Riprendiamo da Disputationes Theologicae
Nello scorso mese di aprile, in onore alla schiettezza e lealtà ecclesiale di Santa Caterina da Siena, Mons. Antonio Livi ha tenuto una conferenza presso la Basilica di San Giovanni alla Porta Latina, organizzata dalla “Sacra Fraternitas Aurigarum Urbis”. Pubblichiamo la trascrizione dall’orale, approvata dall’autore, nella certezza che il suo contenuto contribuirà a far chiarezza fra tanti laici (ma forse anche fra tanti sacerdoti) che oggi si sentono smarriti.
Padre Pio e Leopoldo Mandic, santi del confessionale |
Dottrina morale e prassi pastorale
nella “Amoris laetitia”
Cari amici,
mi avete chiesto di spiegare in termini semplici a voi, laici - ma vedo anche nell’uditorio dei confratelli e quindi dei confessori -, perché un sacerdote (e teologo) come me ha pubblicamente criticato, in varie occasioni e in varie sedi, l’esortazione apostolica Amoris laetitia di papa Francesco. Mi accingo dunque a spiegare a voi, con la massima schiettezza, il contenuto e le vere motivazioni ecclesiali di queste critiche, che sono naturalmente prudenti nel merito, rispettose nella forma e responsabili nelle intenzioni. Premetto, per cominciare, quello che dice la Chiesa stessa, in un celebre documento della Congregazione per la Dottrina della fede, pubblicato nel 1990 a firma dell’allora prefetto, cardinale Joseph Ratzinger:
«Il Magistero, allo scopo di servire nel miglior modo possibile il Popolo di Dio, e in particolare per metterlo in guardia nei confronti di opinioni pericolose che possono portare all'errore, può intervenire su questioni dibattute nelle quali sono implicati, insieme ai principi fermi, elementi congetturali e contingenti. E spesso è solo a distanza di un certo tempo che diviene possibile operare una distinzione fra ciò che è necessario e ciò che è contingente. La volontà di ossequio leale a questo insegnamento del Magistero in materia per sé non irreformabile deve essere la regola. Può tuttavia accadere che il teologo si ponga degli interrogativi concernenti, a seconda dei casi, l'opportunità, la forma o anche il contenuto di un intervento. II che lo spingerà innanzitutto a verificare accuratamente quale è l'autorevolezza di questi interventi, così come essa risulta dalla natura dei documenti, dall'insistenza nel riproporre una dottrina e dal modo stesso di esprimersi […]. In ogni caso non potrà mai venir meno un atteggiamento di fondo di disponibilità ad accogliere lealmente l'insegnamento del Magistero, come si conviene ad ogni credente nel nome dell'obbedienza della fede. Il teologo si sforzerà pertanto di comprendere questo insegnamento nel suo contenuto, nelle sue ragioni e nei suoi motivi. A ciò egli consacrerà una riflessione approfondita e paziente, pronto a rivedere le sue proprie opinioni ed a esaminare le obiezioni che gli fossero fatte dai suoi colleghi. Se, malgrado un leale sforzo, le difficoltà persistono, è dovere del teologo far conoscere alle autorità magisteriali i problemi suscitati dall'insegnamento in se stesso, nelle giustificazioni che ne sono proposte o ancora nella maniera con cui è presentato. Egli lo farà in uno spirito evangelico, con il profondo desiderio di risolvere le difficoltà. Le sue obiezioni potranno allora contribuire ad un reale progresso, stimolando il Magistero a proporre l'insegnamento della Chiesa in modo più approfondito e meglio argomentato» (Congregazione per la Dottrina della fede, Istruzione Donum veritatis sulla vocazione ecclesiale del teologo, 24 maggio 1990, nn. 24; 29-30).
Io conosco bene questo documento, e l'ho studiato per anni. L’ho utilizzato soprattutto per denunciare l’abuso del titolo di “teologo” da parte di chi si ribella per principio agli insegnamenti definitivi del Magistero e pretende di ri-formulare il dogma cristiano (cfr Vera e falsa teologia. Come distinguere l’autentica “scienza della fede” da un’equivoca “filosofia religiosa”, Leonardo da Vinci, Roma 2012). Ma ora devo rifarmi proprio a questo documento per legittimare i miei interventi critici di fronte alle tante ambiguità (nell'indirizzo pastorale) e alla evidente deriva relativistica (nella dottrina morale) che caratterizzano, purtroppo, molti gesti e molti discorsi di questo Papa e in particolare l’esortazione apostolica post-sinodale Amoris laetitia. Sono rilievi critici suggeriti sempre soltanto dalla responsabilità ecclesiale che mi impegna - come sacerdote e come teologo - soprattutto di fronte a quei fedeli che sovente manifestano in pubblico il loro turbamento e in privato mi confidano il disorientamento della loro coscienze, pensando anche a quei fedeli che posso immaginare che siano addirittura indotti alla perdita del senso del peccato - essendo esso la coscienza di essere tutti peccatori, unitamente alla convinzione che solo la grazia sacramentale, una volta avviata la conversione interiore, può redimerci e garantirci la salvezza eterna.
Parto dal presupposto che la "nota teologica" di questo documento pontificio sia proprio quella indicata nel n. 30 della dichiarazione Donum veritatis, e quindi limito le mie critiche alla “forma” dell’esortazione e alla sua opportunità pastorale, date le premesse storico-ecclesiastiche e le conseguenze nella formazione della coscienza dei fedeli. Le premesse storiche sono molto significative: il Papa ha fatto sua una delle due opinioni formalmente espresse dai padre sinodali (quella dei cardinali Schoenborn, Marx, Baldisseri e Kasper, e dei vescovi Forte e Semeraro, tutti favorevoli a un cambiamento radicale della prassi pastorale e dei suoi presupposti dottrinali), non tenendo minimamente conto dell’opinione di quanti (come i cardinali Müller, Caffarra, Burke, De Paolis, Sarah) avevano insistentemente criticato l’ipotesi della concessione della Comunione ai fedeli in stato di pubblico scandalo per aver divorziato davanti al tribunale civile e per aver istituito una convivenza more uxorio (la quale configura canonicamente il “pubblico concubinato”), dopo aver contratto un invalido e finto nuovo matrimonio, sempre davanti al tribunale civile.
Per queste concrete circostanze, l’esortazione apostolica post-sinodale era un documento molto atteso per conoscere le indicazioni della Chiesa dopo i due Sinodi dei vescovi sulla famiglia e la ridda di interpretazioni da parte dei vescovi favorevoli al mantenimento della disciplina attuale e di quelli che chiedevano un cambiamento radicale. Ma l’attesa di un chiarimento è stata delusa.
Alcune parti del documento papale - quelle che sono dedicate a illustrare i nuovi criteri pastorali - sono caratterizzate dall’ambiguità dell’enunciato, un’ambiguità che genera gravissimi equivoci di interpretazione proprio riguardo a ciò che Francesco vuole che sia fatto in pratica, all’atto di decidere che cosa suggerire o prescrivere ai fedeli che manifestano l’intenzione di accostarsi all’Eucaristia pur trovandosi in una situazione irregolare. I termini «misericordia», «accompagnamento» e «discernimento», pur ripetuti tante volte, non sono mai spiegati in modo da far capire se sono davvero la cifra di una nuovissima prassi (nel qual caso avrebbero ragione quelli che hanno parlato di una «novità rivoluzionaria») oppure sono semplicemente sinonimi di quello che le leggi ecclesiastiche vigenti e i documenti dell’ultimo Concilio chiamano la «carità pastorale», non diverso, sostanzialmente, da ciò che si ritrova nella dottrina teologico-pratica di un dottore della Chiesa come sant’Alfonso Maria de’ Liguori (autore tra l’altro della Praxis confessarii ad bene excipiendas Confessiones), il cui positivo riscontro pastorale è ben visibile nell’esempio dei santi (si pensi al Curato d’Ars nell’Ottocento o a padre Pio e a padre Leopoldo nel Novecento).
Per di più, l’aspra ma generica polemica del Papa contro quelli che a suo avviso sarebbero dei rigoristi dal cuore duro, dei formalisti senza carità, addirittura dei «farisei», lascia intendere che il Papa ha non solo favorito una delle due opinioni emerse nella discussione sinodale – quella dei riformisti – , ma ha anche tolto ogni credibilità a coloro che avevano presentato ponderose e documentate obiezioni alle proposte di riforma (e pensare che tra questi oppositori c’era addirittura il prefetto della Congregazione per la dottrina della fede!). Per di più, avvalendosi di questa (voluta) ambiguità del documento pontificio, molti vescovi si sono precipitati a dichiarare che il Papa con questa esortazione apostolica veniva a legittimare una prassi «misericordiosa» (cioè permissiva, o meglio lassista, anzi irresponsabile) che essi già avevano consentito nelle rispettive diocesi, in disobbedienza alle leggi canoniche vigenti.
Allo stesso tempo, il cardinale americano Burke e il vescovo kazaco Schneider dichiaravano ai giornalisti che l’esortazione apostolica di papa Francesco non era da prendere come documento del Magistero, tanti erano i riferimenti dottrinali confusi o addirittura erronei che essa conteneva. Insomma, l’opinione pubblica cattolica è stata indotta a ritenere che il Papa abbia voluto abrogare la dottrina cristiana circa l’indissolubilità del matrimonio e la necessità dello stato di grazia per accedere alla Comunione. E, di fronte a questa (presunta) “rivoluzione” dogmatica, molti hanno provato sgomento, ritenendo che papa Francesco sia stato ingannato dai suoi consiglieri e abbia avallato l’eterodossia, mentre altri hanno gioito ritenendo che finalmente la Chiesa aveva messo da parte l’ortodossia dei conservatori per concedere piena libertà alle dottrine teologiche più avanzate, più consone ai nuovi tempi e alla mentalità dell’uomo di oggi.
La Chiesa, nella sua storia bimillenaria, ha vissuto tante vicende drammatiche. La storia ecclesiastica narra di diverse epoche di confusione e di scisma, persino di pontefici che con la loro condotta di vita hanno scandalizzato. Papa Francesco certamente non lo fa con la sua condotta personale, ma la dottrina teologica che egli favorisce, questa sì che scandalizza, nel senso biblico del temine, nel senso che è una “pietra di inciampo” per la fede dei semplici e disorienta le coscienze di tanti.
Questa confusione e questo disorientamento della coscienza dei comuni fedeli è il risultato - forse voluto, forse imprevisto, anche se facilmente prevedibile - dell’ambiguità strutturale del documento pontificio. Ed è il motivo per il quale io ne parlo, evidenziandone gli aspetti critici: non per mancare di rispetto al Magistero, né per prendere le parti dei conservatori contro i progressisti nella disputa ideologica che affligge la Chiesa da tanto tempo, e tanto meno per voler contrapporre alla dottrina del Papa - che dovrebbe esprimere e interpretare con autorità divina il dogma della fede - una mia opinabile dottrina teologica: ma solo per responsabilità pastorale nei confronti dei fedeli che da siffatta situazione non possono non subire danni gravissimi nella loro coscienza di fede, sia riguardo al dovere di obbedire all’autorità ecclesiastica lì dove essa comanda espressamene e lecitamente, sia riguardo al dovere di rispettare la natura divina dei segni sacramentali, evitando ogni rischio di profanazione e di sacrilegio.
A voi che siete qui presenti, laici e quasi tutti regolarmente coniugati, mi rivolgo con un accorato appello: non pensate che il documento pontifico, in materia di Sacramenti (Matrimonio, Penitenza, Eucaristia), vi obblighi a credere qualcosa di diverso da quello che avete sempre creduto, né di fare qualcosa di diverso da quello che avete sempre fatto. Anzi, vi dirò di più. L’esortazione apostolica non è una nuova legge ecclesiastica: non comanda alcunché ad alcuno nella Chiesa cattolica; è, appunto, soltanto un’esortazione, un invito, un incoraggiamento, rivolto ai Pastori (vescovi e presbiteri) perché pratichino il loro ministero con attenzione alle situazioni specifiche dei loro fedeli, aiutandoli anche con la direzione spirituale personale (il “foro interno”) e sempre con spirito di misericordia. Dunque sono soprattutto i sacerdoti in cura d’anime a dover applicare al loro quotidiano servizio (catechesi e amministrazione dei sacramenti) i criteri indicati dal Papa. Sono io, e con me tutti i miei confratelli nel sacerdozio, sotto la guida del rispettivo vescovo, a dover recepire e attuare questi consigli pastorali, senza mettere da parte - nessuno me lo può chiedere, e il Papa non me lo ha chiesto - i criteri teologico-morali e le norme canoniche vigenti, ossia i criteri di base, sempre validi, con i quali ho esercitato il ministero della Confessione fino a oggi, nei miei 55 anni di sacerdozio. Questi criteri mi impediscono di fraintendere (o di intendere secondo l’interpretazione dei “riformisti e progressisti”) alcuni passi ambigui dell’esortazione apostolica, che ora leggo con voi, per poi fornirne l’unica interpretazione ammissibile dal punto di vista di una prassi sacramentaria rispettosa del dogma e dei principi morali definitivamente stabiliti dalla Chiesa.
Leggo innanzitutto il § 305:
«A causa dei condizionamenti o dei fattori attenuanti, è possibile che, entro una situazione oggettiva di peccato – che non sia soggettivamente colpevole o che non lo sia in modo pieno – si possa vivere in grazia di Dio, si possa amare, e si possa anche crescere nella vita di grazia e di carità, ricevendo a tale scopo l’aiuto della Chiesa» (Francesco, Esort. Ap. Amoris Laetitia, § 302, nota n. 351).
A questo punto il documento è corredato da una nota:
«In certi casi, potrebbe essere anche l’aiuto dei Sacramenti. Per questo, “ai sacerdoti ricordo che il confessionale non dev’essere una sala di tortura bensì il luogo della misericordia del Signore” […] Ugualmente segnalo che l’Eucaristia “non è un premio per i perfetti, ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli” [Esort. Ap. Evangelii gaudium, 24 novembre 2013, § 44 e 47: AAS 105, 2013, pp. 1038-1939]» (Francesco, Esort. Ap. Amoris Laetitia, § 302, nota n. 351).
Il paragrafo e la nota sono inserite nel capitolo VIII dedicato alle «situazioni irregolari», cioè alla convivenze e soprattutto alle nuove unioni civili a seguito di divorzio dove il precedente matrimonio è canonicamente valido. Nel testo si fa riferimento all’ipotesi che ci si trovi di fronte a una situazione oggettivamente disordinata (il divorziato che si è risposato civilmente) ma il cui soggetto (il fedele cattolico divorziato risposato) dia a intendere di non esserne cosciente. Fatta tale ipotesi, il Papa suggerisce, come strumento pastorale per questa condizione particolare, l’amministrazione dei sacramenti della Riconciliazione e dell’Eucarestia. Il suggerimento ha senso solo se nel caso in questione il divorziato-risposato sia riconosciuto come trovandosi in stato di grazia perché privo di responsabilità soggettiva della sua condizione. Mancando la piena avvertenza sulla materia grave, costui non sarebbe in stato di peccato mortale, ergo il divorziato risposato potrebbe comunicarsi. Che il Papa intenda insinuare una soluzione del genere sembra confermato da un altro passaggio del documento:
«Non è più possibile dire che tutti coloro che si trovano in qualche situazione cosiddetta “irregolare” vivano in stato di peccato mortale, privi della grazia santificante. I limiti non dipendono semplicemente da una eventuale ignoranza della norma. Un soggetto, pur conoscendo bene la norma, può avere grande difficoltà nel comprendere “valori insiti nella norma morale” [Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 22 novembre 1981, § 33: AAS 74, 1982, p. 121]» (Francesco, Esort. Ap. Amoris Laetitia, § 302).
In altri termini, secondo questi suggerimenti papali, il confessore potrebbe giudicare non del tutto responsabile il penitente se fosse in grado di verificare in “foro interno” e caso per caso che il penitente versa in uno stato di errore in merito alla sua condizione. Ma come è possibile effettuare tale verifica se non ricorrendo alla tradizionale “praxis confessariorum”? Si è sempre saputo che la cosiddetta «ignoranza invincibile» deve essere responsabilmente accertata dal ministro della Penitenza; costui, peraltro, tenendo presente che tale ignoranza può anche essere colpevole (la ripetizione di peccati consapevolmente commessi può condurre la persona all’ottundimento della coscienza), può arrivare alla convinzione che il soggetto in questione non può essere considerato dalla Chiesa in grazia di Dio. E poi, anche ammesso che l’ignoranza invincibile di quel dato soggetto sia davvero tale da non renderlo soggettivamente colpevole (ipotesi che io ritengo meramente teorica e non riscontrabile nella vita reale dei fedeli che frequentano i sacramenti), ogni sacerdote sa bene che ciò che egli è chiamato a giudicare (nel tribunale della Penitenza il confessore è il giudice per conto della Chiesa) non è la coscienza del penitente, e tanto meno l’azione della grazia in essa, ma solo le manifestazioni esterne del pentimento e della volontà di rimediare al male commesso, in relazione alla situazione (esterna, talvolta anche pubblica) del penitente. Se tali rilevamenti portano il confessore a concludere che non è possibile assolvere la tale persona, egli avrà cura di spiegare con la massima delicatezza al penitente che spetta a lui impegnarsi a percorrere fino in fondo la strada della conversione, e che nel frattempo non gli è consentito di fare la Comunione. Gli spiegherà anche che ciò che non lo rende ancora “degno” della Comunione eucaristica è la sua condizione esterna, visibile, indice delle sue ancora imperfette condizioni interiori: ricevere sacramentalmente Cristo esige una condizione della vita personale che non sia oggettivamente in contraddizione con la santità di Cristo.
Sicché ogni sacerdote che sia davvero responsabile, se chiamato dal vescovo o dal fedele stesso a dare un suo giudizio in merito, non consiglierà mai ai conviventi e ai divorziati-risposati che non vivono castamente (o che vivono castamente ma che dovrebbero interrompere la loro relazione perché su di loro non gravano particolari obblighi morali) di accostarsi alla Comunione, perché tali condizioni sono oggettivamente contrarie alla volontà di Dio, ossia alla sua misericordia verso noi uomini. Il sacerdote deve illuminare la coscienza del penitente ricordandogli che la nostra vita personale e sociale deve essere conforme all’ordo amoris, un sapientissimo orientamento di ogni cosa alla gloria del Creatore e al bene delle creature. La legge naturale e la rivelazione divina ci fanno sapere, con certezza di ragione e di fede, che vi sono atti che sono di per sé contrastanti con questo ordo, ed è appunto il caso dei rapporti sessuali al di fuori del rapporto di coniugio: tali atti non sono conformi al piano di Dio - non sono cioè santificabili e santificanti - e di conseguenza pongono la persona che li compie volontariamente in una condizione che di fatto è incompatibile con all’ordo amoris, al di là della maggiore o minore consapevolezza della loro gravità. Ciò comporta per il confessore - diretto responsabile del culto divino nella celebrazione della Penitenza - il gravissimo dovere ministeriale di non assolvere il fedele “divorziato-risposato” che non intendesse di fatto cambiare la sua situazione. Per amministrare validamente l’assoluzione mancherebbero infatti le condizioni essenziali, ossia il sincero pentimento e la volontà di riparazione.
Il pentimento non risulta esserci quando il fedele non dichiara al confessore di voler uscire dal proprio stato di “divorziato-risposato” troncando il rapporto con il (o la) convivente e adoperandosi per tornare con il legittimo consorte, oppure quando non si propone di riparare ai danni arrecati al coniuge legittimo, alla eventuale prole, al convivente che ha indotto in peccato e all’intera comunità cristiana a cui ha recato scandalo. Mancando queste condizioni - le quali, dal punto di vista teologico, costituiscono la “materia” del sacramento della Penitenza - il confessore è tenuto a negare, per il momento, l’assoluzione, che non sarebbe un atto di misericordia ma un inganno (perché l’assoluzione sarebbe illecita, e soprattutto invalida).
Antonio Livi
37 commenti:
Ciò comporta per il confessore - diretto responsabile del culto divino nella celebrazione della Penitenza - il gravissimo dovere ministeriale di non assolvere il fedele “divorziato-risposato” che non intendesse di fatto cambiare la sua situazione.
Dato che sono usciti allo scoperto quelli che la pensano diversamente, i casi sono due: o si impara a tollerarsi reciprocamente, o si da vita a organizzazioni separate.(Osservazioni di un protestante)
Commento sintetico (ratione materiae) dotto equilibrato chiaro, Deo gratias!
OT
davvero notevole l'identità di vedute tra la vescovessa germanica e il vdr argentino!
un esempio:
«Ovviamente ci sono hardliner e fondamentalisti in tutte le religioni e in tutte le denominazioni. Ma per esempio in Germania, a livello di parrocchie, le persone non vogliono che l’ecumenismo renda tutti uguali: sarebbe noioso, possiamo rimanere differenti.
Non vi ricorda l'immagine del poliedro tanto cara a Bergoglio?
E ancora:
Quello che io davvero ammiro nella Chiesa cattolica romana è che mantiene l’unità globale della Chiesa, pur con molte differenze al proprio interno, perché è molto meglio per mostrare al mondo globale quale è la Chiesa. I luterani e i riformati possono imparare dai cattolici a non separare così facilmente. Penso che quello che la Chiesa cattolica può imparare dalla Chiesa luterana, per esempio, è che le donne possono essere prete, vescovo, e se avessimo un papa anche papa, perché per noi il battesimo è il sacramento chiave e chi è battezzato, come diceva Lutero, può essere prete, vescovo o papa. Non bisogna temere le donne, laiche o ordinate, aiuta la Chiesa a essere più vicina alle persone».
http://www.lastampa.it/2016/05/05/vaticaninsider/ita/inchieste-e-interviste/la-vescova-luterana-margot-kaessmann-questo-papa-un-riformatore-p18Rcmz5tR5u5QjrFGeEwN/pagina.html
Dietro la buona volontà di tanti che cercano di spiegare rigorosamente, chiaramente, pazientemente c'è la muraglia cinese, l'ostinazione, di chi pretende la botte piena e la moglie ubriaca.
Tra pochi giorni verrà approvata la legge sulle unioni civili,detta ora legge Renzi-Alfano.
Molti giocano con le parole cristiani-cretini, altri si offendono ma, sbagliano. Alla luce dei fatti il cretinismo è un ritardo mentale, il che vuol dire che la mente c'è. E' dunque sempre un riconoscimento di una presenza: la mente, anche se ritardata. Per noi è come se ci dessero un gran premio europeo.
.... pecato che i vescovi e sacerdoti queste dottrine le applichino già nel senso antievangelico da ben prima dell'Amoris l.........questi pastori ancora sani giocano con i fedeli magari anscondino o ci prendono per dementi totali?
http://www.libertaepersona.org/wordpress/2016/05/papa-innocenzo-i-una-risposta-ai-novatori-di-1600-anni-fa/
Chissà perché leggendo le dichiarazioni di Mons. Forte, non fatico affatto a crederle autentiche. Ormai questi modernisti, ridono di chi ancora rimane ancorato alla sana dottrina e di chi si ostina a credere che ci sia continuità con gli insegnamenti dei precedenti Pontefici. Tutto è cambiato, non possiamo far finta di non vedere e di non sentire, continuare a voler giustificare gli atti aberranti ormai quotidiani di colui che si autoincensa per infangare la Chiesa, è la nostra disfatta:
http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV1518_Belvecchio_Esortazione_truccata.html
In una chiesa dove ognuno balla con sua nonna, avremo sempre un padre Livi che pensa bene e agisce bene e altri invece che, persa la Fede, daranno scandalo e comunioni a chiunque, con il bene placido di Papa Francesco, che come tutti i Papi di questi ultimi decenni, non dirà mai nulla difronte ad un abuso, anzi continuerà a dare addosso ai sacerdoti che agiscono da ministri di Dio. Il prossimo passo sarà che dopo il divorzio, i vari concubini si sposeranno direttamente in chiesa, così non si avrà più nessuna parvenza di indecenza nel dare l'Ostia consacrata e tutti saranno felici di recitare la parte di quelli con la coscienza pulita, mentre l'unico a non essere contento sarà il buon Dio, offeso, vilipeso e abbandonato. Tutto questa pantomima, perchè? Perchè da molto tempo il rispetto umano è diventata una virtù, mentre il bene delle anime e l'amore per Dio sono opzioni trascurabili. Un fulminino, ogni tanto su qualche zucca, invece che sempre sulla cupola di S.Pietro, potrebbe essere salutare.
Ma non voglio dare suggerimenti a Chi sa quando sarà il tempo giusto.
Entro la settimana si vota la fiducia. Intervista a Eugenia Roccella (Idea): «Passerà alla storia come incostituzionale, anche nel suo iter legislativo»
http://www.tempi.it/unioni-civili-legge-cirinna-oggi-renzi-alfano#.VzGyi8tf2Uk
Cito alcuni passaggi, dalle dichiarazioni di Mons.Livi. Sono come una piccola zattera che cerca di farci galleggiare, quando siamo ormai sommersi da uno tsunami:" Papa Francesco certamente non lo fa con la sua condotta personale, ma la dottrina teologica che egli favorisce, questa sì che scandalizza, nel senso biblico del temine, nel senso che è una “pietra di inciampo” per la fede dei semplici e disorienta le coscienze di tanti. Questa confusione e questo disorientamento della coscienza dei comuni fedeli è il risultato - forse voluto, forse imprevisto, anche se facilmente prevedibile - dell’ambiguità strutturale del documento pontificio. Ed è il motivo per il quale io ne parlo, evidenziandone gli aspetti critici: non per mancare di rispetto al Magistero, né per prendere le parti dei conservatori contro i progressisti nella disputa ideologica che affligge la Chiesa da tanto tempo, e tanto meno per voler contrapporre alla dottrina del Papa.." Constato con dolore, quanto poco viene nominato il Santo Nome di Gesù, anche da chi vuole difenderlo. Inoltre, scandalizza, non solo la fede dei semplici e la coscienza di tanti, ma fa "sanguinare abbondantemente Cristo Gesù e la sua Santa Madre". Quindi, più che mancare di rispetto al "Magistero" o di "prendere le parti dei conservatori contro i progressisti" qui si sta facendo a pezzi il "Corpo Mistico di Cristo".
Stasera continua la conversazione Lanzetta-Farina su AL
http://www.radiobuonconsiglio.it/catechesi-e-spiritualita/p-serafino-m-lanzetta-e-antonio-farina/
Ed è il motivo per il quale io ne parlo, evidenziandone gli aspetti critici: non per mancare di rispetto al Magistero, né per prendere le parti dei conservatori contro i progressisti nella disputa ideologica che affligge la Chiesa da tanto tempo, e tanto meno per voler contrapporre alla dottrina del Papa.
Non sono forse gli stessi motivi per cui non abbiamo mai taciuto noi che, anche quando i 'normalizzatori" ci delegittimavano come tradi-protestanti, abbiamo continuato a denunciare, sapendo bene il perché e per Chi?
E, se si riconosce che c'è una "disputa teologica", non saprebbe ora di dirimerla con l'aiuto delle "loro autorevolezze", invece di etichettare?
E perché ci deve sempre essere il bisogno di auto-giustificarsi mettendo le mani avanti?
Del resto neppure noi ci riconosciamo in una qualunque "fazione" o etichettatura e non siamo né "contro" il papa né "contro" nessuno, ma "per" la verità e la fedeltà ad essa...
http://www.ilprimatonazionale.it/approfondimenti/politicamente-corretto-44719/
www.lifesitenews.com/news/voice-of-the-family-calls-on-pope-francis-to-withdraw-laetitia...
Anonimo 16:25
stiamo traducendo il testo integrale citato ed altri
https://giulianoguzzo.com/2016/05/10/terroristi-fra-i-migranti-scattano-i-controlli/
Il nuovo vangelo ecologico che butta alle ortiche la vera spiritualità e mistica cristiana, in un tripudio a madre terra:
http://www.ilcorrieredelleregioni.it/index.php?option=com_content&view=article&id=8720:il-nuovo-vangelo-di-bergoglio&catid=70:chiesa-cattolica&Itemid=96
Bravissimo !
Il Signore la ricompensi per la verità delle sue parole.
http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/2016/05/10/piazza-san-pietro-inospitale-per-i-marciatori-quelli-per-la-vita/
mah...
Cara mic, guardi che i cosidetti "normalizzatori" non sono solo quelli che affermano la continuità della dottrina Cattolica negli scritti e gesti di Bergoglio ma anche quelli che evidenziando giustamente le eterodossie (e sono molte) di Bergoglio poi non lo denunciano apertamente come non facente parte della Chiesa Cattolica e lo considerano erroneamente Pontefice.
Tutto vero e tutto giusto in sede critica. Come tutte le analisi logiche che sono scaturite dopo la pubblicazione dello sciagurato evento post sinodale.Resta il fatto però che Amoris Laetitia rimane e per la maggior parte dei fedeli,esso è già diventato una nuova pietra miliare su cui orientare le scelte pastorali in tema di Confessione, matrimonio e comunione.
Nella mia parrocchia, per esempio, c'è già chi si è proposto di invitare il prete a recitare un po' per volta un paragrafo dell’esortazione tra un omelia e l'altra, di modo che la gente - a suo dire - "possa gustare tutta la tenerezza spirituale di cui è foriero questo magnifico documento ". Sic! Ma ci pensate?!.
Questo perché la chiesa di oggi è nettamente spaccata in 2, tra chi vive nell'ignoranza assoluta e prende per buono qualsiasi cosa venga propinato dall'alto a prescindere se li errori sono pachidermici o microscopici.
E chi invece "come noi intellettuali"si adopera a spaccare il capello in quattro per affermare l'evidenza degli errori nel tentativo equilibrato di smascherarli con una buona dose di sana e convincente apologetica. Ottima soluzione indubbiamente, ma il risultato non cambia.. è questo il punto! Purtroppo.
Che ce lo spieghi Schneider o Livi o Lefebvre, bisogna prendere atto che oggi la discussione teologica si è impantanata tra le righe dei social network e vi rimarrà fintanto che dai social non sentiremo parlare di prelati autorevoli in grado di applicare la verità cattolica su tutti i fronti.A cominciare dai vertici. Diversamente non vedo soluzioni.
Che il Signore susciti un novello Atanasio.
Cara mic, guardi che i cosidetti "normalizzatori" non sono solo quelli che affermano la continuità della dottrina Cattolica negli scritti e gesti di Bergoglio ma anche quelli che evidenziando giustamente le eterodossie (e sono molte) di Bergoglio poi non lo denunciano apertamente come non facente parte della Chiesa Cattolica e lo considerano erroneamente Pontefice.
Gianlub,
il tuo commento lo avrei volentieri cestinato, perché te e tanti altri come te non volete capire che non siamo noi a stabilire chi è non è papa.
E, come ci ha detto e ripetuto don Curzio Nitoglia, la risposta e la soluzione definitiva verrà soltanto dalla Chiesa gerarchica che, come chiedeva mons. Brunero Gherardini, può risolvere ogni problema affrontandolo dogmaticamente (mediante definizione e obbligatorietà di insegnamento magisteriale e quindi infallibile). È quello che ci aspettiamo e che chiediamo al Signore in questo periodo buio per l’ambiente ecclesiale e per l’umanità intera.
Mic,
non lo stabiliremo noi, chi è o no un papa, ma non possiamo tapparci gli occhi, le orecchie e soprattutto smettere di ragionare e fare 2+2=4.
Si va avanti cosi da almeno 50 anni, e se ai tempi di Lefebvre si potevano giustificare certi comportamenti, prese di posiziome ( o NON Prese di posizione ) e soprattutto i laici erano sostanzialmente all'oscuro di molte cose, ora non e' più cosi, e non e' più possibile andare avanti cosi. Si capisce tutto, la prudenza, il non volersi troppo esporre, il rispetto, ecc.ecc., ,, ma non si può non concordare con Gianlub..
Finché qualcuno, e non necessariamente un consacrato, non avrà il coraggio di affrontare coram populo, urbi et orbi, la questione, prendendo il toro per le corna, cioè chiamando il VdR , ma non solo,lui, a chiarimenti pubblici, non se uscira'.
La gerarchia modernista non rispondera' mai ad una qualsiasi istanza presentata per iscritto, educatamente, con tutti i crismi e carismi. Ciò che loro temono di più , come il loro Padre, è la luce, la visibilità, e la cattiva pubblicità, e lo scandalo mediatico. Ma eè solo quello che può farli smuovere ,e forse con la Grazia di Dio, farli rinsavire.
"Dum Romae consulitur, Sgunthum coepitur" o qualcosa di simile.
http://voiceofthefamily.com/votf-co-founder-building-a-catholic-resistance-movement/
Rosa, no.
Nella Chiesa sono già presenti ed operative tante forze che non dovrebbero esserci,
uno scandalo mediatico ne farebbe entrare legioni.
Questo qualcuno, quali caratteristiche dovrebbe avere? Quelle del Padrone del mondo? Del Presidente? Di tutti i tipi romanzeschi con cui è stato delineato l'anticristo? No,qui ci vuole un'autorevolezza che non viene da nessuna capacità mondana e che non possiamo conferire a nessuno.Le anime dei più avvertiti sono turbate, altre confuse, altre seguono ignare.Il Signore sa il da farsi.Noi, date le circostanze, dobbiamo pensare alla nostra santificazione con forza e determinazione. Personalmente ho l'anima raschiata.Non ricordo chi raccontò che, se ci fossero state dodici persone veramente credenti, oranti, la seconda guerra mondiale non ci sarebbe stata.Una storia? Può darsi. Allora non ero nata. Ed ora,in tutta sincerità, ti dico:sono certa che un pugno di santi può cambiare questo orrore ma io non sono in quel numero, neanche se mi sforzo.
Dunque, Mons. Livi ci tranquillizza la coscienza dicendo che la "forma" del documento in questione non è opportuna e che l'esortazione è un incoraggiamento ai partori di anime ad applicare la dottrina morale cattolica in modi più concreto (?). Allora tutto è a posto, il Santo Padre ha solo favorito una posizione teologica invece di un altra più rigorista, ma non ha cambiato e chiesto di cambiare la dottrina sacramentale.
Risulta difficile capire come Mons. Livi può consiliare la filosofia del senso comune con la sua visione teologica delle cose e della situazione presente. Sembra che si possa giustificare o spiegare tutto, riconosciendo però le inopportunità e inconvenienze, le quali sono solamente accidenti della forma.
Bergoglio come Lutero, Lutero voleva riformare la sua Chiesa e oggi il riformatore è Bergoglio.
Lo pensa e dice una "vescova" luterana presente a Roma per uno dei tanti incontri in preparazione della celebrazione (forse consapevoli che non c`è nulla da celebrare ipocritamente si parla di "commemorazione") dell`anniversario della riforma.
http://agensir.it/europa/2016/05/10/la-vescova-luterana-margot-kassmann-papa-francesco-sta-dicendo-al-mondo-chi-sono-i-cristiani/
Beh la "vescova" non ha tutti i torti, effettivamente passo dopo passo, un passo celere e un modo spedito, apertamente o in modo subdolo e astuto, Jorge Bergoglio sta smantellando la Dottrina della Chiesa, qui ne parla Socci:
https://it-it.facebook.com/permalink.php?story_fbid=982307098556834&id=197268327060719
Comunque la popolarità del vescovo di Roma sta scemando nel mondo, la gente non beve più la sua parola come un nettare divino, e ciò malgrado il martellamento dei media laicisti e della stampa di regime che hanno dipinto e diffuso di Bergoglio un portratto lontano dalla realtà di chi ben lo conosceva a Baires.
Purtroppo, con sofferenza, debbo ammettere che, umanamente parlando, il consiglio del protestante, mi sembra più razionale, delle affermazioni di Mons. Livi.
Cara Mic, se vuoi davvero cestinare qualcosa, comincia dalla tua laurea in "teologia" vaticansecondista che a dir la verità avresti l'OBBLIGO di bruciare, dal momento che persino non dovresti nemmeno rivolgere il saluto a chi porta una Dottrina diversa da quella di Cristo(vedi Burke e compagnia apostata)!
Da quale pulpito, Anonimo e in pillole, si designa la cosiddetta "compagnia apostata"?
Quanto a me (vale per tutti) non posso essere identificata con la mia laurea vaticansecondista, che è solo uno dei tanti momenti di esperienza e strumenti di formazione, che implica un percorso ben più ampio e più articolato e non resta focalizzato in un evento puntuale. Sembrerebbe quasi sposare il bergogliano "il tempo è più importante dello spazio", che sottende una filosofia (idealismo storicista) che non ci e non mi appartiene e che mi fa sovvenire che appena l'ho letto ho pensato di parlarne, ma non trovo il tempo...
E dove sarebbe la "dottrina diversa" di Burke e altri nostri pastori di riferimento?
Irina:
Organizzare, per esempio, una comfernza stampa, non per presentare l'ennesimo libro che leggono solo gli specialisti, ma per dichiarare con un linguaggio piano e semplice, semza urlaere, ma cnhe senA parole difficili che :
Amoris laetitia e nei punti1,2,3... eterodossa perche comtraddice i punti1,2,3 ecc.della Dottrina, a comincaire da GPII e BXVI per risalire aPio XII, Pio XI, ecc
La Laudatio si no pn va bene, peeche' cosi e cosa'
I duw Motu proprio non stanno in piedi girica,mtw, owrche coai e cosa...
basterebbero un Vescovo, un teologo serio ed un bravo ed abile giornalista lsipc che co sappqomfare con i media.
E chiedere CHIARIMENTI.
Dopi di che, certi , B rgog,io,puo' MISERICORDIOSAMENTE scomunicare il Vescov, il teologo, il laico, amno. Siamo. Ome ai tempi della scomunica di M.Lefebre. Ma cowm, si sirebbe, la Chiesa 2016 scominica comw nel MEDIOEVO? Per quello dixo che ci corr bbe qlmwno un fiornalista abile, proprio perche lui,eovrebbe inteodurr la cosa e sottoleinare come si seguw la line del CVII: i laiic,partecipano, i a,ici qvnzano cririche, e si appellano all'autorita di un Vescvo ( NON lefebvriano) ed un teologo. ( amgari giovane come Don Lanzetta col suo viso serafico).
Sogno? Sbaglio? Ma se continuiamo cosi, non ci permettteranno neanche più, non solo di andare in chiesa, mam manco di pregare a casa, come temo molti di noi stiano già facendo.
Se il VdR campa 100anni?
O aspettiamo che i problemi ce li risolva il Califfo ?
Mic,
"il tempo eè più importante della spazio" è una di quelle "catch phrase" che usano gli spin doctors in politica, ma non solo, che sembra profonda e sottintendere chissà quale filosofia, ma eè detto solo per "epater le bourgeois" e far credere di esseremolto intelligenti, molto intellettuali. Se cominci a rispondere, ti ci perdi, e l' interlocutore vince il dibattito.
Lascia perdere, è uno spreco di tempo rispondere.
Anche perché sec. Einstein tempo e spazio alla velocità della luce si equivalgono, o meglio si trasmutano l'uno nell'altro, e del resto energia e materia sono la stessa cosa, E=mc2, ed i campi gravitazionali s'incurvano, quindi, se lo dice Einstein, l'unico fisico mai esistito, ed eè pure un Nobel, vuoi forse contraddire un Nobel ? Tu, con la tua laurea vaticansecondista? 😀😀😀😀😀😀😀😀😀😀
@ La frase del Papa su tempo e spazio
Dire che, in generale, "il tempo e' piu' importante dello spazio" e' frase del tutto oscura, che, a ben vedere, niente significa. A. P.
In realtà, non so quale sarà la matrice ultima della "catch phrase" del Papa, ma al primo momento si intende è più importante generare processi -- che si sviluppano temporalmente -- che dominare uno spazio, sia locale sia esistenziale, in quanto è sempre caratterizzato di limiti al di qua e al di là. La frase "Chiesa in uscita" s'intende in questo contesto, insieme con "l'incontro con l'altro", quindi vanno comprese come un'andare al di là dei limiti prestabiliti, proprio dello spazio, producendo uno sviluppo che avrà i suoi risultati col passare del tempo. Per esempio, l'AL ha generato un processo "oltrepassando" i limiti dottrinali e disciplinari, e in questo modo la Chiesa (sempre secondo Papa Francesco) esce dai limiti ristretti. Un altro esempio è "il Dio delle sorprese". Da questo concetto di Dio possiamo aspettarci ogni cosa, perché in tale "concetto" non è limitato da categorie filosofiche e teologiche. Senza parlare, e con questo finisco, del "Dio che sogna" (ricorrente tante volte in AL) che può essere concepito come "il progetto di Dio", ma in realtà è un Dio che desidera qualcosa fuori di sé, come ad esempio il sogno dell'umanità riunita come una famiglia.
Dunque, il tempo è superiore allo spazio ha un carattere chiaramente evolutivo e storicista che sottomette perfino il concetto di Dio.
Vescovi e Cardinali parlate con l'autorevolezza che vi chiede Benedetto XVI, dovete pronunciarvi:
http://www.antoniosocci.com/vi-chiedete-perche-papa-cioe-benedetto-xvi-non-interviene-perche-gia-parlato-qua-la-bocciatura-bergoglio-lindicazione-rifiutare-l/#more-4402
Epiphanio,
e quindi non solo e' una stupida catch phrase, ma e' pure eretica.
Bene, anzi di bene in meglio.
Nessuno commenti le impressioni del protestante?
La toppa che cerca di mettere Mons. Livi (e cioè che Bergoglio si sia solo dichiarato seguace di una scuola teologica, più "lassista" e che quella più "rigorista" di cui si è, invece dichiarato seguace Mons. Livi è pienamente legittimata), come notata da Epiphanio ed altri, è peggio del buco.
I Cattolici semplici, sono in grado di notar tutto ciò? E poi, stiamo parlando di esporre le anime a rischio dannazione. Non è una diatriba del tipo: quanto tempo Adamo ed Eva sono stati nel Paradiso Terrestre. 7 ore, come dice Dante o 17 anni, come dice Sant'Ildegarda?
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