Prima salus est, rectae fidei regulam custodire
(IV Concilio di Costantinopoli, 869-870).
Errore invincibile è quello che una persona non è soggettivamente in grado di correggere perché non ne ha i mezzi o l’opportunità, pur avendone, in quanto essere ragionevole, la capacità oggettiva; la sua causa è quindi una situazione contingente che non dipende dalla volontà dell’individuo.
Diverso è il caso dell’ignoranza crassa, dovuta a inadempienze od omissioni che una coscienza lassa giustifica o tollera a torto come insuperabili, quando invece basterebbe molto poco per accertare la verità. In una società dominata da mezzi di comunicazione di massa che impongono un’informazione ingannevole e sono strumento di manipolazione collettiva, l’errore invincibile è inevitabilmente abbastanza comune, anche se è diventato molto più agevole, grazie alla Rete, accedere a fonti alternative (di cui non sempre è certa, tuttavia, l’attendibilità). Che dire, però, se l’opera di mistificazione non riguarda unicamente i fatti del mondo, ma si estende alla fede e alla morale, coinvolgendo i cattolici e i loro Pastori?
Diverso è il caso dell’ignoranza crassa, dovuta a inadempienze od omissioni che una coscienza lassa giustifica o tollera a torto come insuperabili, quando invece basterebbe molto poco per accertare la verità. In una società dominata da mezzi di comunicazione di massa che impongono un’informazione ingannevole e sono strumento di manipolazione collettiva, l’errore invincibile è inevitabilmente abbastanza comune, anche se è diventato molto più agevole, grazie alla Rete, accedere a fonti alternative (di cui non sempre è certa, tuttavia, l’attendibilità). Che dire, però, se l’opera di mistificazione non riguarda unicamente i fatti del mondo, ma si estende alla fede e alla morale, coinvolgendo i cattolici e i loro Pastori?
Effettivamente, dopo il Concilio Vaticano II anche un cattolico e perfino un religioso o un sacerdote può essere in errore invincibile, cioè credere una falsa dottrina pur essendo in buona fede. Lo sviamento causato dalle ambiguità e dagli errori introdotti in alcuni testi conciliari può essere un castigo per chi è tiepido o incline al compromesso; ma per chi ama sinceramente Dio e lo serve fedelmente? In questo secondo caso è un vaglio con cui Dio lo prova per separarlo dalla pula. Il dramma si verifica se un fedele – anche di media cultura religiosa, come un insegnante – dà il suo assenso interiore a novità dottrinali perché è l’autorità ecclesiastica ad insegnarle, ciò che in effetti è successo: non ne sarà colpevole (a motivo della fiducia che gli è stato insegnato a riporre in essa) o ne sarà colpevole solo in parte (qualora abbia avuto i mezzi spirituali e intellettuali per prenderne le distanze e non ne abbia fatto l’uso dovuto), ma in ogni caso, oggettivamente, cadrà in errore – e questo errore determinerà le sue scelte.
La prima necessità, per un cristiano, è quindi che la sua fede sia retta, cioè aderente alla verità rivelata da Dio e costantemente insegnata dalla Chiesa: la salvezza consiste innanzitutto – insegna l’ottavo Concilio ecumenico, citato dal Concilio Vaticano I nella Costituzione dogmatica Pastor aeternus – nel custodire la regola della retta fede. Solo questa fede ci consente di essere realmente uniti a Cristo con la grazia santificante e di esercitare la carità soprannaturale. Il Signore ci sta passando al vaglio nel senso che ci mette singolarmente davanti a una scelta: o manteniamo ferma l’immutabile professione di fede che ci è stata trasmessa o acconsentiamo alle novità dottrinali. Questa scelta è possibile a tutti e lo Spirito Santo aiuta a compierla chi ha una coscienza retta. Le opere buone, per essere veramente tali, presuppongono la retta fede. Posta questa condizione imprescindibile, non a tutti è richiesto di esercitare le virtù in grado eroico; viceversa, se uno esercita le virtù in modo eminente, ma non ha la retta fede, esse non hanno valore soprannaturale, quindi non accrescono la sua santità… a meno che non sia in errore invincibile. Che succede in questo caso? È un fatto inedito di non facile discernimento.
Nei processi di beatificazione e canonizzazione si accerta anzitutto la retta fede del candidato sulla base dei suoi scritti e dei suoi discorsi; anche un’ombra o un sospetto in questo ambito costituisce un discrimine e può determinare un reponatur. Una volta accertata l’ortodossia, si passa all’esame delle opere e delle virtù. Nella vita dei Santi, poi, un segno inequivocabile del loro alto grado di unione con Cristo sono normalmente i miracoli (fra cui le guarigioni inspiegabili dal punto di vista naturale), anche se si tiene conto soltanto di quelli compiuti post mortem. Detto questo, lasciamo evidentemente il giudizio alla competente autorità ecclesiastica, ma non possiamo certo ignorare affermazioni contrarie alla fede che non possono essere giustificate dal contesto, ma al massimo spiegate nel clima generale di deviazione dalla fede autentica. I nemici di Dio, in ogni caso, sono stati così abili e subdoli da mettere in crisi l’attività con cui la Chiesa propaga la salvezza e da inficiare proprio il mezzo di evangelizzazione più potente, ossia la santità.
I mali di oggi, del resto, non sono certo scoppiati di colpo o dal nulla. Se un concilio dichiara che «la Chiesa Cattolica nulla rigetta di quanto è vero e santo» nelle religioni umane, considerando «con sincero rispetto quei modi di agire e di vivere, quei precetti e quelle dottrine che, quantunque in molti punti differiscano da quanto essa stessa crede e propone, tuttavia non raramente riflettono un raggio di quella verità che illumina tutti gli uomini» (Nostra aetate, 2), per qual motivo è tenuta ad annunciare Cristo agli altri? Solo perché in Lui «gli uomini devono trovare la pienezza della vita religiosa» senza esser prima liberati dalle tenebre delle false credenze e dal giogo del peccato, quasi fosse una mera questione di misura in cui si conosce e aderisce a Dio, che sarebbe già noto e amato da chi è pur in errore? Sa molto di gnosi… E perché mai i non cristiani dovrebbero convertirsi alla fede cattolica, visto che la Chiesa «esorta i suoi figli affinché, con prudenza e carità, per mezzo del dialogo e della collaborazione con i seguaci delle altre religioni, sempre rendendo testimonianza alla fede e alla vita cristiana [un colpo al cerchio e uno alla botte], riconoscano, conservino e facciano progredire i valori spirituali, morali e socio-culturali che si trovano in esse»?
Se è vero che «nell’induismo gli uomini scrutano il mistero divino e lo esprimono con l’inesauribile fecondità dei miti e con i penetranti tentativi della filosofia», cercando «la liberazione dalle angosce della nostra condizione sia attraverso forme di vita ascetica, sia nella meditazione profonda, sia nel rifugio in Dio con amore e confidenza», come mai quella religione costringe turbe innumerevoli alla miseria più nera, per giunta colpevolizzandole perché la loro situazione sarebbe frutto di peccati commessi in una vita precedente? E visto che «nel buddismo, secondo le sue varie scuole, viene riconosciuta la radicale insufficienza di questo mondo mutevole e si insegna una via per la quale gli uomini, con cuore devoto e confidente, siano capaci di acquistare lo stato di liberazione perfetta o di pervenire allo stato di illuminazione suprema per mezzo dei propri sforzi o con l’aiuto venuto dall’alto», perché non ci mettiamo tutti a praticare lo yoga, così da essere perfettamente liberati mediante un’alienazione mentale e supremamente illuminati da Lucifero?
Com’è possibile che duemilacinquecento vescovi abbiano firmato una castroneria del genere e che un papa l’abbia promulgata con l’autorità del Successore di Pietro? Com’è possibile che centinaia di milioni di cattolici, compresi chierici e religiosi, abbiano tranquillamente trangugiato tali palesi e grossolane menzogne, senza nemmeno chiedersi come mai il catechismo aveva sempre insegnato il contrario? Com’è possibile che Dio abbia permesso una simile catastrofe morale e spirituale nella Sua vigna diletta, in cui ci sono monaci, preti e suore che praticano e insegnano la meditazione orientale, contraendo e facendo contrarre infestazioni maligne? La sola risposta plausibile a questa domanda è contenuta nella visione di Leone XIII, ricevuta il 13 ottobre 1884 (esattamente trentatré anni prima dell’ultima apparizione mariana a Fatima). Con la permissione divina, Satana è libero, per cento anni, di compiere tutto il male di cui è capace per distruggere, se possibile, la santa Chiesa di Cristo – e una pioggia di demòni si è abbattuta sulla sede petrina.
Nella confusione generale di quest’ultimo mezzo secolo, chi ha evitato le trappole o ne è venuto fuori lo deve alla grazia, ad una grazia inestimabile di cui deve rendere grazie giorno e notte. Nulla, dunque, faccia mai vacillare la speranza: è una delle più sottili e dannose tentazioni del demonio. Confidiamo invece nel Cuore immacolato di Maria: la Madonna non permette che si smarrisca nella fede chi Le si è consacrato, e gli ottiene tutte le grazie necessarie per santificarsi con l’esercizio di una vera carità (che richiede anche, beninteso, lo sforzo personale). La prima forma di amore è cercare di aprire gli occhi a chi è disposto a lasciarseli aprire. È dai frutti che si riconosce l’albero: se il risultato è un’apostasia nascosta, ma reale, il Concilio Vaticano II, salvato il salvabile, non può essere accolto nella sua interezza, né tanto meno se ne può esigere il riconoscimento come conditio sine qua non per esercitare legittimamente il sacro ministero nella Chiesa Cattolica. Si convertano piuttosto coloro che ancora oggi, mettendo a repentaglio la salvezza delle anime, traviano il popolo cristiano, a cominciare dal loro capo.
La prima necessità, per un cristiano, è quindi che la sua fede sia retta, cioè aderente alla verità rivelata da Dio e costantemente insegnata dalla Chiesa: la salvezza consiste innanzitutto – insegna l’ottavo Concilio ecumenico, citato dal Concilio Vaticano I nella Costituzione dogmatica Pastor aeternus – nel custodire la regola della retta fede. Solo questa fede ci consente di essere realmente uniti a Cristo con la grazia santificante e di esercitare la carità soprannaturale. Il Signore ci sta passando al vaglio nel senso che ci mette singolarmente davanti a una scelta: o manteniamo ferma l’immutabile professione di fede che ci è stata trasmessa o acconsentiamo alle novità dottrinali. Questa scelta è possibile a tutti e lo Spirito Santo aiuta a compierla chi ha una coscienza retta. Le opere buone, per essere veramente tali, presuppongono la retta fede. Posta questa condizione imprescindibile, non a tutti è richiesto di esercitare le virtù in grado eroico; viceversa, se uno esercita le virtù in modo eminente, ma non ha la retta fede, esse non hanno valore soprannaturale, quindi non accrescono la sua santità… a meno che non sia in errore invincibile. Che succede in questo caso? È un fatto inedito di non facile discernimento.
Nei processi di beatificazione e canonizzazione si accerta anzitutto la retta fede del candidato sulla base dei suoi scritti e dei suoi discorsi; anche un’ombra o un sospetto in questo ambito costituisce un discrimine e può determinare un reponatur. Una volta accertata l’ortodossia, si passa all’esame delle opere e delle virtù. Nella vita dei Santi, poi, un segno inequivocabile del loro alto grado di unione con Cristo sono normalmente i miracoli (fra cui le guarigioni inspiegabili dal punto di vista naturale), anche se si tiene conto soltanto di quelli compiuti post mortem. Detto questo, lasciamo evidentemente il giudizio alla competente autorità ecclesiastica, ma non possiamo certo ignorare affermazioni contrarie alla fede che non possono essere giustificate dal contesto, ma al massimo spiegate nel clima generale di deviazione dalla fede autentica. I nemici di Dio, in ogni caso, sono stati così abili e subdoli da mettere in crisi l’attività con cui la Chiesa propaga la salvezza e da inficiare proprio il mezzo di evangelizzazione più potente, ossia la santità.
I mali di oggi, del resto, non sono certo scoppiati di colpo o dal nulla. Se un concilio dichiara che «la Chiesa Cattolica nulla rigetta di quanto è vero e santo» nelle religioni umane, considerando «con sincero rispetto quei modi di agire e di vivere, quei precetti e quelle dottrine che, quantunque in molti punti differiscano da quanto essa stessa crede e propone, tuttavia non raramente riflettono un raggio di quella verità che illumina tutti gli uomini» (Nostra aetate, 2), per qual motivo è tenuta ad annunciare Cristo agli altri? Solo perché in Lui «gli uomini devono trovare la pienezza della vita religiosa» senza esser prima liberati dalle tenebre delle false credenze e dal giogo del peccato, quasi fosse una mera questione di misura in cui si conosce e aderisce a Dio, che sarebbe già noto e amato da chi è pur in errore? Sa molto di gnosi… E perché mai i non cristiani dovrebbero convertirsi alla fede cattolica, visto che la Chiesa «esorta i suoi figli affinché, con prudenza e carità, per mezzo del dialogo e della collaborazione con i seguaci delle altre religioni, sempre rendendo testimonianza alla fede e alla vita cristiana [un colpo al cerchio e uno alla botte], riconoscano, conservino e facciano progredire i valori spirituali, morali e socio-culturali che si trovano in esse»?
Se è vero che «nell’induismo gli uomini scrutano il mistero divino e lo esprimono con l’inesauribile fecondità dei miti e con i penetranti tentativi della filosofia», cercando «la liberazione dalle angosce della nostra condizione sia attraverso forme di vita ascetica, sia nella meditazione profonda, sia nel rifugio in Dio con amore e confidenza», come mai quella religione costringe turbe innumerevoli alla miseria più nera, per giunta colpevolizzandole perché la loro situazione sarebbe frutto di peccati commessi in una vita precedente? E visto che «nel buddismo, secondo le sue varie scuole, viene riconosciuta la radicale insufficienza di questo mondo mutevole e si insegna una via per la quale gli uomini, con cuore devoto e confidente, siano capaci di acquistare lo stato di liberazione perfetta o di pervenire allo stato di illuminazione suprema per mezzo dei propri sforzi o con l’aiuto venuto dall’alto», perché non ci mettiamo tutti a praticare lo yoga, così da essere perfettamente liberati mediante un’alienazione mentale e supremamente illuminati da Lucifero?
Com’è possibile che duemilacinquecento vescovi abbiano firmato una castroneria del genere e che un papa l’abbia promulgata con l’autorità del Successore di Pietro? Com’è possibile che centinaia di milioni di cattolici, compresi chierici e religiosi, abbiano tranquillamente trangugiato tali palesi e grossolane menzogne, senza nemmeno chiedersi come mai il catechismo aveva sempre insegnato il contrario? Com’è possibile che Dio abbia permesso una simile catastrofe morale e spirituale nella Sua vigna diletta, in cui ci sono monaci, preti e suore che praticano e insegnano la meditazione orientale, contraendo e facendo contrarre infestazioni maligne? La sola risposta plausibile a questa domanda è contenuta nella visione di Leone XIII, ricevuta il 13 ottobre 1884 (esattamente trentatré anni prima dell’ultima apparizione mariana a Fatima). Con la permissione divina, Satana è libero, per cento anni, di compiere tutto il male di cui è capace per distruggere, se possibile, la santa Chiesa di Cristo – e una pioggia di demòni si è abbattuta sulla sede petrina.
Nella confusione generale di quest’ultimo mezzo secolo, chi ha evitato le trappole o ne è venuto fuori lo deve alla grazia, ad una grazia inestimabile di cui deve rendere grazie giorno e notte. Nulla, dunque, faccia mai vacillare la speranza: è una delle più sottili e dannose tentazioni del demonio. Confidiamo invece nel Cuore immacolato di Maria: la Madonna non permette che si smarrisca nella fede chi Le si è consacrato, e gli ottiene tutte le grazie necessarie per santificarsi con l’esercizio di una vera carità (che richiede anche, beninteso, lo sforzo personale). La prima forma di amore è cercare di aprire gli occhi a chi è disposto a lasciarseli aprire. È dai frutti che si riconosce l’albero: se il risultato è un’apostasia nascosta, ma reale, il Concilio Vaticano II, salvato il salvabile, non può essere accolto nella sua interezza, né tanto meno se ne può esigere il riconoscimento come conditio sine qua non per esercitare legittimamente il sacro ministero nella Chiesa Cattolica. Si convertano piuttosto coloro che ancora oggi, mettendo a repentaglio la salvezza delle anime, traviano il popolo cristiano, a cominciare dal loro capo.
16 commenti:
Apprendo che a Roma, con uno stille alla Circo Togni, s'è celebrata la prima unione (in)civile. Mica è vero che è la prima: già Nerone nel 66 sposò il liberto Sporo. Quale miglior patrono per codesti scellerati?! Il guaio più grande però è che al tempo del Cesare c'erano i Principi degli Apostoli e i loro discepoli a frenare l'azione dei demoni,mentre oggi c'è Bergoglio che non si immischia e pensa ai profughi.
Cercando un linguaggio ancora comune (in questo vaglio al quale siamo sottoposti e che determina penose lacerazioni nel tessuto ecclesiale) dobbiamo davvero esercitare "l'opzione preferenziale per i poveri" tanto cara ai paladini nel "nuovo corso".
Povero è colui che manca di qualcosa, ma gli ambiti possono essere molti e diversi tra loro. A qualcuno mancano beni economici (soldi, lavoro, casa); ad altri risorse umane (salute, talento, istruzione); ad altri manca relazione (amore, cura, rispetto); e poi possono mancare i beni spirituali (le virtù teologali, quelle cardinali e l'umiltà)...
E' povero chi ha tutti i beni materiali, ma è solo o malato.
E' povero anche chi non ha niente (soldi, casa, lavoro), anche se ha gli altri e la salute.
E' povero chi deve forzatamente abbandonare la propria terra e le proprie tradizioni.
E' povero chi le abbandona per libera scelta, dissolvendo un'educazione e una cultura.
E' povero chi è nel peccato e non sa nemmeno di poter essere perdonato, vivendo inacidito.
E' povero chi nel peccato non chiede perdono, ma solo che perseverare gli sia consentito.
E' povero anche chi sa offrire la propria croce, ma di più chi la porta ritenendola assurda.
Ci sono tante povertà quante sono le esperienze umane, nella carne e nello spirito.
Il peccato rende poveri e sempre più poveri.
Chi ruba soldi arricchisce, ma impoverisce nell'anima; il suo prossimo è derubato dei soldi.
Ogni falsità genera povertà perchè ruba Verità, in buona e in cattiva fede.
Per questo il Verbo fattosi carne ci dice che "i poveri li avremo sempre con noi".
Ma non sempre avremo Lui!
Cioè saremo dei miseri poveri o vedremo dei miseri poveri senza che Lui guarisca e liberi.
Prendendo carne umana in Gesù, Dio ha condiviso la nostra povertà.
E' nato senza una casa, minacciato ha dovuto lasciare il proprio territorio, è rimasto orfano del padre Giuseppe, si spostava a piedi, "non aveva dove posare il capo", l'hanno osteggiato, insultato, tradito, accusato ingiustamente, abbandonato e giustiziato...
Eppure non è quello "il problema"... La povertà Gesù la mette in conto. Viene dal peccato e Lui è venuto a redimerci. Sa benissimo la gravità della malattia e i rischi da correre aggirandosi per il Lazzaretto dell'umanità, costituita anche da quelli che lo odiano.
Gesù insegna a non peccare, a convertirsi, a contare sulla misericordia chiedendo perdono.
Gesù traccia un percorso di "rinnegamento di se stessi" per "rinascere dall'alto", trasformati dalla grazia, liberati dal modo di ragionare "secondo il mondo", sganciati da una logica materiale e psichica destinata alla morte, credendo a Lui che è vita eterna.
Tutto l'annuncio cristiano dice questo. Salvo fare dei poveri un idolo e di altri uomini (che si credono meno poveri o temporaneamente più beneficiati dalle circostanze) gli attori principali di una "resurrezione" umanitario-filantropica, dovuta al progresso dei saperi.
Uomini così, equo-solidali, possono mettere insieme il sapere e il fare, persino il credere, per realizzare l'utopia di debellare la povertà... Restringendo lo sguardo a certe povertà.
Non è povero il bambino abortito. E' un "diritto della salute riproduttiva".
Non è povero il vecchio eutanasizzato. E (oggi in Belgio) nemmeno il bambino.
Non è povero chi sarà libero di esercitare il diritto di divorziare.
E siccome ci vuole troppo tempo, è un diritto accelerare le pratiche di separazione...
Non è povero chi vede spazzata via una storia, dato che il progresso non deve avere limiti.
Non è povero Gesù trascurato in un tabernacolo, presente in un'ostia consacrata.
Emarginato dalla Chiesa che guarda ai poveri e che è impoverita di senso, mentre celebra se stessa, mettendo al centro l'uomo... Ecco la trappola che ha avuto il maggior successo.
Tutto qui...
Non a caso, traducendo dall'originale greco del Vangelo, i "poveri in spirito" (beati, perché di essi è il regno dei cieli) che sono i "poveri a cui si riferisce Gesù, si traduce con una intera frase (peculiarità e ricchezza semantica del termine):
"coloro che riconoscono di essere poveri e chiedono aiuto"
Molteplice condizione:
- essere poveri (non materialmente, in spirito -> to pnéumati)
- riconoscere di esserlo
- riconoscersi per questo bisognosi di aiuto
- avere l'umiltà di chiederlo
Tutto questo essersi premurati dell'aggiornamento è dipeso, a mio parere, dal fatto che molti non avevano più fatta propria la Fede. Vi ricordate quando l'insegnante spronava a ripetere con parole "nostre" la lezione? Ripetere con parole proprie significa: 1)aver capito nel suo insieme ogni parola del testo; 2)averne colto lo sviluppo logico, argomentativo;3) essere in grado di conoscere oltre al significato della maggior parte dei vocaboli anche alcuni dei loro sinonimi; 4)passare per la tanto disprezzata ripetizione a memoria che imprime il significato delle parole e la scaletta delle argomentazioni; 5)quando questa fase è stata ben ruminata e digerita si ridesta anche un interesse per approfondimenti,collegamenti, riscontri nella vita propria ed altrui, una verifica personale; 6)quando anche il punto 5 è stato eseguito allora e solo allora è possibile ripetere con le proprie parole; 7)parole che sgorgano da una conoscenza approfondita e dal proprio patrimonio personale.
L'aggiornamento è stato un inganno mentale: ogni sacerdote è, per forza di cose aggiornato sul suo tempo, perchè è nato nel suo tempo, quindi poco o tanto lo conosce naturalmente. Il suo compito è ridire la fede. Molti sanno che in Inghilterra i "classici" dell'antichità sono ridetti, retold, per metterli a disposizione di tutti. Ed anche sunteggiati.Il compito, a mio avviso, dei chierici, essendo anche insegnanti per dovere di ufficio, è quello di dire la fede con le loro parole, sunteggiando i grandi Testi, e/o facendone una scelta antologica chiara. Quindi direi che ci sono stati dei fraintendimenti, si è presa roma per toma, fischi per fiaschi. Nel 1959 bisognava forse tonificare seminari, università ed Istituti religiosi e accertarsi che tutti avessero il materiale necessario e il tempo per istruirsi nella propria Fede. Ad esempio San Tommaso era stato dichiarato da PioX obbligatorio, è vero? Cosa è successo nel mentre?
Allora questo benedetto concilio Vaticano II, che ha lasciato dietro di sè una montagna di parole chiarificatrici che non hanno chiarito l'ambiguità per cui sono state spese, direi che non ha dato buoni frutti.Siamo su un binario morto, davanti ad un monte invalicabile di parole che si sono divorate il Sì,sì e il No,no.
Al tempo del Cesare...
A parte il fatto che il corrotto e pazzo Cesare "sposo'" il liberto per sozza burla, al tempo del Cesare c'era anche un Senato che condanno' a morte Nerone, costringendolo a suicidarsi poco prima di essere catturato.
Don Elia, la ringrazio per l'ennesimo ottimo articolo.
Sono tuttavia perplesso sul fatto che, a causa degli errori conciliari, si possano avere, in buona fede, concezioni erronee della fede.
Mi sembra, parlando in generale, che si tiri in ballo troppo facilmente l'errore invincibile.
Non riesco a capire come persone di media cultura, battezzate (sensus fidei ) e "sante" possano farsi trarre in inganno da falsi insegnamenti.
Credo,anche, che molti di quelli così ossequiosi degli insegnamenti degli attuali pastori,papa compreso, sono gli stessi che contestavano gli insegnamenti dei papi precedenti( vedi Humanae Vitae).Penso,invece, che ci sia molta malizia e convenienza.
Antonio (Napoli)
Oggi è Padre Amorth, 'l'ultimo esorcista', un vero Sacerdote cattolico, di quelli vecchio stampo.
Il fumo maligno del Concilio Vaticano II ha infestato soprattutto i Sacerdoti in prima linea nella lotta al Demonio, quelli che ancora credono alla sua esistenza, che lo vedono all'opera e che lo scacciano in nome di Cristo, come facevano gli apostoli.
Vi prego di leggere questa intervista interessantissima e di leggerla tutta:
http://www.unavox.it/ArtDiversi/div014.htm#su
Esprime con la sua consueta chiarezza, con la sicurezza del vero Sacerdote e con grande amarezza, come il CVII, dopo aver accolto la richiesta di aggiornamento delle preghiere di esorcismo, avanzata dagli stessi e sparuti esorcisti, abbia poi letteralmente spuntato le loro armi, eliminando e vietando l'uso di esorcismi di dodici secoli, in latino.
Riporto alcuni stralci:
"...Il maleficio è un male causato a una persona ricorrendo al diavolo. E può essere fatto in diverse forme, come fatture, maledizioni, malocchi, vudù, macumba. Il Rituale romano spiegava come bisognasse affrontarlo. Il nuovo Rituale, invece, afferma categoricamente che c’è proibizione assoluta di fare esorcismi in questi casi. Assurdo. I malefici sono di gran lunga la causa più frequente delle possessioni e dei mali procurati dal demonio: non meno del 90 per cento.
È come dire agli esorcisti di non operare più..."
"...Io posso affermare con certezza che nessuno dei membri delle due commissioni ha mai fatto esorcismi né ha mai assistito ad esorcismi né ha mai avuto la più pallida idea di cosa sono gli esorcismi. Questo è l’errore, il peccato originale, di questo Rituale. Nessuno che vi ha collaborato era esperto di esorcismi..."
"...Invece noi esorcisti non siamo mai stati consultati. E, tra l’altro, i suggerimenti che abbiamo dato sono stati ricevuti con fastidio dalle commissioni. La storia è paradossale. Vuole che gliela racconti?..."
"...Siamo trattati malissimo. I confratelli sacerdoti che vengono incaricati di questo delicatissimo compito sono visti come dei matti, degli esaltati. In genere sono appena tollerati dagli stessi vescovi che li hanno nominati...."
E infine, uno dei più gravi effetti del CVII, il motivo per cui i Vescovi, che hanno potere assoluto in materia, li osteggiano:
"...Qual è il più grande successo di Satana?
AMORTH: Riuscire a far credere di non esistere. E ci è quasi riuscito. Anche all’interno della Chiesa.
Abbiamo un clero e un episcopato che non credono più nel demonio, negli esorcismi, nei mali straordinari che il diavolo può dare, e nemmeno nel potere che Gesù ha concesso di scacciare i demoni.
Da tre secoli la Chiesa latina, al contrario della Chiesa ortodossa e di varie confessioni protestanti, ha quasi del tutto abbandonato il ministero esorcistico.
Non praticando più esorcismi, non studiandoli più e non avendoli mai visti, il clero non ci crede più.
E non crede più nemmeno al diavolo.
Abbiamo interi episcopati contrari agli esorcismi. Ci sono nazioni completamente prive di esorcisti, come la Germania, l’Austria, la Svizzera, la Spagna e il Portogallo. Una carenza spaventosa...."
Mi fermo, ma leggetelo tutto.
Da "tre secoli" addirittura abbandonato il "ministero esorcistico" dalla Chiesa latina?
Mi sembra un'affermazione straordinaria? Ha detto proprio "tre secoli".
E quali sarebbero le "confessioni protestanti" che praticano gli esorcismi? Forse quella anglicana?
L'anima di P. Amorth è tornata alla Casa del Padre.
si è spento all'età di 91 anni l'eore dioltre 71mila esorcismi:
...A fronte di una visione non esclusivamente religiosa del fenomeno dell’esorcismo, Padre Amorth sottolineava il pericolo nella chiesa di sottovalutare questa battaglia contro forze occulte: «Abbiamo un clero e un episcopato – aveva dichiarato – che non credono più nel demonio, negli esorcismi, nei mali straordinari che il diavolo può dare, e nemmeno nel potere che Gesù ha concesso di scacciare i demoni».
Molti sono stati i libri in cui il sacerdote ha raccontato questa lotta tra Bene e Male con testimonianze ed esperienze vissuta in prima linea: tra questi, da ricordare è “Memorie di un esorcista – La mia vita in lotta contro Satana” in cui viene spiegato cos’è il maleficio e quali sono le preghiere per contrastarlo.
http://www.lultimaribattuta.it/52605_padre-amorth-lallarme-delleroe-di-oltre-71mila-esorcismi
Errori, misteri:
"Benedetto XVI e lo Ior, i conti non tornano"
di Riccardo Cascioli
http://www.lanuovabq.it/it/articoli-benedetto-xvie-lo-ior-i-conti-non-tornano-17425.htm
"Con Bergoglio trionfa lo "spirito di Assisi". Ma Ratzinger rovina la festa"
"Francesco replica l'incontro con uomini di tutte le religioni inaugurato da Giovanni Paolo II trent'anni fa. Ma le obiezioni dell'allora cardinale prefetto della dottrina sono tuttora vive. E ancor più radicali."
di Sandro Magister
http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1351375
Per Antonio di Napoli
Riguardo all'errore invincibile, mi riferisco alle persone in cui non c'è malizia, ma una fiducia spontanea (di per sé legittima e lodevole) nell'autorità ecclesiastica e nei suoi insegnamenti. La situazione del tutto inedita è che buona parte dei Pastori non insegna più la sana dottrina, abusando della fiducia dei fedeli. Non tutti hanno gli strumenti intellettuali per rendersi conto di tale mistificazione né gli argomenti per demolirla, qualora ne abbiano sentore.
Grazie,Don Elia.
Io mi riferivo,però, a quanti quelli strumenti dovrebbero pur averli, visto il livello medio di istruzione. E' il livello di fede che è,secondo me, colpevolmente troppo basso.
Diceva Pio XII che è dovere "grave" del credente approfondire le ragioni della fede, sia pure relativamente alle proprie possibilità.
Al tempo dell'eresia ariana proprio i fedeli difendevano la retta fede contro la maggioranza dei Vescovi.
La crisi di oggi è molto più grave, sempre secondo me, anche per il venir meno del sensus fidei.
Antonio
L'opera di mistificazione compiuta nella Chiesa in questi ultimi decenni è talmente sottile e invasiva che effettivamente ci possono essere ministri ordinati e fedeli di media cultura religiosa che sono in errore invincibile. Paradossalmente, oggi è proprio chi ha studiato che è più manipolato degli altri. Di fronte a Gesù e alla Sua parola bisogna porsi con cuore semplice e nel quadro della dottrina di sempre, senza leggere certi teologi e biblisti che deformano mentalmente chi li studia.
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