Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

giovedì 20 agosto 2020

La PAV è ancora in grado di dare un giudizio morale sull’aborto?

Con una nuova nota la Pontificia Accademia per la Vita ha espresso un parere sull’annuncio delle nuove linee guida sull’aborto farmacologico in Italia.
La tesi che sottende tale nota è la seguente: “la legge 194 è nata per tutelare la maternità e la vita, in virtù dei primi articoli ivi contenuti, per cui le linee guida del ministero sarebbero in contrasto con la stessa 194”. Di questo articolo salta subito all’occhio una cosa… o meglio, una mancanza: il concepito è totalmente sparito dal panorama della valutazione etica. Si parla timidamente, giusto alla fine della nota, di “accompagnamento e sostegno alla vita nascente e concepita”, una dicitura che però no66n denuncia a chiare lettere la finalità dell’aborto: la soppressione intenzionale di un essere umano innocente.

Non solo, ma ciò che è più grave è che non si metta minimamente in discussione il paradigma abortista secondo cui una donna può e deve avere potere di vita e di morte sul figlio. Di fatto, una volta legittimato e assimilato (persino dai cattolici) tale principio cardine dell’aborto non ci si può aspettare che tutto vada per il meglio. Se non metteremo in discussione tale principio assurdo anche qui, nel nostro Paese, presto vedremo un emendamento della legge 194 volto alla liberalizzazione completa dell’aborto così come è accaduto solo pochi giorni fa nella vicinissima Francia, la quale sta per approvare in via definitiva l’aborto fino al termine della gravidanza, introducendo la fumosa motivazione del “disagio psicosociale”.

Non ci si può illudere che lasciando illesa una legislazione che permette la soppressione di esseri umani innocenti, le cose rimangano sempre come sono (cosa che già sarebbe inaccettabile). La difesa dello “status quo” è una strategia destinata non solo a perdere, ma anche ad aggravare ulteriormente la situazione, in quanto non pone un effettivo argine alla deriva abortista. Per di più, non si può fare a meno di constatare una mancanza di coerenza logica nella tesi secondo cui la legge 194 tutelerebbe la vita e la maternità.

Basti notare che abbiamo intere schiere di persone che combatterebbero per l’abrogazione di una legge sulla pena di morte, anche se si chiamasse “norme per la tutela sociale del detenuto”. Nessuno di questi si sognerebbe di dire che si può usare quella legge per meglio tutelare i detenuti se essa ne permette l’eliminazione. Così come nessuno affermerebbe contemporaneamente che deportare il popolo ebreo in un campo di concentramento è un’orribile violenza; e che però, d’altra parte, le leggi che lo consentono sono buone, pure se si intitolassero “norme per la tutela sociale degli ebrei”.

A maggior ragione non si capisce come si possa utilizzare una legge che permette l’eliminazione di bambini innocenti al fine di tutelare la maternità che si fonda proprio sulla preservazione della vita del bambino concepito nel grembo materno!

È dunque di fondamentale importanza reagire e combattere con perseveranza questa legge iniqua, passare dalla difesa all’attacco e imparare, in questo, dai nostri avversari, che attaccando in maniera imperterrita e pertinace ottengono sempre nuovi risultati. Il cambiamento delle linee guida sulla RU486 è solo un esempio di quanto stiamo affermando e, per quanto detto sin qui, esso è perfettamente coerente con i presupposti ideologici su cui la stessa legge 194 si fonda.

Non possiamo continuare a dire che è sufficiente “applicare meglio” la 194. Non possiamo continuare a dire che “tutela la maternità”. Perché non è vero e dobbiamo essere onesti con noi stessi. O recuperiamo una concezione integrale dell’essere pro-life, o continueremo a subire cocenti sconfitte. È arrivato il momento di adottare una nuova strategia: smettere di essere accondiscendenti con gli avversari sperando che, così facendo, combattano meno tenacemente per ottenere certi orrori. Essi combatteranno sempre e comunque. Perlomeno, essendoci qualcuno che li contrasti, non potranno agire totalmente indisturbati. Dobbiamo solo decidere da che parte stare, perché oramai è impossibile rimanere in una posizione “centrale”: o la battaglia o la sconfitta. Tertium non datur. Lo dobbiamo a tutti gli innocenti che non hanno potuto vedere la luce in 42 anni di applicazione della legge 194/78.
Fabio Fuiano - Fonte

13 commenti:

Anonimo ha detto...

"In nessuno degli interventi senza strategia dei vescovi, della Pav e di Avvenire sull'aborto fai da te, si mette direttamente in questione la legge 194. Il problema invece sta proprio lì, dato che quella legge ha stabilito che l’aborto è un diritto e le Linee guida di Speranza altro non fanno che rendere più praticabile quel diritto. Non si può pensare di lasciare stabilmente da parte il tema aborto, senza mai parlarne e senza mai mobilitarsi e poi uscire con qualche intervento nel momento del pericolo".
Stefano Fontana

Anonimo ha detto...

20 Agosto - San Bernardo di Chiaravalle

Amo perché amo, amo per amare

L’amore è sufficiente per se stesso, piace per se stesso e in ragione di sé. È a se stesso merito e premio. L’amore non cerca ragioni, non cerca vantaggi all’infuori di sé. Il suo vantaggio sta nell’esistere. Amo perché amo, amo per amare. Grande cosa è l’amore se si rifà al suo principio, se ricondotto alla sua origine, se riportato alla sua sorgente. Di là sempre prende alimento per continuare a scorrere. L’amore è il solo tra tutti i moti dell’anima, tra i sentimenti e gli affetti, con cui la creatura possa corrispondere al Creatore, anche se non alla pari; l’unico con il quale possa contraccambiare il prossimo e, in questo caso, certo alla pari. Quando Dio ama, altro non desidera che essere amato. Non per altro ama, se non per essere amato, sapendo che coloro che l’ameranno si beeranno di questo stesso amore. L’amore dello Sposo, anzi lo Sposo-amore cerca soltanto il ricambio dell’amore e la fedeltà. Sia perciò lecito all’amata di riamare. Perché la sposa, e la sposa dell’Amore non dovrebbe amare? Perché non dovrebbe essere amato l’Amore?
Giustamente, rinunziando a tutti gli altri suoi affetti, attende tutta e solo all’Amore, ella che nel ricambiare l’amore mira a uguagliarlo. Si obietterà, però, che, anche se la sposa si sarà tutta trasformata nell’Amore, non potrà mai raggiungere il livello della fonte perenne dell’amore. È certo che non potranno mai essere equiparati l’amante e l’Amore, l’anima e il Verbo, la sposa e lo Sposo, il Creatore e la creatura. La sorgente, infatti, dà sempre molto più di quanto basti all’assetato.
Ma che importa tutto questo? Cesserà forse e svanirà del tutto il desiderio della sposa che attende il momento delle nozze, cesserà la brama di chi sospira, l’ardore di chi ama, la fiducia di chi pregusta, perché non è capace di correre alla pari con un gigante, gareggiare in dolcezza col miele, in mitezza con l’agnello, in candore con il giglio, in splendore con il sole, in carità con colui che è l’Amore? No certo. Sebbene infatti la creatura ami meno, perché è inferiore, se tuttavia ama con tutta se stessa, non le resta nulla da aggiungere. Nulla manca dove c’è tutto. Perciò per lei amare così è aver celebrato le nozze, poiché non può amare così ed essere poco amata. Il matrimonio completo e perfetto sta nel consenso dei due, a meno che uno dubiti che l’anima sia amata dal Verbo, e prima e di più.

Dai «Discorsi sul Cantico dei Cantici» di san Bernardo, abate
(Disc. 83, 4-6; Opera omnia, ed. Cisterc. 2 [1958] 300-302)

L. Costa ha detto...

Scusate ma il logo della PAV è recente? Ha un senso? Quel che vedo io: c'è il monogramma ed è il tronco di un albero i cui frutti morsicati.... o delle mezzelune?
Quei frutti poi sembrano degli elettroni con le loro orbite, una dichiarazione di sottomissione del cristianesimo alla scienza?
Cercare quanlcosa di più semplice no? Quanta PNL dovremo ancora sorbirci!!

San Tommaso d'Anquino prega per noi.

Anonimo ha detto...

L'umore moderno di mutilare il Vangelo, di scegliere alcuni testi e di ignorarne altri, fa perdere agli uomini lo scopo della Vita di Cristo. Egli è venuto sulla terra non principalmente per predicare, ma per redimere. È venuto più per morire che per vivere. La sua missione non era di mera benevolenza, né di creare una rivoluzione in politica o in economia, né di guarire, né di lasciare un'etica umanitaria; tutto ciò era secondario rispetto allo scopo primario della Sua vita: la redenzione e la salvezza dell'uomo.
La sublime dichiarazione della Sua venuta è stabilita da San Giovanni: "Dio ha tanto amato il mondo da dare il Suo Figlio unigenito, perché chiunque creda in lui non perisca, ma abbia la vita eterna" (Gv 3,16). Coloro che considerano Cristo non più di un maestro non possono spiegare né la sua morte né il suo desiderio.
Se un pescatore seduto su un molo si getta in mare per dimostrare che ama il suo prossimo che è seduto tranquillamente accanto a lui, l'atto non ha alcun senso. Ma se il suo prossimo è caduto e il pescatore si è buttato in mare rinunciando alla sua vita per salvarlo, allora dovremmo dire: "Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici." (Giovanni 15,13).
In modo simile, il tuffo di Cristo nel mare della sofferenza umana è spiegabile solo partendo dal presupposto che fossimo in pericolo di annegare a causa del peccato.

(Fulton J. Sheen, da "The Seven Virtues")

Anonimo ha detto...

Avrei piacere se, insieme all'infanticidio materno, si spiegasse agli uomini che gli spermatozoi, di cui loro sono portatori, sono semi che fecondano l'ovulo, di cui la donna è portatrice, e dall'ovulo fecondato si forma l'essere umano; dalla fecondazione in poi l'uomo non può dissolversi nelle nebbie, oppure restare presente per istigare la donna all'infanticidio, di cui davanti a Dio sono responsabili entrambi.

L'infanticidio è uno degli omicidi più ributtanti perché ammazza il debolissimo su comando dell'uomo e della donna, cioè del padre e della madre.

Bisogna spiegare alle donne, anche loro spesso deboli e facilmente manipolabili, che fare all'ammmore comporta questa conseguenza e da quel momento in poi la vita del bambino dipende solo da loro, sia che l'uomo sia in fuga, sia che l'uomo le minacci, le supplichi o dichiari i volersi ammazzare se lei non ammazza il bambino.

Questi fatti vanno spiegati. Va spiegato inoltre che con l'omicidio del bambino nessuno si toglie il pensiero. E'vero il contrario, in particolare per la donna, la cui vita viene devastata, tutte le carriere per realizzarsi non le toglieranno mai dalla mente e dal cuore il bambino ammazzato. Mai.

Sei milioni di infanticidi made in Italy. Dodici milioni di braccia che ora avrebbero potuto salvare l'Italia. L'educazione dei giovani non può, non deve essere lasciata ai media, mentre la chiesa e i genitori si danno fatui anche loro alla goduria.

I media hanno corrotto generazioni e generazioni instillando la cultura della morte nei loro cuori e nelle loro menti. Ma che cos'è questa cultura della morte? E' la tecnica di liberarsi di ogni problema ignorandolo o sopprimendolo e quando uno si è ben bene liberato si ammazza.

Fate come vi pare, fornicate, abortite, fate carriera, fatevi maschie, fatevi femminelli, ingozzatevi di diritti in zona erotica, ricordate però che 'fatti non foste per viver come bruti PAZZI D'ORGASMO ma, per seguir virtute e conoscenza'.

Anonimo ha detto...

Ci siamo arrivati a capire la frase di Gesù, il vostro parlare sia sì se è sì e no se è no, il resto viene dal Maligno. Il male minore va combattuto, è il fumoso fine che giustifica i mezzi, è il ni satanico. Non licet. Abbiamo vissuto un'era di compromessi in funzione del mal minore ed ora ci ritroviamo i frutti di tale scelta satanica seppur con ottime ragioni, pensavamo. Quell'albero del simbolo mi ricorda l'albero dell'expo di Milano con significato esoterico, alberi piantati nei giardini da Bergoglio il 4 ottobre 2019, mi fa pensare al vaccino per tutti iniziando dai poveri (che poi mi risulta siano disposti a regalarlo pur di farci evolvere ulteriormente nel dna a base di nanoparticelle da agganciare al 5g: fantasie? No, basta documentarsi). Non comprate prodotti a base di cellule fetali come pepsi, nestlè ed altre porcherie, non vogliamo essere cannibalineppure senza saperlo. Ed i vaccini hanno cellule di feti umani.

http://www.civiltano.it/index2.php?option=com_content&do_pdf=1&id=7802

Anonimo ha detto...

https://www.vanthuanobservatory.org/ita/coronavirus-e-crisi-della-verita-le-fake-news-e-la-pastorale-del-consenso-di-marco-begato/

Claudia R. ha detto...

L. Costa h 8.50 : me lo sono chiesto anch'io. Anche a me ricorda l'orbita degli elettroni, poi ci vedo due scimitarre incrociate e un vago cenno alla falce e martello. Ma sicuramente sono io che non capisco niente o forse sto diventando strabica.

Marisa.torti9@gmail.com ha detto...

Alla presidenza della PAV hanno piazzato Paglia Vincenzo esattamente perché facesse il lavoro sporco.
Lo sta facendo punto per punto, come da programma commissionatogli.
Tutto il resto che proviene da questo soggetto, a partire dal sorrisetto fisso (ce l'ha stampato anche di notte?) è coreografia...

Anonimo ha detto...

Scusa, mi sento agghiacciante il sangue. Puoi spiegare meglio l'accenno a Pepsi e Nestlé? Non ne sapevo nulla... Grazie di cuore. Che orrore!

Anonimo ha detto...

Andrea Sandri:
Le decisioni del Cesare moderno che è strutturalmente diverso dal Cesare antico/ontologico (i vecchi catechismi, persino Lutero, accorpavano sotto Rm 13 e il IV comandamento l’autorità del re a quella del padre facendone un’unica struttura negata da tutto il costituzionalismo moderno e dalla sua logica “fraterna” e parricida), non sono mai in quanto tali legittime. Possono essere vincolanti in quanto morali (vedi divieto di aborto...). Ma su questa moralità non può essere lo Stato a decidere. Lo può fare il padre di famiglia, i genitori, i ceti professionalmente competenti o autorevolmente la Chiesa.

Anonimo ha detto...


Bisogna reagire anche sul piano del linguaggio.
Per esempio: l'insegna "per la scelta" adottata dagli
abortisti non va bene. Non c'è una scelta tra due alternative.
Per scegliere tra abortire e non abortire non occorre
una legge dello Stato, basta semplicemente non volerlo
fare, l'aborto. La legge non può permetterti di
scegliere tra fare un reato e non farlo, la legge
punisce il reato, sta a te non commetterlo.
In realtà, i "per la scelta" vogliono scegliere
una cosa sola: l'aborto. Senza alternativa, non c'è
vera scelta.
Il loro logo dovrebbe essere: "per l'aborto" non per
la scelta, come se effettivamente soppesassero due
alternative opposte.
Il logo "per la scelta" è menzognero.

Anonimo ha detto...

L’aborto, se è procurato, è soppressione della vita di una persona. E’ una verità comprensibile anche solo attraverso la ragione, valida e vincolante tanto per credenti quanto per non credenti. Mi spiego, ma non servendomi di considerazioni etiche, piuttosto, di un esempio semplice e pratico.
Guardo la mia mano rugosa di settantenne, mano della “mia persona”, unica e irripetibile, soggetto di diritti inalienabili e indisponibili, tra i quali, il primo è il diritto alla vita, che li comprende tutti. E’ la medesima mano che, robusta, quando ero quarantenne, sollevava pesi in un’impresa edile: stessa mano, stessa persona, stesso diritto alla vita. La stessa mano che, delicata, da ventenne, scriveva lettere d’innamorato alla’amata: stessa mano, stessa persona, stessi diritti. Mano che a sei anni, esile, scriveva le prime lettere dell’alfabeto, poi le prime parole: stessa mano, stessa persona, stessi diritti. Mano che, nato da pochi giorni, paffuta, afferrava il petto della mamma per succhiarne il latte: stessa mano, stessa persona, stessi diritti. Mano che, nel grembo della mamma, già formata, si succhiava il pollice: stessa mano, stessa persona, stessi diritti. Ed è anche la stessa mia mano che, anche se ancora informe, già mi apparteneva quando, appena concepito, m’affacciavo alla vita e chiedevo solo che mi si desse il tempo e le condizioni per crescere, sviluppare la mia vita, trascorrerla nelle sue diverse epoche e vicende, la medesima vita di cui godo ora, settantenne. M’avessero abortito, m’avrebbero ucciso. Questo dice che il concepito è già persona umana e chiede solo che gli si riconosca il diritto alla vita che già gli appartiene, e che gli si concedano le condizioni dignitose per trascorrerla fino al suo compimento.