo" (Mc 16,16). Rivelazione piena di misericordia per il genere umano; inaugurazione dei sacramenti, per mezzo della dichiarazione del primo, di quello che, secondo il linguaggio dei Padri, è la porta di tutti gli altri! Noi che gli dobbiamo la vita delle anime nostre col suggello eterno e misterioso che ci fa membri di Gesù, salutiamo con amore questo augusto mistero. San Luigi, battezzato nell'umile fonte di Poissy, si compiaceva di firmarsi: "Louis de Poissy"; considerando il fonte battesimale come una madre che l'aveva dato alla vita celeste, dimenticava la sua origine regale per non ricordare che quella di figlio di Dio. I nostri sentimenti devono essere gli stessi del santo re.
Ma ammiriamo la condiscendenza di Gesù risorto, quando istituì il più indispensabile dei suoi sacramenti. La materia che scelse era la più comune, la più facile ad incontrarsi. Il pane, il vino, l'olio d'ulivo, non stanno dappertutto sulla terra; l'acqua scorre in ogni luogo; la provvidenza di Dio l'ha moltiplicata sotto tutte le forme, affinché, nel giorno segnato, la fontana di rigenerazione fosse ovunque accessibile all'uomo peccatore. Il Salvatore ha affidato gli altri Sacramenti al sacerdozio che, solo, ha il potere di amministrarli; per il battesimo non sarà così. Qualunque fedele potrà esserne il ministro, senza distinzione di sesso, né di condizione. E vi è di più: qualunque uomo, anche se non è membro della Chiesa cristiana, potrà conferire al suo simile, per mezzo dell'acqua e dell'invocazione della santissima Trinità, la grazia battesimale che non è in lui, alla sola condizione di voler compiere seriamente, con questo atto, ciò che fa la Chiesa quando amministra il sacramento del Battesimo. E c'è ancora dell'altro: questo ministro del sacramento può mancare all'uomo che sta per morire; l'eternità si aprirà per lui senza che una mano altrui si alzi per versare sulla sua testa l'acqua purificatrice; il divin fondatore della rigenerazione delle anime, non l'abbandona in questo momento supremo. Che esso renda omaggio al santo Battesimo, che lo desideri con tutto l'ardore dell'anima sua, che abbia sentimenti di compunzione sincera e di vero amore; dopo questo, se egli muore, la porta del cielo sarà aperta a lui per mezzo del Battesimo di desiderio.
Ma il bambino che non ha ancora l'uso di ragione, e che la morte falcerà tra qualche ora, sarà dunque stato dimenticato in questa munificenza generale? Gesù ha detto che colui che crederà e sarà battezzato sarà salvo: come dunque otterrà la salvezza, questo essere debole che si spegnerà con la macchia del peccato originale e che è incapace di avere la fede? Rassicuratevi. La potenza del Battesimo si estenderà fino a lui. La fede della Chiesa che lo vuole per figlio, gli sarà imputata; che si versi l'acqua sulla sua testa in nome delle tre divine Persone, ed ecco, egli sarà cristiano per sempre. Battezzato nella fede della Chiesa, questa fede è adesso in lui personalmente, insieme con la Speranza e con la Carità; l'acqua sacramentale ha prodotto questa meraviglia. Ora può spirare; il regno del cielo è suo.
Tali sono, o Redentore, i prodigi che tu operi nel primo dei sacramenti, per effetto di quella tua volontà sincera della salvezza di tutti (1Tm 2,4); di maniera che coloro nei quali non si compie questa volontà, sfuggono alla grazia della rigenerazione soltanto in conseguenza del peccato commesso precedentemente, peccato che la tua eterna giustizia non sempre ti permette di prevenire in se stesso, o di riparare nelle sue conseguenze. Ma la tua misericordia è venuta in soccorso: ella ha teso le sue reti, ed innumerevoli eletti vi sono caduti. L'acqua santa è scesa fino sulla fronte del bambino che si spegneva tra le braccia di una madre pagana, e gli Angeli hanno aperto i loro ranghi per riceverlo. Alla vista di tante meraviglie, cosa ci resta da fare, se non esclamare con il Salmista: "Noi che possediamo la vita, benediciamo il Signore"?
La quarta domenica dopo Pasqua, nella Chiesa greca, viene chiamata Domenica della Samaritana, perché vi si legge il brano del Vangelo in cui è riportata la conversione di questa donna.
La Chiesa Romana oggi, nell'ufficio notturno, comincia la lettura delle Epistole dette Canoniche, lettura che essa continua fino alla festa della Pentecoste.

Messa
EPISTOLA (Gc 1,16-21). - Carissimi: Ogni ottima cosa ricevuta, ogni dono perfetto viene dall'alto, e scende dal Padre dei lumi, nel quale non c'è variazione né ombra di mutamento. Egli ci ha di sua volontà generati con la parola di verità, affinché noi siamo quali primizie delle sue creature. Voi lo sapete, o fratelli miei dilettissimi: ogni uomo deve essere pronto ad ascoltare, lento a parlare, lento all'ira, perché l'ira dell'uomo non fa adempiere la giustizia di Dio. Sbarazzandovi quindi di ogni immondezza e di ogni resto di malizia, abbracciate con mansuetudine la parola innestata in voi, la quale può salvare le anime vostre.
Imitare il Padre.
Le grazie elargite al popolo cristiano vengono dalla grande e serena bontà del Padre celeste, principio di tutto, nell'ordine della natura; e se, nell'ordine della grazia, noi siamo divenuti suoi figli, è perché lui stesso ci ha mandato il suo Verbo consustanziale, che è la Parola di verità, per mezzo della quale noi siamo diventati, nel Battesimo, figli di Dio. Ne segue che dobbiamo imitare, per quanto è possibile alla nostra debolezza, la calma del nostro Padre, che è nei cieli, e garantirci da quelle agitazioni passionali che sono il carattere di una vita esclusivamente terrestre, mentre, la nostra, deve svolgersi per il cielo dove Dio ci attira. Il santo Apostolo ci avverte di ricevere con dolcezza questa Parola, che ci fa ciò che noi siamo. Essa è, secondo la sua dottrina, un innesto di salvezza, trapiantato nelle anime nostre. Che esso possa svilupparvisi, che il suo buon esito non venga impedito da noi, e saremo salvi.
VANGELO (Gv 16,6-14). - In quel tempo: disse Gesù ai suoi discepoli: Vo da colui che mi ha mandato: e nessuno di voi mi domanda: Dove vai? invece, perché vi ho detto queste cose, la tristezza vi ha riempito il cuore. Ma io vi dico il vero: è meglio per voi che me ne vada; perché, se io non me ne vado, non verrà a voi il Consolatore; e se me ne vado, lo manderò a voi. E, venendo, egli convincerà il mondo riguardo al peccato, alla giustizia, ed al giudizio. Al peccato, per non aver creduto in me; alla giustizia, perché io vo al Padre e non mi vedrete più; al giudizio, perché il principe di questo mondo è già giudicato. Molte cose avrei ancora da dirvi; ma per ora non ne siete capaci. Quando invece sarà venuto quello Spirito di verità, egli vi ammaestrerà in tutte le verità, perché non vi parlerà da se stesso; ma dirà tutto quello che avrà udito, e vi annunzierà l'avvenire. Egli mi glorificherà, perché riceverà del mio e lo annunzierà a voi.
L'annuncio dello Spirito Santo.
Quando Gesù disse agli Apostoli: "me ne vado", questi ne furono rattristati. Non lo siamo anche noi che, dalla sua nascita a Betlemme l'abbiamo costantemente seguito, grazie alla Liturgia che ci univa a lui ad ogni passo? Ancora qualche giorno, ed egli ascenderà al cielo, e l'anno perderà quell'incanto che gli veniva, di giorno in giorno, dalle sue azioni e dai suoi discorsi. Non vuole però che noi ci lasciamo andare ad una tristezza troppo grande. Ci annunzia che, in sua vece, il Consolatore, il Paraclito, scenderà sulla terra e resterà con noi, per illuminarci e fortificarci, sino alla fine dei secoli. Profittiamo delle ultime ore di Gesù: presto verrà l'ora di prepararci a ricevere l'ospite celeste, che dovrà venire a sostituirlo.
Gesù, che pronunciava queste parole la vigilia della sua Passione, non si limita a mostrarci la venuta dello Spirito Santo, quale consolazione dei suoi fedeli; ma, nel medesimo tempo, ci fa vedere come sia temibile, per coloro che non avranno voluto riconoscere il Salvatore. Le parole di Gesù sono tanto misteriose quanto terribili; prendiamo la spiegazione che ce ne da sant'Agostino, il Dottore dei dottori. "Quando lo Spirito Santo sarà venuto, dice il Salvatore, convincerà il mondo di ciò che riguarda il peccato". Perché? "Perché gli uomini non hanno creduto in Gesù". Quanto grande sarà, effettivamente, la responsabilità di coloro che, essendo stati testimoni delle meraviglie operate dal Redentore, non si saranno piegati alla sua parola! Gerusalemme sentirà dire che lo Spirito è disceso sui discepoli di Gesù, e ne resterà così indifferente, quanto lo fu per i prodigi che le additavano il Messia.
La venuta dello Spirito Santo sarà come il preludio della rovina della città deicida. Gesù aggiunge che il Paraclito convincerà il mondo in quanto alla giustizia; perché, egli dice, "io vado al Padre, e voi non mi vedrete più". Gli Apostoli, e quelli che crederanno alla loro parola, saranno santi e giusti per mezzo della fede. Crederanno in colui che se n'è andato al Padre, in colui che i loro occhi non vedranno più in questo mondo. Gerusalemme, al contrario, non ne conserverà i ricordi che per bestemmiarlo; la giustizia, la santità, la fede di quelli che avranno creduto saranno la sua condanna, e lo Spirito Santo l'abbandonerà alla sua sorte. Gesù disse ancora: "Il Paraclito convincerà il mondo in quanto al giudizio". Perché? "Perché il principe di questo mondo è già giudicato". Quelli che non seguono Gesù Cristo, seguono, tuttavia, un altro padrone: questo padrone è Satana. Ora, il giudizio di Satana è già stato pronunciato. Lo Spirito Santo avverte dunque i discepoli del mondo che il loro principe è sprofondato per sempre nella reprobazione.
Vi riflettano dunque, poiché, aggiunge sant'Agostino, "l'orgoglio dell'uomo avrebbe torto di contare sull'indulgenza; vale la pena per lui contemplare il supplizio al quale sono abbandonati gli angeli superbi" [1].

Preghiamo
O Dio, che unisci le anime dei fedeli in una sola volontà, da' ai tuoi popoli di amare ciò che comandi e di desiderare ciò che prometti; affinché i nostri cuori, anche in mezzo alla vicende terrene, sian fissi ove sono le vere gioie.
__________________
[1] Tratt. XCV su san Giovanni.

(da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. Roberti, P. Graziani e P. Suffia, Alba, 1959, p.  167-175)

8 commenti:

A proposito di "Cantate Domino"... ha detto...

Dunque: non siamo inglesi.
Non siamo anglicani
Riconosciamo che quello anglicano è stato uno scisma contro la vera Chiesa di Cristo, che è quella Cattolica,
Carlo e Camilla, Re e Regina, vengono da un percorso molto tormentato.
Assicurato tutto questo, possiamo dire che la cerimonia e la musica dell’incoronazione, per come siamo ridotti, proprio non ce le sogniamo?
È sbagliato provare ammirazione per un livello
artistico che noi abbiamo in gran parte perso?
È sbagliato che i bravi musicisti cattolici provino rabbia per quello che a loro, e a tutta la vera Chiesa di Cristo, viene negato in termini di bellezza, dignità, sacralità in nome di una follia ideologica?
A chi tutto questo fa rabbia è perché ci tiene.
Cit. Aurelio Porfiri

Anonimo ha detto...

ELOGIO DELLA PAZIENZA (S. CIPRIANO)

Dovendo trattare della pazienza, fratelli carissimi, e dovendo vederne i benefici ed i vantaggi, per meglio incominciare ho bisogno prima di tutto della vostra, affinché possiate ascoltarmi. Veramente, fratelli carissimi, non trovo tra gli altri mezzi della dottrina celeste, da cui dipende la nostra condotta per conseguire da Dio il premio della nostra speranza e della nostra fede, niente è più utile per la vita o più efficace per la gloria, della pratica della pazienza con cui seguiamo i precetti del Signore con timore e devozione. Anche i filosofi professano questa virtù ma la loro pazienza è falsa come la loro filosofia. Come può essere saggio o aver pazienza se disconosce la sapienza e la pazienza di Dio?

Noi, da parte nostra, fratelli carissimi, che siamo filosofi non a parole, ma coi fatti, che facciamo professione di vera filosofia e non portiamo soltanto il manto; che sappiamo essere più che apparire virtuosi, che non diciamo cose grandi ma le viviamo, pratichiamo con spirito sottomesso, come adoratori e servitori di Dio, la pazienza che abbiamo imparato dalle azioni divine. Abbiamo questa virtù in comunione con Dio. Deriva da Lui; da Lui piglia autorità e prestigio; la grandezza della pazienza da Lui viene. L’uomo deve amare questa virtù tanto amata da Dio. L’essere stimata dall’autorità di Dio ne dice già la sua bontà. Se Dio è nostro Padre e Signore imitiamo la pazienza del nostro Padre e Signore, perché i servi devono ubbidire ed i figli non devono essere degeneri.

La pazienza è quella che ci raccomanda e ci conserva a Dio. Essa modera la nostra ira, frena la lingua, dirige il nostro pensiero, conserva la pace, guida gli uomini, raddoppia i meriti della passione, reprime l’orgoglio, appaga il fuoco dei piaceri, contiene la prepotenza dei ricchi, allevia le necessità dei poveri, protegge la santa verginità delle fanciulle, la travagliata castità delle vedove, l’inscindibile carità tra i congiunti e tra gli sposati. Essa mantiene nell’unità quelli che prosperano, rende forti nelle avversità, miti nelle ingiurie e nelle contumelie; essa ci insegna a perdonare sollecitamente quelli che ci offendono, a pregare con slancio e insistenza quando siamo noi stessi a peccare, essa ci fa vincere le tentazioni, ci fa tollerare le persecuzioni, ci fa offrire le sofferenze e il martirio. Essa protegge con un solido fondamento la nostra fede [solleva in alto la nostra speranza, avvia le nostre azioni per il cammino di Cristo, per seguire i passi delle sue sofferenze].

IV Domenica dopo Pasqua

S.CIPRIANO
Ex Tractatu de bono patientiae

Breviario Romano, Mattutino, Letture del II Notturno

Anonimo ha detto...

NELL'ANNUNCIARE IL SUO DISTACCO SENSIBILE GESU' PROMETTE AI SUOI DISCEPOLI L'INVIO DELLO SPIRITO CONSOLATORE (S.AGOSTINO)

Il Signore Gesù, dopo aver predetto ai suoi discepoli le persecuzioni che avrebbero dovuto soffrire dopo la sua partenza, soggiunse: Queste cose non ve le ho dette fin da principio perché ero con voi. Adesso, però, vado a colui che mi ha mandato (Gv 16, 5). La prima cosa da vedere qui è se precedentemente aveva o no già predetto le persecuzioni. Gli altri tre evangelisti dimostrano chiaramente che egli ne aveva parlato anche prima di venire alla cena (cf. Mt 24, 9; Mc 13, 9-13; Lc 21, 12-17); mentre, secondo Giovanni, egli ne parlò solo alla fine della cena, quando disse: Queste cose non ve le ho dette fin da principio perché ero con voi.

Si può risolvere la questione rispondendo che anche dagli altri evangelisti risulta che egli era prossimo alla passione quando diceva queste cose. Dunque non disse queste cose fin dal primo momento che era con loro, perché ormai stava per partire e andare al Padre e perciò anche presso gli altri evangelisti si trova la conferma che Gesù pronunciò queste parole: Queste cose non ve le ho dette fin dal principio. Ma come si salva la veracità del Vangelo secondo Matteo, il quale afferma che il Signore preannunziò queste cose non solo a Pasqua, poco prima della Cena e nell'imminenza della Passione, ma fin dal principio, quando i dodici Apostoli vengono presentati con il loro nome e inviati a compiere le opere di Dio (cf. Mt 10, 17)?

In che senso allora si devono intendere queste parole del Signore: Queste cose non ve le ho dette fin dal principio perché ero con voi? Non forse nel senso che egli parla dello Spirito Santo, che sarebbe sceso sui discepoli per rendere a lui testimonianza, quando essi avrebbero dovuto subire tutti questi patimenti e di cui non aveva parlato fin dal principio perché egli era con loro? Questo Consolatore o Avvocato (il greco Paracleto ha questi due significati) era necessario dopo la partenza di Cristo, e perciò egli non ne aveva parlato fin dal primo momento che era con loro e li confortava con la sua presenza. [Ma essendo ormai sul punto di partire, era necessario che annunciasse la venuta dello Spirito Santo, per mezzo del quale doveva essere riversata la carità nei loro cuori rendendoli capaci di proclamare con fiducia la parola di Dio; e così, mentre lo Spirito Santo avrebbe reso testimonianza a Cristo dentro di loro, essi stessi gli avrebbero reso testimonianza, senza scandalizzarsi quando i Giudei ostili li avessero cacciati dalle sinagoghe e li avessero uccisi credendo con ciò di rendere culto a Dio. Perché la carità, che doveva essere riversata nei loro cuori mediante il dono dello Spirito Santo (cf. Rm 5, 5), sopporta tutto (cf. 1 Cor. 13, 7). Ecco dunque il senso completo delle sue parole: egli voleva fare dei discepoli i suoi martiri, cioè i suoi testimoni, per mezzo dello Spirito Santo: sostenuti dalla sua forza operante in loro, essi sarebbero stati capaci di affrontare le più dure persecuzioni, e, infiammati da quel fuoco divino, non si sarebbe raffreddato in loro l'ardore della predicazione. Dunque: Vi ho detto queste cose affinché, quando verrà l'ora, ve ne ricordiate che io ve l'ho detto (Gv 16, 4). Cioè, vi ho detto queste cose, non soltanto perché dovrete subirle, ma anche perché, quando verrà il Paracleto e mi renderà testimonianza, non abbiate a tacere per paura, ma mi rendiate, anche voi, testimonianza. Queste cose non ve le ho dette fin dal principio perché ero con voi, e vi consolavo con la mia presenza corporale sensibile, quale si conveniva a voi ancora bambini].

IV Domenica di Pasqua

Gv. 16,5-14

S.AGOSTINO
Tractatus 94 in Joannem, initio

Breviario Romano, Mattutino Letture del III notturno

Anonimo ha detto...

Parlare di celebrazione "spalle al popolo" come pure "versus populum" è quanto di più clericale possa esistere. Perché prende il sacerdote come centro dell'azione sacra ed in base alla sua posizione nella sinassi dà una definizione di liturgia. Se la messa è un'assemblea. e lo è certamente considerandone la sua natura è naturale solo se tutti sono fisicamente rivolti al Signore. Nel caso del "versus populum" si ha una situazione contro natura. Donfi.

Anonimo ha detto...

C'è stata più latinitas nel rito anglicano dell'incoronazione di quanta se ne trova nelle nostre Messe NO.

Anonimo ha detto...

Se il Signore non ci dona una dozzina di generazioni cattoliche l Europa è destinata a scomparire. Per sempre.

Anonimo ha detto...

Se siete rimasti estasiati dal funerale di Elisabetta II e ieri dall'incoronazione di suo figlio e successore Carlo III d'Inghilterra, sappiate che non c'è bisogno di andare in Inghilterra o di cercare ciò nella Chiesa Anglicana, ma potete trovare la bellezza dei canti, dei paramenti e dell'incenso, la verticalità del culto e soprattutto l'antichità, la realtà del sacramento e la Presenza Reale nella Chiesa Cattolica e nelle vostre chiese e diocesi: basta cercare ove la Messa latina tradizionale (una cum Papa Francisco), la medesima dei nostri padri e nonni e dei santi e degli artisti che sono vissuti nelle nostre terre, è celebrata; in foto, la celebrazione dell'odierna Domenica, IV di Pasqua, nel Tempio di San Michele Arcangelo, una delle chiese più belle e antiche di Perugia...buona Domenica, e Cristo è risorto, Christus surrexit, Christ is risen!

"Il culto esterno è sempre ordinato principalmente a disporre gli uomini al rispetto verso Dio.
Ora, l'affetto umano è portato a rispettare ben poco le cose ordinarie, mentre si ferma con ammirazione dinanzi a quelle che si distinguono per una certa eccellenza.
E di qui è nato l'uso da parte dei re e dei principi, che devono essere rispettati dai sudditi, di coprirsi di vesti preziose e di abitare case più ampie e più belle.
Quindi era necessario ordinare al culto di Dio dei giorni speciali, una dimora speciale e degli arredi e ministri speciali, per indurre gli uomini a un maggior rispetto verso Dio.
[...]
Il culto di Dio riguarda due cose: Dio e gli uomini che l'adorano.
Dio, che è oggetto del culto, non può essere racchiuso da nessun luogo: quindi per lui non era necessario costruire il tabernacolo, o il tempio.
Ma gli uomini che l'adorano sono esseri corporei: e per essi bisognava costruire uno speciale tabernacolo, o tempio, per due motivi.
Primo, perché radunandosi in codesto luogo col pensiero che esso è deputato al culto di Dio, vi sarebbero accorsi con maggior rispetto.
Secondo, affinché mediante la disposizione di codesto tempio, o tabernacolo, venissero indicati dei particolari relativi all'eccellenza della divinità, o dell'umanità di Cristo."
(San Tommaso d'Aquino)

Anonimo ha detto...

Sentita e risentita due volte ... profondissima omelia da assaporare e meditare in ogni parola.

È necessario che si faccia noi tutti la nostra Opera

https://youtu.be/_yZTWEsU-EI