Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

martedì 22 febbraio 2011

Una domanda cruciale...

Rileggo, proposto oggi festa della Cattedra di S. Pietro da Una Fides, il "Credo del popolo di Dio" di Paolo VI. E la mia attenzione si sofferma sul brano riportato di seguito, del quale mi ha colpito la frase che evidenzio in neretto. Inserisco quindi una vecchia riflessione, che rende ragione del perché la frase mi colpisce e mi lascia aperta una domanda. La riflessione è ridondante rispetto alla frase, ma l'ho lasciata integra perché credo utile per me e per molti, ripercorrere cos'è l'Eucaristia. Sarò infinitamente grata a chiunque, magari un sacerdote, vorrà rispondere.
"...Νοi crediamo che la Messa, celebrata dal sacerdote che rappresenta la persona di Cristo in virtù del potere ricevuto nel sacramento dell'Ordine, e da lui offerta nel nome di Cristo e di membri del suo Corpo Mistico, è il Sacrificio del Calvario reso sacramentalmente presente sui nostri altari. Noi crediamo che, come il pane e il vino consacrati dal Signore nell'ultima Cena sono stati convertiti nel suo Corpo e nel suo Sangue che di lì a poco sarebbero stati offerti per noi sulla Croce, allo stesso modo il pane e il vino consacrati dal sacerdote sono convertiti nel Corpo e nel Sangue di Cristo gloriosamente regnante nel cielo; e crediamo che la misteriosa presenza del Signore, sotto quello che continua ad apparire come prima ai nostri sensi, è una presenza vera, reale e sostanziale..."

L'Eucaristia è il memoriale della Passione, il compimento delle figure dell'Antica Alleanza, la più grande di tutte le meraviglie operate da Cristo.

Cosa AVVIENE sull'Altare? Dopo preghiere preparatorie e il momento solenne delle Letture, il sacerdote offre il pane e il vino: è l'offerta o Offertorio; questi elementi stanno per essere trasformati nel Corpo e nel Sangue di nostro Signore. Il sacerdote invita poi i fedeli e gli spiriti celesti a circondare l'altare (Pregate fratelli e Prefazio che diventerà un nuovo Calvario), ad accompagnare con lodi, omaggi e in Adorazione l'azione santa. Dopo di che, egli entra silenziosamente in comunione più intima con Dio. Arriva il momento della Consacrazione. Stende le mani sulle offerte, come faceva in antico il sommo sacerdote sulla vittima da immolare; ripete (non racconta) tutti i gesti e tutte le parole di Cristo nell'ultima Cena al momento di istituire il Sacrificio: Nella notte in cui fu tradito... Poi, identificatosi con Cristo, egli pronuncia le parole rituali: "Questo è il mio Corpo...", "Questo è il mio Sangue...".

Queste parole, pronunciate da Colui "per mezzo del quale tutte le cose sono state create", operano il cambiamento del pane e del vino nel Corpo e nel Sangue di Gesù Cristo. Per la sua espressa volontà e la sua istituzione formale, Cristo si rende presente realmente e sostanzialmente con la sua divinità e la sua umanità, sotto apparenze che restano quelle che sono e tuttavia, se lo nascondono ai nostri sensi materiali, vivificano quelli spirituali.

Parole, Actio divina, di Cristo stesso che è Altare, Vittima, Sacerdote e Sacrificio, per mezzo delle quali il Sacrificio è compiuto. In virtù delle parole: Questo è il mio Corpo "offerto in sacrificio per voi", Cristo, per l'intermediazione del sacerdote, trasforma nella sua carne le specie del pane; con le parole: Questo è il mio Sangue "versato per voi", trasforma nel suo sangue le specie del vino. Cristo in questo modo separa misticamente la sua Carne e il suo Sangue, che sulla Croce furono fisicamente separati, e la cui separazione produsse la morte, e si assoggettò anche alla successiva sepoltura per entrare persino in questo supremo e drammatico momento del nostro 'passaggio' alle sponde dell'eternità.

Ed ecco, la Resurrezione. Ora Cristo non può più morire: la morte non ha più potere su di lui (Rm 6,9). La separazione del suo Corpo e del suo Sangue che si fa sull'altare è mistica. Lo stesso Cristo, che è stato immolato sulla Croce, è immolato sull'altare, ma in modo diverso; e questa immolazione, accompagnata dall'offerta, costituisce un vero sacrificio.

La Comunione continua il Sacrificio; è l'ultimo atto importante della Messa. Il rito della consumazione della Vittima completa l'espressione dell'idea di sostituzione e soprattutto il legame che si trova in tutto il Sacrificio. Unendosi così intimamente alla Vittima che gli si è sostituita, l'uomo s'immola, per così dire, di più [Marmion, Cristo vita dell'anima]; mangiando l'Ostia, divenuta cosa santa e sacra, noi partecipiamo della virtù divina operata dalla consacrazione e solo in quella di Cristo possiamo presentare l'offerta della nostra vita, cioè offrire i nostri corpi "come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale" (Paolo Rm 12, 1-2)

Nella Messa, la vittima è Cristo stesso, Uomo-Dio; perciò la comunione è l'atto per l'eccellenza di unione col Signore; è la migliore e la più intima partecipazione a questi frutti di alleanza e di vita divina che ci dona l'immolazione di Cristo. Se la partecipazione è mistica, tuttavia il nostro cibo, il Pane vivo disceso dal cielo, è l'Agnello Immolato, prima che il Signore Risorto. Ora non è distinguibile; ma quello che il Signore ci comanda e nello stesso ci dona e ci invita a vivere fino alla fine dei tempi penso non vada mai sorvolato. Lo sottolineo perché oggi è molto diffusa la tendenza a concentrare tutto nel Mistero pasquale, che è cosa buona e giusta, ma si tende ad accentuare e a vivere solo la Risurrezione.

Così, dunque, la Messa non è soltanto una rappresentazione o un 'memoriale', nel senso di commemorazione del sacrificio della Croce; non ha il valore di un semplice ricordo. E' sì un ricordo "ogni volta che farete questo lo fate in memoria di me"; ma è un ricordo che ri-attualizza; ed è un vero sacrificio, come quello del Calvario, che essa riproduce e riproducendolo lo perpetua e ne applica i frutti fino alla fine dei tempi.

Quando partecipiamo al Santo Sacrificio, nel quale Gesù, vittima divina, si offre a Dio come sul Calvario, il Padre riceve da questa offerta, un omaggio di valore infinito, veramente degno delle sue perfezioni. Infatti, per opera di Gesù Cristo, Uomo-Dio, Figlio suo, immolato e adorato sull'altare: per Lui, con Lui e in Lui sale a Dio Padre Onnipotente, nell'unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria, per tutti i secoli dei secoli.

E' solo per questo che la nostra anima, piena dello stupore di essere l'oggetto delle compiacenze divine, esclama: "Signore, come posso io, povera creatura, ricambiare tanti tuoi benefici? Benché tu non abbia bisogno dei miei beni, è tuttavia giusto che io riconosca la tua bontà infinita: come posso io degnamente ringraziarti: Che cosa renderò al Signore per quanto mi ha dato?". È questo il grido del sacerdote, che diventa il grido di tutta la Chiesa, dopo la comunione con l'Ostia. E quale risposta la Chiesa mette sulle sue labbra? Alzerò il calice della salvezza...". "Quid retribuam Domino pro omnibus quae retribuit mihi? Calicem salutaris accipiam: et Nomen Domini invocabo"(Salmo 116,12). Invocazione che possiamo far nostra, partecipando anche col far nostre tutte le altre sublimi preghiere preparatorie e successive, ad eccezione della formula Consacratoria.

La Messa è l'azione di grazie per eccellenza, la più perfetta e la più gradita che possiamo rendere a Dio, durante la quale il Signore ci porta con Sé sul Calvario e, poi, oltre una tomba vuota, nel mondo della Risurrezione.

Ci dice S. Tommaso: "Nessun sacramento in realtà è più salutare di questo: per sua virtù vengono cancellati i peccati, crescono le buone disposizioni, e la mente viene arricchita di tutti i carìsmi spirituali. Nella Chiesa l'Eucaristia viene offerta per i vivi e per i morti, perché giovi a tutti, essendo stata istituita per la salvezza di tutti". Perché in essa il Cielo e la Chiesa Trionfante di ieri di oggi di domani si aprono sulla nostra terra. Perché tutti possano accogliere il Signore e così essere da Lui Redenti e ri-generati e divenire una cosa sola in Lui: più che il Suo Popolo Santo - come oggi più comunemente si esprime, che sembra ritrovare un sapore vetero-testamentario e non reca traccia del Suo Nome - il Corpo Mistico di Cristo, la Sua Chiesa.

Il Vangelo ci dice che prima di istituire questo Sacrificio, Gesù rese Grazie al Padre. S. Paolo usa la stessa espressione e la Chiesa ha conservato questo termine a preferenza degli altri, benché non escluda altre espressioni per designare l'offerta dell'altare: ecco perché sacrificio eucaristico significa sacrificio di azione di grazie: Eucaristia. Sacrificio e non solo convivio, gioia intima profonda adorante e non esultanza dissacratoria, Offerta Espiazione Riparazione prima di poter diventare Risurrezione, in Cristo Signore...

lunedì 21 febbraio 2011

Seregno, 25 febbraio 2011 - "L'ultima messa di Padre Pio"

Ricevo e volentieri pubblico:

Il 25 febbraio, invitati dal Circolo culturale John Henry Newman, Alessandro Gnocchi e don Alberto Secci presenteranno «L’ultima Messa di Padre Pio. L’anima segreta del santo delle stigmate». L’iniziativa rappresenta la naturale prosecuzione dell’incontro precedente, dedicato al rapporto tra il Beato Newman e la Messa di sempre. Non si possono infatti comprendere il cardinale inglese e il frate di Petralcina se non a partire dalla Messa di san Pio V. Padre Pio: il santo delle stigmate, ma anche il santo della Messa di sempre. Il frate cappuccino amava celebrare Messa perché essa rappresentava «un completamento sacro con la passione di Gesù» e, in essa, il frate subiva i patimenti provati da Cristo durante la Passione. Dal rosso delle piaghe che si formavano sul corpo del padre si innalzava la gloria a Dio e la salvezza dei fratelli.

L’incontro si svolgerà a Seregno, alle ore 21.00, presso la Sala Civica Mons. Gandini, via XXIV maggio.

mercoledì 9 febbraio 2011

Cronaca di voci di speranza, di attesa e forse di delusione sulla "Riforma" della Liturgia

Così scrive oggi Tornielli sul suo blog Sacri Palazzi. Gli fa eco Paolo Rodari su Il Foglio sempre di oggi, 9 febbraio:
Sarà pubblicato nelle prossime settimane un documento di Benedetto XVI che riorganizza le competenze della Congregazione del culto divino affidandole il compito di promuovere una liturgia più fedele alle intenzioni originarie del Concilio Vaticano II, con meno spazi per i cambiamenti arbitrari e per il recupero di una dimensione di maggiore sacralità. Il documento, che avrà la forma di un motu proprio, è frutto di una lunga gestazione – lo hanno rivisto dal Pontificio consiglio per l’interpretazione dei testi legislativi e gli uffici della Segreteria di Stato – ed è motivato principalmente dal trasferimento della competenza sulle cause matrimoniali alla Rota Romana. Si tratta delle cause cosiddette del «rato ma non consumato», cioè riguardanti il matrimonio avvenuto in chiesa ma non compiutosi per la mancata unione carnale dei due sposi. Sono circa cinquecento casi all’anno, e interessano soprattutto alcuni Paesi asiatici dove ancora esistono i matrimoni combinati con ragazzine in età molto giovane, ma anche i Paesi occidentali per quei casi di impotenza psicologica a compiere l’atto coniugale.... Al Giornale, in un’intervista pubblicata alla vigilia dell’ultimo Natale, Cañizares aveva detto: «La riforma liturgica è stata realizzata con molta fretta. C’erano ottime intenzioni e il desiderio di applicare il Vaticano II. Ma c’è stata precipitazione... Il rinnovamento liturgico è stato visto come una ricerca di laboratorio, frutto dell’immaginazione e della creatività, la parola magica di allora»...
Una prima riflessione a caldo
Non mi sento di anticipare né timori né speranze, in attesa di vedere come si configura l'innovazione e con quali passi concreti riuscirà ad imprimere dei cambiamenti, soprattutto in merito agli abusi liturgici.

Tuttavia, proprio per i riferimenti al card Cañizares e alla sua intervista, non posso non esprimere perplessità perché un movimento liturgico che parte dal basso e che corre il rischio di essere ispirato all'iperattivismo, all'arrembanza, nonché alle discutibili innovazioni di qualche movimento, francamente mi fa venire i brividi... Tanto più se consideriamo che un ambito così serio e sacro come la Liturgia, che ci porta il respiro della Fede Apostolica arricchita da quella delle generazioni e dei grandi Santi che ci hanno preceduto, non può essere messo in mano né a laici cosiddetti ispirati o carismatici, né a liturghi improvvisati e neppure costruito a tavolino (come accaduto per il NO).

Qualunque modifica, dunque, non può in ogni caso nascere dal basso, ma deve sgorgare dalla fede viva e dalla preghiera e dalla 'sapienza' di chi ha dimestichezza e conoscenza anche storica -in riferimento alla Tradizione- ma soprattutto spirituale delle "cose sacre" e della Liturgia, che davvero è la fonte e il culmine della nostra Fede e, poiché lex orandi è lex credendi, ogni innovazione deve rifuggire sia dalle improvvisazioni, sia dalle sperimentazioni, sia dagli spiriti che hanno perso il contatto con la Tradizione e che purtroppo non mancano di darcene drammatiche riprove.

I nostri innovatori, anche attuali, vedono la Liturgia -come pure la Tradizione- con criteri storicistici, che le concepiscono entrambe in evoluzione a seconda dei tempi; ma non ha senso parlare di evoluzione, perchè la liturgia e la tradizione non possono evolvere in senso storicistico, nel senso di subire mutazioni profonde che della Liturgia snaturano il senso principale e allontanano sempre più la Tradizione dalle radici, col pretesto di un supposto enfatizzato, impossibile ritorno alle origini. Esiste, invece, ed è ancor viva una Tradizione che conosce mutamenti e non evoluzione (l'evoluzione anche dei dogmi è un principio chiaramente "modernista") conservando l'essenza della Rivelazione Apostolica originaria.

Si possono fare mille discorsi sul fatto che la liturgia possa mutare, nel senso di creare un nuovo prefazio o introdurre una nuova messa in base al Santorale aggiornato. Questo è aggiornare, rinnovare, non gestire l'evoluzione.

Piuttosto, non c'è il rischio che la Messa Gregoriana, definita "mai abrogata", venga sfigurata con il pretesto dell'"arricchimento reciproco"? Meminisse horret nell'idea di una contaminazione di un tesoro che ci è pervenuto intatto nella struttura essenziale (pensando soprattutto al canone Romano) dal Sacramentario Gelasiano, dal rispetto di Papa Damaso per la Vetus latina, prima ancora che dalla sorgente Gregoriana e che tutt'al più potrebbe richiedere degli aggiornamenti calibrati cum grano salis.

Piuttosto ancora, che fine ha fatto il decreto attuativo del Summorum pontificum, già da tempo pronto sulla scrivania del Papa?

Perché ho parlato di perplessità, pensando all'intervista del Card Cañizares citata da Tornielli:
  1. siamo ancora in attesa delle disposizioni per l'attuazione della Messa Gregoriana, ma il card preannuncia
    «Perciò apriremo una nuova sezione della nostra Congregazione dedicata ad “Arte e musica sacra” al servizio della liturgia. Ciò ci porterà a offrire quanto prima criteri e orientamenti per l’arte, il canto e la musica sacri. Come pure pensiamo di offrire prima possibile criteri e orientamenti per la predicazione».
    Il dramma degli abusi liturgici sembra non sfiorarlo affatto e il rimedio di cui parla è solo di tipo "burocratico"...
  2. E poi:
    «Non so se si possa, o se convenga, parlare di “riforma della riforma”. Quello che vedo assolutamente necessario e urgente, secondo ciò che desidera il Papa, è dar vita a un nuovo, chiaro e vigoroso movimento liturgico in tutta la Chiesa».
    Mi sembra che così dichiari già "tramontata" la "Riforma della Riforma" di Benedetto XVI. Chi lo ha stabilito: di nuovo la Curia? Ed è saggio parlare di un movimento che così com'è adombrato sembra venire 'dal basso', per un ambito così sacro e serio come la Liturgia?
  3. Queste sono le parole chiave dell'intervista del cardinale che celebra con i neocatecumenali [vedi riflessioni su quel rito] quando accenna al "nuovo movimento liturgico"
    «Questo impegno sarà accompagnato dalla revisione e dall’aggiornamento dei testi introduttivi alle diverse celebrazioni (prenotanda). Siamo anche coscienti che dare impulso a questo movimento non sarà possibile senza un rinnovamento della pastorale dell’iniziazione cristiana».
    Da rilevare che la "pastorale d'iniziazione cristiana" è quella di conio neocatecumenale che sta già entrando nelle diocesi (in molte è già consolidata: Campobasso, ad esempio)
  4. Attenzione a come si esprime il Card. Cañizares:
    «La bellezza è fondamentale, ma è qualcosa di ben diverso da un’estetismo vuoto, formalista e sterile, nel quale invece talvolta si cade. Esiste il rischio di credere che la bellezza e la sacralità del liturgia dipendano dalla ricchezza o dall’antichità dei paramenti. ...»
    Può anche darsi il caso; ma mettere l'accento su questo non ricorda gli slogan ricorrenti di chi pregiudizialmente si riferisce al VO proprio in questi termini?
Alla mia riflessione a caldo di cui sopra arriva questa replica:
Qualunque modifica, dunque, non può in ogni caso nascere dal basso. D'accordo, però dal basso si può preparare il terreno, togliere i rovi... Liberarsi dalla filosofia del sospetto e della diffidenza ad oltranza. Quel che tutti speriamo è una riforma, non una rivoluzione, non una ruspa che butti giù tutto e ricominci da dove eravamo rimasti. Ratzinger disse di sé 'sono un riformista, non un rivoluzionario'. Appunto. E noi?
Per rispondere alla domanda: e noi? Ecco, vorrei potermi riconoscere tra i "riformatori", non necessariamente nella gradualità quando la riforma urge e sono coloro che non perdono mai il contatto col "Logos", la vera "ragion d'essere" di tutte le cose, quelle vecchie e quelle nuove: quelle 'fecondate' e portatrici della Vita Vera, non quelle che sbucano dal nulla, come i funghi velenosi... Quindi non parlerei né di "filosofia del sospetto né di diffidenza ad oltranza", ma di vigile consapevolezza.

Quello che mi suscita perplessità è l'aver già letto in un intervento su Messa in Latino, da una voce inequivocabilmente modernista:
"...chi vuol essere attore e protagonista, si deve fare avanti. Poste "le tre cose" il resto si gioca sul campo. Fecondazione è la parola per chi vuol essere del gioco, chi pensa a "contrapposizione", resta spettatore fuori dal campo, al massimo farà il "tifo" (in un senso o nell'altro)"
Ecco, rimane da capire cosa si intende per 'fecondazione'. E poi, come sarebbe a dire "chi vuol essere protagonista si faccia avanti"... c'è chi sta già andando all'arrembaggio?

E come sarebbe a dire ancora: "si gioca sul campo"... "chi vuol essere del gioco"? Si tratta di un problema che riguarda la Chiesa TUTTA e non dei giocatori in lizza. Inoltre la Chiesa non è una democrazia partecipativa (nella Chiesa la partecipazione non è nel governo, ma in altro...). Oggi, per la verità, appare sempre più un'anarchia: l'ordine gerarchico, che non ha mai escluso la comunione, cancellato con la scusa della "comunione e basta", solo che non si sa più comunione su cosa, essendosi perso per la strada il con CHI, cioè Colui che la crea la Comunione... E allora una faccenda seria e sacra come la Liturgia non può essere lasciata in mani profane, ma affidata a mani e cuori veramente 'sapienti'.

Il problema è nello strapotere della 'cultura egemone', che ha generato la crisi in cui siamo ed ora sta continuando a cavalcarla!
Non resta che metter tutto nelle mani del Signore e della Vergine Santa! A noi toccherà il compito di pregare. Il "resto" che rimarrà fedele avrà due colonne. l'Eucaristia e l'Immacolata (il sogno di don Bosco).

Qualcuno fa osservare inoltre che
per far rivivere il senso del sacro Ratzinger ha riproposto l’orientamento dell’azione liturgica, la croce al centro dell’altare, la comunione in ginocchio, il canto gregoriano, lo spazio per il silenzio, una certa cura dell’arte sacra. Per questo motivo esce con un Motu proprio, una disposizione importante che va a sanare una lacuna divenuta oramai atavica.
Ma il nodo vero da sciogliere è : se in luogo del convivio fraterno non si ripropone chiaramente il Sacrificio di Cristo, che è il cuore della nostra Fede e il vero culto da rendere a Dio primaria funzione della Chiesa da cui tutto il resto scaturisce, cambieranno solo alcune 'forme', ma non cambierà la sostanza

C'è anche chi dice, riportando parole stralciate da uno scritto del card. Ratzinger:
Ogni generazione ha il compito di migliorare e rendere più conforme allo spirito delle origini la liturgia.
A prescindere dal fatto che l'apoditticità di una tale affermazione può essere opinabile, anche in riferimento al contesto in cui è stata pronunciata(1) occorrerebbe scoprire in che cosa il Rito Latino Gregoriano può essere reso più conforme allo spirito delle origini. Davvero occorre rincorrere un fantomatico, enfatizzato e sempre supposto "spirito delle origini" di conio molto protestante, o non si deve invece custodire quel che la Tradizione ci ha trasmesso innovando, se necessario, cum grano salis?

Se è vero che la Tradizione è viva e si arricchisce nove (non nova), non c'è il rischio dell'"insano argheologismo liturgico" di cui parlava Pio XII nella Mediator Dei?

Quello di cui c'è realmente bisogno è colmare lo iato generazionale che ha cancellato i significati autentici e il vero spirito delle origini della Liturgia (non quello supposto ed enfatizzato dalle innovazioni selvagge e da quelle arbitrarie) e di viverla sempre più consapevolmente e profondamente per quanto ci è dato, perché si tratta di un tesoro e di una Grazia inesauribili...

Per tornare alla cronaca di oggi, è interessante tastare il polso - e cogliere l'evolversi - della situazione, che prelude alla dichiarazione ufficiale della Sala Stampa Vaticana, attraverso significativi scritti di Andrea Tornielli sul suo blog:
ore 13.04: Vorrei invitare tutti alla prudenza: non si tratterà, per quanto ne so, di un motu proprio dedicato alla correzione degli abusi liturgici, quanto piuttosto un documento tecnico, che nel ridisegnare le competenze del dicastero del Culto divino, dovrebbe menzionare quel “nuovo movimento liturgico” di cui ha parlato più volte il cardinale Cañizares.
ore 14.32: (...) il testo dell’istruzione applicativa del Motu proprio Summorum Pontificum è in dirittura d’arrivo, da quanto mi risulta. Penso che sarà pubblicata per Pasqua (nota bene per la Sala Stampa: ho scritto “penso”, e il mio pensiero non ha valore, dunque spero che questa risposta – dove esprimo un parere personale – non provochi una tempestiva smentita).
ore 14.57: Come sempre accade, quando soltanto si usa la parola “liturgia” in un articolo, le precisazioni fioccano con una velocità supersonica. Nel mio articolo non parlavo di volontà restrittiva, ma dicevo che il motu proprio potrebbe contenere un passaggio nel quale il Papa affida alla Congregazione del culto divino la promozione di un nuovo movimento liturgico. Che questa sia la volontà di Benedetto XVI non lo dico io che sono niente, lo ha detto più volte il cardinale Prefetto del culto divino, che qualcosa conta in materia liturgica. Lo ha detto al concistoro dello scorso novembre, lo ha detto anche in un’intervista che i lettori di questo blog conoscono bene. Intervista lunga, meditata, nella quale Cañizares spiegava quale fosse la volontà del Papa e descriveva alcune iniziative del dicastero. (...)
Ed ecco il comunicato stampa di Padre Lombardi:
“...è da tempo allo studio un Motu Proprio per disporre il trasferimento di una competenza tecnico-giuridica - come ad esempio quella di dispensa per il matrimonio ‘rato e non consumato’ - dalla Congregazione per il Culto Divino al Tribunale della Sacra Rota. Ma non vi è alcun fondamento né motivo per vedere in ciò un’intenzione di promuovere un controllo di tipo ‘restrittivo’ da parte della Congregazione nella promozione del rinnovamento liturgico voluto dal Concilio Vaticano II"
Così si esprime - e non posso che condividere - Francesco Colafemmina [vedi]:
«Come al solito l'intento è intimidatorio: sia nei riguardi di Tornielli che nei riguardi di coloro che vorrebbero promuovere una "riforma della riforma". Nell'articolo di Tornielli non si parla infatti di alcun "controllo restrittivo nella promozione del rinnovamento liturgico". Si parla al contrario di "cambiamenti arbitrari" della liturgia e quindi di abusi liturgici. Così Padre Lombardi, volutamente interpreta pro domo sua (o di chi lavora alla terza loggia) un passo dell'articolo di Tornielli e naturalmente va oltre, lasciando intravvedere il timore di una "Chiesa punitiva" in ambito liturgico. Al contrario - a distanza di 60 anni dal rinnovamento liturgico del Concilio" (più di Bugnini e Lercaro che del Concilio!) padre Lombardi ha il coraggio di riproporci le solite menate sulla "promozione" di questo benedetto rinnovamento liturgico!

Domanda: padre Lombardi ma in questi 60 anni lei dove ha vissuto? Non si è accorto di nulla? Non le sembra che la Chiesa si sia fin troppo rinnovata liturgicamente? E non le sembra che fin troppi altari siano stati distrutti e troppe chiese deturpate in nome della "promozione" del rinnovamento liturgico del Concilio? Tanto nuovo da essere vecchio, datato, stantio, insopportabilmente retorico e francamente ripetitivo?»
Resta ancora da chiedersi cosa potrà fare un dicastero che già non conta molto, nel quale operano consulenti decisamente progressisti e, quindi, con pochissime convergenze verso un culto più "tradizionale"; soprattutto se sarà strumentalizzato, come già si può osservare dall'involversi regressivo della situazione e da certi peana di vittoria lanciati da un movimento in particolare, molto sponsorizzato dagli ambiti più potenti della Curia.

Dove sta andando la nostra Chiesa? Da un lato aumenta la consapevolezza ma, sul piano 'pastorale', i segnali sono sempre più scoraggianti.
...................................................
(1) Card. Ratzinger, 28 dicembre del 2001 sul quotidiano francese La Croix: “Alcuni addetti ai lavori vorrebbero far credere che tutte le idee non perfettamente conformi ai loro schemi sono un ritorno nostalgico al passato. Lo dicono solo per partito preso. Bisogna riflettere seriamente sulle cose e non accusare gli altri di essere partigiani di San Pio V. Ogni generazione ha il compito di migliorare e rendere più conforme allo spirito delle origini la liturgia. E penso che effettivamente oggi c’è motivo di lavorare molto in questo senso, e riformare la riforma. Senza rivoluzioni (sono un riformista, non un rivoluzionario), ma un cambiamento ci deve essere. Dichiarare impossibile a priori ogni miglioramento mi sembra un dogmatismo assurdo”.