Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

mercoledì 4 maggio 2016

Vogliamo rendere l'Eucaristia qualcosa di «utile». Ma la via verso Dio è l'oblazione di noi stessi.

dall'omelia presso la Parrocchia San Giacomo fuori le Mura - Bologna, 1 giugno 1986, festa del Corpus Domini

[...] cari fratelli, allora cerchiamo di pensare le cose di Dio non già alla luce umana, alla luce della nostra profana meschinità. Cerchiamo, cari fratelli, di pensare alle cose di Dio così come Iddio vuole che la nostra mente pensi a Lui e cioè alla luce di Dio stesso, illumina nos, Domine, et videbimus Lumen, alla tua luce, o Signore, vedremo la luce.

Cari fratelli, vedete, senza polemica, questo pericolo non è così lontano da noi come potrebbe sembrare. Pensate, proprio quando volevo preparare questa omelia, nella presentazione della festa di oggi, (?...) si dice: “la festa odierna deve indurci a riflettere soprattutto sul significato dell’Eucaristia per la nostra vita di impegno verso gli altri”. E qui mi cascano le braccia, cari fratelli. 

Oh, non che ci sia qualcosa di sbagliato, no. Certo, l’Eucaristia ci sprona anche, anche, non c’è dubbio, a pensare agli altri. L’Eucaristia è sacramento per eccellenza della carità, della condivisione di tutti i beni, dell’attenzione nell’amore, perché l’amore è sempre attento, quell’attenzione e quella necessità per tutti. L’Eucaristia è la capacità di avere certo il Cristo tra noi.
Ma, cari fratelli, non capovolgiamo l’ordine dei valori, non diventiamo soggettivisti, non diventiamo (?...) luterani, capite miei cari, vedete, perché l’eresia è sempre in agguato. Scusatemi, sono figlio di San Domenico, un sospetto di eresia mi è venuto, ma penso non senza ragione. 
Vedete, alle cose di Dio non bisogna pensare con la mentalità triste del mondo moderno che pensa solo alle cose utili, quindi, quando pensa all’Eucaristia, non pensa a quello che è, quel grande augusto sacramento, la presenza del Dio vivente, la sua dimora, la sua tenda in mezzo a noi. Ma si chiede: che cosa è l’Eucaristia per me? Per me! Oh no, cari fratelli! Proprio qui noi ci sbarriamo la strada per la vera comprensione dei misteri divini! Dinanzi a Dio la via buona è proprio quella, proprio quella che non si chiede che cosa significa “per me”, ma la via buona è quella che si chiede che cosa è in se stessa. Ma pensate un po’, cari fratelli, i Santi in cielo, che vedono il Corpo del Signore, ma pensate che cosa si chiedono. Che cosa significa per me? No. Loro si inabissano nella visione del Dio Onnipotente, del Dio Eterno, del Dio vivente. E così dobbiamo fare anche noi.

Vedete, la via verso Iddio conduce tranquillamente attraverso l’oblazione, la dimenticanza, persino all’annientamento di noi stessi. Non c’è altra via. Vedete cari, allora che cosa possiamo fare? Chiediamoci, veramente, non che cosa significa l’Eucaristia per noi o per gli altri: questo è da protestante. Il Signore, con la sua sovrana e divina generosità, ci dice: cercate prima il regno dei cieli e la sua giustizia e tutto il resto, tutto il resto, anche la giustizia sociale vi sarà data in sovrappiù, ma prima di tutto cercate il regno dei Cieli. Vedete, miei cari, allora bisogna veramente pensare anzitutto alle cose divine. (?...). Allora dimentichiamo noi stessi, pensiamo a quel grande sacramento, all’Eucaristia. [...]

da «Studio Domenicano» by Il Timone

8 commenti:

Carlo ha detto...

Un'altra scuola...oggi i vescovi indossando paramenti sacri vanno in bicicletta nella propria cattedrale e si fanno pure fotografare perchè poi c'è sempre il Gazzettino Apologetico che giustifica tutto e rende tutto accettabile-comprensibile-in continuità con la Fede di sempre. L'omelia di questo frate predicatore dice no! non è vero, c'è un limite prima del quale sei cattolico ma oltre il quale sei un protestante...altra scuola...

Josh ha detto...

quanti ricordi...

tralcio ha detto...

... allora cerchiamo di pensare le cose di Dio non già alla luce umana, alla luce della nostra profana meschinità.

Così parla(va) un santo. Soprattutto se l'argomento è il Santissimo Sacramento.

Santo, perchè inviolabile, sacro, legato a Dio e persino "sottoposto a sanzione".
Qualcosa da trattare con rispetto, diremmo "con le molle", vista la preziosità, il peso, la delicatezza...
Sacramento, in quanto segno sensibile ed efficace della grazia di Dio, istituita da Cristo per darci la vita dello spirito, la vita che non muore.

Nella Presenza Reale di Nostro Signore abbiamo la quintessenza del Santo e del Sacramento. Ci siamo noi, povere creature, davanti al Creatore. Noi poveri peccatori, dinnanzi al Redentore, che ha versato il Suo Sangue Prezioso per noi.
In ginocchio alla consacrazione, mentre le mani del sacerdote si protendono al Cielo, nell'elevazione di Colui che attira tutti a Sè, innalzato sulla croce.

E' oggettivo. E' quello che è successo, la rivelazione di Dio.

Davanti a tutto questo il diavolo cerca di confondere le carte con l'eresia.
La Presenza da "reale" diventa "simbolica".
Il sacramento da transustanziarsi si transignifica.
E la nostra adorazione, da essere rivolta a Dio, si volge alle cose del mondo.
Dio da essere il "centro" diventa "un'utile scusa per".
Chi diventa il centro? Colui che incarna "l'utile scusa".
Noi. I protagonisti del "fare", in ginocchio da chi ci costringe "a fare" qualcosa.

Teologia in ginocchio? Si, certa teologia è proprio "in ginocchio"... Non ce la fa più... Non ce la fa ad adorare Dio. Ha scelto di abbassare il tiro.

Dal "Mistero divino" al misero umano.
Dalla misericordia divina, ad avere un cuore immiserito di Cielo.

Alle cose di Dio non bisogna pensare con la mentalità triste del mondo moderno che pensa solo alle cose utili, quindi, quando pensa all’Eucaristia, non pensa a quello che è, quel grande augusto sacramento, la presenza del Dio vivente, la sua dimora, la sua tenda in mezzo a noi.

Chiedersi che cosa significa l’Eucaristia per noi o per gli altri è da protestante.

Cercate prima il regno dei cieli e la sua giustizia e tutto il resto, tutto il resto, anche la giustizia sociale vi sarà data in sovrappiù, ma prima di tutto cercate il regno dei Cieli.
Bisogna cioè lottare contro le tentazioni del principe delle tenebre e di questo mondo. Gesù non insulta il demonio, ma lo disprezza nelle sue tentazioni, credendo al Padre e non alle scorciatoie proposte (anche a suon di citazione della Scrittura): a) Piena fiducia nel Padre b) nessun dubbio di essere Figlio c) fare la volontà del Padre è credere i Lui. l'identità di Gesù e quella del cristiano non dipendono dalle miserie della realtà che ci circonda, ma da un oltre a cui siamo attesi, essendovi chiamati.

Bisogna veramente pensare anzitutto alle cose divine. La santità è fatta prima dall'adorazione davanti al tabernacolo e poi dall'attivismo sociale. Le opere di carità vera vengono dall'adorazione. Da ginocchia piegate e preghiera, non da teologie in ginocchio per accontentare il mondo con l'utilità esteriore che ci fa fare "bella figura" senza dire molto di ciò che c'è nel cuore.

Il peccato ce ne priva. La grazia ce ne ricolma. Il santo sceglie la grazia.
Senza opporvisi e detestare il peccato, la misericordia di Dio è rifiutata.
Se ne perde la nozione. Crolla tutto.
Gesù che cosa sarebbe finito in croce a fare?
Perchè riconciliarci con Dio? Perdonati di che cosa? Non ho peccati. Va tutto bene.
Resto come sono.
Teologia sulle ginocchia. Senza fiato. Spompata.

Anonimo ha detto...

A quanto pare anche il vescovo (?) di Roma qualche merito non cercato nè voluto se lo ritrova: di far aprire gli occhi su quel che dice che ormai è prassi per i fedeli da quanti anni , purtroppo... I sacerdoti fedeli non se ne erano resi conti di ciò che succedeva in diocesi? Avevano anche un vescovo fedele?Troppa grazia allora di fronte alle nostre diocesi vescovi e preti ...

Anonimo ha detto...

Che nostalgia di cielo! Sii benedetto sempre, Padre TyN. Grazie.
TEOFILATTO

Anonimo ha detto...

Oggi si ricordano Diciotto monaci Certosini di Londra che morirono martiri tra il 1535 e il 1537, durante la persecuzione scatenata dal re d'Inghilterra Enrico VIII dopo lo scisma. Per aver rifiutato di disconoscere l'autorità del Papa i priori padre Roberto Laurance e padre Agostino Webster furono imprigionati nella Torre di Londra come ribelli e traditori. Al patibolo il 4 maggio 1535 salirono insieme a padre Giovanni Houghton che si presentò al boia pronunciando parole di perdono e di fiducia in Dio. Ma la persecuzione non si fermò: altri tre Certosini furono arrestati, torturati e martirizzati poche settimane dopo. E dieci ancora vennero imprigionati il 29 maggio 1537 nel carcere di Newgate, dove morirono di stenti. Beatificati da Leone XIII il 9 dicembre 1886, tre di loro poi sono stati anche canonizzati da Paolo VI il 25 ottobre 1970. Sono comunemente festeggiati al 4 maggio, anniversario del martirio dei primi tre.

Oggi si ricordano anche George Haydock e 84 compagni martiri
della persecuzione religiosa in Ighilterra e Scozia (1535-1631), che furono beatificati da Papa Giovanni Paolo II il 22 novembre 1987.

Sono migliaia coloro che hanno testimoniato col martirio la fedeltà alla Chiesa contro l'eresiarca Enrico VIII e la sua genìa. Oggi, da Bergoglio, sarebbero considerati "duri di cuore"...

Anonimo ha detto...

http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/2016/05/04/non-ce-piu-religione-a-losservatore-romano-non-piacciono-i-monoteismi/

Fiorenzo ha detto...

Nella storia quando i vescovi erano sentinelle vere, hanno convocato concili e processato e fatto deporre anche papi. Un esempio su tutti il falso papa Giovanni XIII di cui vaticino' teresa Neumann. E venivano processati per molto meno... ci sono stati papi anche eretici, c'è stato di tutto. Ma non mi si venga a dire che i vescovi non possono far niente... io non abbocco. Ognuno ha la responsabilità personale delle proprie azioni... prego per i vescovi e per il papa Ave Maria