Ancora una volta Sandro Magister interviene nell'agone mediatico con puntuale attenzione alle questioni sul tappeto, ospitando contributi di studiosi accreditati [qui].
Oggi si tratta della vexata quaestio sull'applicazione dell'Esortazione post-sinodale Amoris laetitia in seguito alle indicazioni ai sacerdoti da parte dei vescovi argentini della regione di Buenos Aires in ordine al punto cruciale della comunione ai divorziati risposati, che ha fatto scalpore anche per effetto della lettera con cui il papa le ha canonizzate affermando: "spiegano esaurientemente il senso del capitolo VIII di Amoris laetitia" e "non ci sono altre interpretazioni".
Lo scalpore sarebbe dovuto rientrare perché è stato dichiarato che i testi dovevano rimanere riservati e che quello dei vescovi non era ancora nella stesura definitiva. E tuttavia, come già avevamo osservato qui, erano stati in qualche modo ufficializzati sia da Il Sismografo che da L'Osservatore Romano, che ne hanno così confermata l'autenticità, sia pure per via tortuosa e in alcuni casi da discernere, come rileva Magister. Da qui nasce la riflessione che segue.
Potete trovare qui l'indice agli articoli sull'AL.
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QUEL SINGOLARE "DISCERNIMENTO" MADE IN BUENOS AIRES
di Guido Ferro Canale
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Il punto merita attenzione, perché il termine "discernimento" può essere impiegato in due accezioni distinte.
Nella sfera morale, la coscienza applica i princìpi morali “mediante un discernimento pratico delle ragioni e dei beni” nelle diverse situazioni (Catechismo della Chiesa cattolica, n. 1780).
Nella vita di grazia, assistita dai lumi soprannaturali dello Spirito Santo, “il discernimento smaschera la menzogna della tentazione: apparentemente il suo oggetto è ‘buono, gradito agli occhi e desiderabile’ (Gn 3, 6), mentre, in realtà, il suo frutto è la morte” (Catechismo della Chiesa cattolica, n. 2487).
Il discernimento prospettato dai vescovi argentini e approvato dal papa è costruito e presentato come un esempio della prima accezione. Ma contrasta in modo stridente con le esigenze della seconda.
Gli "Esercizi spirituali" di sant'Ignazio menzionano spesso il “discernimento degli spiriti”, necessario per comprendere quali pensieri e ispirazioni vengano da Dio, e quali dal diavolo o dalla volontà cattiva del singolo.
Le regole pratiche sono esposte nei nn. 314-36. Ciascuna di esse merita di essere meditata, ma particolarmente quelle sulla tentazione che si presenta sotto apparenza di bene, con pensieri che all’inizio sono buoni e santi, ma che a poco a poco, nel loro corso, prendono una piega non retta:
"Se il principio, mezzo e fine è tutto buono e tende a ogni bene, è segno di angelo buono; ma se nel corso dei pensieri suggeriti si va a finire in qualche cosa cattiva o distrattiva o meno buona di quella che l’anima si era prima proposta di fare, o la infiacchisce o inquieta, o conturba l’anima, togliendo la sua pace, tranquillità e quiete che prima aveva, è chiaro segno che questo procede dal cattivo spirito, nemico del nostro progresso e salvezza eterna” (n. 333).
Il discernimento prospettato dai vescovi argentini comincia egregiamente. Si apre con un fedele in atteggiamento penitente, intenzionato a riesaminare tutta la propria esistenza alla luce del Vangelo e a mettere in pratica la virtù della carità (cfr. il n. 3 del testo).
Prosegue affermando che, anche quando non vi sia l’impegno del divorziato risposato a vivere in continenza, in certi casi l’accesso ai sacramenti può essere consentito e può aiutare il fedele a progredire spiritualmente, a “seguir madurando y creciendo con la fuerza de la gracia” (n. 6).
Ma – e qui sta il punto – omette proprio una verifica di questo auspicato progresso spirituale. Le circostanze indicate ai nn. 7 e 8 si riferiscono tutte al passato, al fallimento del rapporto precedente, tranne il caso-limite di chi presenti la nuova situazione “come se fosse parte dell’ideale cristiano”: ma costui, di sicuro, non è un penitente!
Sant'Ignazio ci avverte che esiste la possibilità concreta che buoni pensieri e rette intenzioni, nel loro progressivo svolgimento, rivelino un’origine non buona e non santa. Questo può valere anche per il desiderio di ricevere i sacramenti, soprattutto se non è accompagnato dalla contrizione, che, se vera, viene sempre da Dio.
Un vero discernimento dovrebbe includere – e ingiungere al confessore o al direttore spirituale – la revisione della scelta di ammettere il divorziato risposato alla comunione eucaristica sebbene continui a vivere in una situazione di peccato grave (ritenuto non mortale), se "ex post" si vede che egli si impigrisce spiritualmente, sviluppa un attaccamento crescente al peccato, non progredisce verso l’osservanza piena della legge di Dio, ma piuttosto se ne allontana.
Giustamente, i vescovi argentini notano che non si deve parlare di “permesso” di accedere ai sacramenti, ma di un processo di discernimento (n. 1).
Però, di fatto, propongono qualcosa che o non è un processo, o non è discernimento.
Infatti, o bisogna badare soltanto alle circostanze che hanno fatto sorgere la “situazione irregolare”: e allora non si ha un processo, ma un’assoluzione sacramentale impartita una volta per tutte, di fatto un “permesso”.
Oppure si continua a seguire la vita religiosa e spirituale dell’interessato, cercando di favorirne la crescita – e in questo senso vi è un processo – ma, ignorando la natura stessa dell’uomo decaduto, non si fa spazio al discernimento ignaziano. Che questo sia presupposto ma taciuto non mi sembra plausibile.
In un mondo, anche cattolico, sempre più convinto che le buone intenzioni giustifichino tutto e portino sempre al bene, si può senz’altro concordare sulla necessità e l’urgenza di tornare a saper discernere, sull’importanza di quest’arte che troppi pastori ignorano o trascurano.
Ma se l’ideale di discernimento inteso da Jorge Mario Bergoglio coincide con quanto sembra emergere dai "Criteri" dei vescovi argentini, sarà lecito domandarsi, con una certa preoccupazione, fino a che punto questo ex-superiore provinciale della Compagnia di Gesù abbia appreso le lezioni di quel maestro di ascetica che è sant'Ignazio di Loyola.
6 commenti:
L'esame di coscienza serale dovrebbe essere pratica quotidiana del cattolico, per quel che io ne so. Nessun sacerdote mi ha mai fatto una domanda specifica in merito. Mai. Evidentemente questo esame non è tenuto in gran conto per uno sviluppo del discernimento, sia da parte dei chierici sia da parte dei fedeli. Bene, quindi ogni cattolico si avvia a discernere i fatti della vita con una coscienza non addestrata.
A che cosa si appoggerà la coscienza cattolica per discernere? Al così fan tutti! Oppure al, io faccio il contrario!Quindi non parliamo assolutamente di discernimento nè tanto meno di coscienza e men che meno del tanto meno di coscienza personale. Prima di affrontare le profondità abissali dell'AL e le sue vette di sabbia socio-sesso-psico, cerchiamo di lavorare su questo punto del catechismo che chiama in discussione tutto il popolo di Dio, uno per uno, e tutta la sparuta truppa dei sacerdoti maratoneti tra cento altari e confessionali. E' questo infatti argomento evergreen, al passo di tutti i tempi, da molto prima che Berta filasse,fino al radioso futuro che ci attende attrezzati a puntino con tutto l'high tech aggiornato.
Non sono un teologo ma mi sembra ci sia una bella e sostanziale differenza tra il "Va e non peccare più" di Gesù e il nuovo "Va e continua pure" di Bergoglio così come c'è una bella differenza tra il "Convertitevi" di Gesù e il nuovo "Rimanete dove siete" di Bergoglio.
"Sorpresine dello Spirito" o scherzi da prete?
Miles
OT Preghiera di Camillo Langone: più ortodossa di quella di tanti, troppi sedicenti pastori della neochiesa postconciliare.
https://apostatisidiventa.blogspot.it/2016/09/la-fiera-campionaria-del-sacro.html#more
10,11 E disse loro: «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un'altra, commette adulterio verso di lei;
Mc 10,12 e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio
gentile mic ,questo insegnamento dunque è stato cambiato da bergoglio si o no?
vi ringrazio
fabio
Perche' nel 1986 non si e' potuto dire "NO" alla comune di Sant'Egidio ?
Vorrei semplicemente dire qui il mio sentito grazie ai vaticanisti che, malgrado il clima pesantemente enfatico e idolatrico che circonda ogni passo, parola o azione di Jorge Bergoglio, non sono caduti il 13 marzo 2013 nel calderone inebriante che ha fatto perdere a molti il buon senso, la ragionevolezza, la distanza e la lucidità che dovrebbe guidarli nel loro lavoro.
In Italia non sono molti ma ci sono, penso a Sandro Magister, a Marco Tosatti, a Giuseppe Rusconi, recentemente Aldo Maria Valli, a chi scrive sulla Bussola Quotidiana, e mi scuso con chi dimentico in questo momento, con le loro analisi, informazioni, ricerche, ci fanno sentire meno soli.
Grazie.
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