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venerdì 12 gennaio 2024

Intramontabile Vico, nella penna di Marcello Veneziani

Intramontabile Vico, a cui anche gli studi antropologici devono molto! I suoi corsi e ricorsi storici rappresentano una nuova ricostruzione empirica della storia umana, nella quale per la prima volta la storia acquisisce la dignità dei scienza. Di seguito alcune note di Veneziani sul suo Vico dei miracoli qui

Intramontabile Vico, nella penna di Marcello Veneziani

“Perché dedicare oggi, in un tempo che pensa poco, ha poca fede, poco amore della storia e della cultura umanistica una biografia a Giambattista Vico? Perché è il più grande pensatore italiano, di quell’Italia di cui fu padre Dante Alighieri sette secoli fa. Misconosciuto, incompreso, più spesso frainteso, o ridotto a qualche tormentone scolastico, Vico è il filosofo che apre nuovi mondi e ci collega ai mondi più antichi; dei miti, della romanità, della cristianità, della tradizione, della civiltà mediterranea. E’ il pensatore che ha cercato il punto di confluenza tra la filosofia, la religione, il mito e la storia, preceduti dalla poesia ed ha pensato con mente eroica una Scienza nuova, che è il titolo del suo capolavoro di tre secoli fa.
Ci sono tante ragioni di pensiero, tante curiosità di vita e di storia, tanti intrecci col suo tempo e col nostro, che meritavano di essere raccontati. Vico dei miracoli è un noto punto di Napoli, ma è la metafora di un pensiero miracoloso, non solo per i suoi riferimenti alla grazia della Provvidenza. E mentre la vecchiaia avanzava, Vico insegnava ai suoi alunni, che più la storia avanza più il mondo si rinnova e anziché invecchiare ringiovanisce.
Difatti la storia va avanti e va indietro, secondo Vico, tra ascese e cadute; progredisce, ma segue i cicli, come la natura, dunque ritorna al cammino precedente. Ma non torna al passato, non cancella le esperienze accumulate. È un cammino a spirale, in cui ogni curva è analoga a quella corrispondente del precedente giro, ma non è uguale. Una visione originale che concilia la visione pagana classica, ciclica della storia, e la visione cristiana, che vede la storia come un cammino verso l'infinito.” 
Marcello Veneziani, dal libro “Vico dei miracoli” https://amzn.to/3rMSaAD

10 commenti:

Anonimo ha detto...

Con l "teoria dei corsi e dei ricorsi storici”. Il Vico sosteneva che alcuni accadimenti si ripetevano con le medesime modalità, anche a distanza di tanto tempo e ciò avveniva non per puro caso ma in base ad un preciso disegno stilato della divina provvidenza.

Anonimo ha detto...


"Con le medesime modalità" è impossibile.
Diciamo in modo simile.

Anonimo ha detto...

"Tria sunt tempora: praesens de preteritis (memoria), praesens de presentibus (contuitus), praesens de futuris (expectatio)"
S. Agostino

"I tempi sono tre: il presente del passato (memoria), il presente del presente (osservazione), il presente del futuro (attesa)".

Anonimo ha detto...

Comoedia est imitatio vitae, speculum consuetudinis, imago veritatis.
(Giambattista Vico,Vici Vindiciae, Napoli 1729)

Anonimo ha detto...


Ratzinger contro Vico.

Nella sua 'Introduzione al Cristianesimo', libro di testo per tanti seminaristi e per tanti anni, Ratzinger attacca Vico quale precursore dello storicismo a causa del suo concetto del vero. Vico "enuncia per primo una un'idea completamente nuova della verità e della conoscenza, preconizzando così arditamente la ormula tipica dello spirito moderno, nel prendeer posizione di frone al problema della verità e della realtà. All'equivalenza scolastica "verum est ens" (il vero è l'ente), egli contrappone il suo pricipio "verum est factum". Il che significa: a noi risulta riconoscibile per vero unicamente ciò che noi stessi abbiamo fatto. A me sembra proprio che questa formula segni davvero la fine dell'antica metafisica e il principio dello spirito tipicamente moderno" 4a ed. Queriniana, Brescia, 1971, pp. 28-29.
L'interpretazione di R. si raccorda a quella dei neo-idealisti italiani, che vedevano appunto in Vico un precursore dello storicismo.
Non sono uno specialista di Vico. Mi sembra però che l'interpretazione di R. sia alquanto riduttiva. Da essa, Vico sembrerebbe escludere dal vero tutto ciò che non è fatto dall'uomo. E allora su che base Vico giustifica il diritto naturale o delle genti, che non è un fatto creato dall'uomo? Il matrimonio secondo natura per Vico è una legge di natura al fine di evitare la barbarie della "Venere bestiale", come la chiama, quell'accoppiarsi alla maniera delle bestie, che renderebbe impossibile ogni vivere civile.
In realtà Vico rivaluta il fatto contro il cartesianesimo che portava a concepire la realtà secondo schemi logici a priori, lasciandone del tutto fuori la storia. Noi conosciamo al meglio ciò che facciamo e questo lo si vede nella storia, dice Vico (ma questo non è l'unico "vero"). Questa conoscenza della storia deve infatti far emergere "la storia ideale eterna delle nazioni" ossia come la storia avrebbe dovuto essere in relazione all'opera della Provvidenza che in essa vi si rivela. La conoscenza vichiana non è passiva di fronte al fatto, tende essa stessa ad interpretarlo normativamente, facendone emergere la logica interna, profonda, riconducibile all'opera della Provvidenza.
La contrapposizione con il concetto del vero della Scolastica è fuorviante, concetto che tra l'altro R. non spiega.
Forse il saggio di Veneziani affronta questi problemi?

Anonimo ha detto...


Proprio l'idea vichiana che esiste oggettivamente una "storia eterna ideale delle nazioni" può essere utile per ristabilire il significato oggettivo o meglio normativo del matrimonio secondo natura e del culto dei morti, altro aspetto della civiltà che oggi si vuole demolire, con l'incinerazione e relativo spargimento delle ceneri umane nella natura, prassi che si sta diffondendo anche tra i cattolici, da quando la Chiesa non ha più proibito l'incinerazione. Per Vico il culto dei morti appartiene alla legge di natura, ed è un culto a base religiosa.

Vico aveva avuto una notevole formazione come giurista. Come filosofo del diritto, ricercò il fondamento universale del "diritto delle genti", che doveva risultare da principi razionali, anche di origine divina. Il "diritto delle genti" non era una semplice creazione dell'uomo, non risultava da soli elementi di fatto ma doveva appunto rivelare "la storia ideale eterna delle nazioni", doveva anzi esser colto attraverso quella storia, diretta dalla Provvidenza.
Se c'è una qualche anticipazione della posteriore idea dell'opera della Provvidenza nella storia non siamo tuttavia all'immanentismo hegeliano, che dissolve Dio nello Spirito che si attua dialetticamente nella storia.
Proprio la storia (il "vero" creato dall'uomo) deve dimostrarci che il matrimonio secondo natura e il culto dei morti sono "fatti" che, al di là delle differenze formali, si ripetono costantemente, rivelando la presenza di una "norma" che è "ideale" ossia si mantiene nel tempo per volontà della Provvidenza, costituendo il parametro da seguire.
Questo può esser un aspetto nel quale il pensiero di Vico è ancora attuale, più degli storicismi posteriori, con il loro fondamento immanentistico, che finisce col ridurre tutto all'attività umana.

Anonimo ha detto...

Non sono in grado di dire di spiegare cosa precisamente si intenda con factum, in italiano il fatto indica indicava anche accadimenti che non erano fatti pensati orchestrati dagli uomini e tuttavia erano e sono reali. Per cui il fatto lo denominiamo anche caso, tant'è che Padre Silvano Fausti denominò il caso 'Dio in incognito' altri invece quando il fatto e/o il caso è funesto dicono che il Diavolo ci ha messo la coda.Son tutti fatti che esulano dalla volontà umana, pur essendo fatti che cadono sotto i nostri sensi. È quindi facile naturale specie nel fatto imprevisto improvviso vedere riconoscere la mano della Provvidenza.

Anonimo ha detto...

...negare la Provvidenza è negare la Grazia è negare la Mano di Dio che mette una toppa agli sbreghi fatti da uomini oscurati dalla materia, che nei fatti deriva dal Verbo, che gli oscurati non vogliono vedere perché sono anche grevi.

mic ha detto...

In soldoni, dal punto di vista soggettivo, il "fatto" è ciò che accade, e può essere agito (come conseguenza delle nostre azioni) o subìto (come conseguenza di azioni commesse da altri e di circostanze impreviste e imprevedibili).
Nell'uno e nell'altro caso, non c'è dubbio che è Dio che lo permette e ogni fatto incide nella nostra vita e nella nostra anima (e dunque nel nostro rapporto con Dio) a seconda di come lo viviamo (accettando o reagendo a seconda dei casi, cercando di fare la Sua volontà): se sentendoci alla Sua Presenza e accettando e lodando e offrendo e pregando anche nella sofferenza o nella difficoltà (che diventa espiazione o prova) e facendo del nostro meglio quando è necessario, certi del Suo amore e timorosi di spender male la nostra libertà, suo dono grande....

Approvo toto corde il commento 11:00 e riprendo:
Proprio la storia (il "vero" creato dall'uomo) deve dimostrarci che il matrimonio secondo natura e il culto dei morti sono "fatti" che, al di là delle differenze formali, si ripetono costantemente, rivelando la presenza di una "norma" che è "ideale" ossia si mantiene nel tempo per volontà della Provvidenza, costituendo il parametro da seguire.
Questo può esser un aspetto nel quale il pensiero di Vico è ancora attuale, più degli storicismi posteriori, con il loro fondamento immanentistico, che finisce col ridurre tutto all'attività umana.

Anonimo ha detto...

Giambattista Vico (1668-1744) è stato uno dei più grandi filosofi italiani di tutti i tempi, eppure è ancora poco conosciuto e apprezzato dal grande pubblico. La sua opera più famosa, “La Scienza Nuova”, è un capolavoro di erudizione, fantasia e intuizione, in cui Vico propone una visione originale e rivoluzionaria della storia, della cultura e della conoscenza umana.

Vico fu il primo a concepire l'idea della pluralità delle culture, cioè il fatto che ogni popolo ha il suo modo di pensare, di esprimersi, di credere, di agire, che non può essere ridotto a una legge universale o a un modello razionale. Questo significa che il suo pensiero è in sé anti-totalitario, perché riconosce il valore e la dignità di ogni forma di vita umana, senza imporre una verità assoluta o una morale superiore.

Vico fu anche colui che vide i limiti del sapere scientifico, che si basa sull'osservazione e sulla misurazione dei fenomeni naturali, ma che non può spiegare il senso e il significato delle opere umane, come la poesia, la religione, il diritto, la politica. Per questo, Vico propose una scienza nuova, basata sul principio che l'uomo può conoscere solo ciò che ha fatto, cioè le sue creazioni culturali, che sono il frutto della sua fantasia e della sua ragione.

Vico fu infine colui che creò l'estetica, l'antropologia, la sociologia, la mitologia, e che anticipò molti concetti e problemi che saranno sviluppati solo secoli dopo da altri filosofi, come Kant, Hegel, Croce, Gentile, Berlin. Per questo, Vico può essere considerato un genio, un profeta, un miracolo della cultura italiana.

A rendere omaggio a questo grande pensatore è Marcello Veneziani, che ha scritto “Vico dei Miracoli”, un libro appassionato e appassionante, in cui racconta la vita e l'opera di Vico seguendo le sue tracce nei luoghi in cui visse e insegnò, a Napoli e a Vatolla, e mettendo in luce le sue intuizioni miracolose, che lo hanno reso un precursore dell'ermeneutica, della filosofia della storia, della critica della modernità.

Veneziani scrive con stile chiaro e coinvolgente, senza rinunciare alla profondità e alla competenza filosofica, e riesce a trasmettere al lettore la sua ammirazione e il suo entusiasmo per Vico, invitandolo a scoprire o a riscoprire un autore che ha molto da insegnarci ancora oggi, in un'epoca di crisi e di confusione dei valori e delle identità.

“Vico dei Miracoli” è un libro che merita di essere letto e diffuso, perché restituisce a Vico il ruolo di grande maestro del pensiero italiano, e perché ci offre una chiave di lettura della nostra storia e della nostra cultura, che non può prescindere dalla ricchezza e dalla diversità delle esperienze umane.

Marcello Veneziani, “Vico dei miracoli”
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