Sono tanti gli elementi che ci sfuggono nei cambiamenti epocali a raffica in una realtà complessa. Indice degli articoli sulla realtà distopica e correlati.
Ricevo sul telefonino la pagina di oggi di un quotidiano locale, tutta dedicata al “problema” della cosiddetta “carriera alias”1 che, a quanto apprendo, qualche istituto scolastico della mia regione ha introdotto e altri stanno ipotizzando di introdurre. Con questa improbabile denominazione (vabbé, ormai i nomi alle cose vengono dati sempre più ad mentulam canis), ho inteso che si indichi la possibilità che uno studente o una studentessa a scuola siano registrati non con il nome (e il sesso) anagrafico, ma con un altro di loro scelta.
Nella pagina del giornale che ho letto, sono riportati i pareri di quattro brave presidi della nostra cittadina: una è apertamente favorevole, due cercano di dire il meno possibile, solo una avanza delle riserve. Tutte cercano di essere molto prudenti, e le capisco perché, non essendo ormai più tutelata nel nostro paese la libera manifestazione del pensiero (con tanti saluti all’art. 21 della defunta costituzione repubblicana), bisogna stare attenti a come si parla, soprattutto se si riveste un ruolo pubblico, e possibilmente non parlare affatto.
Nella mia fortunata condizione di anziano ἰδιώτης ho meno difficoltà a dire chiaro e tondo che cosa ne penso. Anche perché si fa presto. Delle due l’una: o questa “carriera alias” è una cosa seria o non lo è. Se è una cosa seria, il cambio di nome e di sesso nei registri della scuola e in tutti i documenti relativi agli atti che essa compie dovrebbe essere produttivo di effetti giuridici. Il che però significa, per esempio, che se colui che allo stato civile è, poniamo, “Leonardo” viene iscritto a scuola come “Vanessa” e così denominato in tutti i documenti ufficiali, il titolo di studio alla fine sarà lei a conseguirlo mentre lui resterà senza diploma, posto che la scuola, ovviamente, non ha alcun potere di intervento sulla sua identità anagrafica.
Mi pare evidente, quindi, che non si tratta di una cosa seria, ma di una cosa, non dico per finta ma “per modo di dire”: tu resti Leonardo nelle carte che contano ma, se vuoi, facciamo che qui ti chiamiamo Vanessa. Ci sarà, immagino, un doppio registro, una doppia pagella, un doppio diploma, quello vero e quello finto: un gioco, praticamente. Ora domando: è serio, tutto questo? È rispettoso delle persone e delle delicate problematiche di cui, a parole, si dichiarano così preoccupati i promotori di tali iniziative? Aiuta veramente qualcuno? Serve a qualcosa?
Si obietterà che, però, se non è una cosa seria almeno sarà innocua. Male non farà: dunque perché opporsi? Invece sono convinto che del danno possa farne, e molto. La questione di come una persona viene chiamata, infatti, al di là degli aspetti giuridici attiene alla sfera delle relazioni sociali e dunque chiama in causa la libertà e la responsabilità degli altri soggetti che hanno rapporto con lei. I motivi per cui qualcuno può sentirsi a disagio con il proprio nome (o il proprio cognome) sono tanti (non c’è solo quello a cui pensano i fautori di questa dissennata proposta) e, mentre è riservato esclusivamente alla legge dello stato (e non certo alla delibera di un consiglio di istituto o di un dirigente scolastico!) regolare gli aspetti giuridici della questione, la pratica dell’uso spetta primariamente alla regolazione autonoma dei rapporti interpersonali, all’interno degli ambiti in cui il soggetto vive. Uno può benissimo chiedere (o far capire) agli altri di non voler essere chiamato con il proprio nome ufficiale ma di preferirne un altro e in questo modo pone loro un problema che devono affrontare responsabilmente, giocando ciascuno la propria libertà: è una questione di rapporti tra persone. La finzione di una pseudo-norma che, per via burocratica, impone una linea di condotta è invece, nel suo piccolo, un altro tassello di quella deleteria opera di devitalizzazione della società, in corso ormai da tempo, che deresponsabilizza gli individui e sostituisce l’esercizio della libertà con l’esecuzione di protocolli comportamentali fissati dalle istituzioni. (Leonardo Lugaresi - Fonte)
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Nota di chiesa e post-concilio
E così apprendiamo anche noi che: "In Italia, per la legge 164/1982, chiunque voglia richiedere la rettifica dei propri dati anagrafici deve sottoporsi alla riassegnazione chirurgica del sesso (RCS).
Recentemente i tribunali italiani hanno però iniziato a concedere la modifica del sesso anagrafico anche senza RCS. Il tempo che intercorre tra la richiesta e l’effettiva modifica dei documenti va però da 1 a 3 anni. Un’attesa troppo lunga per chi deve continuare a vivere la propria vita sotto un’identità alla quale non sente di appartenere.
La Carriera Alias consiste nella creazione, da parte di scuole e Università, di un’identità alternativa temporanea, che permette di sostituire il nome anagrafico con quello adottato, fino alla rettifica anagrafica ufficiale. Il badge e l’indirizzo di posta elettronica universitaria vengono rettificati con il nome di adozione. La Carriera Alias non ha però valore legale al di fuori dell’ateneo. Non è quindi estendibile a documenti ufficiali come l’attestato di Laurea o l’iscrizione a programmi Erasmus e tirocini. Diverso dalla Carriera Alias è il doppio libretto, il quale affianca alla documentazione anagrafica il nome d’elezione. Fonte
Nota di chiesa e post-concilio
E così apprendiamo anche noi che: "In Italia, per la legge 164/1982, chiunque voglia richiedere la rettifica dei propri dati anagrafici deve sottoporsi alla riassegnazione chirurgica del sesso (RCS).
Recentemente i tribunali italiani hanno però iniziato a concedere la modifica del sesso anagrafico anche senza RCS. Il tempo che intercorre tra la richiesta e l’effettiva modifica dei documenti va però da 1 a 3 anni. Un’attesa troppo lunga per chi deve continuare a vivere la propria vita sotto un’identità alla quale non sente di appartenere.
La Carriera Alias consiste nella creazione, da parte di scuole e Università, di un’identità alternativa temporanea, che permette di sostituire il nome anagrafico con quello adottato, fino alla rettifica anagrafica ufficiale. Il badge e l’indirizzo di posta elettronica universitaria vengono rettificati con il nome di adozione. La Carriera Alias non ha però valore legale al di fuori dell’ateneo. Non è quindi estendibile a documenti ufficiali come l’attestato di Laurea o l’iscrizione a programmi Erasmus e tirocini. Diverso dalla Carriera Alias è il doppio libretto, il quale affianca alla documentazione anagrafica il nome d’elezione. Fonte
4 commenti:
Dostoevskij sull'Italia
«Per duemila anni l’Italia ha portato in sé un’idea universale capace di riunire il mondo, non una qualunque idea astratta, non la speculazione di una mente di gabinetto, ma un’idea reale, organica, frutto della vita della nazione, frutto della vita del mondo: l’idea dell’unione di tutto il mondo, da principio quella romana antica, poi la papale».
«I popoli cresciuti e scomparsi in questi due millenni e mezzo in Italia comprendevano che erano i portatori di un’idea universale, e quando non lo comprendevano, lo sentivano e lo presentivano».
«La scienza, l’arte, tutto si rivestiva e penetrava di questo significato mondiale. Ammettiamo pure che questa idea mondiale, alla fine, si era logorata, stremata ed esaurita (ma è stato proprio così?) ma che cosa è venuto al suo posto, per che cosa possiamo congratularci con l’Italia, che cosa ha ottenuto di meglio dopo la diplomazia del conte di Cavour? È sorto un piccolo regno dì second’ordine, che ha perduto qualsiasi pretesa di valore mondiale, (…) un regno soddisfatto della sua unità, che non significa letteralmente nulla, un’unità meccanica e non spirituale (cioè non l’unita mondiale di una volta) e per di più pieno di debiti non pagati e soprattutto soddisfatto del suo essere un regno di second’ordine. Ecco quel che ne è derivato, ecco la creazione del conte di Cavour!».
Fëdor Michajlovič Dostoevskij
Di cosa ci sorprendiamo se liceali di sesso maschile per protestare vanno a scuola ed assistono alle lezioni con la gonna?È la logica conseguenza di un carnevale che dura da anni.Purtroppo dopo ogni carnevale si entra in Quaresima....
Di tanto in tanto in casa si parlava di 'parole oziose', di 'pensieri oziosi'.
Cercando di capire la storia euro-asiatica si trovano, come nella stessa Europa, re ed imperatori che diventano tali da giovinetti di 15/16 anni, hanno sì dei tutori alle spalle, ma anche capacità, doti che sono soltanto loro e che consentono loro di dimostrare ben presto che re e/o imperatore sono proprio e solo loro.
Tutta questa manfrina sessuale, non appartiene a nessuna necessità storica del momento presente, né di quello futuro, ma appartiene all'ambito squisitamente dei pensieri oziosi e delle parole oziose.
Si stanno massacrando generazioni e generazioni di esseri umani mettendo la lente di ingrandimento sulla sessualità, quando dovrebbe riposare tranquillamente là dove Dio l'ha posta, lasciando che maschi e femmine crescano in maniera sana da maschi e femmine sani.
Confesso che questa continua violenza fisico/ psicologica/ spirituale sulle giovani generazioni, che non ancora prepuberi mostrano già i segni della corruzione di stato, mi addolora profondamente e non tira fuori affatto la parte migliore di me. Non voglio più leggere di queste tematiche ossessive, che a forza di denunciare implicitamente propagandiamo, quando tutti i libri dell'età evolutiva dicono che la consapevolezza piena della sessualità arriva intorno alla maturità anagrafica tra i 21 / 25 anni.
Schifo sommo. Rivoltante vomito. Distruttori infernali della prima e seconda infanzia, della adolescenza, della primissima giovinezza vi auguro di poter soffrire le pene dell'inferno qui ed ora fino alla vostra morte fisica per poter salvare la l'anima vostra davanti al Giudice Supremo.
Una delusione, una contraddizione, una parola aspra, un rimprovero immeritato, un dolore, una perdita, sopportati pazientemente nel Nome di Dio e come in Sua Presenza, valgono più di qualsiasi preghiera detta con le labbra.
(Fulton J. Sheen)
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