Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

sabato 27 maggio 2023

Mons. Viganò / Omelia per il conferimento della Santa Cresima nella Vigilia di Pentecoste

Qui l'indice degli interventi precedenti e correlati-
Omelia
per il conferimento della Santa Cresima
nella Vigilia di Pentecoste


Qui diceris Paraclitus, Altissimi donum Dei.
Hymn. Veni, Creator

  Celebriamo oggi la Vigilia di Pentecoste. L’antica liturgia battesimale di questo giorno, abolita con la riforma del 1955, è stata recentemente riportata in uso da numerose comunità che seguono il rito tridentino, peraltro con il permesso della Commissione Ecclesia Dei. Il motivo di questa decisione è da attribuire al fatto che gli autori dell’Ordo Hebdomadæ Sanctæ instauratus di Pio XII siano gli stessi di Rubricarum Instructum di Giovanni XXIII e del Novus Ordo Missæ di Paolo VI. In un’ottica di ricupero dei tesori del Rito tradizionale è quindi comprensibile questa riscoperta non solo della Settimana Santa pre-1955, ma anche della simbolica liturgia di Pentecoste, detta Pasqua delle Rose in ricordo dell’antica usanza di far cadere dalla volta delle nostre chiese una pioggia di petali di rosa, che dovevano rappresentare le lingue di fuoco dello Spirito Santo. Ciò avviene ancora nella Basilica di Santa Maria ad Martyres, il Pantheon romano.

La sua indole battesimale richiama la Vigilia di Pasqua, perché i catecumeni che non avevano ricevuto il Battesimo nel Sabato Santo – ad esempio perché non ancora pronti o malati – potessero essere ammessi tra i neofiti durante la solenne funzione odierna. Questo antico rito contempla la benedizione del Sacro Fonte e il conferimento del lavacro sacramentale, e ci ricorda la sollecitudine della Santa Chiesa, che è Maestra nell’esigere la dovuta preparazione dei candidati al Battesimo, e Madre nel concedere loro un’altra opportunità alla conclusione del tempo pasquale. La lettura delle profezie costituisce, secondo dom Guéranger, un evidente rimando al Sabato Santo, con il doppio simbolismo della Pasqua e della Pentecoste ebraiche che si compiono nella Pasqua e nella Pentecoste cristiane.

Certamente il grande Pio XII, verso il quale abbiamo una profonda venerazione, non ebbe modo di cogliere in quei primi passi del renouveau liturgique, iniziato sin dagli anni Venti del secolo scorso, la minaccia che poi sarebbe apparsa evidente con la cosiddetta “riforma conciliare”. È per questo che il recupero dei riti anteriori al 1955 non mette minimamente in discussione il suo Pontificato, né il suo amore per la Liturgia Romana. Piuttosto, possiamo riconoscere l’astuzia diabolica con cui hanno agito i Novatori, che per piccoli passi hanno minato l’inestimabile tesoro del culto cattolico. Anziché dischiudere questo patrimonio, frutto di secoli di armonioso sviluppo, essi hanno ritenuto più comodo semplificarli, dimostrando in ciò non solo una mentalità del tutto aliena ad una vera comprensione della divina Liturgia, ma anche un sostanziale disprezzo del popolo santo di Dio, ritenuto a torto incapace di nutrirsi spiritualmente attingendo ad essa. Ma questo, sia chiaro, era pur sempre un pretesto, una scusa – la actuosa participatio, la partecipazione attiva dei fedeli – dietro cui si nascondeva la volontà di scardinare la Fede, la lex credendi, tramite la manomissione della sua espressione orante, la lex orandi.

In definitiva, i Novatori svelano la loro mancanza di fiducia nell’azione della Grazia infusa dallo Spirito Santo – che opera anche attraverso la Liturgia – e nella capacità dell’uomo di corrispondervi. Nella loro mentalità, nulla deve metterci alla prova, nulla deve rappresentare un’occasione di miglioramento: tutto dev’essere alla portata di tutti, nessun tesoro dev’essere dischiuso a chi essi ritengono mediocre e ignorante; il che tradisce la loro orgogliosa persuasione di essere superiori al proprio gregge. Questo classismo presuntuoso non si limita all’esteriorità, ma si estende anche alle questioni interiori, sicché per costoro l’ignoranza della Fede, l’accomodamento indolente della Morale, la pigrizia nella Spiritualità e nell’Ascesi devono essere la regola per una massa che non hanno nessuna voglia di guidare, di istruire, di ammonire. Troppa fatica, per chi per primo non crede, non ama, non spera. Troppo impegno, per chi è occupato a costruirsi una chiesa a propria immagine, considerando vecchia e improponibile la Chiesa di Cristo e la sua Liturgia. Per questo spersonalizzano gli individui e li annichiliscono in un’assemblea senza volto e senza volontà a cui imporre una visione orizzontale priva di anelito soprannaturale, nella certezza – che abbiamo peraltro sotto gli occhi – che un rito che esprime un’altra visione ecclesiologica e dottrinale avrebbe finito per cambiare la Fede di chi vi avrebbe assistito.

Viceversa, i buoni Pastori sono i primi che, nel solco della Tradizione e nella pratica costante e umile di quello che predicano, hanno il compito di indicare grandi traguardi alle anime loro affidate. Siate santi, come santo è il Padre vostro (Mt 5, 48), ci esorta Nostro Signore. E questa santità, che è fatta di eroismo (anche silenzioso) e di generoso abbandono alla volontà di Dio, è la risposta alla Grazia, che rende possibile a Dio ciò che da soli non sapremmo mai compiere. E oggi, con il conferimento della Santa Cresima al giovane Gabriele, ne abbiamo la prova: il Signore, che ci chiama ad essere figli dell’eterno Padre e membra vive della Chiesa mediante il Battesimo, ci rende nel Sacramento della Confermazione soldati di Cristo, pronti a combattere la buona battaglia. Ma Egli non ci lascia soli in questo cimento: ci fornisce le armi spirituali con cui affrontare il Nemico della nostra anima. Lo Spirito Santo ci dona queste armi potentissime – gratuitamente, come ogni cosa che viene da Dio – proprio nella Cresima e in tutti i Sacramenti: l’armatura di Dio, la cintura della verità, la corazza della giustizia, i calzari della predicazione, lo scudo della Fede, l’elmo della salvezza, la spada dello Spirito, l’addestramento della preghiera, la palestra del digiuno e della penitenza (Ef 6, 10-20).

Non inorgogliamoci di quello che il Signore ci consente di essere, né dei successi che grazie a Lui otteniamo; ma non scoraggiamoci nemmeno per i nostri fallimenti, per la nostra debolezza, per l’inesperienza nel maneggiare queste armi o la poca destrezza nell’impugnarle. Ripetiamo piuttosto con San Paolo: tutto posso in colui che mi dà forza (Fil 4, 13).

In questa Veglia solenne che ci prepara alla discesa del Paraclito, invochiamo lo Spirito Santo con la fiducia di chi conosce con realismo e umiltà la propria debolezza, ma anche l’infinita potenza del Signore Dio degli eserciti schierati, e quella non meno tremenda della nostra augusta Condottiera, Maria Santissima, terribilis ut castrorum acies ordinata. La guerra spirituale che combattiamo contro il mondo, la carne e il diavolo è stata vinta sulla Croce, dove il Nostro Signore e Dio ha sconfitto il nemico; dove la stirpe benedetta della Donna coronata di stelle e rivestita di sole ha schiacciato il capo dell’antico Serpente. Essa conoscerà la vittoria totale alla fine dei tempi, quando nuovamente la Donna annunciata nella Genesi e il frutto del Suo seno stermineranno l’Anticristo e Satana. Noi ci troviamo nel mezzo di questo epocale conflitto, e se vogliamo trionfare con Cristo e con la Sua Santissima Madre, dobbiamo combattere con entusiasmo sotto le insegne gloriose del nostro Re, protetti dall’armatura che lo Spirito Santo – παράκλητος, ossia difensore, consigliere e avvocato – ci mette a disposizione, precipuamente con la Grazia conferita nella Cresima.

Abbiamo alti ideali, grandi sfide, entusiasmanti duelli da affrontare. Ne avrà, con l’aiuto di Dio, anche il giovane Gabriele, che la Chiesa arruola nelle sue schiere come miles Christi, dotandolo di tutto l’equipaggiamento spirituale di cui necessita, fornendogli le cure della Confessione, nutrendone la forza e il vigore con il Cibo soprannaturale della Santissima Eucaristia. Gabriele: forza di Dio. Lo Spirito Santo darà anche a te – come ha dato e continua a elargire a ciascuno di noi – i Suoi Doni, il sacro Settenario: la sapienza, l’intelletto, il consiglio, la fortezza, la scienza, la pietà, il timor di Dio.

Non lasciamoci dunque scoraggiare da chi ci vuole deboli e disarmati, rassegnati e ignoranti, per poterci meglio abbattere e vincere: riponiamo piuttosto ogni nostra speranza in Dio, che ci chiama all’eroismo della santità perché ci vuole alla Sua destra nel giorno glorioso della vittoria, quando porrà i Suoi nemici a sgabello dei Suoi piedi (Sal 109, 2). E così sia.
+ Carlo Maria Viganò, Arcivescovo
27 Maggio 2023
Sabbato in Vigilia Pentecostes

4 commenti:

Anonimo ha detto...

L'AMORE DI DIO, RIVERSATO NEI NOSTRI CUORI PER MEZZO DELLO SPIRITO SANTO, E' L'OPPOSTO DELL'AMORE DI QUESTO MONDO (S.AGOSTINO)

Dicendo poi: Io pregherò il Padre, ed egli vi darà un altro Paraclito, il Signore ci fa capire che egli stesso è Paraclito. Paraclito corrisponde al latino avvocato; e Giovanni dice di Cristo: Abbiamo, come avvocato presso il Padre, Gesù Cristo giusto (1 Gv. 2, 16). In questo senso dice che il mondo non può ricevere lo Spirito Santo, così come sta scritto: Il desiderio della carne è inimicizia contro di Dio: esso infatti non si assoggetta alla legge di Dio né lo potrebbe (Rm 8, 7). Come a dire che l'ingiustizia non può essere giusta. Per mondo qui si intende coloro che amano il mondo di un amore che non proviene dal Padre. E perciò l'amore di Dio, riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato donato, è l'opposto dell'amore di questo mondo, che ci sforziamo di ridurre e di estinguere in noi.

Il mondo – quindi - non lo può ricevere perché non lo vede né conosce. L'amore mondano, infatti, non possiede occhi spirituali, senza dei quali non è possibile vedere lo Spirito Santo, che è invisibile agli occhi della carne. Ma voi - dice il Signore - lo conoscerete perché rimarrà tra voi e sarà in voi. Sarà in loro per rimanervi, non rimarrà per esservi; poiché per rimanere in un luogo, prima bisogna esserci. E affinché non credessero che l'espressione: rimarrà presso di voi, volesse significare una permanenza simile a quella di un ospite in una casa, spiegò il senso delle parole: rimarrà presso di voi, aggiungendo: e sarà in voi.

Lo si potrà dunque vedere in modo invisibile, e non potremmo conoscerlo se non fosse in noi. E' così che noi vediamo in noi la nostra coscienza; noi possiamo vedere la faccia di un altro, ma non possiamo vedere la nostra; mentre possiamo vedere la nostra coscienza e non possiamo vedere quella di un altro. La coscienza, però, non esiste fuori di noi, mentre lo Spirito Santo può esistere anche senza di noi; e che sia anche in noi, è un dono. E se non è in noi, non possiamo vederlo e conoscerlo così come deve essere veduto e conosciuto. Il Signore, dopo aver promesso lo Spirito Santo, affinché non si pensasse che lo Spirito Santo avrebbe preso il suo posto, e che egli non sarebbe stato più con loro, subito aggiunse: Non vi lascerò orfani; ritornerò a voi (Gv 14, 18). [Orfani è lo stesso che pupilli. Orfano è un termine greco che corrisponde al latino pupillo. Infatti, dove nel salmo si dice: Tu sarai l'appoggio del pupillo (Sal 9, 14), nel testo greco al posto di pupillo c'è orfano.] Non contento quindi di averci fatto figli adottivi del Padre e di aver voluto che noi avessimo, per grazia, il medesimo Padre che è suo per natura, il Figlio di Dio ci dimostra anch'egli in un certo senso affetto paterno, dicendo: Non vi lascerò orfani; ritornerò a voi. [ E' per lo stesso motivo che ci chiama anche figli dello sposo, quando dice: Verranno giorni in cui sarà tolto lo sposo, e allora i figli dello sposo digiuneranno (Mt 9, 15). Ora, chi è questo sposo, se non Cristo Signore?].

VIGILIA DI PENTECOSTE
Gv. 14,15-21

S.AGOSTINO
Tractatus 74 in Joannem, sub finem, et 75

Breviario Romano, Mattutino, Letture del III Notturno

Anonimo ha detto...

Negli USA hanno ammesso l uso di piccolissimi strumenti, detti micro chips, per dare una prima ibridata al fu essere umano. Questi strumenti sono studiati e prodotti da una sigla che non ricordo.

Anonimo ha detto...

LO SCRITTORE ATEO, ANDRÈ FROSSARD, FULMINATO DAL SANTISSIMO SACRAMENTO, COMPRESE LA VERITÀ DI DIO

Entrato in una cappella, con un suo amico cristiano descrive: “Mentre varcavo quella porta, ero ateo e lo ero ancora all’interno della cappella. Nel gruppo dei fedeli, in controluce, vedevo solo delle ombre, tra cui non riuscivo a distinguere il mio amico; una sorta di sole splendeva in fondo all’edificio: non sapevo che fosse il Santissimo Sacramento”.
Poi, accadde qualcosa che cambiò per sempre la mia visione della vita e del Creatore di essa: vidi una luce insostenibile allo sguardo e sentì la presenza di Dio davanti a me , provenire dal quel Santissimo Sacramento esposto.
E quella luce non era apparsa solo ai miei occhi, ma agli occhi del mio spirito; in un attimo, provavo una gioia indescrivibile."

Uscito dalla chiesa disse all’amico: «Sono cattolico, apostolico, romano…Dio esiste ed è tutto vero». In seguito anche la madre (protestante) e la sorella si convertirono al cattolicesimo. La conversione procurò grande imbarazzo al padre, a causa dell’importante incarico politico.

Frossard divenne molto amico di papa Giovanni Paolo II.

Anonimo ha detto...

Ma dove celebra Mons. Viganò?