Stralcio da Opportune importune la sintesi delle interessanti considerazioni del saggio Actuating a schism di Patrick Archbold [qui]. Per continuare ad approfondire.
Mi sia consentito di analizzare ora questi eventi, schematizzandoli. Perché, come scrive Patrick Archbold, «è importante capire lo schema».
Modifica delle leggi vigenti: in modo da accentrare il comando e da rendere impossibile qualsiasi forma di autonomia nei livelli intermedi della struttura di potere, «hanno cambiato le regole». Silla corrompe i magistrati per farsi nominare prima console e poi dittatore, con poteri assoluti e a tempo indeterminato. L’eliminazione del dissenso ha conosciuto moltissime declinazioni nel corso della Storia, ma fa innegabilmente parte del progetto attuativo di qualsiasi tirannide. Volendo trovare un parallelo con le vicende della setta conciliare, il Lettore ricorderà, limitandoci al passato recente, l’epurazione del Gran Maestro del Sovrano Ordine di Malta; la rimozione di Cardinali e Prelati dalla Curia Romana; le nuove nomine in seno alle Conferenze Episcopali, la sostituzione di Vescovi nelle Diocesi, di Superiori nelle Congregazioni religiose, di docenti nelle Università. Infine, le dimissioni di Benedetto XVI, con tutte le implicazioni giuridico-canoniche, hanno a loro volta innegabilmente costituito un cambio delle regole, in modo da anticipare l’elezione del nuovo Papa, che diversamente oggi sarebbe ancora in Argentina.
Asservimento degli organi assembleari. Silla fa eliminare 90 senatori per garantirsi la maggioranza assoluta, e successivamente estende il loro numero da 300 a 600, per allargare la base del consenso. Una mossa simile, per via meramente canonica, fu compiuta da Paolo VI, che con il Motu Proprio Ingravescentem aetatem escluse dal Conclave i Cardinali ultraottantenni, in modo da assicurarsi una maggioranza di elettori progressisti. Lo stesso è avvenuto con il regolamento del Sinodo: «Siccome le votazioni hanno causato problemi, eliminiamo le votazioni». Le manovre della conventicola modernista, la cosiddetta mafia di San Gallo, pare abbiano consentito di far confluire il consenso degli Elettori intorno alla figura di Bergoglio.
Limitazione del potere dei tribuni della plebe: le loro proposte dovevano essere approvate dal Senato ed il loro diritto di veto è fortemente ridotto. Si può trovare un parallelo con la limitazione dei poteri dei Vescovi, in particolare soggetti sia alle Conferenze Episcopali ed alle Romane Congregazioni (dall’alto), sia ostaggio dei Consigli Presbiterali (dal basso). Il parere di Roma per l’erezione di Istituti di Vita consacrata, assieme al deterrente della Visita Apostolica, privano de facto i Vescovi di una parte della loro autorità; lo stesso dicasi per i Superiori delle Comunità religiose, costretti da Vultum Dei quaerere e da Cor orans a sottostare al Presidente della rispettiva Federazione.
Consenso apparentemente plebiscitario: la nomina del tiranno e dei suoi sostenitori viene sempre presentata come frutto di una scelta condivisa a larghissima maggioranza e voluta anche dalla base: Silla è proclamato dittatore con un plebiscitum, la cui volontà è espressione dei concilia plebis, ossia di organi di natura collegiale dai quali sono esclusi i patrizi, ma le cui decisioni sono vincolanti per tutti i cittadini. Il parallelo con la gestione del Vaticano II è evidente, perché anch’esso si organizzò in gruppi linguistici ed in Commissioni, consentendone una capillare manovrabilità, e rendendo praticamente impossibile l’intervento del Sant’Uffizio e degli organi di Curia: in pratica, vengono esclusi coloro sul cui consenso non si può contare a priori. Analogo procédé si è verificato in seno agli ultimi Sinodi, i cui documenti erano stati preparati ancor prima delle votazioni. Il Sinodo si è trasformato «in qualcosa di irriconoscibile, qualcosa che possa solo dire all’imperatore, in modi prestabiliti, quanto siano meravigliosi i suoi vestiti nuovi»; mi pare che un ruolo analogo sia svolto oggi anche dalle Conferenze Episcopali. Parte integrante del consenso plebiscitario è ovviamente assicurata dai media mainstream.
Liste di proscrizione: si stilano elenchi di hostes publici, sia per schiacciare l’opposizione, sia come deterrente. Qualsiasi forma di dissenso non rientra nelle dinamiche di un legittimo e salutare confronto (come dovrebbe avvenire in un regime democratico), ma identifica il dissenziente con il nemico assoluto e permanente (il che caratterizza la tirannide). Specialisti nella compilazione di queste liste in ambito ecclesiastico sono le figure chiave delle Romane Congregazioni (che non si identificano necessariamente con i loro Prefetti), delle Conferenze Episcopali, delle Federazioni religiose: tutta una rete di delatori che dal gradino più basso dei Consigli Parrocchiali e Presbiterali, fino al vertice dei Dicasteri romani e della Segreteria di Stato è in grado - con l’incondizionato appoggio della stampa di regime - di distruggere brillanti carriere, screditare innocenti, esporre alla berlina i critici. Non ultimo, il ricorso alla Visita Apostolica, che scatta - ça va sans dire - dietro espressa richiesta di una quinta colonna all’interno della struttura da commissariare.
Eliminazione dell’avversario, in forza di leggi speciali. Dichiarando un cittadino hostis publicus, Silla lo rendeva di fatto una non-persona, per usare un’espressione orwelliana. E sappiamo che, in seno alla neo-chiesa, il nemico pubblico è lo scismatico, il ribelle. Non occorre ucciderlo: basta provocarne la morte canonica. Vittime inaugurali del nuovo corso conciliare furono certamente mons. Lefebvre ed i suoi seguaci - termine non casuale - cui furono chiuse tutte le vie di fuga, per costringerli alla disobbedienza pur di non rinnegare la fede, ed aver così il pretesto giuridico prima per la sospensione a divinis, poi per la scomunica e la dichiarazione di scisma. Nel passato recente si colloca la vicenda dei Francescani dell’Immacolata e degli altri Ordini e Congregazioni spazzati via dal commissariamento. E, solo alcuni giorni or sono, la Fraternità di Familia Christi.
Divisione all’interno della parte avversa. L’eliminazione del dissenso non si limita all’estromissione dell’avversario, ma deve necessariamente indebolirlo creando divisioni al suo interno e provocando defezioni. Nel caso di Silla l’indebolimento dei mariani si ottenne con la corruzione di militari e magistrati, che il dictator riuscì a portare dalla propria parte promettendo loro promozioni e benefici di varia natura; alle masse dei ceti più bassi fu invece data l’opportunità di facili guadagni, tramite la ricompensa per chi avesse contribuito all’eliminazione dei proscritti. Si giunse a premiare con due talenti ogni testa del nemico consegnata a Silla. Facendo leva sulla cupidigia e l’avidità di persone senza scrupoli, egli semplificò la persecuzione sistematica degli oppositori, altrimenti molto complessa. In ambito ecclesiastico quest’opera di divisione - il famoso divide et impera - si concretizza principalmente nell’offrire un qualche vantaggio a chi abbandona lo schieramento tradizionale. Ovviamente questa politica viene messa in atto solo quando la controparte rappresenta un’opposizione organizzata che crea disturbo e riesce ad ottenere una qualche visibilità mediatica. Laddove la censura operata dai media mainstream non si riveli efficace, è possibile utilizzare a proprio vantaggio la defezione di un gruppo di fedeli tradizionalisti, enfatizzando il loro rientro nell’ovile come un segno di indulgenza dell’autorità. Dopo la scomunica comminata alla Fraternità San Pio X, ad esempio, la Santa Sede promulgò il Motu Proprio Ecclesia Dei, che concedeva a determinate condizioni la celebrazione della Messa tridentina e prevedeva il riconoscimento canonico di Istituti di Vita consacrata per accogliervi i transfuga del movimento di mons. Lefebvre. Come era chiaro già nel 1988, e come appare ancor più evidente oggi dopo la promulgazione del Motu Proprio Summorum Pontificum, lo scopo del documento papale era di rendere appetibile ad un membro della Fraternità il passaggio sotto l’autorità romana. La Fraternità San Pietro e l’Istituto del Buon Pastore, ad esempio, devono la propria ragion d’essere a questa strategia di contenimento del danno, finalizzata principalmente all’indebolimento dell’avversario. Ovviamente questa operazione viene divulgata sui media come un segno di paterna sollecitudine verso i dissidenti, cui Santa Madre Chiesa apre benigna le finestre della misericordia, dopo aver chiuso fragorosamente le porte della giustizia. Offrire accoglienza al defezionista richiede tuttavia un’offerta allettante, che gli consenta di non dover abdicare vergognosamente e pubblicamente alle proprie convinzioni, che costituiscono in definitiva le ragioni stesse della propria iniziale scelta di campo. Gli si offre così un inquadramento canonico ed il riconoscimento parziale delle sue richieste: potrà continuare a celebrare la Messa tridentina, ad avere una formazione di impostazione tradizionale. Non ultimo, gli verrà riconosciuto lo stipendio, la previdenza sociale e la pensione, assieme ad un futuro di cura d’anime in una struttura simile a quella che gli si vuol far abbandonare. Ad un’analisi attenta delle modalità in cui si svolgono le trattative, si vedrà che l’inquadramento canonico e tutti gli aspetti giuridici sono oggetto di una dettagliata formulazione scritta, mentre le assicurazioni sull’effettivo mantenimento della linea dottrinale tradizionale sono appena accennate a voce o del tutto taciute. Lo stesso stile nel quale è redatto l’accordo - termini altisonanti, citazioni latine, espressioni mutuate dal vocabolario preconciliare, sigilli, stemmi ecc. - serve a distogliere l’attenzione dalla sostanza del pactum sceleris, che nasconde invariabilmente una trappola destinata a scattare non appena il processo di riassorbimento sarà concluso. Inutile notare che analogo procédé si sta cercando di adottare nei riguardi della Fraternità San Pio X nella sua interezza, promettendo garanzie e tutele a non finire, ma cercando di evitare di affrontare nel merito quegli aspetti dottrinali sui quali, per grazia di Dio, il nuovo Superiore Generale pare non sia disposto a negoziare, specialmente avendo sotto gli occhi la fine di quanti lo hanno preceduto.
Rieducazione. Una volta stipulato l’accordo e persuaso il defezionista ad abbandonare lo schieramento opposto, gli si concede un qualche spazio di libertà, lasciando che de facto abbia la percezione che nulla sia cambiato. Il seminarista continua ad avere un insegnamento cattolico, ad assistere alla Messa antica, a recitare il Breviario di Roncalli. Si tollera addirittura qualche trasgressione che va al di là del dettato dell’accordo, come ad esempio la celebrazione dei riti della Settimana Santa secondo le rubriche precedenti alla riforma di Pio XII, le pianete plicate, l’arundine e lo strepitus. Si manda qualche Eminentissimo a pontificare all’Istituto, e si intima ai Vescovi di lasciarli fare. Ovviamente questa libertà di agire, il trovarsi in un contesto del tutto legittimato da Roma, il poter celebrare in splendide chiese piuttosto che in squallide cappelle di fortuna portano i beneficiari ad esprimere il proprio entusiasmo, l’apprezzamento per il Sommo Pontefice, l’espressione della più incondizionata fedeltà al Soglio. Il tutto enfatizzato con soddisfazione dalla stampa. Anche le proteste (concordate o spontanee) di alcuni progressisti, prontamente messe a tacere dal Vaticano, sono strumentali a rassicurare che la Santa Sede stia effettivamente tenendo fede agli impegni presi: adottando metodi collaudati in ambito civile, si ricorre alla cosiddetta drammatizzazione dell’evento. Nel frattempo, si iniziano ad insinuare piccoli cedimenti al Vaticano II, alla nuova ecclesiologia. All’inizio potrà trattarsi di un cenno compiaciuto all’ermeneutica della continuità, una citazione cattolica di un documento conciliare o di un’Enciclica. Gli esempi si sprecano. Se l’Istituto accetta obbediente di sottomettersi, può continuare a baloccarsi indisturbato con le cappemagne; se viceversa esprime perplessità o addirittura protesta per il mancato rispetto degli accordi, ecco intervenire la Pontificia Commissione Ecclesia Dei, a ricordare che l’accettazione del Concilio non è negoziabile, così come il riconoscimento del Novus Ordo come legittima forma rituale. Se i Superiori difendono le posizioni, basta che due o tre membri dell’Istituto mandino la solita letterina a Roma, ed ecco scattare la Visita Apostolica. Sostituzione dei Superiori, convocazione del Capitolo, nomina di persone gradite a Roma. Ed ecco che la Comunità approvata dall’Ecclesia Dei si mostra per quello che è: un campo di rieducazione. A legger quanto afferma padre Joseph Bisig, cofondatore della Fraternità San Pietro, pare che gli scopi siano stati raggiunti: «Prego molto per i miei vecchi, buoni amici della Fraternità San Pio X perché si uniscano alla Chiesa. [...] Devono entrare senza porre condizioni, accettando l’autorità del magistero vivente» (qui). Scrive Archbold: «Il gioco è fatto. Qualsiasi gruppo approvato che resista ai cambiamenti o si lamenti troppo forte verrà sottoposto alla Visita Apostolica e verrà eliminato per aver rifiutato di sottomettersi al Pontefice».
Perché questo disegno si compia, si deve tener presente chi siano le dramatis personae, ossia coloro che rendono possibile la tirannide: i pavidi, i servili, gli interessati, i ricattabili, i complici ideologici, gli esecutori materiali. É quello che vedremo nel prossimo post.
Mi permetto, a margine di queste osservazioni, di far notare che simile situazione si sta verificando anche a livello politico. L’atteggiamento di aperta ostilità da parte del governo cinese nei confronti dei Cattolici fedeli alla Chiesa di Roma presenta inquietanti analogie con l’aperta ostilità della Gerarchia progressista verso i Cattolici tradizionali. In ambito politico - ma non senza implicazioni dottrinali - Bergoglio ha consegnato la Chiesa clandestina nelle mani dei suoi persecutori, intimandole di riconoscere la validità delle nomine dei Vescovi fedeli al regime comunista. Similmente, egli intende consegnare i Cattolici tradizionali nelle mani dei loro persecutori, imponendo loro di accettare il Vaticano II e di obbedire a chi apertamente opera per la cancellazione della Fede. É scandaloso che colui che siede sul trono del Vicario di Cristo si renda promotore tanto del tradimento verso i Cattolici perseguitati in Cina, quanto dei tradizionalisti perseguitati dalla setta conciliare. Chi tace dinanzi a tale scandalo si fa complice di un’inaudita sopraffazione, degna della peggior tirannide.
Perché questo disegno si compia, si deve tener presente chi siano le dramatis personae, ossia coloro che rendono possibile la tirannide. Mi pare che - eccezion fatta per i Cattolici tradizionali, vittime della tirannide - gli altri personaggi possano esser catalogati come segue: i pavidi, i servili, gli interessati, i ricattabili, i complici ideologici, gli esecutori materiali.
I pavidi tacciono e cercano di non farsi notare, lasciando intendere impliciter il loro assenso alla tirannide, sperando che nessuno chieda loro un gesto di approvazione esplicita. Solitamente questa è la schiera più numerosa, ma è indubbio che con il proprio silenzio i pavidi si rendono complici del tiranno e rendono molto più difficile qualsiasi forma di dissenso, perché anche se in teoria possono desiderarne la caduta, di fatto non fanno nulla per consentirla, ed anzi spesso sono i primi a ritirarsi laddove li si chiami in causa. E fanno massa. In seno alla neo-chiesa gli esempi di pavidità si concretizzano in quella forma di viltà che giunge ad esser accidia, il vizio capitale che si oppone alla virtù cardinale della fortezza. Nella crisi presente, peccano di pavidità ed accidia soprattutto i chierici, massimamente i Prelati, che dinanzi alla verità conculcata tacciono, dinanzi all’abuso guardano altrove, dinanzi all’ingiustizia coltivano il proprio particulare cercando di passare inosservati, per non dover subire l’ostracismo o le rappresaglie del potente. Sono i Vescovi che in termini generali possono anche esser ortodossi, ma che si guardano bene dal denunziare l’errore, oppure che denunziano l’errore ma non indicano chi concretamente lo compie, e tantomeno prendono provvedimenti - per quanto sta in loro potere - per estirparlo.
I servili, che si rendono compiacenti e si fanno notare dal potere, non necessariamente perché approvino chi lo detiene, ma per il semplice fatto di essere un potente. Per molti il servilismo costituisce una sorta di vocazione, sicché alla libido dominandi del tiranno corrisponde necessariamente la libido serviendi di, privo di dignità, pensa solo a compiacere chi lo tiene soggetto. Il servile rinunzia a qualsiasi principio, se non è addirittura completamente privo di principi. Non di rado, il cortigiano deve testimoniare la propria soggezione per dar prova di una fedeltà ch’egli per primo sa esser messa in dubbio, ad esempio perché è passato al campo opposto. Esempio di servilismo prono al potente fu quello della turba nei confronti del Sinedrio e di Pilato: «Non habemus regem, nisi Caesarem». In ambito ecclesiastico, gli esempi si sprecano. Il chierico servile si fa scudo dell’oboedientia, la quale non è intesa in senso cattolico, ma piuttosto come acritica ed incondizionata collaborazione con l’autorità, qualsiasi essa sia ed in qualsiasi modo essa sia esercitata. Si noti che il servile ecclesiastico è ontologicamente anche versipelle. Così il monsignorino che sino a ieri vestiva l’abito talare e la fascia marezzata e squittiva estasiato ai pontificali di Benedetto XVI oggi indossa con altrettanta disinvoltura un clergyman négligé e si mostra per i corridoi di Santa Marta con un saggio di Ravasi o l’ultima enciclica di Bergoglio sotto braccio. O il Vescovo prodigo di elogi all’ermeneutica della continuità col rocchetto e l’ametista improvvisamente déguisé in veste nera e anello conciliare, in prima fila alle assemblee della Conferenza Episcopale. Nel novero dei servili in sacris non possono ovviamente mancare i transfuga della Fraternità San Pio X, tanto acerrimi nemici di Roma prima, quanto acerrimi nemici dei lefebvriani poi. La loro argomentata coerenza con il più rigoroso antimodernismo cede in un fiat alla strenua ed argomentata difesa del Vaticano II e della necessaria fedeltà alla Sede di Pietro; le più aspre invettive al rito riformato si mutano d’incanto in un’appassionata perorazione per la liturgia conciliare. Va da sé che il disprezzo da parte della comunità tradita continua, nonostante le moltiplicate attestazioni di prona sudditanza, anche da parte di quella di approdo. In questa categoria rientrano ovviamente le quinte colonne (consapevoli o meno) all’interno degli Istituti o degli istituti di indirizzo tradizionale o anche solo conservatore, i quali cooperano servilmente ai piani del tiranno, ad esempio chiedendo l’invio di una Visita Apostolica.
Gli interessati costituiscono una categoria trasversale ed immancabile, poiché chi ne fa parte è mosso soltanto dalla cupidigia e dall’interesse personale. Sono coloro che, per egoismo e avidità, servono solo se stessi, in qualsiasi tempo ed in qualsiasi luogo. Gli interessati riescono a trarre un vantaggio in tutti i regimi e in tutte le situazioni, perché l’occasione di arricchirsi o far carriera non viene mai meno. Il tiranno sa bene che costoro sono privi di qualsiasi morale, ma se ne serve per il perseguimento dei propri scopi, dal momento che l’avidità è un motore infallibile delle più basse passioni e può esser facilmente alimentata. Se ne servirono immancabilmente gli eretici, a partire da Lutero, che per ottenere appoggio politico dai principi germanici nella ribellione alla Chiesa di Roma, solleticò la loro brama di possesso, consentendo di appropriarsi di chiese, conventi, monasteri, latifondi e proprietà appartenenti alle Diocesi, agli Ordini religiosi o ad altri enti ecclesiastici. Lo stesso avvenne in Inghilterra, durante lo scisma anglicano. Sempre in nome della povertà della Chiesa, s’intende. Durante il Risorgimento, la soppressione degli Ordini religiosi nel 1866 e la relativa confisca dei beni degli enti ecclesiastici nel 1867 consentirono allo Stato di incamerare proprietà di valore incommensurabile, svendendone una parte a ricchi mercanti. L’opera anticattolica della Massoneria seppe far leva sulla cupidigia della Corona sabauda e di privati senza scrupoli, per privare la Chiesa dei suoi beni, i quali ancor oggi appartengono in massima parte al Demanio. Ma per il perseguimento dello scopo ideologico, come si vede, ci si è avvalsi dell’appoggio degli interessati, di quanti - privi di scrupoli - hanno saputo trarre un vantaggio personale di natura economica dall’eversione dell’asse ecclesiastico. Analoghe iniziative predatorie si ebbero in Francia, in Portogallo ed in tutte le Nazioni in cui la setta infame ha conquistato il potere. In seno alla neo-chiesa il ricorso agli interessati è sotto gli occhi di tutti, e si estende dalle forme più sfrontate di carrierismo fino alle più lucrose alienazioni di paramenti ed arredi sacri da parte di chierici e religiosi. All’epurazione di Prelati refrattari ha corrisposto la promozione di personaggi noti per la loro ambizione, il cui cursus honorum è pari alla loro consentaneità col potente. E gli antiquari si sono gettati sul ghiotto bottino che, in nome del Concilio e dell’aggiornamento, è stato svenduto dal clero progressista pur di far piazza pulita di reliquiari, ostensori, pianete, balaustre, altari e suppellettili liturgiche. Avviò l’operazione lo stesso Paolo VI, che svendette ai negozianti di via del Babuino gli antichi arredi del Palazzo Apostolico per sostituirvi orrendi mobiletti impiallacciati e moquette marrone da Hôtel de la gare. Questa sacrilega operazione iconoclasta è stata peraltro possibile con l’incoraggiamento dei Superiori e la connivenza della stessa Autorità civile, che si è ben guardata dal chieder conto dell’alienazione di beni tutelati dalle Sovrintendenze. Ma anche in questo caso, lo scopo ideologico ha trovato nell’avidità del clero conciliare un ottimo alleato.
I ricattabili sono un’altra categoria trasversale, che comprende tutti coloro che hanno qualcosa da nascondere o da perdere, una ragione che permetta di piegarne la volontà o quantomeno di garantirsi la loro fedeltà, sotto l’implicita minaccia di rivelare turpi retroscena, piccoli o grandi scandali, vizi inconfessabili. La loro collocazione ideologica non è importante: gravando su di essi la spada di Damocle del ricatto, il potente non deve temere circa la loro fedeltà. A meno che - ovviamente - il ricattato non sia a sua volta in possesso di prove compromettenti per il ricattatore. Materie tipiche sulle quali verte l’intimidazione in ambito ecclesiastico sono la corruzione e la sodomia: soldi e sesso contro natura, per intenderci. Ancora una volta, avarizia e lussuria come vizi privilegiati. E si noti che da decenni è prassi invalsa che quanto più un chierico è ricattabile, tanto più gli si dischiudono le porte della carriera, affinché si possa ricorrere a lui non solo quando ancora si trova ai primi gradini della scala gerarchica, ma soprattutto quando è asceso a quelli più alti. Spesso avviene anzi che sia garantita al ricattabile una copertura dei suoi comportamenti censurabili, facendo sì ch’egli sappia a chi dev’esser riconoscente per lo scandalo evitato, ed allo stesso tempo dia ampia prova di fedeltà al suo protettore. Non è raro che il potente di turno si assicuri una totale fedeltà del proprio establishment basandola sulla reciproca ricattabilità dei suoi membri, una sorta di lobby che mira a perseguire i propri interessi - carriera, sesso, denaro - e che nel farlo porge al padrone il guinzaglio con il quale farsi condurre dove egli vuole. Si comprenderà che il ricattabile può trovarsi anche nello schieramento opposto, ed esser utilizzato come delatore o quinta colonna. Inutile dire che l’avversario ricattabile ha solitamente vita breve: è uno dei primi sacrificabili, perché lo scoppiare dello scandalo lo priva ipso facto di qualsiasi credibilità. Infine, è possibile ricattare anche una persona perbene, se solo gli si fa comprendere quale danno potrebbe derivargli se questi non obbedisce agli ordini ricevuti, diffondendo ad arte notizie false ma verosimili, specialmente quando risulta impossibile dimostrare la propria innocenza, come nel caso dei delitti contra Sextum. Un’ultima nota. La piaga dell’omosessualità diffusa nel Clero, anche tra altissimi esponenti della Gerarchia, così come altri scandali di natura finanziaria, non si prestano solo ai ricatti ab intra, ma anche ad una serie di ricatti ed interferenze ab extra da parte di forze nemiche della Chiesa, con tutte le conseguenze immaginabili.
I complici ideologici condividono e rafforzano le basi della tirannide e la presentano come ineluttabile: «indietro non si torna». Sono gli eretici, i teorici della Rivoluzione permanente: Voltaire, Montesquieu, Diderot, Rousseau, D’Alembert, ma anche Danielou, Congar, De Lubac, Schillebeeckx, Küng, von Balthasar, Ratzinger e tutti coloro che hanno dato corpo all’idea, l’hanno legittimata, hanno saputo articolarla in forme più o meno estreme per convogliare l’appoggio tanto dei fanatici quanto dei moderati. L’appoggio dell’intelligencija modernista al successo della tirannide fa dei suoi esponenti veri e propri complici ideologici, ad iniziare dal loro contributo velenoso allo stravolgimento del Vaticano II, i cui schemi preparatori erano di ben altro tenore rispetto a quelli imposti - a Concilio iniziato - ai Padri dall’ala progressista. Parimenti, l’opposizione degli intellettuali cattolici è stata scientificamente avversata ed ignorata dall’Autorità, che vedeva in essa un temibile avversario e che ha potuto sbaragliare in virtù del potere di nomina dei docenti universitari, dei direttori della stampa cattolica, dei Superiori degli Ordini che maggiormente si erano distinti nella confutazione dell’errore e nelle discipline ecclesiastiche, primi tra tutti i Gesuiti ed i Domenicani. I complici ideologici sono quasi sempre anche i primi redattori delle liste di proscrizione degli hostes publici.
Gli esecutori materiali costituiscono l’establishment del tiranno, coloro cui viene demandata l’attuazione degli ordini ed il coordinamento pratico dei piani. Essi rappresentano il passaggio dalla potenza all’atto, in tutte le sue declinazioni: coloro che applicano le direttive superiori con i provvedimenti normativi, i vari João Braz de Aviz e José Rodríguez Carballo che smantellano gli Ordini contemplativi; sono i Fidenzio Volpi e le Noris Calzavara, commissari dei Francescani dell’Immacolata; sono i Carlo Redaelli che alla CEI mettono in discussione il Motu Proprio, i Vito Pinto che ipotizzano la revoca della Sacra Porpora ai Cardinali dei Dubia; sono gli Officiali della Segreteria di Stato che intimano a mons. Scheider di non allontanarsi dalla Diocesi. É difficile credere che essi compiano quest’opera senza condividerne le motivazioni e le premesse ideologiche. Rimane evidente che il potente trascina nella sua caduta tanto i complici ideologici quanto gli esecutori materiali, così come Lucifero ha trascinato con sé gli angeli decaduti, in un inesorabile spoils system teologico.
Dopo l’analisi delle fasi della tirannide e la classificazione delle dramatis personae, mi chiedo: «Qual è la via d’uscita? Come sottrarsi a questo processo apparentemente ineluttabile ed irreversibile?» Credo di aver finalmente trovato una risposta. La condividerò con il Lettore nel mio prossimo post.
* * *
Dramatis personae - I personaggi che rendono possibile
la tirannide nella neo-chiesa
la tirannide nella neo-chiesa
Et effeminati dominabuntur eis.
Is. III, 4
Nel post precedente ho delineato alcuni parallelismi tra la vicenda di Lucio Silla e gli accadimenti odierni che stanno sostanzialmente portando all’instaurazione di una tirannide da parte della setta progressista. Come osserva Archbold [qui], «È stato notato da alcuni, me compreso, che la Chiesa si è trovata in uno stato di scisma de facto per qualche tempo, ma coloro che non seguono più gli insegnamenti della Chiesa si sono rifiutati di andarsene. Ora, loro non sono solo all’interno della Chiesa, ma vi ricoprono ruoli importanti. Non vogliono fondare una loro chiesa alternativa né una gerarchia parallela: al contrario, hanno agito sul lungo termine per appropriarsi del nome Cattolico e della sua struttura gerarchica. Non volevano una loro chiesa: volevano la nostra. Adesso hanno il potere e lo usano».Perché questo disegno si compia, si deve tener presente chi siano le dramatis personae, ossia coloro che rendono possibile la tirannide. Mi pare che - eccezion fatta per i Cattolici tradizionali, vittime della tirannide - gli altri personaggi possano esser catalogati come segue: i pavidi, i servili, gli interessati, i ricattabili, i complici ideologici, gli esecutori materiali.
I pavidi tacciono e cercano di non farsi notare, lasciando intendere impliciter il loro assenso alla tirannide, sperando che nessuno chieda loro un gesto di approvazione esplicita. Solitamente questa è la schiera più numerosa, ma è indubbio che con il proprio silenzio i pavidi si rendono complici del tiranno e rendono molto più difficile qualsiasi forma di dissenso, perché anche se in teoria possono desiderarne la caduta, di fatto non fanno nulla per consentirla, ed anzi spesso sono i primi a ritirarsi laddove li si chiami in causa. E fanno massa. In seno alla neo-chiesa gli esempi di pavidità si concretizzano in quella forma di viltà che giunge ad esser accidia, il vizio capitale che si oppone alla virtù cardinale della fortezza. Nella crisi presente, peccano di pavidità ed accidia soprattutto i chierici, massimamente i Prelati, che dinanzi alla verità conculcata tacciono, dinanzi all’abuso guardano altrove, dinanzi all’ingiustizia coltivano il proprio particulare cercando di passare inosservati, per non dover subire l’ostracismo o le rappresaglie del potente. Sono i Vescovi che in termini generali possono anche esser ortodossi, ma che si guardano bene dal denunziare l’errore, oppure che denunziano l’errore ma non indicano chi concretamente lo compie, e tantomeno prendono provvedimenti - per quanto sta in loro potere - per estirparlo.
I servili, che si rendono compiacenti e si fanno notare dal potere, non necessariamente perché approvino chi lo detiene, ma per il semplice fatto di essere un potente. Per molti il servilismo costituisce una sorta di vocazione, sicché alla libido dominandi del tiranno corrisponde necessariamente la libido serviendi di, privo di dignità, pensa solo a compiacere chi lo tiene soggetto. Il servile rinunzia a qualsiasi principio, se non è addirittura completamente privo di principi. Non di rado, il cortigiano deve testimoniare la propria soggezione per dar prova di una fedeltà ch’egli per primo sa esser messa in dubbio, ad esempio perché è passato al campo opposto. Esempio di servilismo prono al potente fu quello della turba nei confronti del Sinedrio e di Pilato: «Non habemus regem, nisi Caesarem». In ambito ecclesiastico, gli esempi si sprecano. Il chierico servile si fa scudo dell’oboedientia, la quale non è intesa in senso cattolico, ma piuttosto come acritica ed incondizionata collaborazione con l’autorità, qualsiasi essa sia ed in qualsiasi modo essa sia esercitata. Si noti che il servile ecclesiastico è ontologicamente anche versipelle. Così il monsignorino che sino a ieri vestiva l’abito talare e la fascia marezzata e squittiva estasiato ai pontificali di Benedetto XVI oggi indossa con altrettanta disinvoltura un clergyman négligé e si mostra per i corridoi di Santa Marta con un saggio di Ravasi o l’ultima enciclica di Bergoglio sotto braccio. O il Vescovo prodigo di elogi all’ermeneutica della continuità col rocchetto e l’ametista improvvisamente déguisé in veste nera e anello conciliare, in prima fila alle assemblee della Conferenza Episcopale. Nel novero dei servili in sacris non possono ovviamente mancare i transfuga della Fraternità San Pio X, tanto acerrimi nemici di Roma prima, quanto acerrimi nemici dei lefebvriani poi. La loro argomentata coerenza con il più rigoroso antimodernismo cede in un fiat alla strenua ed argomentata difesa del Vaticano II e della necessaria fedeltà alla Sede di Pietro; le più aspre invettive al rito riformato si mutano d’incanto in un’appassionata perorazione per la liturgia conciliare. Va da sé che il disprezzo da parte della comunità tradita continua, nonostante le moltiplicate attestazioni di prona sudditanza, anche da parte di quella di approdo. In questa categoria rientrano ovviamente le quinte colonne (consapevoli o meno) all’interno degli Istituti o degli istituti di indirizzo tradizionale o anche solo conservatore, i quali cooperano servilmente ai piani del tiranno, ad esempio chiedendo l’invio di una Visita Apostolica.
Gli interessati costituiscono una categoria trasversale ed immancabile, poiché chi ne fa parte è mosso soltanto dalla cupidigia e dall’interesse personale. Sono coloro che, per egoismo e avidità, servono solo se stessi, in qualsiasi tempo ed in qualsiasi luogo. Gli interessati riescono a trarre un vantaggio in tutti i regimi e in tutte le situazioni, perché l’occasione di arricchirsi o far carriera non viene mai meno. Il tiranno sa bene che costoro sono privi di qualsiasi morale, ma se ne serve per il perseguimento dei propri scopi, dal momento che l’avidità è un motore infallibile delle più basse passioni e può esser facilmente alimentata. Se ne servirono immancabilmente gli eretici, a partire da Lutero, che per ottenere appoggio politico dai principi germanici nella ribellione alla Chiesa di Roma, solleticò la loro brama di possesso, consentendo di appropriarsi di chiese, conventi, monasteri, latifondi e proprietà appartenenti alle Diocesi, agli Ordini religiosi o ad altri enti ecclesiastici. Lo stesso avvenne in Inghilterra, durante lo scisma anglicano. Sempre in nome della povertà della Chiesa, s’intende. Durante il Risorgimento, la soppressione degli Ordini religiosi nel 1866 e la relativa confisca dei beni degli enti ecclesiastici nel 1867 consentirono allo Stato di incamerare proprietà di valore incommensurabile, svendendone una parte a ricchi mercanti. L’opera anticattolica della Massoneria seppe far leva sulla cupidigia della Corona sabauda e di privati senza scrupoli, per privare la Chiesa dei suoi beni, i quali ancor oggi appartengono in massima parte al Demanio. Ma per il perseguimento dello scopo ideologico, come si vede, ci si è avvalsi dell’appoggio degli interessati, di quanti - privi di scrupoli - hanno saputo trarre un vantaggio personale di natura economica dall’eversione dell’asse ecclesiastico. Analoghe iniziative predatorie si ebbero in Francia, in Portogallo ed in tutte le Nazioni in cui la setta infame ha conquistato il potere. In seno alla neo-chiesa il ricorso agli interessati è sotto gli occhi di tutti, e si estende dalle forme più sfrontate di carrierismo fino alle più lucrose alienazioni di paramenti ed arredi sacri da parte di chierici e religiosi. All’epurazione di Prelati refrattari ha corrisposto la promozione di personaggi noti per la loro ambizione, il cui cursus honorum è pari alla loro consentaneità col potente. E gli antiquari si sono gettati sul ghiotto bottino che, in nome del Concilio e dell’aggiornamento, è stato svenduto dal clero progressista pur di far piazza pulita di reliquiari, ostensori, pianete, balaustre, altari e suppellettili liturgiche. Avviò l’operazione lo stesso Paolo VI, che svendette ai negozianti di via del Babuino gli antichi arredi del Palazzo Apostolico per sostituirvi orrendi mobiletti impiallacciati e moquette marrone da Hôtel de la gare. Questa sacrilega operazione iconoclasta è stata peraltro possibile con l’incoraggiamento dei Superiori e la connivenza della stessa Autorità civile, che si è ben guardata dal chieder conto dell’alienazione di beni tutelati dalle Sovrintendenze. Ma anche in questo caso, lo scopo ideologico ha trovato nell’avidità del clero conciliare un ottimo alleato.
I ricattabili sono un’altra categoria trasversale, che comprende tutti coloro che hanno qualcosa da nascondere o da perdere, una ragione che permetta di piegarne la volontà o quantomeno di garantirsi la loro fedeltà, sotto l’implicita minaccia di rivelare turpi retroscena, piccoli o grandi scandali, vizi inconfessabili. La loro collocazione ideologica non è importante: gravando su di essi la spada di Damocle del ricatto, il potente non deve temere circa la loro fedeltà. A meno che - ovviamente - il ricattato non sia a sua volta in possesso di prove compromettenti per il ricattatore. Materie tipiche sulle quali verte l’intimidazione in ambito ecclesiastico sono la corruzione e la sodomia: soldi e sesso contro natura, per intenderci. Ancora una volta, avarizia e lussuria come vizi privilegiati. E si noti che da decenni è prassi invalsa che quanto più un chierico è ricattabile, tanto più gli si dischiudono le porte della carriera, affinché si possa ricorrere a lui non solo quando ancora si trova ai primi gradini della scala gerarchica, ma soprattutto quando è asceso a quelli più alti. Spesso avviene anzi che sia garantita al ricattabile una copertura dei suoi comportamenti censurabili, facendo sì ch’egli sappia a chi dev’esser riconoscente per lo scandalo evitato, ed allo stesso tempo dia ampia prova di fedeltà al suo protettore. Non è raro che il potente di turno si assicuri una totale fedeltà del proprio establishment basandola sulla reciproca ricattabilità dei suoi membri, una sorta di lobby che mira a perseguire i propri interessi - carriera, sesso, denaro - e che nel farlo porge al padrone il guinzaglio con il quale farsi condurre dove egli vuole. Si comprenderà che il ricattabile può trovarsi anche nello schieramento opposto, ed esser utilizzato come delatore o quinta colonna. Inutile dire che l’avversario ricattabile ha solitamente vita breve: è uno dei primi sacrificabili, perché lo scoppiare dello scandalo lo priva ipso facto di qualsiasi credibilità. Infine, è possibile ricattare anche una persona perbene, se solo gli si fa comprendere quale danno potrebbe derivargli se questi non obbedisce agli ordini ricevuti, diffondendo ad arte notizie false ma verosimili, specialmente quando risulta impossibile dimostrare la propria innocenza, come nel caso dei delitti contra Sextum. Un’ultima nota. La piaga dell’omosessualità diffusa nel Clero, anche tra altissimi esponenti della Gerarchia, così come altri scandali di natura finanziaria, non si prestano solo ai ricatti ab intra, ma anche ad una serie di ricatti ed interferenze ab extra da parte di forze nemiche della Chiesa, con tutte le conseguenze immaginabili.
I complici ideologici condividono e rafforzano le basi della tirannide e la presentano come ineluttabile: «indietro non si torna». Sono gli eretici, i teorici della Rivoluzione permanente: Voltaire, Montesquieu, Diderot, Rousseau, D’Alembert, ma anche Danielou, Congar, De Lubac, Schillebeeckx, Küng, von Balthasar, Ratzinger e tutti coloro che hanno dato corpo all’idea, l’hanno legittimata, hanno saputo articolarla in forme più o meno estreme per convogliare l’appoggio tanto dei fanatici quanto dei moderati. L’appoggio dell’intelligencija modernista al successo della tirannide fa dei suoi esponenti veri e propri complici ideologici, ad iniziare dal loro contributo velenoso allo stravolgimento del Vaticano II, i cui schemi preparatori erano di ben altro tenore rispetto a quelli imposti - a Concilio iniziato - ai Padri dall’ala progressista. Parimenti, l’opposizione degli intellettuali cattolici è stata scientificamente avversata ed ignorata dall’Autorità, che vedeva in essa un temibile avversario e che ha potuto sbaragliare in virtù del potere di nomina dei docenti universitari, dei direttori della stampa cattolica, dei Superiori degli Ordini che maggiormente si erano distinti nella confutazione dell’errore e nelle discipline ecclesiastiche, primi tra tutti i Gesuiti ed i Domenicani. I complici ideologici sono quasi sempre anche i primi redattori delle liste di proscrizione degli hostes publici.
Gli esecutori materiali costituiscono l’establishment del tiranno, coloro cui viene demandata l’attuazione degli ordini ed il coordinamento pratico dei piani. Essi rappresentano il passaggio dalla potenza all’atto, in tutte le sue declinazioni: coloro che applicano le direttive superiori con i provvedimenti normativi, i vari João Braz de Aviz e José Rodríguez Carballo che smantellano gli Ordini contemplativi; sono i Fidenzio Volpi e le Noris Calzavara, commissari dei Francescani dell’Immacolata; sono i Carlo Redaelli che alla CEI mettono in discussione il Motu Proprio, i Vito Pinto che ipotizzano la revoca della Sacra Porpora ai Cardinali dei Dubia; sono gli Officiali della Segreteria di Stato che intimano a mons. Scheider di non allontanarsi dalla Diocesi. É difficile credere che essi compiano quest’opera senza condividerne le motivazioni e le premesse ideologiche. Rimane evidente che il potente trascina nella sua caduta tanto i complici ideologici quanto gli esecutori materiali, così come Lucifero ha trascinato con sé gli angeli decaduti, in un inesorabile spoils system teologico.
Dopo l’analisi delle fasi della tirannide e la classificazione delle dramatis personae, mi chiedo: «Qual è la via d’uscita? Come sottrarsi a questo processo apparentemente ineluttabile ed irreversibile?» Credo di aver finalmente trovato una risposta. La condividerò con il Lettore nel mio prossimo post.
12 commenti:
Il problema è che costoro non hanno trovato nessuno che sbarrasse loro la strada. La qual cosa significa che da molto tempo la chiesa era sotto contaminazione e corruzione.
Quello che non si riesce a capire è che ormai la chiesa non è più, nei fatti, una istituzione religiosa ma, mafiosa. Come proprio i congiurati stessi hanno detto. La Verità, ridendo e scherzando, l'hanno detta proprio loro. E' uscita loro di bocca, loro malgrado.
Vaticano sempre più allineato con i sinistri terzomondisti.
Che tristezza.
Ho finito la terza parte del mio saggio.
Concerne la battaglia "all'interno" della Chiesa prima del combattimento finale :
https://opportuneimportune.blogspot.com/2018/12/la-battaglia-nella-chiesa-prima-della.html
Spero possa chiarire un po' di punti finora trattati in modo separato, ma che considerandoli nel loro insieme danno un quadro abbastanza comprensibile e - con uno sguardo soprannaturale - rassicurante.
"Il meglio è nemico del bene".
Così disse Voltaire, sapiente secondo il mondo.
Non ragionava infatti secondo Dio, ma secondo gli uomini.
Forse la quintessenza di un pensiero così sublime da valere a Pietro un sonoro "vade retro".
A scanso di ipocrisie, lasciamoci scomodare in quest'avvento.
https://www.veritatemincaritate.com/2018/12/il-verbo-non-si-e-incarnato-per-condurci-al-bene-ma-al-meglio/
Vi richiamo questo vecchio articolo
http://chiesaepostconcilio.blogspot.com/2013/10/parlare-o-tacere-questo-e-il-dilemma.html
I miei più sinceri complimenti, per cultura, chiarezza di idee e modo di scrivere.
Grazie.
Confesso che mi sale il sangue alla testa a leggere questo eccellente quadro generale, proprio perché vero.
Una sintesi completa basata su fatti che purtroppo abbiamo vissuto e stiamo vivendo dal 13/3/2013, data che simboleggia la vittoria e la beffa massonica e l'ultima fase di un progetto eretico che va avanti da cinquant'anni circa.
Prendere il potere e cacciare fuori dalla Chiesa i cattolici devoti, fedeli a duemila anni di Tradizione apostolica.
In questo momento mi sento vicino a San Pietro quando mozzo' l'orecchio alla guardia che mise le mani addosso al Signore Gesù, perche' provo lo stesso istinto.
Ma sappiamo cosa disse il Signore.
La prova e' dura, ci viene chiesto grande sangue freddo e tanta, tantissima preghiera.
@Cesare Baronio
Se capisco bene, si può dire che la prova che la Chiesa ta vivendo è finalizzata alla sua fortificazione, perché sia pronta a combattere la battaglia finale con un esercito magari piccolo, ma fedele e senza tutti i balordi che vi stanno scorrazzando da anni?
@ Fabrizio Giudici
Sì, credo che sia corretto. Ma questo esercito non penso sarà poi così piccolo, perché i fedeli - parlo di basso Clero, religiose e laici - sono veramente stufi ed esasperati da questo stillicidio continuo. Se iniziano a cadere i pezzi della babele conciliare, molti prenderanno coraggio. Non dimentichiamo che le masse - tanto in politica quanto in ambito religioso - sono per natura portate ad avere una guida, così come il gregge segue un pastore. Quando dovesse presentarsi un vero pastore (o più di uno, a Dio piacendo), le pecorelle sapranno "riconoscere la sua voce" e docilmente lo seguiranno anche affrontando sacrifici.
Come ho scritto nel mio ultimo articolo (https://opportuneimportune.blogspot.com/2018/12/la-battaglia-nella-chiesa-prima-della.html), "La corruzione è tale e così diffusa, che anche i fedeli più sprovveduti ed i sacerdoti più moderati si stanno accorgendo d’esser ostaggio di una conventicola di eretici e pervertiti che pensano solo a perpetuare il proprio potere, ad arricchirsi e a vivere nel vizio più turpe. Ognuno di noi può confermare onestamente di sentire quotidianamente le lamentele di fedeli e chierici scandalizzati dalla Gerarchia e dal Papa, offesi dall’arroganza di un gruppo di ribelli che impone i propri diktat all’intero corpo ecclesiale. [...] Non è possibile che la Chiesa ascenda il Calvario facendosi rappresentare da personaggi che in altri tempi sarebbero stati degradati da tutti gli Ordini ed affidati al braccio secolare. Questa stirpe di eretici lussuriosi non merita il martirio che aspetta la Sposa di Cristo, quando verrà il giorno della tribolazione. Ecco perché credo che la Provvidenza chieda a ciascuno di noi - laici o chierici, semplici preti o Vescovi e Cardinali - un sussulto di dignità, un moto di protesta, per difendere i diritti di Cristo Re e della Santa Chiesa. É in causa la salvezza della anime e l’onore di Dio: l’unzione della Santa Cresima ci ha resi soldati di Cristo per testimoniare la nostra Fede. Una Fede che richiede coerenza di vita, santità di costumi, unione intima alla Santissima Trinità nella preghiera e nella frequenza dei Sacramenti. [...] É finito il tempo della mediocrità, del laissez faire, dello sperare che ci pensi qualcun altro. Ora tocca a noi. Senza equivoci, senza lasciarci scacciare da quella Chiesa in cui ogni vero Cattolico ha il sacrosanto diritto di sentirsi cittadino. Senza che l’odiosa tirannide dei nemici di Cristo ci faccia sentire emarginati, scismatici e scomunicati. Scacciamoli dalle chiese che profanano, scacciamoli dalla Chiesa che violentano. Pretendiamo dai Sacri Pastori che si sveglino dal torpore, che alzino la voce con quell’autorità che viene loro da Dio. Questi servi di Satana, infeudati nel corpo ecclesiale, sono pochi e non hanno dalla loro parte altro che l’eterno sconfitto, cui la Vergine Santissima schiaccerà il capo.".
Ed è proprio così: sono davvero pochi. Pochissimi, oserei dire. Perché molti tacciono per pavidità da cinquant'anni, altri tacciono per timore di rappresaglie, altri perché hanno un erroneo concetto di obbedienza. Ma oggi sta cadendo la maschera dal volto della neo-chiesa, ed appare in tutto il suo raccapricciante orrore l'eresia, la fornicazione, la brama di denaro e di potere. Certo, vi saranno sempre quanti continueranno a seguire la setta, ma di sicuro la Chiesa ritroverà raccolti intorno ad un vero Pastore molti più fedeli di quanti non immaginiamo. E vi saranno anche quelli dell'undecima ora, cui il Signore darà la stessa mercede di chi, ormai da cinquant'anni, ha lavorato nella vigna.
Tanto per cominciare sarebbe interessante sapere che dicomo i fedeli di quem sacerdote che chiude la chiesa per Natale contro Salvini. Loro protesta o reazione di qualsiasi genere non pervenuta. Anche se vien da pensare che similes cum similibus....
A proposito di concetto errato di obbedienza... LNBQ riporta di un vescovo che ha ordinato di fatto un sacrilegio, e il prete che obtorto collo l'ha eseguito.
http://www.lanuovabq.it/it/gesu-e-evaporato-cosi-il-vescovo-distrugge-il-miracolo
Faccio presente che, nel contesto di quello che sto dicendo, che fossimo in presenza di un miracolo o no non è rilevante: la particola era ancora ben formata, non si era dissolta, eppure il vescovo ha ordinato di distruggerla.
Il vescovo non risponde; l'ausiliare pare di una pasta diversa, ma...
Sanfilippo ha fatto pressione su di lui, chiedendo perché non aveva spinto per un'inchiesta, perché non aveva nemmeno ammesso la possibilità che un miracolo si fosse verificato. "Cristo non era più presente", ha affermato Grosz, dicendo che l'Ostia si era già sciolta. Le foto mostrano, tuttavia, che l'ostia consacrata non si era sciolta. Ma si è persino rifiutato di guardare le fotografie.
Evidentemente sa che cosa ha fatto, ma non sa che pesci prendere. Che orrore. Dio abbia pietà di lui.
È morto Robert Spaemann. Uno degli ultimi grandi filosofi cattolici. Amico di Ratzinger, censurò gli errori di Amoris laetitia «E’ il caos eretto a principio con un tratto di penna. Una rottura con il magistero»
http://www.iltimone.org/news-timone/amoris-laetitia-spaemann-il-caos-eretto-a-principi/
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