Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

lunedì 17 agosto 2020

Viganò risponde all'Arcivescovo Barron. La proclamata 'continuità' tra Vaticano II e Tradizione non è credibile.

Il direttore del quotidiano The Remnant, Michael J. Matt, si è rivolto all’arcivescovo Carlo Maria Viganò interpellandolo, con la richiesta sotto riportata, sulla polemica innescata da Mons. Robert Emmet Barron, arcivescovo ausiliare di Los Angeles e fondatore dell’organizzazione Word on Fire. Il vescovo si è distinto per i duri attacchi ai “tradizionalisti” a causa delle loro critiche al Concilio Vaticano II e con i suoi collaboratori ha redatto un “catechismo del Vaticano II”, al fine di mettere in risalto gli errori, secondo lui, sia dei “tradizionalisti” che dei progressisti”. A seguire pubblichiamo il testo originale italiano della risposta di Mons. Viganò. Qui l'indice dei precedenti con annessi e connessi.
Eccellenza,
Forse lo troverà interessante. Come saprà, il vescovo Robert Barron non è certamente il peggior vescovo degli Stati Uniti. In passato ho tratto beneficio da alcuni suoi insegnamenti e non voglio mettere in dubbio la sua sincerità. Ciò detto, trovo che la sua posizione recentemente resa pubblica sul Vaticano II, come esposta in alcuni dettagli qui, sia problematica a molti livelli.
Non ho idea se il lancio di quest’iniziativa abbia qualcosa a che fare con le Sue recenti lettere sull’argomento, ma mi sembra un tentativo non così velato di squalificare (se non denigrare) la resistenza della tradizione cattolica con le disastrose novità non vincolanti del Concilio Vaticano II.
Sarei curioso di conoscere la Sua risposta sugli argomenti esposti dal vescovo Barron e dal suo team di World on Fire. E, se desidera condividerla con i nostri lettori, sarei felice di renderla pubblica. Dio La benedica e Maria La custodisca.
In Christo Rege,
Michael J. Matt
* * *
Dear Michael,
ho visto il catechismo sul Concilio pubblicato da Word on fire e, come mi hai chiesto, ti mando una breve riflessione. Non scenderò nei dettagli delle FAQs, che mi paiono più adatte all’uso di un utensile o alla gestione di un call centre. Mi soffermerò invece sulla frase introduttiva di Benedetto XVI:
“To defend the true tradition of the Church today means to defend the Council. [...] We must remain faithful to the today of the Church, not the yesterday or tomorrow. And this today of the Church is the documents of Vatican II, without reservations that amputate them and without arbitrariness that distorts them.”
Il Santo Padre afferma apoditticamente che “to defend the true tradition of the Church today means to defend the Council” e che “we must remain faithful to the today of the Church”. Queste due proposizioni che si completano a vicenda non trovano alcun supporto nella Tradizione, poiché il presente della Chiesa è sempre indissolubilmente legato al suo passato.

La Chiesa consta di tre dimensioni: una trionfante in Cielo, una militante in terra e una sofferente nel Purgatorio. Queste tre dimensioni della medesima Chiesa sono strettamente collegate, ed è evidente che quella trionfante e quella purgante si trovano in una realtà metafisica metastorica o metatemporale; mentre solo la Chiesa militante ha un oggi, una contingenza data dal fluire del tempo, che nulla può mutare della sua essenza, della sua missione e soprattutto della sua dottrina. Non vi è quindi una Chiesa solo dell’oggi, in cui ieri è ormai irrimediabilmente trascorso e domani non ancora avvenuto: quel che ieri Cristo ha insegnato, lo ripetiamo oggi e lo professeranno i Suoi Vicari domani; quello che i Martiri hanno testimoniato ieri, lo custodiamo oggi e lo confesseranno i nostri figli domani.

Vi è poi quest’altra proposizione “we must remain faithful to the today of the Church, not the yesterday or tomorrow”, che significativamente fu adottata dai fautori del Vaticano II proprio per cancellare il passato, affermare nell’oggi di allora la rivoluzione conciliare e preparare la crisi di quel domani nel quale ora ci troviamo. E i Novatori che hanno voluto quel Concilio, hanno operato proprio – parafrasando le parole di Ratzinger – “con le riserve che hanno amputato” il Magistero ininterrotto della Chiesa e “con le arbitrarietà che lo hanno distorto”. Non vedo perché quello che hanno compiuto ieri i Novatori con il Vaticano II ai danni della Tradizione non possa valere oggi per loro: chi non ha esitato a demolire in nome della pastoralità l’edificio dottrinale, morale, liturgico, spirituale e disciplinare della vecchia religione – come la chiamano costoro – in nome del Concilio, oggi pretenderebbe di poter rivendicare per le proprie ardite innovazioni quell’ossequiosa sottomissione e quella difesa che non ha voluto applicare a duemila anni di Magistero infallibile. E noi dovremmo manifestare un’adesione incondizionata non per la Tradizione, ma per l’unico evento che quella Tradizione ha contraddetto e adulterato. Mi pare che questo ragionamento, anche solo sotto un profilo meramente logico, non abbia molta credibilità, e si limiti a ribadire quell’autoreferenzialità della chiesa conciliare, in rottura con l’ininterrotto insegnamento dei Sommi Pontefici che l’hanno preceduta.

Mi sembra inoltre che la citazione di Benedetto XVI sia anche in contraddizione con quella ermeneutica della continuità, secondo la quale il Concilio dovrebbe esser accettato non in rottura col passato della Chiesa, ma in continuità – appunto – con esso: ma se non vi è una Chiesa di ieri, a cosa si dovrebbe riferire la continuità della presunta ermeneutica conciliare? Un altro calembour filosofico che purtroppo mostra segni di cedimento sin dalla sua formulazione e che oggi è smentito dal più alto Soglio.

Possiamo osservare con “stupore” l’impegno degli zelatori del Vaticano II nel difendere il loro concilio, giungendo a comporre nientemeno che una sorta di catechismo del Concilio. Se costoro si fossero dati la pena di ribadire con altrettanto impegno la dottrina immutabile della Chiesa, quando essa era negata o taciuta proprio in nome del rinnovamento conciliare, oggi dilagherebbe meno ignoranza della Fede e meno confusione. Ma purtroppo è più importante la difesa del Vaticano II di quanto non lo sia quella del perenne depositum fidei.
God bless you !

+ Carlo Maria Viganò
14 Agosto 2020
Vigilia dell’Assunzione di Maria Santissima

14 commenti:

Anonimo ha detto...

Pienamente concorde, se siamo stati ingannati da XX secoli allora che fiducia possiamo avere in successori di menzogneri, peraltro amanti di idoli e sessualità pure deviata? Se non siamo stati ingannati da XX secoli allora gli ingannatori sono loro. In nessuno dei due casi essi godono della fiducia di chi si pone le logice domande contingenti. Preso atto che sono ingannatori e che non appartengono ai XX secoli di Chiesa, che si fa?

Anonimo ha detto...

Risposta eccellente, come al solito
Efisio Cocco

Anonimo ha detto...

Ancora una volta, Grazie al’Arcivescovo Vigano.....
James Gallagher

Arduino ha detto...

Eccellente come sempre. Grazie mons. Viganò per la difesa della Verità, del Depositum Fidei!!

mic ha detto...

Preso atto che sono ingannatori e che non appartengono ai XX secoli di Chiesa, che si fa?

Mons. Viganò aveva precisato:
"Il solo fatto che il Vaticano II sia suscettibile di correzione dovrebbe essere sufficiente a decretarne l’oblio, una volta fatta chiarezza sugli errori più evidenti. Non a caso il prof. Pasqualucci lo definisce conciliabolo, al pari di quello di Pistoia, il quale meritò una condanna globale, oltre alla confutazione dei singoli errori in esso formulati. Faccio mia questa sua frase: «Dopo averne messo bene in evidenza le nefandezze procedurali e gli errori contro la fede sparsi nei documenti, un Papa può benissimo cassare l’intero Concilio, “confermando così nella fede i suoi fratelli”, finalmente. Ciò rientrerebbe perfettamente nella sua summa potestas iurisdictionis su tutta la Chiesa, iure divino. Il Concilio non è superiore al Papa. Se il Concilio ha deviato dalla fede, il Papa ha il potere di invalidarlo. Anzi, è un suo dovere»."

Poi sono intervenute le affermazioni sul pentimento, che stralcio dalle risposte di Mons. Viganò in un'intervista a Phil Lawler su Catholic Culture:

" La soluzione, a mio parere, risiede innanzitutto in un atto di umiltà che ognuno di noi, a partire dalla gerarchia ecclesiastica e dal Papa, deve porre: riconoscere l'infiltrazione del nemico all'interno della Chiesa, l'occupazione sistematica di posizioni chiave nella Curia romana, nei seminari e nelle università, la cospirazione di un gruppo di ribelli - tra cui, in prima linea, la deviata Compagnia di Gesù - che è riuscito a dare l'apparenza di legittimità e legalità a un atto sovversivo e rivoluzionario. Dobbiamo anche riconoscere l'insufficienza della risposta dei buoni, l'ingenuità di molti, la paura degli altri, l'interesse di coloro che, attraverso questa trama, potrebbero aver guadagnato un certo vantaggio"."

Fondamentalmente, Mons. Viganò vuole un atto di pentimento:
"Di fronte alla tripla negazione di Cristo nella corte del sommo sacerdote, Pietro 'flevit amare', pianse amaramente. La tradizione ci dice che il Principe degli Apostoli aveva due solchi sulle guance a causa delle lacrime versate abbondantemente nel resto della sua vita, pentendosi del suo tradimento. Spetterà a uno dei suoi successori, il Vicario di Cristo, nella pienezza del suo potere apostolico, raccogliere il filo della Tradizione dove è stato tagliato. Non sarà una sconfitta, ma un atto di verità, umiltà e coraggio"."

In un successivo importante intervento ben argomentato Viganò conclude:

"Concludo con una richiesta a quanti stanno proficuamente intervenendo nel dibattito sul Concilio: vorrei che cercassimo anzitutto di proclamare a tutti gli uomini la Verità salvifica, poiché da ciò dipende la loro e la nostra salvezza eterna; e che solo secondariamente ci occupassimo delle implicazioni canoniche e giuridiche poste dal Vaticano II: anathema sit o damnatio memoriae, cambia poco. Se davvero il Concilio non ha cambiato nulla della nostra Fede, prendiamo in mano il Catechismo di San Pio X, torniamo al Messale di San Pio V, rimaniamo dinanzi al Tabernacolo, non disertiamo il Confessionale, pratichiamo con spirito di riparazione la penitenza e la mortificazione. Da qui scaturisce l’eterna giovinezza dello Spirito. E soprattutto: facciamo in modo che a quel che predichiamo diano solida e coerente testimonianza le nostre opere. "

Anonimo ha detto...

Se vogliamo parlare di Tradizione, possiamo ritornare con la mente al primo Concilio Ecumenico che proibiva esplicitamente l'ecumenismo.
L'azione della gerarchia attuale è profondamente legata all'ecumenismo sancito dal Concilio Vaticano II anche nei confronti dell'islam. È da questa apertura all'islam che segue l'accettazione dell'idea, di una società aperta, secondo gli auspici di Soros e tutte le disavventure successive.
Se si fosse seguita la Tradizione, si sarebbe evitato l'ecumenismo filoislamico e molti dei disastri attuali sarebbero stati evitati.

mic ha detto...

L'azione della gerarchia attuale è profondamente legata all'ecumenismo sancito dal Concilio Vaticano II anche nei confronti dell'islam.

L'ecumenismo, di per sé è ricerca dell’unità tra le varie confessioni cristiane.
La Chiesa è naturaliter ecumenica: ma un conto è riconoscere e affermare l’ecumenicità del Chiesa nel senso della sua costitutiva proprietà insita nella cattolicità proiettata su tutta la terra e su tutta l’umana famiglia (Καθ’όλον), altro conto è fondare l’impegno ecumenico sulle strategie umane, senza più avere come punto di partenza l’ontologia della Chiesa e la sua implicita tensione all’unità, che non può discendere da comportamenti contingenti, ma nella fedeltà alla sua missione universalista.
Ciò significa che l’ecumenismo non è stato una scoperta del Concilio, ma esso è da sempre nell’autocoscienza ecclesiale. « Vi è, tuttavia, con una sua configurazione, diametralmente opposta a quella attuale. Mentre questa si distacca dalla “politica del ritorno” e talvolta irride ad essa, talaltra la demonizza. L’ecumenismo che accompagna l’incedere spazio-temporale della Chiesa è al servizio della sua unità/unicità, alla quale sollecita il ritorno dei lontani e dei separati » (Brunero Gherardini, L’ecumene tradita, Fede e Cultura 2009, pag. 24).

Il rapporto con l'Islam rientra piuttosto nel cosiddetto dialogo interreligioso. Ma a quasto proposito giova rimandare ad alcuni dati fondanti contenuti essenzialmente qui
http://chiesaepostconcilio.blogspot.com/p/e-corretta-laffermazionedel-medesimo.html

Anonimo ha detto...

@ Anonimo 12:53 : meravigliosa sintesi, caro amico, è la stessa osservazione che faccio da una decina d'anni anch'io, sempre fedele al "si si, no no" e concordando con mons. Léfèbvre quando parla di "colpo da maestro di Satana", a proposito del CV II e dei papi conciliari (i veri traditori di Cristo, coloro che hanno fatto entrare il fumo di Satana, e anche l'arrosto, nella Chiesa di Cristo). Il mio mantra: se ci si salvava prima di Roncalli, perché non posso mantenermi seguace della Chiesa preconciliare ?; se invece ci si salva solo col CV II e i papi conciliari e postconciliari (quelli del bacio al Corano, di Assisi 1 e 2, di Abu Dhabi, della Pachamama, ecc.), allora i santi preconciliari sono tutti all'inferno? Ma per favore, a chi vogliono darla a bere., è chiaro come il sole a chi tengono il sacco; se c'è la famosa ermeneutica della continuità, perché dovrei abbandonare la Chiesa preconciliare, se non c'è stata frattura, discontinuità? e se c'è stata, allora a maggior ragione rifiuto e respingo il magistero papale da Roncaalli in poi e il nefasto CV II. Come si vede, non hanno altro che l'autoritarismo, la demonizzazione, la violenza psicoloagia, il lavaggio del cervello, questi prelati modernisti, per far passare le loro diaboliche Innovazioni, la loro rivoluzione luciferina. VADE RETRO !!!

Anonimo ha detto...

Mi è stato riferito che in molti licei classici, in quasi tutte le sezioni, la Divina Commedia non compare più tra i libri di testo. Come mai? Perchè? Oggi ho letto la conferenza tenuta da Natalino Sapegno sulla Divina Commedia(1967 Yale). Vale la pena cercarla, tante considerazioni sembrano rispecchiare questo nostro tempo, non solo togliere ora Dante Alighieri significa togliere le fondamenta alla nostra lingua. Accenno solamente al fatto che Dante, si trovò come noi entro una svolta religiosa, politica, culturale terribile, dove le colonne portanti, Chiesa ed Impero, avevano ceduto.

Ora questo mettere nel dimenticatoio il passato, la tradizione, con l'accanimento che ci è noto, non può che avere un significato, cancellare il Cattolicesimo e l'Italia. Il globalismo non tollera la Chiesa e non tollera neanche l'Italia, in quanto Sede del Papato e per mille altri motivi figli tutti dell'invidia.

E' chiaro ormai che il piano di dissoluzione, nel quale stiamo vivendo, è stato preparato da tempo e molti nostri contemporanei, come al tempo di Dante, sono accecati dalla cupidigia; inoltre cancellare Dante Alighieri vuol dire non dare ai giovani modelli di riflessione sul bene e sul male in grado di aiutarli a riconoscere i vizi antichi nelle vite dei loro contemporanei, nonni, padri, fratelli, figli che siano. Meglio lasciar che i giovani siano formati nelle discoteche con alcool, droga e fornicazione estrema, le radici non servono più, che vivano in un eterno presente adolescenziale drogati, in perpetua osservazione del loro gender e sempre più ignoranti delle 'egregie cose'.

Anonimo ha detto...


Questo intervento di mons. Viganò demolisce in poche righe la falsa interpretazione
ratzingheriana del Concilio.

Anonimo ha detto...

''Mi è stato riferito che in molti licei classici, in quasi tutte le sezioni, la Divina Commedia non compare più tra i libri di testo.''

Ma meno male (egli era Flaiano, quegli che diceva: se vuoi far odiare una cosa, rendine obbligatorio lo studio nella scuola pubblica italiana?).

Per me la scuola tornerebbe ad avere un senso, se si prendesse novamente a insegnarvi l'arti del trivio (sì come si faceva prima della sciagurata e cosiddetta unificazione nazionale).

Anonimo ha detto...


Togliere Dante dal curriculum scolastico rientra anche nella logica dell'ignoranza che presiede alla c.d. cultura di massa, forma di incoltura tipica della nostra democrazia decadente e corrotta.
Bisogna studiare sempre di meno, eliminare gli autori classici della propria storia e cultura per accogliere il diverso cioè il nulla rappresentato dalle femministe, dalla cultura africana, dalla modernità letteraria decadente etc.
È la logica della "cultura della cancellazione" che sta facendo furore in America. Questa forma di pseudo-cultura ultima arrivata ma preparata da anni nelle università chic, dominate appunto dal "diverso" in tutte le sue forme, in particolare in quelle "arcobaleno".

Anonimo ha detto...

Mi diventa sempre più chiaro che le cariche esplosive della dissoluzione (sesso, potere, danaro) sono state poste entro la Religione, entro l'Educazione, entro la Comunicazione e la Politica.
Il CVII, in quanto crollo dei bastioni, ha fatto dilagare a livello generale e profondo, nella chiesa, nella educazione, nella comunicazione, nella politica, la dissoluzione come governo dell'ambito religioso, pedagogico, culturale, politico / giuridico / economico.
La differenza col passato sta nel fatto che episodi di dissoluzione sono sempre esistiti, ora invece la dissoluzione, arrivata al potere per mezzo del danaro e del sesso, è diventata metodo di governo delle moltitudini, ipocritamente gridando libertà, diritti, pane e goduria per tutti.

Anonimo ha detto...


Bene, togliamo Dante e torniamo ad insegnare le arti del "trivio", come si faceva prima della "sciagurata e cosiddetta unificazione nazionale".

Vale a dire: torniamo al sistema scolastico del Medio Evo, magari dando una rispolverata al geocentrismo (neogeocentrismo). Dopotutto la scienza altro non è che calcolo umano e l'immagine del mondo attuale non potrebbe esser a sua volta "sbagliata"? Chi l'ha detto che il sole, la cui massa è 333.000 volte più grande di quella della terra, non sia essolui a girare, dopotutto, attorno alla terra?
Dante poi era avverso al potere temporale dei Papi, visti gli effetti negativi a ripetizione che, già al suo tempo, stava producendo nei confronti dell'Italia e della Chiesa stessa. Non si era ancora dimostrata la falsità della pretesa Donazione di Costantino e Dante la credeva autentica, come quasi tutti alla sua epoca. Da qui la sua celebre invettiva.
Ma oggi, i tradizionalisti cattolici antiitaliani sono ritornati, a quanto pare, a ritenerla autentica, tetragoni a quella cosa che si chiama "acribia filologica" e insomma cultura nel senso pacato e profondo del termine. Perciò, dalli a Dante, caccialo dalla scuola, questo ghibellino maledetto...
Z.