A seguito delle puntualizzazioni di cui al precedente articolo, Andrea Tornielli aveva manifestato disponibilità alla condivisione ed all'approfondimento; ma, dalla sua risposta inserita nel thread precedente e che per comodità di consultazione di chi legge inserisco in nota, sono costretta a registrare che egli si è limitato a dare una versione commestibile dei termini usati, senza tener conto dei contenuti dell'articolo, i quali richiederebbero ulteriori approfondimenti che questo strumento non favorisce, ma intanto avrebbero meritato una maggiore considerazione.
Il problema, per quanto mi riguarda, esula dal fatto se si "parla bene o male dei tradizionalisti", non mi riconosco in nessun "voi" non meglio identificato indicato come coloro "che si permettono di usare spesso linguaggi violenti" né mi interessa "distribuire patenti di eresia", cosa che non mi compete, ma la mia fede e la mia formazione conoscenza ed esperienza di Chiesa mi mette in condizione di riconoscerle, le eresie, se le incontro e, quindi, di rifiutarle. L'"analisi basata sui fatti" che Tornielli ribadisce, non appare propriamente una descrizione di fatti, ma una sua personale valutazione che non mi sembra sia andata oltre le sue simpatie e antipatie personali, più che legittime ma penso da oltrepassare quando, oltre a notizie, si divulgano idee e si parla di questioni di fede. Per me è importante che nella Chiesa si possa esprimere l'esperienza di fede tradizionale senza essere messi all'angolo o tacciati da nostalgici e via dicendo, per dar voce alle istanze spirituali più profonde che non credo siano solo le nostre, ma quelle di ogni uomo di buona volontà che non si accontenta delle briciole né dei surrogati.
Mi è parso di cogliere un 'nucleo' centrale (che espliciterò nella conclusione), in tutto l'excursus dell'articolo di Tornielli che, ripeto, liquida sommariamente e con luoghi comuni una componente della nostra Chiesa costituita da coloro che amano la Tradizione non solo conciliare, una componente articolata e viva pur se effettivamente minoritaria, in una realtà ecclesiale divenuta ai nostri giorni estremamente variegata, non tanto per effetto dei diversi carìsmi - che da sempre connotano le differenti 'famiglie' spirituali composte dagli Ordini Religiosi, che stanno a significare l'incommensurabile ricchezza del Signore al quale si rapportano -, quanto per le inclusioni di identità 'spurie', sedicenti carismatiche, che inquinano e oscurano le Verità di fede oltre a generare confusione e disorientamento.
Tutto ciò, secondo me, ha un solo nome:
confusione e deriva dal fatto che effettivamente
l'identità cattolica risulta per molti aspetti diluita se non frutto di mutazioni genetiche provocate appunto da
'inclusioni' rese possibili, più che dal Concilio in se stesso, da un certo clima avventuristico e superficiale indotto da applicazioni del cosiddetto spirito-conciliare che si fa portatore di alcune 'novità' estranee al nostro '
Depositum fidei'. Queste sono state e continuano ad essere introdotte direttamente attraverso la 'prassi', che forma o de-forma le persone a seconda dei casi. Ciò avviene senza intaccare dichiaratamente e formalmente i dogmi, in virtù della cosiddetta '
pastorale', la
parola-chiave di ogni innovazione, di arcinota provenienza conciliare per effetto della
esplicita rinuncia alle definizioni dogmatiche, a vantaggio di un linguaggio "pastorale" e quindi inevitabilmente equivoco in quanto colloquiale e approssimativo e mai definitorio.
Mi pare sia arrivato il momento di accogliere il termine 'pastorale' e ciò che comporta con i dovuti distinguo. Anche perché non possiamo negare che la prassi provoca dei cambiamenti... Inoltre la prassi presuppone una dottrina, sia pure a volte implicita, mentre la prassi sconsiderata può sviluppare nuove dottrine. Secondo me questo è il dramma in cui siamo immersi oggi nella nostra Chiesa... Ma è da qui che dobbiamo partire e dobbiamo poter guardare la realtà in faccia...
Se non riconosciamo che viviamo una crisi epocale non soltanto della nostra civiltà, ma anche della nostra Fede, non potremo essere strumenti del Signore per questo nostro tempo, avendo ben presente che le mancanze nella Chiesa in ogni epoca e anche oggi come non mai, sono appunto nella e non della Chiesa. Esse dipendono dalla corruzione, dallo sviamento e dalla mancanza di fede di certuni suoi membri e di certo qui non si è mai detto che tali mancanze siano un'esclusiva di alcuni e che non inizino a partire da ognuno di noi, che non siamo mai immuni da rischi: per questo ci viene detto "vigilate e pregate...".
E' necessario infatti ricordare che la Chiesa-Mistero, Corpo Mistico di Cristo e Sua Sposa non è intaccata dalla corruzione, perché è già Una e Santa nel Suo Signore. Infatti essa non è formata solo da quella terrestre, cioè quella militante che siamo noi, ma da tutta la Comunione dei Santi. Non si esaurisce quindi nella comunità o nel movimento di appartenenza, come purtroppo oggi sono in molti a viverla riduttivamente, ma è costituita dalla Chiesa terrestre e celeste insieme, comprendendo, quest'ultima, la Chiesa Purgante in attesa della Gloria e quella Trionfante che già è nella pienezza della Gloria nel Signore. Tralasciamo l'identificazione della Chiesa come Popolo di Dio (v. tutto il Cap.II della Lumen Gentium), termine oggi abusato che non preferiamo perché generico e non immediatamente identificativo dei cristiani nonché di 'sapore' prettamente vetero-testamentario.
E’ tipico delle affermazioni conciliari e relative post-applicazioni fare affermazioni lapidarie, tipo slogan - penso all'altra definizione della Chiesa Peregrinante (Lumen Gentium, 49) - che colpiscono l’immaginazione e l’emotività, ma non esauriscono la ricchezza semantica di una terminologia compiutamente descrittiva e dinamicamente viva in Cristo come “Chiesa Trionfante Militante e Purgante” e le profondità ontologiche che l’identità della Chiesa presuppone. Così come non è ininfluente, eliminare il Nome del Signore e, soprattutto, ‘velare’, accantonare questa realtà UNICA e meravigliosa che ci fa Chiesa in Lui… Dobbiamo diventare consapevoli che affermare realtà esatte, ma incomplete, fa passare sotto silenzio quello che esse non dicono e che, nel corso del tempo, viene sotterrato, sepolto, dimenticato, lasciato da parte.
Nella difficoltà ermeneutica in cui ci dibattiamo si nasconde la carenza della metafisica: è un problema sia di forma che di sostanza. Come ben ricorda p. Lanzetta, "la modernità fa perdere chiarezza accusando il dogmatismo normativo, ma accantonare la metafisica è significato accantonare la fede che risulta messa in un angolo"; e così il credente rischia di diventare un uomo ad una dimensione. Chi ha rinnegato i dogmi, paradossalmente ora vorrebbe inglobarci e ingabbiarci nel nuovo super-dogma di un concilio mitizzato che sembra aver 'rifondato' la Chiesa anziché aggiornarla, come intendeva Giovanni XXIII.
Bisogna vedere che piega prenderanno gli sviluppi futuri e, soprattutto bisognerà vedere che spazio verrà dato a chi ha maturato questa consapevolezza e continua a dare dei nomi alla crisi ai suoi aspetti e alle sue cause, ineludibile punto di partenza per trovare i necessari rimedi. Penso non solo agli studiosi nominati da Tornielli, ma anche ai Francescani dell'Immacolata ed altri, alcuni non più viventi ma pietre miliari, come Mons. Spadafora o come Romano Amerio, soggetto ancora ad una nefasta damnatio memoriae che non permetteremo debba persistere. Essi hanno dato e si adoperano per dare il loro autorevole appassionato contributo con convegni e scritti, che purtroppo continuano ad esser passati sotto silenzio.
Ricordo di aver proposto, ad esempio, alla Redazione de
La Bussola quotidiana una mia sintesi di un importantissimo
convegno tenuto a Roma nel dicembre scorso, ricco di fondate calzanti autorevoli analisi e di promettenti piste di percorsi futuri, ma mi si disse sbrigativamente che non era mai arrivata... Nessun media cattolico di rilievo ha dato notizia del Convegno, dei suoi lavori, degli sviluppi che promette. Segnalo questo dato come emblematico del fatto che sembra che il problema della crisi post-conciliare riguardi solo la Tradizione e non tutta la Chiesa, che
non può essere a compartimenti stagni né portatrice di una tradizione in divenire a seconda delle mode del tempo, altrimenti non è più Chiesa, ma qualcosa d'
altro.
Ho sottolineato in più occasioni che questo tipo di analisi, che diventa una denuncia, non nasce da fissimo o da un conservatorismo sterile o ideologico, ma dall'autentico 'custodire-vivere-trasmettere', che non riguarda verità astratte ma una Persona, che abbiamo ricevuto accolto assimilato e assimiliamo continuamente nella Chiesa. Tutto questo comporta una differenza sostanziale: è diversa l'antropologia, e conseguente comportamento religioso morale e civile, di chi sposa il neo-protestantesimo liberista con radici aeree e mutevoli, in cui siamo immersi anche nella Chiesa-conviviale-ecumenista-ad-ogni-costo di oggi, dall'antropologia che si sviluppa invece in chi sposa, cioè assume come componente essenziale della sua persona e del suo destino storico ed eterno, il cristianesimo di sempre: per di sempre non intendo certo quello di ieri, ma anche quello di oggi e di domani, perché è lo stesso come lo stesso è il Signore. Non esiste e non può esistere un chiesa pre- ed una Chiesa post-conciliare; esiste La Chiesa. E tuttavia oggi viviamo il paradosso che nelle 'inclusioni' e nel dialogo-ad-ogni-costo sono ricompresi tutti, tranne chi ama la Tradizione perenne, che non è solo quella pre-conciliare e basta, ma quella che non rinnega le Radici.
Purtroppo, oggi, per riconoscere il cattolicesimo autentico (sintomatico il fatto che la stessa parola cattolico è sempre più in disuso nel lessico attuale), occorre fare una sorta di riduzione ai minimi termini, spesso una vera e propria opera di 'scavo' e ripartire dai Fondamenti spesso bypassati, diluiti, col risultato che si corre il serio rischio che vengano lasciati indietro nel tempo che passa e tutto divora tranne la Vita Vera donataci dal Signore morto e risorto per noi.
Mi si potrebbe obiettare che viene adorato lo stesso Signore... ma, a prescindere dalla quasi totale scomparsa dell'Adorazione ("Il problema dell'uomo è l'Adorazione e tutto il resto è fatto per portarvi luce e sostanza", Romano Amerio 1926), anche i protestanti parlano di Cristo, e talvolta persino con più fervore dei cattolici.
Perciò la domanda è: di quale "Cristo" si tratta? Questo è il motivo principale per cui chiunque -e specialmente chi insegna o parla delle cose della fede- deve conoscere l'insegnamento vero, "garantito", "certificato" (e non "sperimentato" come avviene oggi) dalla Chiesa, per evitare di insegnare o spargere inganni anche inconsapevolmente. Anche un protestante può fare una bellissima predica sull'amore di Cristo, ma restando fuori dal gregge che Cristo stesso comandò a Pietro di pascere, con una fede che parla di Cristo censurando -come oggi capita sovente - almeno qualcosa della Chiesa di sempre (come se Cristo avesse sbagliato a fondarla), eliminando o banalizzando i sacramenti, trascurando venti secoli di santità cristiana, desacralizzando e profanando la Liturgia che è il 'luogo' dell'Actio di Cristo nei confronti del Padre e per noi fino alla fine dei tempi: fonte e culmine della fede. Lo si dice ancora; ma con quali contenuti e con quale consapevolezza? Di convitati attorno ad una mensa che si guardano l'un l'altro in una circolarità orizzontale che esclude il Soprannaturale o di adoratori rivolti non ad una Croce ma ad un Uomo-Dio Crocifisso che offrono e si offrono in Cristo al cospetto del Trono dell'Altissimo, per entrare nella sua Risurrezione? La differenza sta tutta qui... il resto non è che conseguenza, nel primo caso drammaticamente sviante, nel secondo divinamente salvifica.
Penso che è ora di far uscire la Tradizione dal ghetto cui vorrebbe continuare a costringerla la cultura egemone, screditandola per mezzo di stereotipi caricaturali (ancien régime, incenso e vecchi merletti) e della identificazione con frange inconsistenti. Si tratta di analisi riduttive di un mondo che va al di là delle etichette, degli stereotipi ed anche dell’angusta visuale dei confini nazionali.
Dopo questa essenziale seppur ponderosa premessa, che tuttavia richiederebbe ben altri ulteriori sviluppi che questo strumento non consente, vengo al nucleo centrale individuato nell'articolo di Tornielli, che ci dà il polso della situazione dal punto di vista della cultura egemone. Ho colto come una sorpresa nel constatare che c'è oggi nella Chiesa chi - e forse non sono solo quattro gatti e non tutti di un'altra generazione - dice e vive le stesse cose che da anni sostengono i cosiddetti Lefebvriani. Ebbene è così. Non si tratta di un movimento generato dalle parole o dalle azioni di Gherardini e di de Mattei. Piuttosto con esse è in sintonia e dalle stesse è nutrito; ma non soltanto da esse. Per fare un solo nome, oltre agli studiosi già ricordati, si potrebbe parlare del card. Siri, ad esempio. Il fenomeno già preesiste direi da sempre, perché si tratta di quella Fedeltà che prescinde dal Concilio (ma anche dalle vicende che vi sono connesse e dagli altri fattori che vi si intersecano), in qualche modo lo precede lo comprende nella sua giusta dimensione e lo supera per andare oltre. Credo che il Motu Proprio Summorum Pontificum del 2007, sia stato lo strumento della Provvidenza del quale non ringrazieremo mai abbastanza Benedetto XVI, che ha sdoganato -dovrei anzi dire dissepolto- un tesoro ineguagliabile del quale l'incenso e i vecchi merletti sono un pulviscolo in una vena aurea dalle profondità insondabili che ha la sua Sorgente nel costato trafitto del Signore... Ma di questo parlerò un'altra volta.
Maria Guarini
Precedente risposta di Andrea TornielliGentili signori,
permettemi di commentare i vostri commenti.
Ma dove avete trovato "graffiante" il mio articolo?
Dove sono gli "strali" contro Gherardini?
Mi sono limitato a descrivere le posizioni. Se vi siete offesi per il Che Guevara, beh, non avete capito che era un modo di dire: mons. Lefebvre è il simbolo del tradizionalismo, come Che Guevara lo è per la rivoluzione cubana.
La battuta finale non era negativa, ma positiva: ho detto ciò che è vero, e cioè che i tradizionalisti usano benissimo la possibilità della rete.
Quanto alla presenza di nostalgie ancien regime, sono in grado di fare nomi e cognomi, di citare interi gruppi. Non l'ho fatto e non lo farò perché il mio intento non è mai stato quello di ridicolizzare certe posizioni.
La battuta (scritta su un altro blog) circa il fatto che la prossima volta sarò più scoppiettante, era appunto una battuta in risposta a chi mi diceva di aver trovato noioso il mio articolo.
Borderline non aveva alcun significato psichiatrico: solo una malevola interpretazione può pensarlo. Intendevo dire ciò che le persone di buon senso hanno capito e cioè che questo mondo è stato marginalizzato per molto tempo.
Resta un fatto vero ed evidente: i tradizionalisti in genere non tollerano e non ammettono che si parli di loro se non se ne parla benissimo, presentandoli come gli unici veri cattolici, gli unici veri fedeli al Papa e alla Tradizione.
Voi vi permettete di usare spesso linguaggi violenti con tutti, dribuite patenti di eresia, ma non tollerate neanche una puntura di spillo. Ho cercato di proporre un'analisi basata sui fatti.
Vi prego di smentire ciò che ho detto e di dimostrare che cosa di ciò che ho scritto è falso.
Grazie per l'ospitalità e buona domenica. andrea tornielli