Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

lunedì 23 ottobre 2023

La Vita come Milizia e la Comunità di Destino

Interessanti riflessioni di Matteo Castagna su un autore francese del secolo scorso, Gustave Thibon.

La Vita come Milizia e la Comunità di Destino.

Nel marzo del 1969 apparve un saggio sulla rivista Permanences (n. 58) dal titolo: “La comunità di destino, principio vitale delle società”. Il filosofo e scrittore francese Gustave Thibon (1903-2001) ne era l’autore. Molti potrebbero immedesimarsi nel suo classico aforisma, soprattutto gli adulti che hanno sete di verità in un mondo che non piace, oppure nei bambini che trovano posto nella scuola parentale: “Non sono un autodidatta, perché i libri sono dei maestri. Ma, se ho detto che a scuola il ragazzo impara spesso a manifestare ciò che non è e a diventare ciò che intimamente è, io non ho avuto questa grazia o questa disgrazia e mi sono formato a contatto diretto di libri e di testimoni viventi senza passare per i canali della scuola e dell’università”.

Thibon sostiene il primato del concetto di gerarchia, ovvero la necessità di difendere l’ineguaglianza, costituisce la base concettuale secondo cui una società si mantiene salda nel tempo solo a patto di non sgretolare la sua struttura. Questo è ciò che Thibon chiama «comunità di destino». Quella condizione, sostiene Thibon, perdura solo se contrasta la denatalità, se rafforza i legami interni fino a eliminare le pratiche di conflitto sociale. Nella «comunità di destino», precisa Thibon, sta la condizione salvifica per consentire alla vera destra di vincere sempre, a mani basse. Quella condizione si chiama: identità d’origine.

Particolare attenzione hanno i cosiddetti “abbandonati”, costituiti dal grido di dolore del piccolo borghese arrabbiato. Si tratta di una personalità che popola i quartieri popolari delle città industriali, o le profonde aree delle campagne, e che costituisce il popolo delle periferie. La comunità di destino è costituita da due forme: a) La comunità di somiglianza. Esiste comunanza tra lavoratori dello stesso settore, sia che vivano in Italia o in Francia e per aziende diverse. Costoro appartengono, quindi, alla stessa classe sociale e conducono, più o meno, lo stesso stile di vita. I loro destini si assomigliano. b) La comunità di interdipendenza o di solidarietà reciproca. I lavoratori che si trovano a stretto contatto non vivono più solo uno come l’altro, ma l’uno per mezzo dell’altro: i loro destini non sono più solo simili ma anche solidali.

Questa comunità di destino tra esseri che, attraverso la loro diversità di situazione e di vocazione, rimangono strettamente dipendenti, conferisce ai raggruppamenti umani il loro carattere organico. La famiglia è la comunità organica per eccellenza. Ogni società rimane sana e vitale nella misura in cui si rende affine alla famiglia: non è un caso che il termine “padrone” derivi da padre, non per caso il re era chiamato padre del popolo e la Chiesa è chiamata madre dei fedeli (la comunione dei santi all’interno della Chiesa è la più alta forma di comunità di destino…)

La comunità di destino muore – dice Thibon – quando si cancellano le ineguaglianze tra gli uomini, che essendo tutti diversi devono essere liberi di vivere diversamente nella comunità di destino in cui si trovano, la quale crea la coerenza e la continuità del corpo sociale, collegando tra loro individui, funzioni e classi e con ciò si oppone al livellamento egualitario, tipico del pensiero di sinistra. La rinascita di una struttura sociale ferma ed elastica ad un tempo, ordinata e decentralizzata, la quale faccia rifiorire tra gli uomini il sentimento della loro comunità di destino, è, oggi, l’unica via di salvezza dal Pensiero unico, dalla solitudine, dall’emarginazione sociale e dal collettivismo materialista e ateo dei globalisti.

La vita deve essere operosa, energica, fino al sacrificio. La vita è milizia, battaglia contro le potenze del male, mondane e spirituali. La mèta è un invito alla buona battaglia e una minaccia per i pigri e i traditori. “Non sarà coronato se non chi avrà regolarmente combattuto” (Ef. V, 11; II Tim. IV, 8).
Matteo Castagna, 21 Ottobre 2023 - Fonte

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Bello! Da rileggere. Già portare alla conoscenza dei più giovani che la vita è battaglia contro il male é fondamentale. Il male e le sue astuzie, i suoi travestimenti ed i suoi tradimenti.

Produttore+stato italiano+sanitari +giustizia+ chi ne ha piu' ne metta sono passati per la scuola e le universita' e forse..ne sono usciti pigri e/o traditori?Forse.. ha detto...

CASO PATERNÒ
«Morì di vaccino»: sentenza e condanna a morte di Stato

Il tribunale di Catania ha archiviato le accuse contro Astrazeneca e i sanitari che iniettarono il vaccino al marinaio Stefano Paternò, morto 12 ore dopo l'inoculo. Nessun colpevole, ma la sentenza, pur vergognosa, conferma che la morte avvenne per colpa del vaccino.
https://lanuovabq.it/it/mori-di-vaccino-sentenza-e-condanna-a-morte-di-stato
Ma tutto questo non è stato sufficiente per arrivare alla condanna di un responsabile, tanto che poi è stato lo stesso pm a chiedere l’archiviazione del caso.

E questo era ampiamente previsto. Non lo poteva essere la casa produttrice, che pure ha potuto dimostrare di aver ottenuto una salvaguardia, da contratto, sulla quale lo Stato italiano si è assunta ogni tipo di responsabilità in capo al produttore e non lo possono essere i sanitari perché blindati da uno scudo penale che rappresenta una cornice invalicabile per la ricerca delle responsabilità. Quindi non può averla nemmeno lo Stato, che scaricando la responsabilità sui poveri cittadini, di fatto ha lasciato a loro l’onere della prova, la vita sul campo e il peso di doverlo dimostrare.

Ne consegue, volendo tirare le somme, che i danneggiati da vaccino che sono morti a causa dell’iniezione, firmando la liberatoria all’inoculo, estorta attraverso la perversa minaccia della perdita del lavoro e della vita sociale, è stata di fatto la loro condanna a morte.
Etc.etc.

Troppi perche' ? Troppa pigrizia ? Troppo poco uso della ragione? Forse... ha detto...

IL CONVEGNO
La Chiesa slow food che sposa l'antiumano (senza Cristo)
Prof.Stefano Fontana
https://lanuovabq.it/it/la-chiesa-slow-food-che-sposa-lantiumano-senza-cristo

Rimane tutto da spiegare perché debba essere un vescovo a ospitare un simile appuntamento, perché esso debba essere tenuto in una sala di un Episcopio, perché le parole Gesù Cristo non siano mai state pronunciate, perché siano stati invitati solo relatori di un’unica idea, perché le conclusioni siano state messe in mano al Petrini di turno, perché si dovrebbe assumere come criterio di vita l’imbarazzante decalogo da egli proposto, perché non si abituino le persone, compresi i fedeli, ad usare la ragione, perché si sposi la posizione del potere globalista sulla crisi ambientale fingendo di criticarlo, perché si dia la parola ad esponenti di linee culturale e politiche decisamente anticristiane e antiumane.

Anonimo ha detto...

I miei figli frequentano, tutti, scuole private, cattoliche. Non sono certo ricca né ambisco ad esserlo. Ma preferisco fare sacrifici, rinunce, lavorare molto di più di quanto altrimenti dovrei, pur di evitare che vengano indottrinati dalla scuola pubblica italiana.
Il futuro dei nostri figli è fatto, anzitutto, dalle nostre scelte. Poi, certo, spetta anche a loro farsi strada e decidere se imperniare la propria esistenza su certi capisaldi. Ma sta a me e a mio marito seminare.
(Alice Lattanzi)

Anonimo ha detto...

"… sono un uomo comune e quindi mi pare, parlando di me e dei miei, di fare un po' la storia dei milioni e milioni di uomini comuni che, con la loro assennata mediocrità, tengono in piedi la baracca di questo mondo. Quella baracca che gli uomini "eccezionali", gli uomini "fuori dal comune" tentano di scardinare con la loro genialità"

Giovannino Guareschi
(Corrierino delle famiglie)