Conosciamo più a fondo le sublimi formule della Messa dei secoli e gli elementi che ne fanno un
unicum irreformabile. Ogni semplice sfumatura è densa di significati per nulla scontati a prima vista. Minuzie, patrimonio del passato, da custodire. Conoscerle non è ininfluente per una fede sempre più profonda e radicata. Grande gratitudine a chi ce le offre con tanta generosa puntualità. Nelle nostre traduzioni da
New Liturgical Movement. Qui
l'indice dei precedenti.
L' 'Hanc igitur'
Dopo il
Communicantes [
qui] il sacerdote recita l'
Hanc igitur :
Hanc ígitur oblatiónem servitútis nostrae, sed et cunctae familiae tuae, quaesumus, Dómine, ut placátus accipias: diesque nostros in tua pace dispónas, atque ab aeterna Damnatióne nos éripi, et in elettorum tuórum júbeas grege numerári. Per Christum Dóminum nostrum. Amen.
Che l'edizione ICEL del 2011 traduce come:
Perciò, Signore, ti preghiamo: accetta con benevolenza [inglese graciously. È più giusto tradurre letteralmente placato come nel Messalino italiano. La benevolenza non sottolinea la ragione del sacrificio -ndT] questa oblazione del nostro servizio, quella di tutta la tua famiglia; ordina i nostri giorni nella tua pace e comanda che siamo liberati dalla dannazione eterna e annoverati nel gregge di coloro che hai scelto. (Per Cristo nostro Signore. Amen.) [1]
E che traduco come:
Ti imploriamo pertanto, o Signore, di accettare con benevolenza questa offerta del nostro servizio, ma anche di tutta la tua famiglia; affinché tu possa disporre i nostri giorni nella tua pace e liberarci dalla dannazione eterna, e affinché tu possa ordinarci di essere annoverati nel gregge dei tuoi eletti. Per Cristo nostro Signore. Amen.
L' Hanc igitur, scrive padre Adrian Fortescue, "è forse la preghiera più difficile della Messa". [2] Gli studiosi hanno ipotizzato che si tratti di un frammento di una litania di intercessione recitata dal diacono prima che fosse ripresa dal sacerdote e aggiunta successivamente al Canone, con San Gregorio Magno che ne diede gli ultimi ritocchi prima della sua morte nel 600 d.C. E le varianti della preghiera, sia nelle sue clausole principali che in quelle subordinate, abbondano: nei Messali del 1962, ce ne sono quattro (Giovedì Santo, Pasqua, Pentecoste e all'ordinazione di un vescovo), ma il Sacramentario Gelasiano ne elenca trentotto.
L'
Hanc igitur è un elemento riconoscibile della Messa perché le campane vengono suonate all'inizio, mentre il sacerdote stende le mani sull'oblata, formando con il pollice destro il segno della croce sopra il sinistro. Questo gesto imita quello del sacerdote ebreo che stendeva le mani sul capro espiatorio dell'Antico Testamento, che ritualmente si caricava dei peccati del popolo e veniva successivamente sacrificato (cfr. Levitico 16, 11-14). In origine, si tirava a sorte per determinare quale dei due capri sarebbe stato il capro espiatorio e quale sarebbe stato liberato nel deserto. Questa disposizione evoca la folla volubile che scelse Barabba invece di Gesù, sul quale fu posta l'iniquità di tutti noi (cfr. Isaia 53, 6).
L'usanza di stendere le mani su calice e ostia non ebbe origine fino al XV secolo. Una teoria è che i segni di croce originali prima della consacrazione fossero di fatto un'epiclesi o un'invocazione dello Spirito Santo sui doni; dopo che questo significato fu dimenticato nel tempo (e i segni di croce furono aggiunti alle preghiere dopo la consacrazione per modificarne ulteriormente il significato), il gesto del capro espiatorio fu aggiunto per ottenere lo stesso effetto pneumatologico. [3] Qualunque sia la ragione, questo gesto riguardante una capra, come vedremo più avanti, si adatta bene alle parole della preghiera sulle pecore.
E poiché i dibattiti sull'epiclesi (e se il rito romano ne abbia bisogno) continuano a essere irrisolti, rivolgiamo la nostra attenzione al linguaggio del testo:
Per la seconda volta, il termine
igitur ricorre nel Canone, con il senso di proseguire un pensiero interrotto. Forse l'"interruzione" si soffermava sulla Chiesa Trionfante nel
Communicantes; in ogni caso, il sacerdote torna all'"oblazione del nostro servizio". Il servizio in questione è probabilmente quello dei chierici che servono nel presbiterio, motivo per cui è seguito da "quello di tutta la Tua famiglia". A differenza del
Te igitur [
qui], che menziona "quelli che stanno attorno", il riferimento all'intera famiglia di Dio include coloro che non sono fisicamente presenti alla Messa, ma che comunque uniscono le loro intenzioni al sacrificio dell'altare. Chiunque compia un'Offerta Mattutina che includa la petizione "O mio Gesù... Ti offro le mie preghiere, le mie opere, le mie gioie e le mie sofferenze di questo giorno... in unione con il Santo Sacrificio della Messa in tutto il mondo" rientra in questa categoria.
La preghiera descrive l'oblazione come il prodotto del nostro servitus, che sia l'ICEL che io traduciamo come "servizio". "Servizio" è accurato, ma è forse una parola troppo innocente. Un uomo ricco e potente, ad esempio, può fornire un servizio alla sua comunità finanziando un parco pubblico. Servitus, d'altra parte, denota la condizione di un servus o schiavo. [4] È l'oblazione della nostra servitù o l'oblazione della nostra schiavitù a Gesù Cristo che viene offerta, non quella di un titano dell'economia come Bill Gates o Jeff Bezos. [5]
Infine, come scrive padre Nicholas Gihr, «le stesse petizioni vengono nuovamente presentate, ma ora con accresciuta fiducia ed espressione intensificata». [6] Questa preghiera presuppone che, anche se ci consideriamo parte della famiglia di Dio, non è scontato che facciamo parte del suo gregge eletto. L'aggiunta del gesto del capro espiatorio accresce questo sentimento: proprio come riconosciamo ritualmente che Gesù Cristo è Colui che si è fatto capro per noi prendendo su di sé i nostri peccati ed essendo stato espulso, così preghiamo di poter essere parte del suo ovile, annoverati alla destra del Padre e non contati alla sua sinistra. Ma questa accentuazione viene annullata quando lo stendersi delle mani viene spostata su un'altra preghiera, come avviene nel Novus Ordo sulla Quam oblationem.
Michael P. Foley
____________________
[1]
Messale Romano 2011, p. 638.
[2] Adrian Fortescue,
La Messa: uno studio della liturgia romana (Longmans, Green, and Co, 1912), p. 333.
[3] Daniel Cardó,
La croce e l’Eucaristia nel cristianesimo primitivo: un’indagine teologica e liturgica (Cambridge University Press, 2019).
[4] “Servĭtūs, ūtis,” Lewis e Short Latin Dictionary.
[5] Quasi tutti gli autori di epistole nel Nuovo Testamento si definiscono schiavi di Gesù Cristo: Paolo (Rom. 1, 1), Pietro (2 Pt. 1, 1), Giuda (Giuda 1, 1) e Giovanni (Ap. 1, 1).
[6] Gihr,
Il Santo Sacrificio della Messa, p. 6