...Okay, quei puntini "..." significano che la frase non era completa. Eccone il resto: "...per aver scritto la Humanae Vitae." In generale, la santità è basata più sulle virtù personali del candidato che su una lista di obiettivi raggiunti. Per cui sulla santità personale Paolo VI potrebbe abbastanza certamente essere qualificato.
Invece, nel loro zoppicante tentativo di contrastare la rivoluzione sessuale quarant'anni dopo i fatti, i neo-conservatori cattolici hanno già qualificato come un leone (se non già canonizzato) Paolo VI, solamente per aver composto la Humanae Vitae, che loro vanno glorificando come profetica.
Humanae Vitae, come molti sapete, è l'enciclica del 1968 in cui Paolo VI riaffermò il tradizionale divieto sulla contraccezione. L'enciclica, quasi immediatamente, ottenne il risultato esattamente opposto al suo intento, col risultato che oggi pressoché tutti i cattolici usano o hanno fatto uso della contraccezione.
Molta della colpa è riconoscibile nella cultura, nella mentalità dell'epoca (gli anni '60), nell'avvento della rivoluzione sessuale, nel mito della sovrappopolazione, nella confusione post-Vaticano II, nel clero progressista, e negli stessi cattolici. Ma ci sono tre ragioni del fallimento della Humanae Vitae che riguardano lo stesso Paolo VI.
1. L'allargamento della commissione sul controllo delle nascite. Giovanni XXIII, predecessore di Paolo VI, aveva stabilito una commissione di studio di sei membri per studiare le questioni relative alla popolazione e al controllo delle nascite, in particolare alla luce della commercializzazione della "pillola". Giovanni XXIII aveva eliminato la questione del controllo delle nascite dal programma del Vaticano II avocando a sé la decisione; aveva peraltro previsto un Concilio molto breve, "da terminare per Natale", come disse all'apertura dei lavori nell'ottobre 1962.
Così, in origine, lo studio era inteso ad essere piccolo, breve, tenendo un basso profilo. Il Concilio però proliferò allargandosi fino a qualcosa che Giovanni XXIII non aveva pianificato: anziché tre mesi, andò avanti per tre lunghi anni, durante i quali Giovanni XXIII morì.
E quindi Paolo VI fece quella che oggi riconosciamo essere una mossa fatale. Estese la commissione da 6 a 72 membri. Questa sorprendente espansione della commissione si affiancò al tono ancor più rivoluzionario del Concilio, cosa che portò molti a credere che il divieto sulla contraccezione stesse per essere abolito, e così insegnanti e parroci di tutto il mondo cominciarono ad anticipare quel "cambiamento" nelle loro lezioni, omelie, terapie, e specialmente nel confessionale.
Questo episodio, nella storia della Chiesa, è importante da considerare alla luce del recente sinodo dove sono stati discusse questioni sessuali. In fin dei conti, come Paolo VI intese mostrare nella Humanae Vitae, l'insegnamento fondamentale sulla morale non può essere modificato neppure da un Papa. Ma la sola percezione che potesse essere cambiato si dimostrò motivo sufficiente perché la gente credesse che lo era stato davvero.
Questo è vero anche per il sinodo in corso. Come Paolo VI, Francesco vuole studiare le questioni ed incoraggiare la discussione. Ma l'incoraggiare pubblicamente la discussione significa pubblicamente incoraggiare anche l'idea che l'insegnamento morale fondamentale possa essere modificato. E anche se l'insegnamento non può, la pratica attuale può. Così è avvenuto, così avverrà. Al pari di Paolo VI che lo scoprì dopo aver scritto la Humanae Vitae, Francesco scoprirà che i buoi sono fuggiti dalla stalla appena dopo averne lasciata aperta la porta.
Con l'espansione di quella commissione, le questioni che dovevano essere discusse nel Vaticano II furono messe in secondo piano da anticipazioni mozzafiato di annunci che il Papa stava per dichiarare abolito il divieto della contraccezione.
2. Il discorso del Papa del 1964 alla commissione sul controllo delle nascite. Durante tutto questo, Paolo VI fece la sua seconda pessima mossa. Ed è di notevole interesse il fatto che molti dei suoi tifosi non sanno che lui ha detto esattamente questo:
«Ma diciamo intanto francamente che non abbiamo finora motivo sufficiente per ritenere superate e perciò non obbliganti le norme [sul controllo delle nascite] date da Papa Pio XII a tale riguardo; esse devono perciò ritenersi valide, almeno finché non Ci sentiamo in coscienza obbligati a modificarle»(discorso di Paolo VI al Sacro Collegio in occasione del suo onomastico, martedì 23 giugno 1964, in AAS 56 (1964), p. 588-589).
Questa fu davvero enorme. Ecco: la parola "finché" - «finché non ci sentiamo in coscienza obbligati a modificarle». Paolo VI aveva appena detto che le "norme" della Chiesa sulla contraccezione avrebbero potuto essere cambiate se "Noi (cioè il Magistero) ci sentiamo obbligati a cambiarle". Anche l'utilizzo del termine "norme" dà l'impressione che il divieto della contraccezione era solo una norma disciplinare e non una dottrina immutabile.
Le persone comuni non udirono quel discorso. Ma le persone attente, molte delle quali bramavano da tempo di sentire una cosa del genere, diedero di matto. Soprattutto - tragicamente - parlava ai membri della commissione, e quelle parole del Papa diedero loro carta bianca per votare un cambiamento. E cambiamento fu, [nella votazione del 24 giugno 1966, ndt] con 65 voti contro 7 in favore dell'abolizione del divieto della contraccezione.
Paolo VI si ritrovò, dunque, nello stesso pasticcio da lui creato. La sua espansione della commissione e le sue stesse parole ai membri avevano prodotto esattamente ciò che il mondo si aspettava. Ma "ciò che il mondo si aspettava" era proprio ciò che il Papa sapeva di non poter dare. Dunque perché aveva suggerito che avrebbe potuto darlo?
Insisto sull'importanza di considerare ciò riguardo a Francesco e al recente sinodo. Entrambi i papi possono aver voluto semplicemente essere comprensivi, suggerendo che alla fine potrebbero fidarsi dei sostenitori della linea dura e che la decisione di non permettere cambiamenti poteva essere ascritta al Papa piuttosto che a loro, permettendo loro, così, di essere rispettati e visti almeno come partecipi.
Questa è un'ottima strategia per un politico ma non per un Papa, e nel caso di Paolo VI gli si è ampiamente ritorta contro. A questo punto era costretto a dire "no, ma proprio no" a dispetto di una travolgente decisione di una commissione che lui stesso aveva allargato ed incoraggiato.
3. L'argomento del "completo accordo". Questo è il punto in cui Paolo VI va del tutto fuori strada, ed è sorprendente che tra i tanti pronti a canonizzarlo sulla base della "profetica" Humanae Vitae non se ne siano accorti. Il Papa sembra continuare a credere di poter incolpare qualcun altro... ed apre l'enciclica proprio incolpando qualcun altro.
Nel paragrafo 6 il Papa scrive:
6. Le conclusioni alle quali era pervenuta la commissione non potevano tuttavia essere da noi considerate come certe e definitive, né dispensarci da un personale esame di tanto grave questione; anche perché non si era giunti, in seno alla commissione, alla piena concordanza di giudizi circa le norme morali da proporre...
Nella citazione, piena di termini papali, l'affermazione essenziale è che le conclusioni della commissione non potevano essere considerate definitive perché la commissione non era stata unanime («piena concordanza»).
Questo ragionamento è traballante. Primo, perché la decisione della commissione (65 contro 7), specialmente riguardo al peso morale della questione, poteva di fatto essere considerata unanime; secondo, perché il Papa, di fatto, ha detto che l'insegnamento morale della Chiesa è soggetto ad un voto, basta solo che sia unanime.
A questo punto non importa più cos'abbia detto Paolo VI dopo questo e il fatto che abbia dimostrato di aver ragione su tutto quanto ha scritto nell'enciclica. Ciò che importa è quello che ha affermato all'inizio. E dato che ha affermato che il tema è soggetto ad una votazione, alcuni cattolici - se non la maggioranza - sono stati indotti a credere che la Humanae Vitae non fosse autoritativa, che era solo un'opinione del Papa, e che nei fatti l'insegnamento potrà cambiare: basta solo qualche voto in più.
È ironico che papa Francesco abbia beatificato il suo predecessore al recente sinodo per la famiglia, dato che - a quanto pare - Francesco sta facendo esattamente ciò che fece Paolo VI: dire la verità... ma senza parlare per primo.
Nostra traduzione di
un articolo di Tim Rohr
Note alla traduzione: l'articolo è stato pubblicato a ottobre 2014; anche se l'autore si sforza di avere uno sguardo positivo sulle intenzioni di papa Francesco e l'imbarazzante sinodo per la famiglia tenutosi all'epoca, la validità dell'articolo non cambia. E non cambia nemmeno per aver creduto che il discorso di Paolo VI del 23 giugno 1964 fosse indirizzato ai membri della Commissione; anzi, essendo stato rivolto al Sacro Collegio, assumeva un'aura di ufficialità addirittura maggiore per la Commissione.
22 commenti:
Il fatto che a "tutti i costi" si vogliano fare "santi" funzionali ad una politica ecclesiastica modernistica, con la scusa che dovevano pur avere qualche virtù, è una cosa che la dice lunga... Ma la cosa peggiore è che la stragrande maggioranza del mondo cattolico li accetta, non li rifiuta, e questo è enorme perché indica l'alterazione avvenuta in capite et in membris...
Poi quando l'autorità dichiarerà questo papa santo tutti taceranno come se un decreto di un uomo supposto infallibile possa tacitare e cancellare errori, contraddizioni, responsabilità che pesano fortemente pure oggi. La cecità è totale e il cervello è totalmente buttato in spazzatura!
abominio di massa.... il colpo maestro di satana, dopo tutti quegli attacchi ancora reggeva dopo 2000 anni santa romana Chiesa una e apostolica? ed allora le lezioni passate applichiamole tutte insieme ma poco a poco, un poco di veleno oggi e un poco di veleno domani e la pillola va giù...la verità viene venduta al miglior offerente, questo è quanto iniziò Paolo Vi e continuarono gli altri, e prima ci fu Bergoglio che fece cardinale quel tale di cui Papa Pio XII disse "mai sia fatto cardinale".... se sapeva che doveva arrivar allo trono....come da canonico Roca scritto. E roncalli aveva imparato, scrive Magaldi, a parigi e turchia...
Due sono a parer mio le cause dell'allineamento generale: la forza del conformismo ed il timore del polverone che si alzerebbe (oltre a quello in cui viviamo da anni).
Per quello che riguarda la mia esperienza vedo che le persone cambiano faccia quando ti avvicini a questo argomento, il papato.
E' meglio concentrarsi sui problemi. Ma bisogna fare presto, la mentalità è già cambiata.Come accennavo questa mattina ognuno deve dire anche una sola parola fuori dal coro. Con la propria testa. Senza esagerare, senza fare conferenze, ma quella parola, al momento opportuno, con presenza si spirito, che inchioda. Come una freccia, incoccata, si prende la mira e la si lascia volare nel bersaglio. Credo che da oggi in poi non si dovrebbe andare a letto, senza aver pronunciato la parola giusta al momento giusto, cioè senza aver fatto apostolato.Che ci sia il papa x o il papa y poco importa, l'importante che la mentalità, il senso comune ritorni cattolico. E qui, adesso siamo tutti responsabili. Deve essere un passaparola universale, da cuore a cuore. E più si parla con persone semplici meglio è. Chi capita capita, sul tram, in negozio, al mercato, con tutti coloro che non sono stati troppo contaminati. Naturalmente anche scrivere su questo o altri blog. Tutti siamo chiamati a raccolta. Senza farsi intimidire da quelli che cercano di farti intimidire perchè non hai letto questo, non hai letto quello o dal "non è affar tuo". Come cattolico pedestre tutto è affar tuo, e anche senza tante letture dai frutti anche i sassi vedono il glorioso presente,al quale siamo stati condotti. Ognuno con la sua testa pensi all'aborto, alla eutanasia , al divorzio, al gender, alla pornografia, alla finanza, al mercimonio del sesso e al sesso imposto, ai papi che si dimettono e a quelli che arrivano da lontano e a tutto l'inferno che abbiamo davanti e ognuno formuli i suoi pensieri in silenzio, preghi,si confessi spesso e ancor più spesso vada a Messa. E poi parli. Una parola al giorno dritta al bersaglio, ma tua con tutto te stesso.
Chi capita capita, sul tram, in negozio, al mercato, con tutti coloro che non sono stati troppo contaminati.
Oggi mi è capitato per due volte.
Già una volta un coraggioso sacerdote si è opposto, bloccando la canonizzazione di Montini. Mi riferisco a don Luigi Villa (R.I.P.), che potrà anche non piacere, tanto è stato demonizzato e vituperato dalla gerarchia modernista, ma analogo trattamento lo riservarono anche a Mons. Lévèbvre, e questo è indice di affidabilità, a mio modesto modo di vedere. Possono canonizzare anche un cavallo (dato il precedente di Caligola, che lo fece senatore), ma questo non aumenta di una spanna la loro credibilità. Quando cancelleranno il CV II dall'albo d'onore della Chiesa, allora rivedranno anche il giudizio sui papi post Pacelli, ma sarà la vera Chiesa Cattolica a farlo, dopo il trionfo del Cuore Immacolato di Maria SS.ma e la scomparsa della "chiesa vaticansecondista".
@mic,
Evvvai!!!
Oggi,invece a me è capitato:...le persone cambiano faccia...
Ho ritenuto importante tradurre questo articolo di Tim Rohr perché efficace nello spiegare un metodo con un esempio incontrovertibile: la Humanae Vitae "sterilizzata" in anticipo da poche sillabe proferite ad un pranzetto di un onomastico.
Sono già più avanti visto che siamo arrivati alla canonizzazione di Lutero.
Miles
Amerio analizza come il relatore che doveva presentare al pubblico la H.V., lo fece usando i verbi al condizionale ed al congiuntivo, anche lì dove la lingua italiana, prima ancora della dottrina, esige se non l'imperativo, quanto meno l'indicativo.
Mi sembra un ottimo articolo sulla genesi storica dell'Humanae vitae che dimostra come l'enciclica pur affermando la dottrina tradizionale sia nata in un contesto storicista riguardo la dottrina. Infatti, l'ampliamento della commissione, la possibilità de sottomettere a suffragio il tema di dottrina secondo la cosiddetta coscienza preparavano il terreno contrario all'enciclica. Cose di questo genere si possono trovare sia in Paolo VI come In Giovanni Paolo II, che pure è canonizzato, nonostante il suo background teologico e filosofico che ha informato il suo magistero pontificio. Come leggere la Redeptor hominis e la Veritatis splendor? Non dico che la genesi di queste encicliche sia la stessa di quella di Paolo VI, ma mi chiedo se il sostrato concettuale che sorregge la stesura delle encicliche citate sia progressista pur utilizzando le stesse parole dell'insegnamento tradizionale. Il problema che mi si presenta è il modo di intendere la relazione conoscenza-agire, perché il discorso non sta solo in chi conosce il bene (ratio bonis) e opera il male, ma in chi conosce l'errore (falsum) ed opera il bene. Nel primo caso il male può essere emendato con l'esercizio delle virtù naturali e soprannaturali, nel secondo caso però il bene non è sorretto dalla verità e corre il rischio di diventare funzionale. La bontà dell'HV, e la verità che esprime, non sono state sorrette da una struttura concettuale vera (vedi il consenso, la coscienza), perciò è caduta nella funzionalità di pratica di affermare la dottrina della Chiesa.
Condivido l'osservazione di Epiphanio.
http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/2016/09/23/amoris-laetitia-tradotta-dal-cardinale-vicario-di-roma-anche-a-lui-il-papa-scrivera-una-lettera-di-encomio/
Irina scrive:
"Che ci sia il papa x o il papa y poco importa, l'importante che la mentalità, il senso comune ritorni cattolico".
Sì, ma questo ha senso in una Chiesa dove la Tradizione (intesa in tutti i sensi ma, soprattutto, nel senso del "modo" in cui si vive la fede cristiana) sia concepita AL DI SOPRA dell'autorità personale del papa stesso. Ebbene, questo da troppo tempo non è così poiché è la PERSONA del papa stesso (x o y che sia)a determinare il "sentire cum ecclesia" fino al punto che pure il cosiddetto magistero ordinario dev'essere accettato con ossequio.
Mi si dirà che è il "sensus fidei" dei fedeli che, dinnanzi alle situazioni più controverse, dovrebbe regolare le persone, la mentalità cattolica, come dice Irina.
In realtà osservando con molta attenzione e con scrupolosa coscienza mi pare di poter concludere che il rapporto TRADIZIONE-AUTORITA' sia uno dei più emblematici e contorti nella pratica del mondo cattolico odierno (e non solo da oggi se si è onesti!).
L'autorità si conforma alla tradizione per essere autentica, sì, ma è pure vero che l'autorità FA la tradizione. E questo da secoli, almeno dalle nostre parti.
Non a caso Giovanni XXIII osò dire che "la novità di oggi (promossa dall'autorità ecclesiastica) sarà la tradizione di domani". E lo disse a quanti, ancora, gli ricordavano che l'autorità deve conformarsi alla tradizione....
Se allora era così figuriamoci oggi!
In definitiva: il consiglio di Irina è ottima ma non ci sembra che, in un contesto in cui tutto è stato rovesciato, sia reso all'atto pratico totalmente impotente? Meditate, gente, meditate...
Qui ho scritto meglio il commento sul consiglio che Irina ha dato poco sopra:
http://traditioliturgica.blogspot.it/2016/09/appunto-ecclesiologico.html
Grazie per la lettura.
Da tenere a mente questa tecnica della "parolina demolitrice" che la chiesa matrigna ha insegnato. Questa tecnica va usata da tutti per demolire i demolitori. Quindi bisogna imparare ed esercitarsi ad usare questi mezzi? No, se lo facciamo veniamo meno a NSGC e a noi stessi. Però rimettere in bocca la parolina a chi l'ha pronunciata è doveroso.
Il contributo di Miles ed Epiphanio si integrano, a mio avviso, infatti il"bene non è sorretto dalla verità" perchè è mandato "più avanti" rispetto alla verità. Verità che viene lasciata scientemente indietro perchè faticosa da comprendersi. Anche se poi i risultati,il vero,agevolano non poco il cosa e il come fare. E' una storia antica. Le prime avvisaglie contro San Tommaso, che metteva il pensiero(la verità) avanti si ebbero con Occam che poneva la volontà come motore primo. Intrecci vari portarono poi alla devotio moderna che nel sentimento vide il suo principale punto di forza.( questa super sintesi l'ho ricavata e ridetta e semplificata da A.Torresani, Storia della Chiesa, Ares, 1999) Ora questo mandar avanti volontà e sentimento senza pensiero fa sì che la parte di pensiero addotta a loro sostegno sia pretesa esserci, mentre non c'è, essendo il pensiero, la verità, lasciato indietro. Lo si lascia indietro perchè faticoso, spesso labirintico, non ultimo doloroso perchè porta a vedere tanto che si vorrebbe non vedere. Quindi, e chiudo, il bene e la volontà vengono mandati avanti con un pensiero di appoggio che non è reale ( wishful thinking ?). Questo pensiero non-reale ovviamente non regge alla prova dei fatti e va in fumo. Fumo che si addensa sulla verità che sta dietro ricoprendola e rendendola polverosa da splendente che è. Nel mentre la volontà cieca prosegue la sua marcia spericolata imbellettandosi con sensi,sentimenti, sensazioni che, non poggiando sul pensiero, non possono che essere che adulterati.
L'attuale, che non è persona di pensiero, poggia su volontà (cieca) e sentimenti(avariati).L'altro di cui sopra, naturalmente più disposto al pensare,
volente o non volente non so, l'ha piegato e mischiato al non reale, a quello stesso pensiero, preteso tale, che volontà e sentimento, senza guida, pretendono di avere, e che altro non è che frutto delle suggestioni del tempo.
Vista la citazione di don Villa segnalo:
http://www.chiesaviva.com/paoloVI%20beato.pdf
Francamente trovo approssimativa la tesi Tim Rhor, giacchè Bergoglio, di recente, ha indicato la "giusta" interpretazione di AL, che evidentemente smentisce Vangelo e dottrina cattolica. C'è un evidente salto di qualità. ( si fa per dire)
Le ragioni per avversare una canonizzazione di Paolo VI sono ben altre.
Leggete lo scritto di don Villa precedentemente segnalato.
Tralasciando il tentativo di deresponsabilizzare Giovanni XIII, il quale è stato canonizzato,benché abbia nell'ordine, avuto contatti con ambienti modernisti, riabilitato tutti i teologi "fulminati" dalla Humani Generis di Pio XII, i quali hanno potuto diventare, a vario titolo, protagonisti del concilio, nonché permettere che venissero cestinati i documenti preparatori della curia( rottura legalità conciliare) ecc... (ci sarebbe molto altro ancora)
I suddetti teologi hanno avuto in premio, da Giovanni Paolo II, ordinazioni episcopali, porpore cardinalizie e riconoscimenti vari.
Non dirò nulla di Benedetto XVI per non scatenare l'ira di qualcuno su questo sito.
Quello delle canonizzazioni è,in ogni caso, un problema molto ma molto serio.
Antonio (Napoli )
Ma voi pensate che a Dio importi di queste canonizzazioni umane? Lui è il Supremo Giudice e lo ha già fatto, il resto sono solo bizantinismi che male fanno alla vera Chiesa, la chiesa può canonizzare anche cavalli come Caligola, ma valgono solo secondo criterio umano quindi, infimo livello....altro è il potere del Rex tremendae majestatis.
La ragione per cui se ne parla non è perché non si sappia che il Signore sa e giudica anche sulle canonizzazioni. Ma queste sono utili come esemplarità nella fede per l'edificazione dei fedeli. Ed è soprattutto per loro che si esprimono dubbi e considerazioni....
Canonizzare vuol dire:"Tizio sta certamente in Paradiso. Comportatevi come ha fatto lui e sarete sulla giusta strada per andarci anche voi".
Se Tizio non sta in Paradiso o se ci sta malgrado certi suoi aspetti (di cui si è pentito) e NON grazie ad essi aspetti, vuol dire imbrogliare i fedeli e, invece che aiutarli a salvarsi, porre ostacoli sulla via della loro salvezza.
Es: i montiniani diffondono, presentandolo come perla di saggezza, il seguente aforisma attribuito (spero per a lui a torto) a Montini:"Oggi non è più tempo di maestri, bensì di testimoni". In questa frase poetica, che sembra tanto bella, è contenuto tutto ciò che Amerio chiamava"La dislocazioe della MONOTRIADE". Ovvero il (presunto) primato dello Spirito Santo sul Verbo. Cioè che l'amore conta più della conoscenza. Come si fa ad amare ciò che non si conosce?!?
Tutte le distruzioni del Post-Concilio, in primis quelle del bergoglismo, sono contenute in nuce in quell'aforisma. Anzi, peggio ancora, vi è contenuta la vittoria finale della filosofia del DIVENIRE, su quella dell'ESSERE . Eraclito ed Hegel (per tacer di Marx ) vi celebrano il loro trionfo su Aristotele e San Tommaso.
Che ci sia un santo per ogni gusto (manco si parlasse di gelato) nell'ammodernata chiesa attuale ormai comincia a infastidire anche me. Teniamo presente però che la Siccardi riporta una frase nella sua biogr.su Montini in cui egli dice "prima di Roncalli dovrebbero canonizzare Pacelli". Ovviamente è stato clamorosamente smentito da questa chiesa capovolta in cui fra qualche tempo qualcuno farà santo anche Charamsa..
«Forse il Signore mi ha chiamato a questo servizio non già perché io abbia qualche attitudine o io governi e salvi la Chiesa dalle sue presenti difficoltà, ma perché io soffra qualcosa per la Chiesa e sia chiaro che Cristo, non altri, la guida e la salva. […] Il Papa ha le pene, che gli provengono anzitutto dalla propria insufficienza umana, quale ad ogni istante si trova di fronte e quasi in conflitto con il peso enorme e smisurato dei suoi doveri e della sua responsabilità. Ciò arriva talvolta sino all’agonia». Paolo VI
Il Papa possiede la grazia di Cristo per governare e anche salvare la Chiesa. Questo non significa che è il Papa a salvare la Chiesa, ma che il Papa fa la voluntà del suo Signore Gesù Cristo. Non ha senso Cristo avere fondato la sua Chiesa sul Pietro per Pietro non essere la Pietra, non ha senso investire il Papa dei poteri perchè Lei soffra e che sia chiaro che Cristo, e non altri, che la guida e la salva. Diversi pontifice hanno guidato e salvato la Chiesa, questo mai è significato che sono stati loro e non Cristo che ha guidato e salvato la Chiesa. Parole rivelatrice queste di Paolo VI, no?
Niente in queste parole ricordano le parole di Pio XII nella Summi Pontificatus:
"Come vicario di Colui, il quale in un'ora decisiva, dinanzi al rappresentante della più alta autorità terrena di allora, pronunziò la grande parola: «Io sono nato e venuto al mondo per render testimonianza alla verità; chiunque sta per la verità ascolta la mia voce» (Gv 18,37), Noi di nulla Ci sentiamo più debitori al Nostro ufficio, e anche al nostro tempo, come di «rendere testimonianza alla verità». Questo dovere, adempiuto con apostolica fermezza, comprende necessariamente l'esposizione e la confutazione di errori e di colpe umane, che è indispensabile conoscere, perché sia possibile la cura e la guarigione: «Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi» (Gv 8,32). Nell'adempimento di questo Nostro dovere, non Ci lasceremo influenzare da terrene considerazioni, né Ce ne tratterremo per diffidenze e contrasti, per rifiuti e incomprensioni, né per timore di misconoscimenti e di false interpretazioni. Ma lo faremo sempre animati da quella paterna carità che, mentre soffre dei mali che travagliano i figli, indica loro il rimedio, sforzandoCi cioè di imitare il divino modello dei pastori, il buon pastore Gesù, che è luce insieme e amore: «Seguendo il vero con amore» (Ef 4,15)".
Quanta differenza! E Paolo VI già è beato, ma il Santo Padre Pio XII, no...
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