Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

mercoledì 3 gennaio 2024

Diebus saltem Dominicis: i figli di Davide

Nella nostra traduzione da OnePeterFive la meditazione settimanale di P. John Zuhlsdorf, che ci consente ogni volta di approfondire le ricchezze della nostra fede, molte delle quali — oggi come oggi — restano nascoste si più... La Kalenda di Natale, intesa come annuncio della celebrazione, può essere ritenuta speculare all’Exultet della Veglia pasquale anche se hanno una storia e un significato liturgico molto diverso. Da notare il profondo simbolismo del numero “otto”: se il numero “sette” è associato alla creazione (cfr Gn 1,1–2,4a), l'“otto” indica che con la nascita di Cristo inizia un “nuova creazione”.
Diebus saltem Dominicis: i figli di Davide 

Quando vado a Roma, almeno una volta durante la mia permanenza visito l’Ara Pacis — o “Altare della Pace” — dell’Imperatore Cesare Augusto (†14), inglobato in un edificio bruttissimo che sembra una stazione di servizio. Non entro mai per vedere l’altare vero e proprio: ciò che torno sempre a visitare è il muro portante dell’edificio, nel quale è stato incastonato in lettere di bronzo l’intero testo delle Res Gestae di Augusto — la sua vita e le sue opere. Si tratta dell’elenco delle guerre che ha combattuto, degli incarichi che ha ricoperto, dei soldi che ha speso per costruire questo e fare quello. La mia parte preferita è quella in cui si menziona il tempio di Giano1, il dio dai due volti, patrono dell’inizio e della fine, delle porte e dei cancelli. Il mese di gennaio prende il nome da Giano perché i consoli iniziavano il loro mandato nel suo primo giorno, attualmente il giorno di Capodanno.

Originariamente Giano era un dio ancestrale della guerra dei Sabini incluso nel pantheon romano. Era chiamato anche Quirino — altro termine di origine sabina che significava “lancia”. Quirino fu adottato dal leggendario fondatore di Roma Romolo, il che spiega perché i cittadini romani fossero chiamati quirites in tempo di pace. Quando Giulio Cesare congedò una delle sue legioni, si rivolse agli uomini che ne facevano parte chiamandoli quirites, poiché rientravano nei ranghi dei civili. La parola inglese cry (‘grido’) deriva dal francese crier, che proviene a sua volta dal latino quiritare, ‘implorare l'aiuto dei cittadini romani, dei quirites’. Ma sto divagando.
Quindi, nell'antica Roma era consuetudine che quando c’era pace le porte del tempio di Giano Quirino fossero chiuse.

Perché ciò è così interessante da attrarmi lì ogni volta che vado a Roma? E perché oggi sto divagando su queste cose?

Canto della Kalenda in San Pietro, Natale 2011
Alla vigilia di Natale è consuetudine della Chiesa romana cantare le Kalendas2 — l’annuncio del Natale — durante l’ufficio di Prima. Ora vengono spesso cantate prima della messa della vigilia di Natale o prima della messa di mezzanotte. Questo canto computa gli anni trascorsi prima della nascita del Signore ed elenca vari momenti della storia della salvezza dalla Creazione in poi. Verso la fine del canto si ascolta: …nel 752° anno dalla fondazione della città di Roma, nel 42° anno del regno dell’Imperatore Ottaviano Augusto, nella 6ª età del mondo, mentre il mondo intero era in pace, Gesù Cristo, Egli Stesso Eterno Dio e Figlio dell’Eterno Padre, volendo santificare il mondo con la Sua misericordiosa venuta, essendo stato concepito dallo Spirito Santo, trascorsi nove mesi dal Suo concepimento, nacque dalla Vergine Maria a Betlemme di Giuda: fatto uomo, Nostro Signore Gesù Cristo è nato secondo la carne.
“…mentre il mondo intero era in pace”.

Quando si parla del “mondo intero” ci si riferisce ovviamente ai territori sotto il dominio di Roma. Le bronzee Res Gestae fanno riferimento all’anno di nascita di Cristo.

Augusto si vanta di aver chiuso tre volte il tempio di Giano, quando in tutta la storia precedente era stato chiuso solo due volte. Secondo lo storico romano Dione Cassio (†235), Augusto chiuse le porte nel 29 e 25 a.C. e, secondo uno studente di Sant’Agostino, lo storico Paolo Orosio (†420), nel 752° anno dopo la fondazione di Roma. Poco importa che sia difficile conciliare l’anno della nascita di Cristo con la tradizionale data di fondazione di Roma. Ciò che conta è che questo è ciò che cantiamo alle Kalendas prima di Natale: “…mentre il mondo intero era in pace…”.

Quanto sono misteriosi i disegni di Dio e la Sua economia di salvezza! Come Egli ha disposto tutte le cose fin da prima della creazione del cosmo!

In Luca 2 leggiamo che fu fatto un censimento, a fini fiscali e di coscrizione militare. Tra gli studiosi si dibatte sulla sua data e sulle sue caratteristiche. Tuttavia, Luca afferma che si svolse al tempo in cui Publio Sulpicio Quirinio (ecco quel termine che appare di nuovo) era governatore in Siria.
“Anche Giuseppe, che era della casa e della famiglia di Davide, dalla città di Nazaret e dalla Galilea salì in Giudea alla città di Davide, chiamata Betlemme, per farsi registrare insieme con Maria sua sposa, che era incinta” (vv. 4-5).
Sarebbe stato importante che il mondo intero fosse in pace. Il viaggio da Nazaret a Betlemme sarebbe stato pericoloso qualche anno prima senza che la presenza della Cohors Italica (cfr At 10, 1) assicurasse che nessuno tendesse agguati a chi percorreva quella rotta. Lo stesso vale per la fuga in Egitto, per sfuggire alla persecuzione di Erode. La gente soleva viaggiare in carovana, perché l’unione fa la forza.
Dato il ritmo più lento delle notizie e della vita nei tempi antichi, dubito che gli iscritti al censimento intasassero le strade: ma in quell’anno ci fu un “ingorgo” di meravigliosi giorni santi. Mentre scrivo — sono un po’ in ritardo nel mettermi alla tastiera — è la vigilia di Natale, che sostituisce la IV domenica di Avvento. Nel Novus Ordo il Vangelo della IV domenica e della vigilia di Natale è più o meno lo stesso, da Matteo 1: la Veglia a partire dal versetto 1 e la domenica a partire dal versetto 18. I primi 18 versetti di Matteo 1 sono la genealogia del Signore, da Abramo a Giuseppe.
La genealogia è importante e non deve essere letta di corsa per arrivare presto alle notizie interessanti perché, tra le altre ottime ragioni, si concentra su Giuseppe. Tributiamo a Giuseppe tanto amore in questo tempo di gioia natalizia.
Se si legge con attenzione la genealogia di Matteo 1, si apprende alla fine della prima delle tre sezioni (è divisa in tre serie, ciascuna delle quali comprende quattordici generazioni) che Iesse fu padre del re Davide. Poi si leggono i nomi dei re finché, quattordici generazioni dopo, ebbe luogo l’esilio di Babilonia. Successivamente si legge l’elenco dei padri fino a “Giacobbe, padre di Giuseppe, sposo di Maria”. Ciò significa che il silenzioso Giuseppe, del quale non sentiamo alcuna parola nella Scrittura, era il vero erede del re Davide. Giuseppe era il re, e lo sapeva sicuramente.
Si può immaginare che ciò abbia dato a Giuseppe un ulteriore incentivo a trasferire la sua famiglia fuori dalla città quando il falso re Erode, assetato di sangue e paranoico, stava uccidendo bambini che in base alla profezia avrebbero potuto essere suoi rivali.

Erode era ovviamente, come re della Giudea, un cliente imposto dai romani. Non era nemmeno ebreo di Giudea, essendo un edomita dell’Idumea, terra dei discendenti di Esaù. Alcuni studiosi liquidano come finzione la Strage degli Innocenti, sorvolando il fatto che Erode fu capace di uccidere tre dei suoi stessi figli perché sospettati di complottare contro di lui. Uccise anche una delle sue mogli e sua madre, il Sommo Sacerdote, zii e cugini vari. Prima di morire progettò di riunire centinaia di studiosi e sacerdoti nello stesso luogo e massacrarli in modo che gli ebrei avessero un motivo per piangere invece di organizzare una festa. Quindi, quando i Magi chiesero a Erode dell’unico “nato Re dei Giudei” (Matteo 2, 2) e i sacerdoti menzionarono loro Betlemme di Giudea, dove Davide fu unto Re, ciò fu motivo di preoccupazione così grave che, ancora una volta, un angelo accorse per mettere in salvo la Sacra Famiglia.

Gli angeli appaiono nei momenti cruciali. Gabriele, ovviamente, è apparso a Maria nel momento cruciale della storia, l’Incarnazione, e, prima ancora, è apparso a Zaccaria per dirgli di prepararsi al Precursore. Alla nascita di Cristo gli angeli hanno annunciato ai pastori che si prendevano cura delle pecore destinate al sacrificio nel Tempio la notizia di una grande gioia. Quando il Signore fu tentato nel deserto, gli angeli Lo hanno aiutato, come fecero nel Getsemani. Erano presso la tomba della Resurrezione. Hanno assistito all’Ascensione. Hanno fatto uscire Pietro e Giovanni dalla prigione affinché potessero predicare e anche in seguito hanno salvato Pietro dalla prigione. Un angelo ha ordinato a Cornelio, un centurione che apparteneva probabilmente alla Cohors Italica, di mandare a chiamare Pietro. Un angelo ha ordinato a Filippo di trovarsi nel luogo e nel momento giusti per battezzare l’eunuco etiope. Paolo ha detto che un angelo si è recato da lui durante la tempesta a Malta. Erano tutti momenti cruciali.

In Matteo 1, 20, quando per umiltà, non per sospetto, Giuseppe sta riflettendo su come gestire il fatto che Maria era incinta, l’angelo che si reca da lui lo chiama “figlio di Davide”. Il titolo Figlio di Davide è un titolo del Messia, ma lo è anche di Giuseppe. Quando Giuseppe morì, Gesù sarebbe stato il legittimo re. Anche se Gesù ha solo il DNA di Maria, condivide quel titolo, Figlio di Davide, con Giuseppe. Come Davide, anche Giuseppe aveva un timore reverenziale nei confronti dell’“arca” e per un po’ non la portò nella sua casa. Davide aveva mandato via l'Arca dell'Alleanza per un certo periodo di tempo ed essa rimase per alcuni mesi nella casa di Obed-Edom (2 Samuele 6). Se non fosse stato per l’angelo, Giuseppe forse non avrebbe preso Maria nella sua casa dopo il loro matrimonio legale. Se non fosse stato per l’angelo, la Sacra Famiglia avrebbe potuto essere catturata dagli scagnozzi di Erode.
Ciò fornisce un contesto alla parte successiva, che inizia con Matteo 1, 18-21.
Ecco come avvenne la nascita di Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, che era giusto e non voleva ripudiarla, decise di licenziarla in segreto. Mentre però stava pensando a queste cose, ecco che gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: “Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché Quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Ella partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: Egli infatti salverà il Suo popolo dai suoi peccati”.
P. John Zuhlsdorf, 25 dicembre 2023
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Note di Chiesa e post-concilio
1. Giano, dal latino “Janus” ossia passaggio o porta, è una delle più antiche divinità romane del periodo precristiano e, secondo alcune fonti, anche preromano. Insieme a Quirino parrebbe originare proprio dalla penisola italica, escludendo dunque qualsiasi origine o influenza ellenica. Giano è la divinità dei mutamenti e delle transizioni, e proprio per questo motivo era una figura onnipresente nella cultura romana: dai riti funebri, alle nuove nascite, ai matrimoni, ai cambi delle stagioni, fino alle vittorie militari. Divinità conosciuta e venerata da diversi popoli italici tra cui, oltre ai Romani, gli etruschi, viene raffigurato come un uomo dai due volti.
La tradizione vuole che queste due figure, di cui una guarda indietro e una in avanti, rappresentino passato e futuro. Difatti sono spesso associate ad un uomo anziano e ad uno giovane, proprio a voler rappresentare l’esperienza e la prudenza di chi si guarda indietro e l’audacia “divina” di chi si lancia verso il futuro. Tra queste due figure vi è una terza, non visibile e solo percettibile: il presente, l’attimo fuggente, l’Hic et Nunc.
Proprio in onore a questa divinità, nel 713 a.C., Numa Pompilio istituì il mese di gennaio come primo dell’anno. Gennaio così è il mese degli inizi, ma allo stesso tempo anche dei resoconti, essendo così vicino al precedente anno. Rappresenta un mese, quindi, di transizione e cambiamenti; e così come si fa evidente la contrapposizione tra passato e futuro, anche il giorno e la notte iniziano a mutare, lasciando sempre più spazio alla luce.
2. "Riguardo alla prima Venuta del Salvatore nella carne, quando nacque in Betlemme, [occorre sapere che avvenne] otto giorni prima delle calende di Gennaio (25 dicembre), il quarto giorno della settimana, quando Augusto regnava già da quarantadue anni (2 o 3 a.C.)." (Sant'Ippolito di Roma (170-235), Commentario a Daniele")
Octavo Kalendas Ianuarii, Luna decimaquinta,
innumeris transactis saeculis a creatione mundi, quando in principio Deus creavit caelum et terram, et hominem formavit ad imaginem suam;
permultis etiam saeculis ex quo post diluvium Altissimus in nubibus arcum posuerat signum foederis et pacis;
a migratione Abrahae, patris nostri in fide, de Ur Chaldaeorum saeculo vigesimo primo;
ab egressu populi Israël de Aegypto, Moyse duce, saeculo decimo tertio; 
ab unctione David in regem anno circiter millesimo;
hebdomada sexagesima quinta iuxta Danielis prophetiam;
Olympiade centesima nonagesima quinta;
ab Urbe condita anno septingentesimo quinquagesimo secundo;
anno imperii Caesaris Octaviani Augusti quadragesimo secundo,
toto orbe in pace composito, Iesus Christus, aeternus Deus aeternique Patris Filius, mundum volens adventu suo piissimo consecrare, de Spiritu Sancto conceptus   novemque post conceptionem decursis mensibus in Bethlehem Iudae nascitur ex Maria Virgine factus homo.
Nativitas Domini nostri Iesu Christi secundum carnem!
Venticinque dicembre, luna quindicesima
Trascorsi molti secoli dalla creazione del mondo, quando in principio Dio aveva creato il cielo e la terra e aveva fatto l’uomo a sua immagine;
e molti secoli da quando, dopo il diluvio, l’Altissimo aveva fatto risplendere l’arcobaleno, segno di alleanza e di pace;
ventuno secoli dopo la partenza da Ur dei Caldei di Abramo, nostro padre nella fede;
tredici secoli dopo l’uscita di Israele dall’Egitto sotto la guida di Mosè;
circa mille anni dopo l’unzione di Davide quale re di Israele;
nella sessantacinquesima settimana,secondo la profezia di Daniele;
all’epoca della centonovantaquattresima Olimpiade;
nell’anno 752 dalla fondazione di Roma;
nel quarantaduesimo anno dell’impero di Cesare Ottaviano Augusto;
quando in tutto il mondo regnava la pace, Gesù Cristo, Dio eterno e Figlio dell’eterno Padre, volendo santificare il mondo con la sua venuta, essendo stato concepito per opera dello Spirito Santo, trascorsi nove mesi, nasce in Betlemme di Giuda dalla Vergine Maria, fatto uomo.
Natale di nostro Signore Gesù Cristo secondo la natura umana.
_________________ 
[Traduzione e note a cura di Chiesa e post-Concilio] 
A I U T A T E, anche con poco, 
l'impegno di Chiesa e Post-concilio anche per le traduzioni 
IBAN - Maria Guarini IT66Z0200805134000103529621 
Codice BIC SWIFT : UNCRITM1731

11 commenti:

Anonimo ha detto...

Fra il 2 e il 3 febbraio 1794, nei pressi dell'isola di Noirmoutier, si consumò uno dei massacri perpetrati ai danni dei Vandeani.

Gli insorti cattolici guidati dal generale aristocratico Maurice Gigot d'Elbée, generale noto per aver in passato risparmiato a centinaia di giacobini la fucilazione, vennero sconfitti dalle soverchianti forze rivoluzionarie.
Lo stesso generale d'Elbée fu crivellato di colpi, uscendo dallo scontro con 14 ferite.
Nonostante gli accordi presi col generale Haxo, repubblicano ma nobile d'animo, i prigionieri Vandeani furono condannati a morte.
Duemila insorti Vandeani assieme ad un imprecisato numero di sacerdoti, donne, bambini e nobili vennero condotti fuori dalle prigioni a gruppi di sessanta e fucilati; i loro corpi vennero buttati in una fossa comune.

Lo stesso Generale della Provvidenza, così era soprannominato Maurice d'Elbée, venne condannato; siccome non poteva reggersi in piedi per le ferite, il 6 gennaio fu adagiato su una sedia e fucilato assieme ad altri vandeani.

Questo fu la Rivoluzione Francese.

Anonimo ha detto...

Sto rileggendo proprio in questi giorni "Le livre noire de la révolution française", Les Éditions du cerf, Paris 2008, 882 pp.

Diego B. ha detto...

Grazie Mic per questo post che è stato davvero edificante. Mille di questi!
Vorrei dare un mio piccolo contributo sulla "questione" di Giano e anche della "circolarità del tempo" spesso accennata anche nei commenti di qualche altro post. Mentre è evidente che il tempo non è circolare (almeno considerando le scale temporali della nostra esperienza e conoscenza) è altrettanto evidente come molti episodi e situazioni siano ricorsive. Non uguali ma simili. Allora potremmo pensare allo svolgersi del tempo (e non al tempo stesso in quanto la sua natura è ancora dibattuta) come ad un moto elicoidale: ho la composizione di un moto circolare (tipico della ricorsività) e di un moto rettilineo (tipico dell' "andare avanti"). In questo modo sarebbe come se salissimo su una torre e, affacciandoci ad ogni piano dalla finestra, vedremmo il mondo in maniera sempre diversa sia per effetto di una "variazione esplicita" (noi saliamo e quindi cambia la prospettiva) e sia per effetto di una "variazione implicita" (mentre saliamo anche l'esterno subisce cambiamenti e i più evidenti sono quelli dell'alternarsi del dì e della notte, etc...). My 2 cents.

Anonimo ha detto...

Sur cette question de la cyclicité du temps, je me permets de recommander à Diego B. la lecture du livre de l'ingénieur et historien Gaston Georgel (1924-1988), Les Rythmes dans l'Histoire (1ère éd.1937), et la suite…

Anonimo ha detto...

Je corrige et m'excuse : Georgel est né en 1899.

Anonimo ha detto...


"L'alternarsi del di' e della notte.."

Questo alternarsi esiste solo per noi, dipende dal fatto che la terra, oltre a viaggiare attorno al sole descrivendo un quasi cerchio, ruota su se stessa, mettendoci un tempo che noi misuriamo in 24 ore etc.

Anonimo ha detto...


"Questo fu la Rivoluzione Francese.."

Ad esser obbiettivi fu anche qualcos'altro: l'esistenza di una costituzione, grazie alla quale l'azione dell'amministrazione doveva sottostare alle leggi: non si era più esposti all'arbitrio di un monarca che poteva gettarti in prigione con un decreto, preso senza doversi giustificare di fronte a nessuno.
Il principio d'uguaglianza male applicato dà luogo all'ugualitarismo, attualmente particolarmente disastroso. Ma all'epoca fece piazza pulita di gerarchie sociali ormai incartapecorite, che non avevano più ragione di mantenere le loro forme divorate dalle tarme...
Troviamo naturale che ad ognuno ci si rivolga chiamandolo "signore", "signora". Senza la Riv Francese questo non sarebbe mai successo. Un proletario o un borghese doveva lasciare il passo a un nobile e doveva rivolgersi a lui tramite i di lui servi. Mozart, maestro di cappella di un vescovo austriaco dal pessimo carattere, conti di Colloredo in Italia (era austriaco ma quello era il suo feudo), avendo ironizzato su di lui (era avarissimo), fu fatto prendere a calci dai suoi (del conte) servi e cacciato. Se ti capitava questa sventura con un nobile non potevi sfidarlo a duello, il tuo rango sociale più basso te lo impediva.
Ci fu poi il Codice Napoleone, che per diversi aspetti fu un notevole progresso. Anche se introdusse il divorzio, fatto grave. Ma il vero matrimonio cattolico, anche come spirito, era in crisi da tempo, nella società francese, la cui religiosità si era alquanto inaridita.
I matrimoni dei regnanti fornivano da secoli un pessimo esempio: erano sempre guidati dalla ragion di Stato, le mogli portavano in dote territori e popoli. Pertanto spesso fallivano, come matrimoni,e i regali sposi si consolavano come potevano, per conto loro.
C'era la tradizione dei "bastardi reali o del sangue", figli e figlie naturali dei re, che provvedevano in genere a sistemarli con ricche rendite.
Insomma, la Rivoluzione Francese non fu solo il giacobinismo, con la ghigliottina per tutti e i massacri dei Vandeani.
Inoltre, in Francia, l'aristocrazia non sosteneva più la Chiesa. Molti nobili erano massoni e molti si arricchirono con la vendita dei beni della Chiesa fatta dai rivoluzionari. Solo un parte della nobiltà andò in esilio e combattè contro la Francia rivoluzionaria.
E il clero era tarlato, dal punto di vista della fede. Molti preti affrontarono la persecuzione e il martirio ma molti anche apostatarono, abbracciarono la costituzione civile del clero, si sposarono. Fu un collasso spaventoso, di frone alla rivoluzione: il secondo della Chiesa, dopo quello avvenuto ai tempi di Lutero.
Adesso stiamo vivendo il terzo collasso, in atto da 60 anni, un'agonia spaventosa, della quale non si vede la fine.


Angheran70 ha detto...

Poco importa che sia difficile conciliare l’anno della nascita di Cristo con la tradizionale data di fondazione di Roma

Poco importa se pensiamo che i nostri padri e i nostri nonni non hanno avuto bisogno di queste conferme per credere. La fede era semplice, l'istruzione scarsa. Eppure niente si è svolto in contrasto con i misteri della fede.

Diverso è il discorso se oggi accettiamo, per pigrizia o peggio per convenienza le presunte incongruenze cronologiche dei vangeli.
Questo non aggiunge niente alla fede ma toglie un bel po' di fette di salame dagli occhi.
Antropologi, storici dell'arte , docenti di università pontificie, commentatori televisivi fanno a gara per "smitizzare" le scritture , come se questo fosse sinonimo di autorevolezza.

R. Sangalli - che spesso scrive anche qui - ha dimostrato con ragionevole certezza che tali incongruenze non esistono. Esiste solo la mancanza di buona volontà tra i fedeli
e il malcelato presupposto anticristiano dei nemici:

La data della nascita di Gesù, i fatti parlano

Diego B. ha detto...

Merci!

Anonimo ha detto...


Concentrarsi solo sulle violenze e i massacri è un'arma a doppio taglio.

Anche i cattolici li hanno fatti, ci accusano.

1. La crociata contro gli Albigesi, i catari della Linguadoca, nella Francia meridionale. Un'eresia pericolosissima, che praticamente portava alla fine della civiltà cristiana (manichesimo, no al cibo, al matrimonio, rifiuto della creazione etc ascetismo dei "perfetti" + sensualità ed irreligione della massa). Non si convertirono, ammazzarono gli inviati papali. Da qui la Crociata, che finì in uno sterminio spaventoso del quale profittò il Re di Francia, che si impadronì di quella parte della Francia, che ancora gli mancava (i Capetingi dopo il rapido crollo dell'impero di CArlo Magno ricostituirono la parte francese come monarchia indipendente).
2. Quando i Crociati conquistarono Gerusalemme, la comunità ebraica ivi residente fu praticamente sterminata. I protagonisti non furono tanto i soldati quanto le formazioni paramilitari, diciamo, che combattevano con essi, gente poco raccomandabile.
3. La conquista del Messico. I vinti Aztechi furono quasi sterminati. Non tanto dagli spagnoli quanto dai loro alleati indigeni, ribellatisi al duro giogo azteco e fin troppo contenti di regolare i conti.
Comunque gli spagnoli, in generale, non ci andavano leggeri, avevano la fama di avere la mano pesante.
Lo testimoniano anche gli eventi delle Guerre d'Italia, quelle che portarono al dominio spagnolo su gran parte dell'Italia.
Come replichiamo a queste accuse?

Ci furono poi le guerre di religione (nove campagne in Francia) nelle quali le stragi minori si sprecarono, guerre tra cattolici e protestanti e tra protestanti (ferocissima la guerra civile inglese che portò all'affermarsi del sistema parlamentare, nel Seicento).
Le guerre di religione furono prima guerre civili poi guerre tra Stati (Guerra dei Trent'anni, finita nel 1648 con i famosi Trattati di Westphalia).
Scrisse Kant, da qualche parte: "qualsiasi cosa faccia, l'uomo resta sempre un legno storto"...
Il dramma è che, in certe situazioni, bisogna combattere, anche se sai che "i mastini della guerra" ad un certo punto sbraneranno tutti...

Anonimo ha detto...

Certamente nel tempo sono presenti delle ripetizioni, delle costanti, giorno e notte, stagioni, fasi lunari, nascita e morte, la crescita stessa avviene attraverso ripetizioni, attraverso costanti, attraverso ritmi sia dal punto di vista fisico, sia dal punto di vista interiore della conoscenza, dell anima, dello spirito, l apprendimento
e l'approfondimento si basano sulla ripetizione ritmica costante. L ignoranza dei nostri tempi dipende anche dall accelerazione che abbiamo dato alla nostra vita disordinatamente sovrastimolata da parole, immagini, impressioni, sensazioni solo apparentemente nuove. In particolare è proprio la parte dell anima, dello spirito che necessitano di scoprire nella ripetizione costante ritmica, di preghiere letture canti azioni buone ordinate, di scoprire nella dimensione spazio temporale, normalmente misurabile, un loro ampliamento reale.La recita delle Ore aiuta non solo a comprendere la verità di ciascuna, ma anche ad offrire all anima quel respiro che le è necessario per essere trasportata ad altre altezze. Forse proprio oggi è richiesto ai laici di darsi una regola monacale pur restando attivi nel mondo. Questa regola, spontaneamente assunta e semplicemente osservata può liberarci dai demoni che ci hanno invaso e dai quali ci siamo lasciati invadere. Dante Alighieri, laico marito e padre, recitava le Ore, per esempio, se ne trova traccia nella Divina Commedia.