Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

sabato 27 maggio 2023

Il caso Mortara, le verità taciute per colpire la Chiesa

"La benedizione di Pio IX mi accompagnò dappertutto. Anzitutto mi ottenne la forza… per non cedere alle ingiunzioni e minacce delle autorità liberali che volevano costringermi… a tornare in famiglia". ... «Il naturalismo moderno spieghi ora in modo soddisfacente […] come, nonostante la più accurata educazione ebraica, si sia verificata in un’esistenza incipiente una metamorfosi tanto straordinaria». (Edgardo-Don Pio Mortara) Di seguito la storia corretta di don Pio Edgardo Mortara, ebreo convertito, per difenderci dall'ultima menzogna cinematografica.

Il caso Mortara,
le verità taciute per colpire la Chiesa


A Cannes è il giorno del film di Bellocchio (Rapito) sul caso Mortara, il bambino ebreo battezzato in articulo mortis e poi separato dai genitori. Già nel trailer è chiara la mistificazione dei fatti. Fatti che lo stesso Edgardo Mortara, morto in odore di santità, ricostruì efficacemente in un memoriale indigesto ai nemici della verità.

Al Festival di Cannes oggi [23 maggio -ndr] è il giorno di Rapito, il film di Marco Bellocchio incentrato sul caso Mortara, ovvero il bambino che nel 1858 fu separato dalla sua famiglia d’origine, ebrea, a seguito di un battesimo avvenuto in circostanze eccezionali. La pellicola si ispira liberamente a un libro di Daniele Scalise (Il caso Mortara, Mondadori, 1996), che ha contribuito a rilanciare la leggenda nera contro la Chiesa cattolica. Al di là del titolo del film, già dal trailer si capisce il genere di mistificazioni che saranno proiettate sugli schermi.

Nel trailer si vede un messo ecclesiastico che si reca in piena notte, accompagnato da alcune guardie, in casa dei Mortara per comunicare loro per la prima volta che il loro piccolo Edgardo è stato battezzato e che c’è l’ordine di «portarlo via». Si vede quindi il padre prendere di scatto il bambino tra le braccia e dirigersi verso la finestra, urlando: «Vogliono portarcelo via!». Si dirà che è una versione romanzata, ma la distorsione clamorosa dei fatti – per un film che comunque dice di fare riferimento a una storia vera – rimane. Così come rimarrà il condizionamento nelle menti di quanti vedranno scene simili, ignorando appunto le tante verità taciute, a danno della Chiesa.

Eppure, basterebbe leggere l’esaustivo memoriale che il protagonista della vicenda, Edgardo Mortara, scrisse nella sua piena maturità, nel 1888, quando aveva 37 anni. Un memoriale scritto in castigliano durante il suo apostolato in Spagna e poi custodito negli archivi romani dei Canonici Regolari del Santissimo Salvatore Lateranense, l’ordine in cui don Pio Maria Mortara, il suo nome in religione, volle liberamente e fortemente entrare non appena l’età glielo consentì. Tradotto in italiano, il memoriale è stato pubblicato integralmente nel 2005 in un libro introdotto da Vittorio Messori («Io, il bambino ebreo rapito da Pio IX». Il memoriale inedito del protagonista del «caso Mortara», Mondadori), che smonta pezzo per pezzo la leggenda nera e dà conto, in modo esemplare, delle ragioni della fede. È quindi curioso che certe élite culturali continuino a preferire ricostruzioni parziali, pur di propagare la propria ideologia. Guardiamo dunque i fatti.

Siamo a Bologna, allora nello Stato Pontificio. Edgardo, nono dei 12 figli di Marianna e Salomone Mortara, ha poco più di un anno quando viene colpito da una terribile malattia con violente febbri. Il male progredisce con sintomi tali che nel giro di alcuni giorni i medici lo danno per spacciato. La morte appare imminente. È in queste circostanze che la giovane Anna Morisi, la domestica cattolica dei Mortara, si ricorda quanto insegna la Chiesa a proposito del battesimo di necessità, cioè in articulo mortis. Di nascosto, con in mano un bicchiere d’acqua, battezza il bambino per aspersione, pensando che quel gesto avrebbe donato – di lì a breve – il Paradiso al piccolo Edgardo. Solo che l’attesa morte non sopraggiunge. A poco a poco, infatti, il bambino si ristabilisce completamente. Anna entra nel panico, comprendendo le possibili conseguenze di una sua rivelazione. E decide di tacere.

Passano circa cinque anni. Stavolta, ad ammalarsi è un fratellino di Edgardo, Aristide. Anche lui è in pericolo di morte. Le amiche di Anna la supplicano di battezzarlo, ma lei rifiuta, e confida infine quanto avvenuto cinque anni prima con Edgardo. Intanto, il piccolo Aristide muore, non battezzato. Su consiglio delle amiche, Anna rivela la vicenda di Edgardo al proprio confessore e da lì a breve la catena di comunicazioni, con il consenso della giovane, arriva fino al papa. Il beato Pio IX non perde tempo. Dà ordine che si mettano in atto tutti i tentativi possibili di conciliazione, per far capire ai genitori che la Chiesa ha il dovere – in quanto Edgardo è stato eccezionalmente ma validamente battezzato – di dare al bambino un’educazione cristiana. Lo stesso papa assicurava che avrebbe mantenuto a sue spese il bambino in un collegio cattolico di Bologna, dove sarebbe rimasto fino alla maggiore età e dove i genitori avrebbero potuto visitarlo a loro piacimento.

C’è da aggiungere che nei territori pontifici c’erano allora delle leggi che proibivano agli ebrei di avere al loro servizio domestiche cristiane: leggi che erano intese a tutelare la stessa comunità ebraica, evitando all’origine situazioni complicate, come già era avvenuto sotto altri papi. I genitori di Edgardo sapevano insomma a quale “rischio”, nella loro prospettiva, andavano incontro prendendo in casa una cattolica.

Ma nonostante tutto i Mortara, presi da un dolore misto a rabbia, respinsero i vari tentativi di conciliazione susseguitisi nel tempo e ciò anche quando furono informati dal buon padre Pier Gaetano Feletti (incaricato di gestire il caso) che la Chiesa, seppur con dispiacere, sarebbe stata costretta – in caso di nuovo rifiuto – a procedere al sequestro forzato del bambino. Cosa che avvenne, dopo un’ulteriore preparazione, il 24 giugno 1858. Il “rapimento” improvviso messo in scena da Bellocchio è dunque un falso storico.

Il sequestro si rendeva peraltro necessario per il pericolo che Edgardo fosse spinto a una forzata apostasia e per il clima rovente che l’ampia fazione avversa alla Chiesa aveva creato, fino alla minaccia di scontri a sangue. Sul caso, con il pretesto di voler difendere la comunità ebraica ma in realtà di umiliare la Chiesa, si fiondarono i governi, la stampa, le logge massoniche e i politici di mezzo mondo. In testa all’opposizione, come spiega lo stesso don Pio Mortara, c’era Napoleone III, manovrato dalle suddette logge e infastidito da un atteggiamento ecclesiale che giudicava anacronistico. Seguivano a ruota Cavour e altri, che vedevano nella vicenda di quel bambino – come emerge dalle lettere di quegli stessi personaggi – un’occasione unica per porre fine al potere temporale della Chiesa. Difatti, il caso Mortara contribuì ad accelerare la «questione romana» che culminò nella breccia di Porta Pia. Ma soprattutto quell’attacco era diretto alla missione spirituale della Chiesa.

Quello che i laicisti e anche i cattolici liberali dell’epoca rifiutavano di accettare era il significato del sacramento del Battesimo, che era invece ben noto a Pio IX e sarebbe stato poi spiegato con straordinaria efficacia dal nostro Edgardo. Nonostante per i suoi primi sette anni di vita fosse stato educato nella più stretta osservanza dell’ebraismo e non avesse mai sentito parlare di Gesù, don Pio Mortara testimonia, con diversi esempi, come l’azione invisibile della Grazia operasse in lui fin da prima del sequestro, suscitando in lui, bambino, un’attrazione soprannaturale verso chiese e funzioni cristiane.

Anche la docilità che manifestò fin dalle prime ore dopo il sequestro, seppur in mezzo a qualche comprensibile moto di ribellione per la separazione dai genitori, risulta inspiegabile a una logica meramente umana. Nel viaggio verso Roma gli erano stati insegnati il Padre Nostro e l’Ave Maria, con i primi rudimenti di fede cristiana. L’operare della Grazia nell’animo del piccolo Mortara fu tale che quando i genitori, poco tempo dopo, giunsero a Roma – andandolo a visitare per almeno un mese di seguito, nella speranza di riportarlo a casa – fu lo stesso bambino a guardare con orrore a quella prospettiva. E ciò nonostante provasse e avrebbe continuato a provare per tutta la vita un grande amore per i suoi genitori. Ma già da allora, bambino di sette anni, pregava perché accogliessero Gesù. Edgardo era e si sentiva già in tutto e per tutto cristiano e, da lì in poi, fino alla fine della sua vita terrena, a 88 anni e mezzo, avrebbe cercato di conquistare anime a Cristo, morendo in odore di santità.

Il tutto dopo una vita vissuta in una profonda gratitudine verso gli uomini e le donne che lo avevano reso un figlio della Chiesa, da Anna Morisi a Pio IX. Un papa che – per citare uno dei tanti elogi contenuti nel memoriale di Mortara - «rimanda tutto, dimentica tutto, per occuparsi del futuro di un povero bambino che una giovane domestica ha reso figlio di Dio, fratello di Cristo, erede della gloria eterna in seno a una famiglia israelita. Per salvare l’anima di questo bambino, il grande pontefice sopporta tutto, si espone a tutto, sacrifica tutto, mette a rischio persino i suoi Stati, davanti al furore, all’infernale accanimento dei nemici di Dio». Un papa, dunque, che era mosso da un’unica consapevolezza: nemmeno il mondo intero vale una sola anima. - Fonte

11 commenti:

Anonimo ha detto...

Non tutto il male viene per nuocere, a Cannes ora ci sono molti italiani di sinistra che si dicono atei... Può darsi che l ennesima staffilata alla Chiesa sortisca in qualche cuore un effetto contrario a quello che ha cercato di suscitare il regista. A Dio piacendo. Preghiamo ché così sia!

Anonimo ha detto...

Lasciamo perdere Bellocchio, è dello stesso livello di Moretti, cari all'intélligence culturelle française, ma poveri di argomenti, almeno Monicelli, che era un vero anticlericale, era onesto nella sua feroce critica al clericalismo ed aveva più classe.

mic ha detto...

Rino Cammilleri
Ecco l’incipit di quanto scrissi nel 2005 sul “Timone” riguardo al “rapito” di Mal-occhio:

«Ai tempi di Pio IX gli Stati prelevavano i figli maschi da ogni famiglia per la leva militare triennale o per mandarli in guerra. Cavour, in Crimea, si alleò coi turchi, che da secoli toglievano ogni anno un figlio alle famiglie cristiane sotto il loro dominio e li allevavano nell’islam per farne Giannizzeri. I russi, per contenere l’irredentismo polacco, portavano i piccoli cattolici in collegi ortodossi. Gli inglesi mettevano gli orfani dei loro militari irlandesi (cattolici) in collegi anglicani; tolsero i figli al poeta Shelley («ateo e di vita scandalosa») per chiuderli in collegio (anglicano). Gli svedesi battezzavano di forza nel luteranesimo i non battezzati. Negli Usa era normale vendere i figli degli schiavi neri. Eppure, tutti questi protestarono vivamente per il «caso Mortara». (…) Giovanni Paolo II se lo sentì rinfacciare all’ingresso, per la prima volta nella storia, nella sinagoga romana. E un’intera pagina del Washington Post lo ammonì a non beatificare il «rapitore di bambini» Pio IX. Quel «caso» determinò la fondazione della prima organizzazione ebraica mondiale di autodifesa, che offrì una grossa somma a chi avesse tentato in Roma un raid per «liberare» il «rapito». Libri e libri sono stati scritti per deprecare quella “infame violenza” perpetrata da Pio IX, e ancora vi si insiste».

Don Pio Edgardo Mortara (1851 - 1940), figlio fedele della Chiesa. Quando nel 1870 arrivarono i "liberatori" a Roma, Edgardo aveva ormai 19 anni e non volle essere "liberato". Era già stato liberato dalla grazia di Gesù Cristo.

Anonimo ha detto...

Magari fossi stato ''rapito'' anch'io e poi educato da Pio IX (sarei stato certamente un cattolico migliore di quanto non sia adesso).

Anonimo ha detto...


Al tempo di Pio IX gli Stati prelevavano i figli per farli servire negli eserciti come leva, per tre anni.
Ma cosa c'entra questo con il "caso Mortara"?
Alcuni dei paragoni di Camilleri sono bislacchi.
Il gran polverone del caso Mortara fu sollevato in parte in malafede, per odio contro la Chiesa. Tuttavia c'era un elemento che a prima vista sembrava costituire un problema: agendo in quel modo, Pio IX sembrava aver violato il diritto naturale dei genitori di esser loro a scegliere l'educazione per i loro figli. L'ha violato o no? Forse no. In ogni caso il Papa ha agito in nome di un'istanza superiore, quella della salvezza dell'anima del fanciullo.
Circa il servizio militare: il Papa non imponeva la leva obbligatoria, si serviva solo di scalcagnate e scarse milizie locali. Non aveva soldi per la leva ed infatti era disarmato. Negli ultimi due secoli doveva sempre ricorrere ad eserciti stranieri, se le cose si mettevano male. I sudditi erano contenti perché non pagavano quasi tasse, e avere un esercito proprio anche piccolo efficiente, costa denari. Però lo Stato, disarmato, era indifeso e alla mercè di ogni ribellione o invasione.
DA notare come gli ebrei ancor oggi rinfaccino alla Chiesa il "caso MOrtara". Non dimenticano nulla. Alla faccia del "dialogo", cosiddetto.

Anonimo ha detto...

I film storici sono sempre almeno un po' romanzati, nel bene come nel male. Chi vorrà accertarsi dei fatti non si fermerà alla versione Bellocchio. Gli altri si berranno questa ricostruzione dei fatti come si bevono tutto quello che viene loro messo davanti ogni giorno dell anno.

Anonimo ha detto...

Due considerazioni.
1. All'epoca la triste storia di questo bambino scatenò l'anticlericalismo. Oggi servira6 a promuovere il bergoglismo.
2. A Cannes nessun film italiano è stato premiato.

Anonimo ha detto...

Bene che nessun premio sia stato dato, vuol dire che la giuria non ha apprezzato, ci sono opere che è bene siano ignorate e altre che necessitano di maturare per poi essere da molti comprese. Benissimo per Bellocchio. Per Moretti aspettiamo la conversione sua e della sua generazione di cui si è fatto cantore.

Anonimo ha detto...


Ricordando i films precedenti di Bellocchio (se è lo stesso regista di film ad argomento scabroso, di anni fa e ideologicamente allineato) non c'è da stupirsi che abbia fatto strame della vera storia del fanciullo Mortara.

Anonimo ha detto...

Riflessione notturna:decidere di mettere in piedi oggi un film sul sacerdote Mortara, quando era piccolo, oggi che la Chiesa è quasi espugnata, dice molto su chi ha deciso oggi di fare un film su questa storia. Ma... Uomo propone e Dio dispone!

Anonimo ha detto...

Dall'intervista di Marco Bellocchio alla "Verità" ho sottolineato le seguenti frasi:

"Gli dicono (a Edgardo Mortara, ndr) che il suo popolo è responsabile dell'uccisione di Dio, UN'ACCUSA CHE ORA LA CHIESA HA CANCELLATO.

No, non l'ha cancellata la Chiesa (né potrebbe, perché è nei Vangeli), l'ha cancellata la viltà dei modernisti giudaizzanti.

"Ho letto anche l'autobiografia, certo. Scalise è la fonte principale, ma ho attinto anche a un libriccino di Gemma Volli, dove ho trovato la scena della madre disperata. Poi a quello di David Kertzer e ai documenti del processo all'inquisitore".

Ma guarda che varietà di fonti. E perché non hai consultato anche il libro di Messori?