Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

lunedì 4 gennaio 2016

don Curzio Nitoglia. Le lezioni da trarre dal grande scisma d'Occidente

Una delle tante volte che un cieco volle guidare un altro cieco…
e finirono tutti e due nella fossa
“Historia magistra vitae”. Il perché dell’articolo

Non tratto in maniera esauriente questo periodo della storia ecclesiastica[1], ma lo riassumo per capire come si sia potuti arrivare, in concreto, al trionfo della dottrina conciliarista (insegnata comunemente nel XV secolo) e, quindi, alla negazione del primato di Pietro e del Papa, e ciò allo scopo di trarne una lezione morale per noi, che viviamo in un periodo di crisi nella Chiesa analogo a quello del Grande Scisma d’Occidente (infatti il Concilio Vaticano II ha proposto pastoralmente la “Collegialità episcopale”[2], che è una forma più sfumata di “Conciliarismo”, il quale fu insegnato al Concilio di Costanza/Basilea, ma non infallibilmente), affinché non commettiamo gli stessi errori che furono commessi allora:
  1. l’errore del Concilio che, pur essendo inferiore al Papa e non avendo nessun potere su di lui, lo giudica e lo depone dichiarandolo non-Papa; 
  2. e di contro l’adulazione e il servilismo di chi obbedisce ad ordini illeciti, che possono esser dati anche dall’Autorità ecclesiastica[3], come è avvenuto storicamente (non solo nel periodo studiato in questo articolo) e “contro il fatto non vale l’argomento”[4]. In tali casi bisogna limitarsi a credere e fare ciò che la Chiesa ha sempre insegnato e fatto (S. Vincenzo da Lerino, Commonitorium, III, 5), evitando le novità[5] che possono eccezionalmente infiltrarsi nel governo della gerarchia ecclesiastica anche al suo sommo Vertice.
Il Papato avignonese (1309-1377)

Alla morte di papa Gregorio XI (27 marzo 1378) la situazione della Chiesa era preoccupante a causa dell’indebolimento dell’autorità del Papato (a séguito dello scontro tra papa Bonifacio VIII e Filippo il Bello re di Francia, che avrebbe voluto far deporre il Papa da un Concilio dopo averlo fatto schiaffeggiare ad Anagni).
Nel 1378 la sede pontificia, dopo un periodo abituale, duraturo e costante di circa settanta lunghi anni consecutivi (e non in maniera accidentale, eccezionale, rara ed episodica), era tornata da Avignone a Roma da un solo anno. Infatti nel 1305 era stato eletto Papa, col nome di Clemente V, il francese Bertrand de Got, arcivescovo di Bordeaux, che era un uomo debole ed in balìa della prepotenza del re di Francia, il quale guidava le decisioni del Papa e fece in modo che questi trasferisse la sede papale da Roma ad Avignone nel 1309, dando inizio al triste periodo noto come “cattività avignonese” (contro il quale si batterono S. Brigida di Svezia e S. Caterina da Siena) durato sino al 1377, in cui la Chiesa sembrava essere stata diminuita (parzialmente e pro tempore) della sua nota della Cattolicità o universalità apparendo infeudata ad una sola Nazione per di più con forti velleità universalistiche, sciovinistiche.[6] 

Ma non vi erano solo questi disordini disciplinari e di governo nella Chiesa. Infatti Clemente V annullò la Bolla di Bonifacio VIII Clericis laicos e alcune parti della Bolla Unam Sanctam del medesimo Bonifacio VIII ed inoltre canonizzò, in polemica con Bonifacio, Celestino V (il quale da alcuni veniva considerato il vero Papa forzato ad abdicare, mentre Bonifacio sarebbe stato un usurpatore, proprio come oggi qualcuno ritiene vero Papa Benedetto XVI costretto ad abdicare e Francesco I un usurpatore). Nihil sub sole novi, da San Pietro alla fine del mondo.

È per questo motivo che lo studio del Papato avignonese e del Grande Scisma d’Occidente può risultare moralmente e spiritualmente utile per noi, che viviamo in un periodo di profonda crisi nella Chiesa, forse superiore a quello del Grande Scisma. 

Gesù vuole che la sua Chiesa sia governata da Pietro e dai suoi successori “ogni giorno sino alla fine del mondo”, con una catena apostolica mai interrotta (successione apostolica o Apostolicità della Chiesa). Ora se Cristo ha voluto stabilire la struttura della Sua Chiesa in questo modo (Una, Santa, Cattolica e Apostolica), non si capisce come (secondo la tesi di Cassiciacum), senza contraddirsi, voglia Lui stesso governarLa per mezzo secolo senza Papi (in atto), supplendo e rimpiazzando il Papato poiché non ci sono più Papi da oltre cinquanta anni. Ma allora il volere di Cristo è stato vanificato? Le porte dell’inferno hanno prevalso? La Chiesa da Lui fondata ha perso la sua divina istituzione e costituzione (monarchica, petrina e apostolica)? Absit! 

La gravità della situazione ecclesiale da Giovanni XXIII e Francesco I

Il pontificato di Francesco I getta, oggettivamente, le coscienze dei cattolici fedeli in uno stato di dubbio, di smarrimento, di sospetto. È un fatto che non può essere negato e che porta alcuni a soluzioni estreme. Ora bisogna ammettere che lo stato attuale è talmente buio e oscuro da rendere difficile il veder chiaro, come durante il Papato avignonese un grande teologo e Santo (il domenicano Vincenzo Ferrer) si schierò con uno degli antipapi ritenendolo vero Papa, pur essendo egli un valente teologo tomista e quindi assertore del primato del Papa sul Concilio per cui “prima Sede a nemine judicatur” (cfr. S. Tommaso d’Aquino, Summa contra Gentiles, lib. IV, cap. 76).

Quindi non bisogna meravigliarsi se nel combattere la buona battaglia di resistenza contro il neo-modernismo qualcuno usi armi “non convenzionali” o reagisca esageratamente. Se ciò lo scusa davanti a Dio non toglie la libertà di esporre la dottrina cattolica (educatamente, pacatamente e senza insultare nessuno) quale è stata insegnata dai Padri, dai Dottori scolastici e dal Magistero ecclesiastico, facendo attenzione a non prendere per “luogo teologico” un grande teologo (p. M.-L. Guérard des Lauriers) o un “profeta” ed anzi “più che un profeta” (dr. Plinio Correa De Oliveira)  o un vescovo integerrimo (mons. Marcel Lefebvre).

A questo proposito lascia perplessi la tesi secondo cui un soggetto che non è Papa (in atto) può eleggere dei cardinali, i quali pur non essendo cardinali (in atto) possono eleggere validamente un Papa, che non è Papa (in atto) e nonostante ciò la Chiesa perdurerebbe e le porte dell’inferno non avrebbero prevalso contro di Essa - pur durando questa situazione da mezzo secolo, che è un periodo abituale, duraturo e costante e non è un qualcosa di raro, episodico ed eccezionale - grazie alla distinzione tra Papa in potenza e Papa in atto (che è certamente propria della teologia, come i concetti di materia e forma, potenza e atto si applicano ai sacramenti, al peccato, all’atto virtuoso… ed anche al Papa).

Il buon senso risponde: “nemo dat quod non habet / nessuno dà quel che non ha”, cioè se un soggetto non è Papa non può eleggere i cardinali (“agere sequitur esse / per agire [da Papa] bisogna prima essere [Papa])”, i quali se non son cardinali non possono eleggere un Papa (come un soggetto se non è prete in atto non può consacrare validamente in atto). Da una verità di ordine metafisico (la distinzione reale di potenza/atto, materia/forma, essenza/essere negli enti creati), di cui si è sempre servita la teologia, la suddetta tesi, con un passaggio indebito, arriva ad un “bizantinismo teologico”, che riduce la Chiesa di Cristo ad un’entità senza Papa, senza Vescovi con giurisdizione, senza Sacerdoti, senza Sacramenti (in atto).

Ora come «i Sacramenti sono istituiti per tutti e sono alla portata di tutti i fedeli. Quindi anche la valutazione dei loro elementi [materia/forma/intenzione oggettiva] deve essere fatta in base a un criterio accessibile a tutti e non riservato a una élite di persone» (P. Palazzini, Enciclopedia Cattolica, Città del Vaticano, 1953, vol. X, col. 1579, voce “Sacramenti”). Così anche la valutazione dell’ubicazione della Chiesa cattolica deve essere fatta in base a un criterio accessibile a tutti e non riservato a un club filosofico di pochi intellettuali, essendo la Chiesa una Società soprannaturale fondata da Cristo per la salvezza eterna di tutti gli uomini, di tutte le razze, le età e le condizioni sociali, assistita da Lui “tutti i giorni sino alla fine del mondo” (Mt., XXVIII, 20).

Attenzione, quindi, a non voler restringere la Chiesa universale (divinamente dotata di Gerarchia e Sacramenti sino alla fine del mondo) ad una “chiesa virtuale e immaginaria”, riservata ad un cerchio molto ristretto di “eletti”.

La Chiesa della Nuova ed Eterna Alleanza è stata fondata da Gesù direttamente su Pietro e i suoi successori e non sui teologi, i profeti e i soli vescovi, che senza il Papa non possono nulla. Quindi i luoghi teologici di cui ci si deve servire per risolvere un problema tanto delicato come quello odierno sono
  1. la S. Scrittura, 
  2. la Tradizione apostolica, 
  3. le decisioni o il Magistero della Chiesa, dei Concili e dei Papi, 
  4. l’insegnamento moralmente unanime dei Padri, dei Dottori scolastici, 
  5. la sana ragione, la filosofia perenne e la storia (Melchior Cano, Libri XII de locis theologicis, Roma, ed. T. Cucchi, 1900, 3 voll.)
Nel periodo della cattività o prigionia avignonese (analoga a quella babilonese, nell’Antica Alleanza, di Israele), non vi era solo una situazione di disordine disciplinare all’interno della Chiesa asservita al re di Francia col rischio di ridursi quasi a una “chiesa” nazionale, ma vi erano anche alcune deviazioni dottrinali, che possono eccezionalmente introdursi nell’insegnamento non infallibile dei Papi, senza con ciò inficiare il dogma dell’infallibilità pontificia né il primato del Papa[7].

Il successore di Clemente V fu Giovanni XXII (1316-1334), che come dottore privato sosteneva la tesi teologicamente erronea secondo cui le anime dei giusti non godono la Visione Beatifica dopo la morte ma solo dopo il giudizio universale, tesi difesa anche dal cardinale Jacques Fournier poi suo successore (1334-1342) col nome di papa Benedetto XII[8]. L’ortodossia teologica dei Papi avignonesi (che son considerati dalla Chiesa veri Papi) non brillava certamente: è un dato di fatto e “contro il fatto non vale l’argomento”; ma ciò non deve portarci a negare il primato del Papa, la sua infallibilità (a certe determinate condizioni definite dal Concilio Vaticano I) e l’indefettibilità del Papato. Il Concilio Vaticano I infatti, ha definito (DB 1839) che il Papa in quanto Papa (o seduto sulla cattedra di Pietro, “ex cathedra Petri”), se definisce come divinamente rivelata una dottrina riguardante la Fede e la Morale ed obbliga a crederla come assolutamente necessaria alla salvezza, è assistito dall’infallibilità. 

Il Regalismo e il Conciliarismo come rimedio al disordine imperante nella Cristianità e nella Chiesa

Fu allora che, per risolvere il problema postosi in materia politica e religiosa dei rapporti tra re/Papa e Concilio 
  1. Jean de Jandun e Marsilio da Padova compilarono il Defensor pacis sostenendo la superiorità dell’imperatore sul Papa (Gallicanesimo politico) e
  2. Guglielmo di Occam radicalizzò tale tesi e la estese alla Chiesa tutta, teorizzando la superiorità del Concilio sul Papa (Conciliarismo teologico).
Purtroppo tale teoria conciliarista fu sottoscritta, nel dicembre 1352, anche dal cardinale avignonese Stefano Aubert durante il conclave che lo elesse Papa col nome di Innocenzo VI (1352-1362), dichiarandola nulla soltanto sei mesi dopo non appena il Papa fu lui stesso (6-VII-1353). Anche qui non si può negare una certa deficienza di purezza dottrinale dei Papi di quell’epoca[9].

Il Grande Scisma d’Occidente (1378-1417)

Dopo ben 75 anni il conclave finalmente si tenne a Roma nel 1378, ma siccome la maggioranza dei cardinali era francese (11 su 16) ci si aspettava e si temeva ancora l’elezione di un Papa francese, mentre il popolo romano reclamava un papa romano o perlomeno italiano.

Questo incidente (“parvus error in principio fit magnus in fine”), dopo 70 anni di “cattività” della Chiesa in Avignone, dette luogo ad altri 40 anni di confusione e dissidi nella Chiesa, che vanno sotto il nome di Grande Scisma di Occidente. Un’epoca (costante, abituale, duratura) che solo a studiarla fa venire il mal di testa tanto è confusa e caotica ed è la migliore confutazione pratica ed evidente delle “tesi” perfezioniste sulla natura del Papato e della Chiesa gerarchica.

L’elezione del Papa fatta sotto la minaccia di violenza

I cardinali riuniti in conclave, sotto la pressione della massa agitata del popolo romano, l’8 aprile 1378 elessero (in maniera non scevra da timore[10] e quindi non canonicamente regolare ed ineccepibile[11]) Papa l’arcivescovo di Bari Bartolomeo Prignano natio di Napoli, che prese il nome di Urbano VI (1378-1389).

La sua elezione non era stata ancora annunziata quando la folla inferocita irruppe nelle sale del conclave per timore che fosse stato eletto un francese, i cardinali si dettero alla fuga, ma i romani si tranquillizzarono poiché era stato eletto un italiano anche se non natio di Roma. Anche qui si può notare facilmente come lo svolgimento del conclave non è stato il più rigorosamente canonico e legale possibile, ma l’accettazione di esso ha convalidato o sanato in radice ogni dubbio d’illegalità (cfr. nota n. 19).

Filosoficamente l’accettazione de facto di un tiranno temporale che si è impossessato del potere equivale alla convalidazione o sanazione in radice che lo rende legittimo governante (cfr. nota n. 19), così - teologicamente - il Papa dubbio se accettato dalla Chiesa diventa Papa indubitato (cfr. nota n. 14).
Il giorno seguente (9 aprile) Urbano VI fu intronizzato e venne incoronato il 18 aprile.

Accettazione dell’elezione da parte dei cardinali

I cardinali assistettero alla cerimonia di incoronazione e parteciparono all’attività pastorale del nuovo Papa. Quindi è pacifico che i cardinali lo riconoscevano come Papa: anche se l’elezione dell’8 aprile era stata fatta sotto il timore della rappresaglia del popolo romano e dunque in se stessa non era libera da pressioni violente esterne[12], tuttavia l’atteggiamento successivo dei cardinali la riconosceva, la convalidava, la sanava[13] e l’interpretava praticamente come canonicamente valida.
Perciò anche se l’elezione canonica di Alessandro VI (un simoniaco che non aveva alcuna volontà oggettiva di procurare il bene della Chiesa, ma solo il bene materiale della sua famiglia) o di Paolo VI (perché modernista) ha avuto degli impedimenti (volontà oggettiva di non fare il bene della Chiesa), il riconoscimento di Alessandro VI/Paolo VI come Papa da parte della Chiesa li ha resi da Papi dubbi, Papi indubitati (vedi nota n. 14).

Infatti in caso di dubbio sull’elezione di un Papa o sul fatto che sia veramente Papa poiché non ortodosso o non correttamente e legittimamente eletto, la soluzione data dalla sana teologia è che “l’accettazione pacifica di un Papa da parte di tutta la Chiesa è il segno e l’effetto infallibile di una elezione e di un pontificato validi”[14].

Perciò l’elezione di Urbano VI è considerata dalla Chiesa come legittima (“Papa indubitatus”) e legittima è stata riconosciuta la successione romana dei Papi che son succeduti a lui: Bonifacio IX (1389-1404), Innocenzo VII (1404-1406), Gregorio XII (1406-1415). Mentre la successione avignonese non è riconosciuta come valida dalle cronotassi ufficiali, perciò Clemente VII (1378-1394) e Benedetto XIII (1394-1423) son ritenuti dalla Chiesa ufficialmente antipapi[15].

I cardinali ricorrono alla dottrina del “Papa eretico” per sciogliersi dall’obbedienza al “Papa accettato”

Purtroppo Urbano VI procedette con un rigore talmente eccessivo[16] per reprimere gli abusi che allora affliggevano la Chiesa che i cardinali francesi (presso i quali soprattutto si era introdotto lo spirito del Conciliarismo gallicano e che S. Caterina chiamava “dimoni incarnati”) fuggirono a Napoli e di lì scomunicarono il Papa dichiarandolo decaduto[17]. Era l’inizio di una serie di sbagli che a partire da un errore teologico (superiorità del Concilio sul Papa) porteranno ad una situazione catastrofica nella Chiesa (tre Papi contemporanei, che presumono tutti e tre di essere il vero e unico Vicario di Cristo).

Poi a Fondi i cardinali indissero un conclave illegale (come illegale è la destituzione del Papa, che non ha superiori su questa terra e non può essere deposto da nessuno e neppure da parte del Concilio, che è inferiore al Papa come il corpo è inferiore al Capo e il gregge al Pastore) ed elessero un antipapa, il quale prese il nome di Clemente VII[18], adducendo come pretesto che l’elezione di Urbano VI era stata forzata dal popolo romano e quindi invalida, mentre in un primo tempo essi l’avevano accettata pacificamente e quindi convalidata o sanata in radice (cfr. nota n. 19).

Clemente VII pose la sua residenza ad Avignone e aprì una nuova Curia formata da 13 cardinali francesi. Così la Cristianità si divise in due parti: la romana o urbaniana e l’avignonese o clementina, che pur essendo illegittima aveva ottenuto un forte séguito politico: la Francia, il regno di Napoli, la Savoia, la Spagna, la Sicilia, la Scozia e alcuni territori della Germania meridionale.

Papa Urbano VI rispose scomunicando l’antipapa Clemente VII cosicché “nominalmente tutta la Cristianità si trovava scomunicata!” (K. Bihlmeyer - H. Tuechle, Storia della Chiesa, vol. 3, L’epoca delle riforme, Brescia, Morcelliana, VII ed., 1983, p. 62). Nasceva così il Grande Scisma d’Occidente che sarebbe durato quasi 40 anni (1378-1417).

Inoltre sei cardinali fedeli al Papa romano Urbano VI suggerirono al re di Napoli Carlo III di prendere prigioniero il Papa e di metterlo sotto cautela poiché malato di mente, ma il Papa lo seppe e fece giustiziare i cardinali (K. Bihlmeyer - H. Tuechle, Storia della Chiesa, vol. 3, L’epoca delle riforme, Brescia, Morcelliana, VII ed., 1983, p. 65).

Il Conciliarismo prende piede

La dottrina del primato del Papa cominciava a vacillare e il Conciliarismo divenne la dottrina quasi comune di quell’epoca tristissima. Infatti la teologia si dette da fare per ovviare a tale situazione. L’Università di Parigi, “che si era assunta i compiti del magistero ordinario” nihil sub sole novi… (H. Jedin, Storia della Chiesa., Milano, Jaca Book, 1977 ss., vol. V/2, p. 199), nel 1381, con i due professori tedeschi Enrico di Langestein e Corrado di Gelnhausen, raccomandò la convocazione di un Concilio generale, che secondo loro era superiore al Papa, per dirimere la situazione, mentre la complicò ulteriormente: “L’ottimo è nemico del buono”.

Alla morte del Papa romano si sperava che i cardinali fedeli a lui avrebbero riconosciuto, mediante una convalidazione o sanatio in radice[19], come Papa legittimo l’antipapa avignonese e viceversa alla morte dell’antipapa avignonese si sperava che i cardinali riconoscessero il Papa romano e la situazione si sarebbe aggiustata, sanata, convalidata praticamente (cfr. nota n. 19). Ma le cose andarono diversamente per ancora altri tre Papi (Bonifacio IX, 1389-1404; Innocenzo VII, 1404-1406; Gregorio XII, 1406-1415) ed un altro antipapa (Benedetto XIII, 1394-1423).

Il conciliabolo di Pisa (1409) tenta di risolvere la situazione

Sennonché la maggioranza dei cardinali romani, stufi della situazione, nel 1408 si staccarono dall’obbedienza al Papa di Roma (Gregorio XII) e nel medesimo anno anche i cardinali avignonesi si staccarono dall’obbedienza all’antipapa Benedetto XIII. Quindi i 13 cardinali romani e la curia avignonese si radunarono a Livorno nel giugno 1408 e decisero di convocare un Concilio universale a Pisa per il 25 marzo del 1409.

Naturalmente il conciliabolo (dacché senza Papa) di Pisa fu dominato dalla tesi conciliarista e in base alla ipotesi teorica (del tutto improbabile e per nulla certa) del Papa eretico[20] depose sia il Papa (Gregorio XII) che l’antipapa (Benedetto XIII) come eretici e scismatici notori il 5 giugno del 1409 ed elesse un nuovo antipapa il 26 giugno 1409, che prese il nome di Alessandro V (1409-1410). Così si ebbero tre Papi, di cui due antipapi e un vero Papa, ma non riconosciuto da mezza Chiesa.

“Il tentativo di ristabilire l’unità della Chiesa mediante un Concilio terminò senza successo” (H. Jedin, Breve storia dei concili, Brescia, Morcelliana, 1983, VI ed., p. 101). Anzi peggiorò notevolmente lo stato già caotico in cui versavano gli uomini di Chiesa e specialmente la Gerarchia.

La situazione andrà normalizzandosi solo quando l’antipapa pisano Giovanni XXIII, spinto (quasi a forza) soprattutto dall’imperatore e moralmente anche dai cardinali e dai fedeli, convocò un Concilio a Costanza (1413/1414) in cui il Papa romano Gregorio XII acconsentì “liberamente” (anche se spinto quasi a forza dall’imperatore) alla rinuncia e alla elezione di un nuovo Papa, che prese il nome di Martino V (1415); l’antipapa avignonese Benedetto XIII venne deposto, ma non accettò la deposizione però non ebbe più séguito da parte dei cardinali, dei fedeli e dell’imperatore e si ritirò a fare il “papa” privato a Peñìscola vicino Valencia ove morì come antipapa impenitente nel 1423. Infine pure Giovanni XXIII, l’antipapa pisano, accettò la sua deposizione. Così ebbe fine il Grande Scisma soprattutto per l’ingerenza del potere politico negli affari ecclesiastici, il che non è in sé corretto da un punto di vista giuridico e teologico, ma de facto et per accidens sistemò, convalidò e sanò una situazione di crisi (cfr. nota n. 19) cosicché la Chiesa ha riconosciuto la validità di questi atti pur essendo in sé non perfettamente a norma di legge canonica e di dottrina dogmatica. La Chiesa è anche una società giuridica composta di uomini e come tale, con un po’ di buon senso e di spirito storico e giuridico, bisogna prender atto dello stato di fatto che si viene a creare nella sua storia.

Il XVI Concilio ecumenico di Costanza (1414-1418)

Alla morte dell’antipapa pisano Alessandro V (1410) era stato eletto un altro antipapa pisano col nome di Giovanni XXIII (mentre permanevano il vero Papa romano: Gregorio XII e l’altro antipapa avignonese: Benedetto XIII) e fu proprio allora che il re d’Ungheria Sigismondo, appena eletto re tedesco nel 1411, si interessò alla questione del Grande Scisma e intervenne pesantemente nelle questioni ecclesiastiche colla buona intenzione di risolvere la crisi che travagliava la Chiesa e l’Europa intera[21]. “La politica determinò lo sviluppo degli affari della Chiesa” (H. Jedin, Storia della Chiesa., Milano, Jaca Book, 1977 ss., vol. V/2, p. 196). Come si vede non sempre il Papa è all’altezza della sua Missione, anche questo è un fatto e “contro il fatto non vale l’argomento” del Papato ideale e virtuale, ma non reale e attuale. La Chiesa accetta lo stato di fatto e la convalidazione o sanatio in radice anche se l’elezione canonica non è avvenuta secondo tutte le regole della teologia e del diritto canonico (cfr. nota n. 19).

Il re Sigismondo spinse fortemente l’antipapa Giovanni XXIII ad indire un Concilio ecumenico a Costanza per il 1° novembre del 1414. Giovanni stesso venne a Costanza a presiedere il Concilio, convocato materialmente da un antipapa e indetto formalmente da un re.

Durante lo svolgimento del Concilio si optò per spingere alle dimissioni tutti e tre i “Papi” (il vero Papa romano e i due antipapi avignonese e pisano). Il 3 marzo del 1414 Giovanni XXIII aveva promesso di abdicare, ma nella notte del 20 marzo fuggì da Costanza travestito. Egli avrebbe voluto sciogliere il Concilio, ma re Sigismondo riuscì a farlo imprigionare e a far aprire il processo per la sua destituzione. Qui è addirittura il re che prende il posto del Concilio e si ritiene superiore ad un Papa presunto tale, che viene deposto in quanto Papa inadempiente e non in quanto anti-papa.

Il Concilio senza il “Papa” (che era fuggito) si fece forte di sé e dell’aiuto del re e continuò conciliariter anche senza Papa (o meglio antipapa) per ricreare l’unità della Chiesa con questa motivazione: “il Concilio ha la sua potestas direttamente da Cristo. Quindi anche il Papa deve obbedienza alla potestas Concilii. Perciò ogni fedele, fosse anche il Papa, che si oppone a una decisione conciliare deve essere punito” (G. Alberigo, Storia dei Concili Ecumenici, Brescia, Queriniana, 1990, p. 226).

Attenzione! I decreti del Concilio di Costanza e Basilea, che hanno insegnato la teoria del Conciliarismo, ma non l’hanno definita né l’hanno resa obbligatoria per la salvezza dell’anima non sono infallibili. Perciò come riguardo al Vaticano II si può parlare in senso largo e figurativo di “Chiesa collegiale”, così riguardo a Costanza/Basilea si può parlare di “Chiesa conciliare”.

Come si vede il Concilio di Costanza agì secondo la falsa dottrina del Conciliarismo mitigato (ripreso ed edulcorato ulteriormente dal Vaticano II), data la situazione in cui viveva la Chiesa di allora con la presenza simultanea di tre “Papi”. Il 29 maggio perciò il Concilio depose il Papa o meglio l’antipapa Giovanni XXIII, che accettò obtorto-collo la decisione giuridica conciliare sotto la pressione fisica del re Sigismondo e passò il resto della sua vita a Firenze con il titolo cardinalizio.

Inoltre il Concilio vietò, nella XII sessione, ogni elezione del Papa fatta senza il consenso del Concilio (Conciliorum Oecomenicorum Decreta 416, Istituto Scienze Religiose, Bologna, III ed, 1973).

Il vero Papa, Gregorio XII, non poneva resistenza alla sua destituzione. Quindi accettò la sanazione in radice (cfr. nota n. 19) del Grande Scisma coll’andare a Costanza per essere deposto, ma “non poteva andare ad un Concilio convocato da Giovanni XXIII; era necessario che egli stesso lo convocasse e questo diritto gli fu riconosciuto dal Concilio[22] e così il 4 luglio il suo cardinale Giovanni Dominici indisse il Concilio e subito dopo annunciò il ritiro del proprio Papa” (H. Jedin, Storia della Chiesa, Milano, Jaca Book, 1977 ss., vol. V/2, p. 202) nella XIV sessione il 4 luglio 1415 (COD 421, Istituto Scienze Religiose, Bologna, III ed, 1973).

Il Concilio di Costanza (1414-1418) non voleva abolire il Papato, come qualcuno ha scritto, ma certamente ne voleva limitare e diminuire il prestigio ed anche il Primato, lo stesso avverrà al Concilio di Basilea del 1431 (cfr. G. Alberigo, Storia dei Concili Ecumenici, Brescia, Queriniana, 1990, p. 228). 

L’antipapa avignonese Benedetto XIII venne deposto dal Concilio di Costanza in quanto eretico nella sessione XXXVII il 26 luglio del 1417 (COD 437), ma Benedetto non accettò la decisione del Concilio e rimase graniticamente fermo nella convinzione di essere Papa sino alla sua morte avvenuta nel 1423.

Finalmente l’11 novembre del 1417 a Costanza venne eletto un unico Papa “dal collegio cardinalizio e dai sei rappresentanti delle cinque nazioni lì presenti” (H. Jedin, Storia della Chiesa, Milano, Jaca Book, 1977 ss., vol. V/2, p. 203): il cardinale Oddo Colonna che prese il nome di Martino V.

In breve a Costanza (1414-1418) si votò per nazioni non per teste o per Vescovi. Questo tipo di votazione è unicamente propria al Concilio di Costanza in cui i Vescovi si trovarono in minoranza rispetto alle Università, ai dottori in teologia e in diritto canonico (cfr. H. Jedin, Breve storia dei concili, Brescia, Morcelliana, 1983, VI ed., p. 102).

Ancora a Costanza si stabilì (ma non si definì infallibilmente) che “ogni membro della Chiesa (compreso il Papa) deve obbedienza al Concilio ecumenico. Il Concilio non può abolire il potere papale, ma può limitarlo quando lo esige il bene della Chiesa. il legame tra Cristo e la Chiesa è indissolubile, quello del Papa con essa no. Il potere viene al Concilio immediatamente da Cristo e quindi tutti, anche il Papa, gli debbono obbedienza” (H. Jedin, Breve storia dei concili, Brescia, Morcelliana, 1983, VI ed., p. 103-104).

Il Decreto “Frequens”, che fu approvato nella XXXIX sessione del 9 ottobre 1417 stabilì che i Concili dovevano essere resi un’istituzione stabile e quindi una specie di istanza di controllo decennale sul Papato (H. Jedin, Breve storia dei concili, Brescia, Morcelliana, 1983, VI ed., p. 107).

È vero che papa Martino V non ha ratificato formalmente i Decreti di Costanza, ma ciò è avvenuto non per la sua purezza dottrinale, bensì perché la maggioranza del Concilio era partecipe della teoria conciliarista e non avrebbe tollerata l’ingerenza del Papa nel/sul Concilio (cfr. H. Jedin, Breve storia dei concili, Brescia, Morcelliana, 1983, VI ed., p. 112). 

Tuttavia pur condannando la teoria di appellarsi al Concilio contro il Papa, Martino V si attenne al Decreto Frequens (cfr. H. Jedin, Breve storia dei concili, Brescia, Morcelliana, 1983, VI ed., p. 113).

Il XVII Concilio ecumenico di Basilea (1431-1437)

A partire da queste tendenze conciliariste, recepite e non definite dal XVII Concilio ecumenico di Costanza, il 23 luglio 1431 si aprì il XVIII Concilio ecumenico di Basilea (1431-1437) in cui “il conflitto tra il primato del Papa e il Conciliarismo era inevitabile” (H. Jedin, Breve storia dei concili, Brescia, Morcelliana, 1983, VI ed., p. 113). Siccome non era presente nessun Vescovo ma solo i loro rappresentanti e i dottori in teologia e in diritto canonico, papa Eugenio IV (1431-1447) il 18 dicembre del 1431 sciolse il Concilio, ma il Concilio, a causa delle teorie conciliariste, si rifiutò di obbedire, anzi addirittura si riaprì il Concilio sine Papa, si intimò al Papa di abrogare lo scioglimento di esso e si citò il Pontefice per render conto di tale “abuso” dinanzi al Concilio. Il conflitto tra Papa e Concilio durò due anni (1431-1433), ma alla fine il Papa cedette e vinse il Concilio e il Conciliarismo.

Il 15 dicembre del 1433 papa Eugenio IV ritirò il decreto di scioglimento del Concilio e dichiarò il Concilio di Basilea come legittimo XVIII Concilio ecumenico della Chiesa.

Nel frattempo il Concilio di Basilea aveva cominciato a mettere in atto (senza definire infallibilmente) la teoria conciliarista della superiorità del Concilio sul Papa e si stabilì come supremo potere nella Chiesa al di sopra di papa Eugenio IV.

Basilea fu soprattutto un Concilio di teologi e canonisti, i Vescovi furono meno di un decimo dei partecipanti, il Papa era ritenuto del tutto contingente alla vita del Concilio e della Chiesa.

Nel 1436 avvenne una seconda rottura e stavolta definitiva tra Papa e Concilio riguardo al luogo in cui avrebbe dovuto continuare il Concilio iniziato a Basilea. Il Concilio e i conciliaristi ritenevano di continuarlo a Basilea o ad Avignone, mentre papa Eugenio IV optava per Firenze. Dopo lunghe tergiversazioni il 18 settembre 1438 il Papa trasferì il Concilio da Basilea Ferrara, ma la maggioranza dei teologi e dei Vescovi rimase a Basilea. Qui i conciliaristi stravinsero e “dichiararono la superiorità del Concilio sul Papa e il 25 giugno 1439 deposero come eretico papa Eugenio IV ed elessero un altro Papa [antipapa] che prese il nome di Felice V. il medesimo Conciliarismo che aveva aiutato a Costanza a ricomporre il grande scisma, ne provocò un altro a Basilea” (H. Jedin, Breve storia dei concili, Brescia, Morcelliana, 1983, VI ed., p. 117). 

Il XVII Concilio ecumenico continua a Ferrara-Firenze (1438-1445)

Nel frattempo la posizione politica di papa Eugenio IV si era rafforzata poiché i Greci scismatici avevano accettato di partecipare al Concilio di Ferrara (9 aprile 1438 – 15 gennaio 1439) per ricomporre l’unione con la Chiesa e sotto il Papa. Ma per mancanza di denaro il Papa si vide costretto a spostare il Concilio da Ferrara a Firenze il 16 gennaio 1439.

Al Concilio di Firenze (16 gennaio 1439 – 24 aprile 1442) si discusse sul Primato del Papa, che “come successore di S. Pietro e Vicario di Cristo è il Capo della Chiesa intera e del Concilio ecumenico” (H. Jedin, Breve storia dei concili, Brescia, Morcelliana, 1983, VI ed., p. 118).

Grazie alla riunione dei Greci scismatici detti Ortodossi con il Papato, papa Eugenio IV riprese forza sul Concilio di Basilea (che era restato ivi anche dopo la convocazione del Concilio di Ferrara-Firenze) e il Conciliarismo, ma non aveva ancora vinto l’errore conciliarista. Infatti Francia e Germania appoggiavano le teorie conciliariste del Concilio di Basilea (divenuto un conciliabolo il 9 aprile 1438 quando non volle riconoscere il Concilio convocato dal Papa e si autoconvocò ancora a Basilea sine Papa), non riconoscevano il Concilio di Ferrara-Firenze. Il conciliabolo di Basilea post 1438 riprendeva e riconfermava l’errore conciliarista della superiorità del Concilio sul Papa (H. Jedin, Breve storia dei concili, Brescia, Morcelliana, 1983, VI ed., p. 120).

Il cardinal Giovanni de Torquemada nella sua Summa de Ecclesia ribadì il Primato del Papa, ma la teoria conciliarista non aveva ancora ricevuto il colpo di grazia. Per questo non bastavano i soli teologi, occorreva l’intervento di un Papa che oltre a ribadire la vera dottrina del Primato di Pietro si adoperasse per una vera riforma della Chiesa, la quale aveva fortemente risentito di tutti questi avvenimenti iniziatisi col Papato avignonese circa due secoli prima.

Purtroppo “il Papato non imboccò l’unica via atta realmente a scalzare il Conciliarismo in verbis et in factis, quella cioè d’iniziare con tutta serietà la vera riforma della Chiesa (come farà il Concilio di Trento)” (H. Jedin, Breve storia dei concili, Brescia, Morcelliana, 1983, VI ed., p. 122).

Il XVIII Concilio ecumenico Lateranense V a Roma (1512-1517)

Il 19 aprile del 1512 papa Giulio II convocò il 18° Concilio ecumenico della Chiesa (dopo del quale vi saranno solo il Tridentino dal 1545 al 1563, il Vaticano I dal 1869 al 1870 e il Vaticano II dal 1962 al 1965) detto Lateranense V. alla morte di Giulio II (21 febbraio 1513) fu eletto Leone X.

Questo Concilio si tenne a Roma per prendere le distanze dai Concili “conciliaristi” di Costanza e Basilea. Infatti esso “venne tenuto non solo a Roma, ma sotto la presidenza del Papa, fu frequentato quasi esclusivamente da Vescovi (non da teologi e canonisti). Il suo programma fu fissato dal Papa, i funzionari furono nominati da lui. I suoi Decreti ebbero orma di Bolle papali e non Documenti conciliari/[sti]” (H. Jedin, Breve storia dei concili, Brescia, Morcelliana, 1983, VI ed., p. 123). 

Tuttavia mancava la buona volontà di tradurre i Decreti del Concilio in atto e di calarli in pratica. Ma la fede senza le opere è morta. Leone X non era un Papa riformatore come lo furono quelli del Tridentino e Pio IX nel Vaticano I. Perciò quando si chiuse il V Concilio Lateranense (16 marzo 1517) la situazione pratica della Chiesa restava invariata e il terreno era propizio alla pseudo-riforma di Martin Lutero, che 1l 31 ottobre del 1517 affiggeva le sue 95 tesi protestantiche sul portone della cattedrale di Wittemberg. “Se un cieco [Lutero] guida un altro cieco [Leone X], tutti e due cadranno nella fossa [Protestantesimo e Papi rinascimentali]”. Occorrerà attendere il 1545-1563 quando con il XIX Concilio ecumenico di Trento non solo si affermerà la verità, ma la si vivrà in maniera coerente come fece Gesù che “cominciò a fare e a insegnare”.

Il Vaticano II (Collegialità) tra il Vaticano I (Primato di Pietro) e il Concilio di Costanza/Basilea (Conciliarismo)

Il cardinal Franz König è stato il paladino della sacramentalità dell’episcopato e della Collegialità vescovile contro il Primato petrino[23], ossia per lui l’episcopato non è il terzo grado dell’Ordine sacerdotale, ma è un Ordine a parte ed i vescovi non ricevono la giurisdizione dal Papa per missione canonica, ma direttamente con la consacrazione vale a dire da Dio stesso, onde essi sono assieme al Papa il soggetto della potere di giurisdizione che si suddivide in supremo magistero (insegnare) e imperium (governare, cioè dirigere i fedeli in ordine alla vita eterna) o potestà legifera, giudiziale e coattiva ecclesiastica, mentre per la dottrina cattolica[25] il soggetto del magistero e dell’imperium è il Papa, che se vuole può associare a sé ad tempus il corpo dei vescovi sparsi nel mondo o riuniti in Concilio.

Nel 1964 a Costanza dove si commemoravano i 550 anni del Concilio ivi svoltosi il card. König cercò di contrapporre in una sintesi hegeliana il Conciliarismo di Costanza-Basilea e il Primato petrino del Vaticano I.

Secondo König Costanza/Basilea & Vaticano I sono i due estremi (“tesi-antitesi”, la “sintesi” sarebbe il Vaticano II) che impoveriscono la Chiesa, la quale al Vaticano II non ha espresso la dottrina della Collegialità episcopale in maniera così radicale (Conciliarismo) come a Costanza e neppure il Primato di Pietro e suoi successori, in maniera così stretta come nel 1870 al Vaticano I. Il Vaticano II era per lui una sorta di coincidentia oppositorum o di sintesi, che equilibrava Costanza/Basilea (tesi) col Vaticano I (antitesi), per darci il Vaticano II (sintesi)[26].

L’attitudine di coloro che dichiarano Papi nulli i Papi del Vaticano II è simile a quella di coloro che deponevano il Papa durante il Grande Scisma e lo svolgimento del Concilio di Costanza/Basilea.

La debolezza intrinseca del Conciliarismo

Spesso nei tempi di crisi nella Chiesa, a causa di un Papa non all’altezza del suo compito o per altri motivi, si è pensato di risolvere la soluzione appellandosi non più al Papa, ma al Concilio, al grande teologo, al “profeta” o al vescovo di ferro ritenuti superiori al Papa, ma il rattoppo è peggiore del buco poiché per restaurare la Chiesa se ne cambia la divina istituzione. 

Un disordine pratico (un Papa “eretico” o incapace, che semina il caos nell’ambiente ecclesiale) non si corregge, infatti, con un grave errore teologico per di più ereticale: la superiorità del Concilio sul Papa (Conciliarismo). Così facendo si distrugge la costituzione divina della Chiesa come monarchia fondata da Gesù su uno solo (Pietro e i suoi successori sino alla fine del mondo) e la si rimpiazza con una costituzione aristocratica. Il Papa sarebbe come un re costituzionale, che può essere giudicato, corretto e rimosso dall’Episcopato (riunito in Concilio o sparso nel mondo), che è superiore al Papa come il tutto è superiore ad una singola parte. Quindi il Papa è sottomesso al Concilio o è pari ad esso collegialmente.

Gesù ci insegna: “Se un cieco guida un altro cieco tutti e due finiranno nella fossa” (Lc., VI, 39-40), vale a dire se il Papa non si comporta bene (nella fede, nella morale e nel governo della Chiesa) e lo si fa aiutare (deponendolo e dichiarandolo non-Papa) dall’Episcopato ritenuto superiore al romano Pontefice, allora il male diventa maggiore perché comune non più al solo Papa ma anche all’Episcopato (nel caso che quest’ultimo voglia seguire tale ipotesi ereticale).

La conclusione è ovvia: «il rimedio ad un male così grande come “un Papa scellerato” e la crisi nella Chiesa in tempi di caos è la preghiera e il ricorso all’onnipotente assistenza divina su Pietro, che Gesù ha promesso solennemente» (Gaetano, Apologia de Comparata Auctoritate Papae et Concilii, Roma, Angelicum ed. Pollet, 1936, p. 112 ss.). 

Gaetano, inoltre, cita l’Angelico (De regimine principum, lib. I, cap. V-VI) il quale insegna che normalmente i più propensi a rivoltarsi contro il tiranno temporale sono i “discoli”, mentre le persone giudiziose riescono a pazientare finché è possibile e solo come extrema ratio ricorrono alla rivolta. Quindi ne conclude che se occorre aver molta pazienza con il tiranno temporale e solo eccezionalmente si può ricorrere alla rivolta armata e al tirannicidio, nel caso del Papa indegno o “criminale”[27], non solo non è mai lecito il “papicidio” e la rivolta armata, ma neppure la sua deposizione da parte del Concilio. 

La soluzione della crisi neo-modernista nella Chiesa

Nella situazione odierna occorre riconoscere, senza adulare i cattivi Pastori né aver paura di essere disprezzati
  1. che delle novità si sono infiltrate nella pastorale della Gerarchia ecclesiastica a partire da Giovanni XXIII (“contra factum non valet argumentum”) e perciò si può “non ubbidire nelle cose cattive e non adulare i malvagi prelati”[28];
  2. che, tuttavia, i Papi “conciliari”, pur avendo mal usato del loro sommo Potere, lo conservano. Pertanto non deve pretendere che l’Episcopato collegiale, l’eminente teologo, il “profeta” o la sola Tradizione senza Magistero vivente possano rimettere la Chiesa in ordine, ma bisogna, come consigliava il de Vio [qui], ricorrere alla preghiera e alla riforma di se stessi perché negli uomini di Chiesa ritorni l’ordine, che solo Dio tramite il Papa e col concorso delle cause seconde (come avvenne a Costanza) può restaurare nella Chiesa.
In breve l’aiuto di Dio è assolutamente necessario alla Sua Chiesa ed esso non manca mai, purtroppo è la non corrispondenza degli uomini alla grazia di Dio che vanifica il buon risultato della vera riforma della Chiesa in capite et in membris. Quindi occorre un Papa che ribadisca la verità nella sua purezza e soprattutto che la cali in pratica con una riforma dei costumi e della vita cristiana. Inoltre occorre un Episcopato che sia disposto a collaborare col Papa, altrimenti il Papa da solo può soltanto definire la verità ma non farla vivere a chi la rifiuta con ostinazione. Allora i fedeli aiutati dai buoni Pastori, nella dottrina e nelle opere, potranno ritornare alla piena pratica della vita liturgica, spirituale, morale e contribuire alla restaurazione dello spirito cristiano all’interno della Chiesa.

Oggi purtroppo si riscontra una deficienza di sana dottrina 
  1. nel Papa (Francesco I); 
  2. nell’Episcopato (compresa quella parte che combatte per il mantenimento della Legge naturale, ma neglige la questione dogmatica sulla continuità reale o solo verbale tra Vaticano II e Tradizione apostolica); 
  3. un rilassamento nei fedeli così mal guidati da cattivi Pastori. Ora tale situazione richiede un intervento straordinario della onnipotenza divina che dopo averci chiamato con Misericordia dovrà intervenire con la Giustizia e con il castigo. A mali estremi, estremi rimedi. 
“Quel che temo, in questi tempi, è più una seduzione che una persecuzione. I nemici della Chiesa, oggi, si credono e si dicono cristiani, ma favoriscono l’eresia e lo scisma. Ciò che li rende molto pericolosi è la generale debolezza della fede presso i cattolici, l’amore sregolato dei piaceri mondani, la licenza immorale generalizzata. La maggior parte dei cristiani è cristiana solo di nome. Gesù non è conosciuto né amato soprannaturalmente. Quindi mi sembra necessario che per guarire una società così gravemente ammalata Dio castigherà duramente, ma assieme misericordiosamente: infatti Dio colpisce soprattutto per guarire”. (Le Très Révérend Père Marie-Théodore Ratisbonne. D’après sa correspondance et les documents contemporains, Parigi, Poussielgue, 1903, tomo II, p. 488).
d. Curzio Nitoglia
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1. Se qualcuno volesse approfondire il tema può studiare L. Von Pastor, Storia dei Papi dalla fine del medioevo, 16 voll., Roma, 1910-1934; A. Fliche – V. Martin, Storia della Chiesa, Torino, Siae, 1942 ss. ; H. Jedin, Storia della Chiesa, 13 voll., Milano, Jaca Book, 1977 ss.
2. Cfr. Lumen gentium n. 22. 
3. Arnaldo X. Da Silveira, Può esservi l’errore nei documenti del Magistero ecclesiastico?, “Cristianità”, n. 13, 1975. L’Autore cita i migliori teologi, che, riguardo a questo tema, si son basati sulla Tradizione apostolica e la S. Scrittura lette alla luce del Magistero della Chiesa. È per questo che mi permetto di citarlo non facendone una “tesi” che pretende di essere l’unica “specificazione di un atto di Fede” senza cui è impossibile salvarsi l’anima. 
4. Per fare un esempio lampante e chiaro a tutti, quando Francesco I ha detto che “non è peccato non andare a Messa la Domenica, ma è peccato erigere muri tra noi e chi non è come noi”, vale ciò che si spiega a tutti i bambini che studiano il “Piccolo Catechismo di San Pio X.” Il IV Comandamento (che ha come oggetto diretto il prossimo) ci ordina di obbedire ai genitori, ma se il padre ci dovesse dire di non andare a Messa la Domenica e violare il III Comandamento (che ha come oggetto diretto Dio stesso), allora occorre obbedire a Dio e non agli uomini. Ciò non significa deporre Francesco I considerandolo come non-Papa e neppure obbedirgli per servilismo e adulazione.  
5. Per esempio la Collegialità episcopale, che diminuisce il primato del Papa, è stata insegnata durante il Concilio Vaticano II (Lumen gentium n. 22) in maniera pastorale e non infallibile, in una maniera molto simile, anche se più sfumata, all’errore conciliarista non solo radicale ma anche mitigato.
6. Cfr. I Papi e gli antipapi, Milano, Tea, 1993, voce Clemente V, a cura di Massimo Montanari, p. 90. 
7. Cfr. A. X. Da Silveira, Qual è l’autorità dottrinale dei documenti pontifici e conciliari?, “Cristianità”, n. 9, 1975; Id., È lecita la resistenza a decisioni dell’Autorità ecclesiastica?, “Cristianità”, n. 10, 1975; Id., Può esservi l’errore nei documenti del Magistero ecclesiastico?, “Cristianità”, n. 13, 1975. 
8. Cfr. I Papi e gli antipapi, Milano, Tea, 1993, voce Benedetto XII, a cura di Bruno Andreoli, p. 92. 
9. Anche i Papi romani non furono immuni da tale errore diventato una “moda” teologica in quei tempi.
10. Dato il coraggio eroico dei cardinali in genere e lo spirito pacifico e alieno da ogni violenza del popolo scatenato…
11. Come vorrebbero i perfezionisti dell’ecclesiologia del Papato solamente virtuale quando non è perfettissimamente formale. 
12. In teologia morale si studia che certe azioni giuridiche (per esempio, nel caso nostro un’elezione) sono rese invalide se vengono imposte sotto la spinta di un grave timore, oppure son rese rescindibili dietro richiesta di coloro ai quali sia stato incusso il timore (per esempio, i cardinali riuniti in conclave). Cfr. E. Jone, Compendio di teologia Morale, Torino, Marietti, 1964, VI ed., p. 9-10; S. Tommaso d’Aquino, S. Th., I-II, q. 6, a. 5. 
13. Cfr. nota n. 19 sulla convalidazione o sanatio in radice. 
14. F. X. Wernz – P. Vidal, Jus canonicum, Roma, Gregoriana, 3 voll. 1923-1938, tomo II, p. 437, nota 170; cfr. F. Suarez, De Fide, disp. X. Sez., V, n. 8, p. 315. Il cardinal Louis Billot insegna: “nel caso dell’ipotesi della possibilità di un Papa ritenuto eretico, l’adesione della Chiesa universale sarà sempre in se stessa, il segno infallibile della legittimità di tale o tal altro Pontefice” (De Ecclesia Christi, Roma, Gregoriana, 1903, vol. I, pp. 612-613).
15. Cfr. K. Bihlmeyer - H. Tuechle, Storia della Chiesa, vol. 3, L’epoca delle riforme, Brescia, Morcelliana, VII ed., 1983, p. 58 ss.
16. “S. Caterina da Siena non mancò di ammonire il Papa in questo senso” (K. Bihlmeyer - H. Tuechle, Storia della Chiesa, vol. 3, L’epoca delle riforme, Brescia, Morcelliana, VII ed., 1983, p. 61).
17. S. Vincenzo Ferrer, invece, si schierò con altrettanto zelo e vigore per Benedetto XIII, che in realtà era antipapa, e chiamava il Papa romano Urbano VI che era il vero Papa “sedotto dal demonio ed eretico” (K. Bihlmeyer - H. Tuechle, Storia della Chiesa, vol. 3, L’epoca delle riforme, Brescia, Morcelliana, VII ed., 1983, p. 62). È molto difficile veder chiaro a mezza notte…
18. Cfr. I Papi e gli antipapi, Milano, Tea, 1993, voce Urbano VI, a cura di Antonio Maria Bozzone, p. 95.
19. La “convalidazione” riguarda un fatto successivo (accettazione da parte dei cardinali o della Chiesa docente e discente) ad un atto giuridico annullabile (l’elezione di un Papa), per cui quest’ultimo atto giuridico perde la sua annullabilità e de facto diviene perfetto (Papa in atto riconosciuto come tale) o sanato in radice. La convalidazione avviene in genere automaticamente con il protrarsi della situazione, ossia l’accettazione da parte della Chiesa per le questioni spirituali o dello Stato per le questioni civili. La convalida viene detta anche “sanazione in radice” e si applica in senso stretto al contratto del Matrimonio e lo convalida essendo in partenza invalido. Essa comporta 1°) la cessazione dell’impedimento, che rendeva invalido il contratto; 2°) la dispensa di rinnovare il consenso; 3°) la retrodatazione ipso facto al passato senza dover percorrere tutte le tappe all’indietro. Quindi, rimosso l’ostacolo, il consenso o il contratto diventa efficace e non deve essere rinnovato. Cfr. A. Gennaro, Sanazione in radice, in Perfice munus, 1932, p. 349 ss.; P. Palazzini, De sanatione in radice, Roma, 1954; F. Crarnelutti, Teoria generale del diritto, Roma, 1940; R. Danieli, in Enciclopedia Cattolica, Città del Vaticano, 1950, vol. IV, coll. 480-481, voce Convalidazione; F. Roberti – P. Palazzini, Dizionario di Teologia Morale, Roma, Studium, IV ed., 1968, vol. I, p. 425, voce Convalidazione. 
20. I Dottori della Chiesa ne hanno discusso come pura possibilità teorica ipotetica (“ammesso e non concesso che il Papa possa cadere in eresia…”). Senza arrivare ad un accordo unanime e mai ad una probabilità e men che mai ad una certezza, ognuno ha espresso la sua ipotesi come possibile al massimo poco probabile o molto improbabile, ma giammai una tesi certa. Riguardo alla possibilità che il Papa cada in eresia vi sono sostanzialmente quattro soluzioni, riassunte da A. X. Da Silveira, che mi permetto di compendiare senza farne un dogma di Fede. La prima ipotesi (san Roberto Bellarmino, De Romano pontifice, libro II, capitolo 30; Francisco Suarez, De fide, disputa X, sezione VI, n.° 11, p. 319; cardinal Louis Billot, De Ecclesia Christi, tomo I, pp. 609-610) sostiene che un Papa non può cadere in eresia dopo la sua elezione, ma analizza anche l’ipotesi puramente teorica (ritenuta solo possibile) di un Papa che può cadere in eresia. Come si vede questa ipotesi non è ritenuta per certa dal Bellarmino né dal Billot, ma solo speculativamente possibile. La seconda ipotesi (che il Bellarmino qualifica come possibile, ma molto improbabile, ivi, p. 418) sostiene che il Papa può cadere in eresia notoria e mantenere il pontificato; essa è sostenuta solo dal canonista francese D. Bouix (†1870, Tractatus de Papa, tomo II, pp. 670-671) su ben 130 autori. La terza ipotesi sostiene, ammesso come possibile e non concesso come certo, che se cada in eresia il Papa perde il pontificato solo dopo che i cardinali o i vescovi abbiano dichiarato la sua eresia (Cajetanus, De auctoritate Papae et concilii, capitolo XX-XXI): il Papa eretico non è deposto ipso facto, ma deve essere deposto (deponendus) da Cristo dopo che i cardinali hanno dichiarato la sua eresia manifesta ed ostinata. Infine la quarta ipotesi sostiene che il Papa, se cade in eresia manifesta, perde ipso facto il pontificato (depositus). Essa è sostenuta dal Bellarmino (ut supra, p. 420) e dal Billot (idem, pp. 608-609) come solo possibile e meno probabile della prima ipotesi, ma più probabile della terza. Come si vede, si tratta solo di ipotesi, di possibilità teoretiche, neppure di probabilità, e mai di certezze teologiche (Cfr. A. X. Da Silveira, La Messe de Paul VI: Qu’en penser?, Chiré-en-Montreuil, DPF,1975, Hypotèse théologique d’un Pape hérétique, pp. 213-281; V. Mondello, La dottrina del Gaetano sul Romano Pontefice, Messina, Arti Grafiche di Sicilia, 1965, cap. V, Il Papa eretico e il Concilio, pp. 163-194). 
21. Cfr. G. Alberigo, Storia dei Concili Ecumenici, Brescia, Queriniana, 1990, p. 224 ss.
22. Come se il Concilio fosse superiore al Papa.
23. AS. , vol. III, cap. III, p. 55.
24. Diaconato, sacerdozio, episcopato, cfr. S. Th., III, qq. 34-40; “Enciclopedia Cattolica”, Città del Vaticano, voce “Ordine” di A. Piolanti; cfr. Conc. Tr. sess. XXIII, can. 6, DB 938-968. 
25. Cfr. S. Th., II-II, q. 39, a. 3; Ernesto Ruffini, La gerarchia della Chiesa negli Atti degli Apostoli e nelle Lettere di S. Paolo, Roma, 1921; L. Billot, De Ecclesia Christi, Roma, 1927; A. Ottaviani, Institutiones Iuris Publici Ecclesiastici, Roma, 1936, 1° vol.; Id., Doveri dello Stato cattolico verso la Religione, Città del Vaticano, Libreria del Pontificio Ateneo Lateranense, 2 marzo 1953, M. Rampolla Del Tindaro, La città sul monte, Roma, 1938; Pio XII, Ad Apostolorum principis del 29 giugno 1958, appena due anni prima della preparazione del Concilio e quattro prima del suo inizio. 
26. F. König, Der Pendelschlag von Konstanz, in Die Furche, 30 luglio 1964. Qualche mese prima in una conferenza fatta sempre a Costanza aveva paragonato il rinnovamento conciliare al movimento del mare in cui l’onda presenta un flusso e un riflusso, così all’attuale fase conciliare della storia della Chiesa sarebbe succeduta un’altra fase, la quale - attenzione - non annullerà la prima ma la consoliderà, cfr. J. Grootaers, I protagonisti del Vaticano II, Cinisello Balsamo, San Paolo, 1994, p. 155, nota 27. 
27. V. Mondello, cit., p. 65.
28. Cajetanus, De comparatione Papae et Concilii, ed. Pollet, 1936, cap. XXVII, p. 179, n. 411.

52 commenti:

Bellarmino ha detto...

Salve avrei una domanda o meglio una richiesta di delucidazione. Anzitutto grazie per aver pubblicato questo articolo col quale mi trovo d'accordo su tutta la linea e mi è stato davvero utile a risolvere alcuni dubbi e ad approfondire alcune importanti tematiche di fede. La questione dunque è questa: laddove nel testo si dice giustamente che Giovanni XXII sposò l'errore sulla visione beatifica mi sembra che il seguito discordi con quanto di mia conoscenza. Mi spiego: che io sappia i cardinali spinsero Giovanni XXII ad una ritrattazione pubblica di fronte sl collegio cardinalizio messa poi per iscritto nella bolla "Ne super his" che poi il suo successore Benedetto XII ripubblicherà con lo stesso nome e scriverà una bolla, la "Benedictus Deus", dove condanna tale errore e definisce la dottrina corretta con magistrali parole. Nel testo invece si dice "Giovanni XXII (1316-1334), che come dottore privato sosteneva la tesi teologicamente erronea secondo cui le anime dei giusti non godono la Visione Beatifica dopo la morte ma solo dopo il giudizio universale, tesi difesa anche dal cardinale Jacques Fournier poi suo successore (1334-1342) col nome di papa Benedetto XII". Con tutto il rispetto per chi ne sa più di me dunque chiedo se è un imprecisione oppure se Benedetto XII solo da cardinale seguiva Giovanni XXII e divenuto papa invece no. Grazie anticipatamente per la delucidazione su quest'unico punto che mi è controverso di un articolo per il resto encomiabile.
Laudentur Cordes Jesus et Mariae

mic ha detto...

Effettivamente Giovanni XXII il 3 dic. 1334, un giorno prima della sua morte, revocò solennemente in presenza del collegio dei cardinali la sua concezione con le parole tramandate nella bolla "Ne super his", che fu emanata dal suo successore Benedetto XII, il quale evidentemente da papa non era più nell'errore.

Luís Luiz ha detto...

La tesi della convalidazione automatica degli atti giuridicamenti nulli a causa della sua presunta accettazione significa la fine del diritto e la convalidazione automatica dell'arbitrio; e nel caso presente, è dottrina pericolosissima al bene della Fede e della vita della Chiesa.

Bellarmino ha detto...

Grazie per la risposta che mi ha confermato e chiarito un punto. C'è una cosa sola che rimane. Scusate se faccio il pignolo ma mi chiedevo appunto se Benedetto XII fosse veramente in errore da cardinale poiché oltre a pubblicare la ritrattazione del predecessore pubblicò un' altra bolla, la "Benedictus Deus" ,che è famosa come una delle bolle in cui ravvisare l'uso dell'infallibilità pontificia ante definizione del Vaticano I secondo il Billot e altri, dove con forza , e tra l'altro facendo ampio e magistrale uso della filosofia tomista, definisce irreformabilmente la verità. Perciò mi chiedevo la genesi da cardinale a papa della sua posizione che è la prima volta che lo leggo. Grazie ancora e scusate il particolarismo ma a mio avviso sarebbe molto utile nell'intento apologetico che si prefigge lo stimato articolista e che voglio propagare per quel che posso.
In Jesu et Maria

Silente ha detto...

Piccolissima notarella sul testo di don Curzio Nitoglia, da me in generale apprezzato: nella versione pubblicata sul sito EFFEDIEFFE (nella parte "free", quindi accessibile a tutti) nel secondo capoverso del capitolo La gravità della situazione ecclesiale da Giovanni XXIII e Francesco I troviamo la frase: "facendo attenzione a non prendere per “luogo teologico” un grande teologo (p. M.-L. Guérard des Lauriers) o un “profeta” ed anzi “più che un profeta” (dr. Plinio Correa de Oliveira) [grassetto mio, n.d.r.] o un vescovo integerrimo (mons. Marcel Lefebvre)."
Nel testo pubblicato in questo sito il riferimento a Plinio Correa de Oliveira contenuto nella parentesi scompare, tra l'altro a costo di una frase monca e un riferimento a "un profeta" incomprensibile. Sono curioso di vedere quale delle due versioni comparirà nel blog di don Curzio.
Preciso, a scanso di equivoci e per chiarire la mia posizione, che, sia pure con alcune riserve, sono tra coloro che apprezzano, in generale, l'opera del pensatore brasiliano.

Ovviamente non voglio permettermi, almeno "in foro esterno", alcuna osservazione che possa - anche solo lontanamente - sembrare malevola nei confronti di alcuno. Lo ripeto ancora: sono tra coloro che apprezzano la parte migliore del pensiero di Plinio Correa de Oliveira. Mi limito solo a osservare, incuriosito, il fatterello, certamente non significativo o, al massimo, riconducibile alla categoria dei minimalia, se non dell'errore editoriale. Ma meritevole di essere segnalato.

mic ha detto...

mi chiedevo appunto se Benedetto XII fosse veramente in errore da cardinale poiché oltre a pubblicare la ritrattazione del predecessore pubblicò un' altra bolla, la "Benedictus Deus" ,che è famosa come una delle bolle in cui ravvisare l'uso dell'infallibilità pontificia ante definizione del Vaticano I

Non conosco il testo della Benedictus Deus e dunque non ho al momento occasione di verificare il punto sull'infallibilità pontificia, che chiederò a don Curzio (grazie per l'indicazione di un dato che non conoscevo)
Che io sappia comunque la Benedictus Deus è la specifica fissazione della dottrina sulla visione beatifica da parte di Benedetto XII, mentre la "Ne super is" è la semplice ufficializzazione della dichiarazione verbale di Giovanni XXII.

mic ha detto...

Nel testo pubblicato in questo sito il riferimento a Plinio Correa de Oliveira contenuto nella parentesi scompare

Càspita, Silente, Che attenzione ammirevole!
Devo riconoscere, dal raffronto col file ricevuto da don Curzio che il riferimento c'è e ovviamente lo ripristinerò nel testo pubblicato.
Devo dire che il mio lavoro redazionale è molto accurato (devo reinserire tutte le note, i grassetti e i corsivi che la conversione in html non mi prende...) In questo lavoro di limatura una cancellazione fortuita purtroppo è potuta accadere.
Sto sorridendo perché, per quando mi riguarda, potrebbe essere un "lapsus freudiano" ;)

Anonimo ha detto...

dr. Plinio Correa de Oliveira, pace all'anima sua, è stato un fautore / fattore di confusione.

Silente ha detto...

Scusami, cara Mic, per la segnalazione apparentemente pedante. Avevo già letto il testo di Nitoglia sul sito di EFFEDIFFE e l'accenno, implicitamente negativo, a Plinio Correa de Oliveira mi aveva lasciato perplesso. Quindi la sua assenza nella versione da te pubblicata non mi era sfuggita. Ho anche riflettuto, prima di segnalarlo, perché tale segnalazione è in apparente contraddizione con la stima che porto (con alcune riserve) alle opere di Plinio Correa de Oliveira, soprattutto Rivoluzione e Controrivoluzione. Ma "Amicus Plato...", con quel che ne consegue.

Sul tuo impegno e fatica editoriale, non soltanto intellettuale nella scelta e nella redazione dei testi, ma anche di editing, di traduzione, di gestione - non facile - del sito, credo che la maggioranza dei partecipanti al blog sia ben avvertita. E te ne siamo grati.

Bellarmino ha detto...

Salve, se le serve una traduzione ne ho disponibile una da me tradotta dato che di ufficiale non ne esiste. Mi permetto di proporla non per sostituirmi a don Curzio ma per pubblicarla proprio dato che è mio diletto tradurre queste a ed altre bolle dimenticate dall'oblio degli ultimi 50 anni. Preciso che ovviamente si tratta di traduzioni fai da te, benché il latino per grazia lo conosco, quindi con tutti i limiti del caso. Grazie in ogni caso per la risposta e l'interessamento, attenderò con gioia il parere di don Curzio. Mille benedizioni in Jesu et Maria.

mic ha detto...

Grazie. Può essere così gentile da mandarmi il testo latino e la sua traduzione alla mail romaperenne@gmail.com ?

Anonimo ha detto...

“La “convalidazione” riguarda un fatto successivo (accettazione da parte dei cardinali o della Chiesa docente e discente) ad un atto giuridico annullabile (l’elezione di un Papa), per cui quest’ultimo atto giuridico perde la sua annullabilità e de facto diviene perfetto (Papa in atto riconosciuto come tale) o sanato in radice”.
La convalida in diritto civile riguarda solo alcuni vizi del contratto, che lo inficiano di un grado di invalidità minore, detta annullabilità, la quale fa’ sì che esso possa essere privato dei suoi effetti giuridici (annullato). Il contratto affetto da gravi vizi (di forma o di sostanza), che lo rendono nullo (non semplicemente annullabile), è inefficace sin dall’origine. La nullità infatti va soltanto dichiarata (cioè si dà atto che quel contratto non ha mai prodotto alcun effetto giuridico). Il contratto nullo pertanto non è convalidabile, né sanabile in alcun modo (salvo i casi eccezionali previsti dalla legge). Può invece produrre gli effetti di un contratto diverso, del quale contenga i requisiti di sostanza e di forma.
Leggo che la disciplina è simile, per quanto riguarda il matrimonio invalido, in diritto canonico, il quale prevede la non convalidabilità del matrimonio in alcuni casi di invalidità (nullità derivante da un impedimento dirimente non dispensabile). Inoltre prevede solo in alcune ipotesi (nei casi in cui il consenso sia stato validamente prestato e perseveri e si tratti di nullità derivante solo da impedimento dirimente o da difetto di forma) e con provvedimento dell’autorità ecclesiastica, la retroattività degli effetti della convalida, cioè la sanatio in radice, con effetti ex tunc.
La convalida semplice, che è consentita nei tre casi di nullità a causa di un impedimento dirimente dispensabile (è necessario che l’impedimento cessi o venga dispensato e che venga rinnovato il consenso almeno dalla parte che è consapevole dell’impedimento), di nullità a causa di un vizio di consenso (il matrimonio si convalida se dà il consenso la parte che non lo aveva dato, purché perseveri il consenso dell’altra parte) e di nullità a causa di un vizio di forma (il matrimonio, per diventare valido, deve essere nuovamente contratto secondo la forma canonica), invece, agisce ex nunc.
In diritto canonico (come in quello civile), quindi, non tutti gli atti sono sanabili e non tutti gli atti sanabili lo sono ex tunc. Per la convalida ex tunc occorre inoltre un provvedimento (non un comportamento) dell’autorità ecclesiastica. La convalida è inoltre un istituto non di carattere generale ma specifico del matrimonio, che è un atto di diritto privato. Infine la convalida non ha nulla a che fare con “l’accettazione” comunitaria dell’atto annullabile (l’unica “accettazione” rilevante è quella della parte che aveva prestato un consenso viziato e che era lesa dal vizio invalidante)

(continua)

Anonimo ha detto...

Ho cercato “convalidazione”, sanatoria e simili, in diritto pubblico canonico ma non ho trovato nulla (tranne che per le sentenze). Meno che mai di convalida “per accettazione”. Se possibile vorrei trovare riscontri sul punto. Mi sembra strano che un ordinamento giuridico (e in particolare quello della Chiesa, volto al Bene oggettivo) possa consentire ad un’accettazione (peraltro per avere effetti la convalida, il convalidante o i convalidanti dovrebbero essere consapevoli del vizio che invalida l’atto) ed a maggior ragione ad una informale ed indistinta acquiescenza, di trasformare l’atto invalido, se contra legem, soprattutto in caso di vizio non di forma ma di sostanza, in atto valido.
La sanatoria riguarda inoltre un atto. Il problema affrontato invece non riguarda un atto (l’elezione del pontefice, ma un fatto (perdurante, persino): l’eventualità che l’eletto sia o divenga eretico, non cattolico, cioè che non appartenga alla Chiesa o fuoriesca da essa. Sbaglierò certamente ma non riesco a capacitarmi del fatto che l’accettazione di un pontefice (tra l’altro come si fa a sapere se esso sia stato accettato da tutta la Chiesa o da tutti i vescovi e come si fa a sapere se essi erano consapevoli di chi stessere eleggendo e se al momento attuale essi siano tutti convinti della cattolicità del pontefice: non esternare una convinzione non significa necessariamente non averla o avere quanto meno un dubbio al riguardo) che sia realmente, ostinatamente e in maniera palese eretico possa “sanare” il suo stato, possa rendere pontefice della Chiesa chi ad essa non appartiene e non può pertanto esserne a capo. E se fosse eletto (Dio non voglia), un massone infiltratosi nella Chiesa per distruggerla ? L’accettazione sanerebbe ? L’accettazione sanerebbe ogni cosa ?

Vorrei inoltre capire una cosa: negli ultimi tempi la Chiesa (la donna dell’apocalisse) sarà nascosta nel deserto col suo papa e con la sua gerarchia visibili ? Nascosto e visibile non sono antitetici ? Ed evidenziarne un’altra: la situazione attuale mi sembra più simile alla crisi ariana che a quella dello scisma d’occidente. Simile e peggiore. Perché allora i fedeli per la gran parte erano rimasti “fedeli” e c’era S. Atanasio. Adesso invece l’intera gerarchia ecclesiastica sembra in parte apostata e in parte, minima, confusa e timida. La stragrande maggioranza di fedeli e preti, poi, si pensa cattolico senza avere la più pallida idea di cosa sia la dottrina cattolica.

Anna*

mic ha detto...

Anna,
ci hai dato una bella mazzata che ho girato a Don Curzio.

Epiphanio ha detto...

Cara sig.ra mic, Anna* mi ha risposto. Purtroppo non ho trovato alcuna risposta nell'articolo di don Curzio.

Capreolus ha detto...

Una grande lezione di storia, di filosofia e di sana dottrina. Don Curzio riesce ad andare, da buon tomista, al problema di fondo. Senza moralismi, giuridicismi e senza entrare in beghe da comari, ma con pacatezza, equilibrio ed acutezza affronta la vera questione tragica nella Chiesa di oggi: la fede! Non ha paura di testimoniare la propria fede, di dire quello che, nella situazione presente, ha da esser detto. Grazie a don Curzio ed a Mic.

Anonimo ha detto...


@ I tumulti della plebe romana e l'elezione di Urbano VI - il contorno violento del tempo

Perche' il popolo romano tumultuava al di fuori del conclave, gridando: "romano lo volemo, almanco italiano"? Un motivo ci sara' pure stato. Nei 70 anni di "cattivita' avignonese", che aveva quasi ridotto il Papa a cappellano del re di Francia, lo Stato della Chiesa era andato quasi completamente in rovina, Roma compresa, anche dal punto di vista economico. Anche per questo si voleva il ritorno del Papa nella sua sede naturale. Inoltre, i Papi francesi avevano mandato spesso francesi ai posti di comando negli Stati della Chiesa e costoro si erano comportati quasi sempre con enorme esosita' e superbia, provocando forte risentimento e anche rivolte. Perugia, citta' in passato fedelissima al Papa, anche sul piano militare, comincio' a ribellarsi, per questi motivi. L'antipapa Clemente VII, Roberto di Ginevra, messo su dai cardinali francesi che non ne volevano sapere (quasi tutti) di lasciare la Francia e della disciplina, si era reso protagonista del massacro di Cesena.
Quale residuo della Guerra dei Cent'anni, la Francia non riusciva a liberarsi delle Compagnie di ventura brettoni, che taglieggiavano duramente la popolazione. Esse furono assoldate dal Papa e smistate in Italia, per ristabilire l'ordine nei suoi Stati (1376). A Cesena, una rivolta locale contro gli stessi Brettoni, fu repressa per ordine di questo Roberto di Ginevra, loro comandante nominale, pare a tradimento, mediante questi stessi mercenari e loro colleghi inglesi, gia' assoldati in precedenza. Fu un massacro spaventoso, secondo le fonti del tempo. Forse comincio' in quest'epoca l'anticlericalismo diventato poi endemico in certe zone d'Italia.
I Brettoni continuarono ad imperversare per un po', erano la truppa dell'antipapa, ci furono combattimenti vicino a Roma anche con la popolazione romana che sosteneva Urbano VI, popolazione male armata che fu facilmente disfatta dai Brettoni. Pero' sopravvenne poco dopo la prima Compagnia di Ventura italiana del romagnolo Alberico da Barbiano che inflisse finalmente a Marino una sanguinosa disfatta ai Brettoni, che poi si dispersero. Era il 28.4.1379. Dopo la vittoria Alberico entro' trionfalmente a Roma nel tripudio della popolazione e il Papa gli dono' una bandiera su cui era scritto; "Italia liberata dai barbari". HISTORICUS

Pietro C. ha detto...

Attenzione a non porre punti di partenza magari parzialmente errati, in buona fede, perché poi non se ne esce più fuori. Nella Chiesa non è l'autorità (fosse pure del papa) ad avere la meglio ma la tradizione (che rimanda in ultima analisi all'autorità di Cristo e a nessun altro). Ed è sulla tradizione che si basa qualsiasi altra autorità ecclesiastica. Questo non è per nulla scontato al punto che abbisogna costantemente di essere verificato.
Se si inizia ad adagiarsi sul piano delle autorità ecclesiastiche c'è il rischio di non uscirne più e, in definitiva, di creare un'autorità fine se stessa alla quale obbedire e basta, privando di vera sostanza qualsiasi criterio di discernimento.

Catholicus ha detto...

I ciellini che criticano Mons. Negri e Antonio Socci si basano proprio sul principio della cieca obbedienza, dovuta anche a pastori eretici, secondo loro; una falsa obbedienza con la quale satana sta imbrogliando ed ingannando le anime semplici, facendole rinunciare all'uso del sano "discernimento degli spiriti" e financo della ragione e dell'intelligenza, doni fattici dal Signore affinché li usiamo (per giungere alla salvezza eterna) e non perché vi rinunciamo per obbedire a dittatori che vogliono imporci le loro idee, distogliendoci dalla retta via. Qui sta il vero "busillis" : dobbiamo obbedire a Cristo od al suo attuale vicario? (ed a tutta l sua coorte, da lui steso cooptata), e, se a quest'ultimo, anche quando si pone in rotta di collisione con la Santa Tradizione Cattolica, il Magisterio bimillenario ed i papi preconciliari? (in verità questo sta succedendo da Roncalli in poi, per cui avremmo dovuto porci queste domande già 50 anni dfa...)

Anonimo ha detto...

http://www.nocristianofobia.org/attacchi-cristianofobici-ovunque-e-allarme-sociale/

Anonimo ha detto...

Per Don Curzio la ipotesi del papa eretico che decade ipso facto (ipotesi possibile per tutti i maggiori teologi Bellarmino compreso), è invece impossibile. QUESTO è il punto dolente però e contiunuare a glissarlo è vano.

Possiamo discutere quanto vogliamo, ma anche un papa ha il libero arbitrio e se lo usa male per aderire alla eresia, non ci puo essere sanazione ne concilio che tenga.

Il vero dramma di oggi è proprio questo purtroppo e non ha molto senso riflettere sul conciliarismo o sulle diatribe riguardo la valida elezione di un papa se poi il suddetto diviene eretico formale in foro esterno, in tal caso vi è decadenza ipso facto, è la unica sentenza teologica degna di fede, oltre che la unica soluzione consequenziale e razionale e non si tratta di assenza di visibilità della chiesa, ma di necessità di deporre l'eretico decaduto per nominare un nuovo papa, perché un eretico formale notorio non è un cattivo papa, egli non è (piu) papa affatto.

mic ha detto...

Don Curzio ha utilizzato l'intero articolo per illustrare e documentare la tesi del Gaetano che dice il contrario.
Del Bellarmino aveva già parlato in un precedente articolo.
L'argomento è spinoso e complesso. La trattazione è convincente. Restano i dubbi sollevati da Anna, ai quali don Curzio certamente risponderà.

Storico ha detto...

ma di necessità di deporre l'eretico decaduto per nominare un nuovo papa, perché un eretico formale notorio non è un cattivo papa, egli non è (piu') papa affatto.
Il problema è che, quando i teologi hanno affrontato tale tema, nessuno di loro ha preso in considerazione la possibilità che (quasi) nessun vescov, nessun cardinale e soprattutto nessuna personalità di Curia facesse notare, quanto non pubblicamente, il fatto al diretto interessato. Ne abbiamo già parlato qua:
http://chiesaepostconcilio.blogspot.it/2015/02/giovanni-xxiii-e-i-prodromi-delle.html

Esattamente in queste righe:
storico ha detto...
Ma se noi non li denunciamo ai nostri superiori, come possiamo dire che siamo cattolici...?
Per questo motivo, i sedevacantisti sono cattolici finti, perché negano in teoria e in pratica la natura gerarchica della Chiesa, e pongono se stessi come giudici...
Romano
Caro Romano,
stando a ciò che narra una fonte penso, al di sopra di ogni sospetto, (uno stimato sacerdote spesso citato su queste pagine) Padre Saenz y Arriaga S.J., l'autore del libro "Sede Vacante. Montini Non es papa", inviò delle copie dei suoi studi ai cardinali Siri, Ottaviani, Felici, Bacci ed altri. I cardinali in questione, non gli dissero "Padre, Lei ha torto". Stando a ciò che narra don Curzio, gli dissero piu' o meno :"Padre, i suoi ragionamenti filano, tutto si trova (almeno lo sembra) . Allora, si metta nei nostri panni. Dichiariamo che la Sede è vacante? Non siamo piu' nel Medio Evo. Secondo voi, quanti nel clero e nel popolo ci seguirebbero? La grande stampa da che parte si metterebbe? I poteri politici, poi, non sono amici della Chiesa, nemmeno in paesi un tempo cattolici. Ne approfitterebbero per colpire la Chiesa ancora di più. Per non parlare delle confusione di tante anime semplici. Lei, padre, faccia ciò che ritiene in coscienza piu' giusto. Noi pregheremo ed attenderemo. Se Lei raccoglierà piu' seguito di ciò che pensiamo, forse vorrà dire che alcuni dei nostri timori sono esagerati. In tal caso usciremo allo scoperto e sia ciò che Dio vuole. Chissà che il Signore non risolva Lui in qualche modo (conversione di Montini? Morte ed elezione di uno di noi? Eventi prodigiosi? un intervento esplicito e diretto di Dio? La fine del mondo? )". Peccarono di eccesso di prudenza? Di scarso spirito soprannaturale? Fecero "armiamoci & partite" con il povero Padre Saenz? Certo è che, penso erano ben coscienti che qualunque scelta operavano, temevano di dover dar conto al Signore. Chissà se fecero la scelta giusta.

7 febbraio 2015 15:25

Anonimo ha detto...

Carissima mic, qua possiamo continuare all'infinito a ragionare sulla tesi del Gaetano o quella del Bellarmino, ma a parte il fatto che il Bellarmino è stato canonizzato è dichiarato Dottore della Chiesa, mentre il Gaetano no, e a parte il fatto che la tesi del Bellarmino è sempre stata quella più ampiamente accettata dalla maggior parte dei teologi e presentata come sana dottrina in tanti manuali di teologia che spesso lo stesso Don Curzio cita, e quindi quella maggiormente degna di fede, resta il punto dolente da chiarire, ovvero la presenza di un papa eretico. Se i fatti ce lo presentano, non siamo più di fronte ad una tesi, ma di fronte ad una realtà di fatto e come tale dobbiamo affrontarla, che ci piaccia o no, che sia fonte di dolore e di disperazione, contra factum non datur argumentum.
Aggiungo infine che Don Curzio stesso per molti anni è stato sedevacantista (tesista ?). A quale Don Curzio dobbiamo prestare maggior fede,
A quello che definiva eretico Montini o a questo che definisce infallibile Bergoglio?

mic ha detto...

A quale Don Curzio dobbiamo prestare maggior fede,
A quello che definiva eretico Montini o a questo che definisce infallibile Bergoglio?


1. Il fatto, notorio, che don Curzio abbia per un certo periodo aderito al sedevacantismo secondo me lo rende più credibile. Non è da poco avere la capacità e la forza e il coraggio di recedere da alcune posizioni e andare avanti. Ed è tanto più credibile perché non manca di documentare le sue affermazioni, aiutandoci anche ad allargare lo sguardo a scenari di altre epoche e altre situazioni.
2. La figura di Montini è e resta controversa. Così come lo è quella di Bergoglio.
3. La fallibilità o l'infallibilità di ogni papa risponde a determinate arcinote condizioni.
4. Non mi pare che don Curzio consideri infallibile Bergoglio solo perché sostiene che è legittimamente papa.
5. Ha suggerito anche come comportarsi in questa situazione. E tra l'altro, realisticamente, è difficile vedere alternative.
7. In un momento di crisi seria come questo è ovvio porsi di fronte alla realtà prendendo posizione ognuno secondo la propria coscienza e responsabilità, ascoltando guide sicure quando si trovano (altrimenti riscoprendo le ricchezze inesauribili di una sapienza millenaria), vivendo con maggiore intensità e coerenza di vita una fede sempre ulteriormente approfondita e purificata.

Anonimo ha detto...

http://www.radiospada.org/2016/01/papa-gregorio-xvi-il-papa-eretico-apostata-o-scismatico-vaca-la-sede-onorio-i-non-fu-eretico-formale/

https://www.facebook.com/photo.php?fbid=10208474337365946&set=gm.146407819065171&type=3#!/photo.php?fbid=10208474337365946&set=gm.146407819065171&type=3&theater

mic ha detto...

Cosa vuol dirci Anonimo 17:35?
Visto che non pubblico i proclami sedevacantisti (non mancano neppure quelli millenaristi) arriva con i link a contenuti sedevacantisti?

La foto e l'episodio di cui al secondo link erano noti. Certamente mostra un doloroso e drammatico sopruso. E non è nemmeno l'unico. E quindi?

lister ha detto...

Mic,
faccio seguito alla tua domanda postami a seguito di un mio commento all'articolo di Danilo Quinto.
Sì, ho appena letto l'articolo di Don Curzio Nitoglia e devo dire che, secondo me, non è sufficiente credere che, per evitare di ricadere negli sconquassi dell'epoca della Scisma di Occidente, è bene che se ne stiano zitti tutti i vertici della Chiesa e pensino solo a pregare: "ricorrere alla preghiera e alla riforma di se stessi perché negli uomini di Chiesa ritorni l’ordine, che solo Dio tramite il Papa [oh, no!] e col concorso delle cause seconde (come avvenne a Costanza) può restaurare nella Chiesa".
Naturalmente con la preghiera che giunge a Dio si può raddrizzare il tutto ma bisogna tener presente che il Signore ci ha fatto il Dono del Discernimento e, in quanto Carisma, si spera che sia posseduto da chi svolge un compito di autorità e di guida e quindi da chi ha un ministero che lo obbliga a discernere tra veri e falsi profeti, tra veri e falsi Papi.
Lo stesso dicasi nel caso in cui Don Curzio si chiede: "Gesù vuole che la sua Chiesa sia governata da Pietro e dai suoi successori “ogni giorno sino alla fine del mondo”,[...] non si capisce come (secondo la tesi di Cassiciacum), senza contraddirsi, voglia Lui stesso governarLa per mezzo secolo senza Papi [...] Ma allora il volere di Cristo è stato vanificato?...". Il Signore non guida le nostre azioni: ci ha concesso il libero arbitrio e alla fine tirerà i conti.

Oltretutto, come dice Anna, "la situazione attuale mi sembra più simile alla crisi ariana che a quella dello scisma d’occidente. Simile e peggiore.". Quindi, si diano da fare senza scuse!

In fine, nell'associarmi a quanto dice/domanda Anonimo delle 14,22, consentimi di fornire un link ad un articolo molto, ma molto esauriente:

http://www.radiospada.org/2015/12/si-confutano-usando-il-magistero-della-chiesa-i-sofismi-dei-fallibilisti-e-dei-sedeplenisti-sul-papa-eretico/

mic ha detto...

Lister,
comprendo i tuoi dubbi e interrogativi che sono anche i miei. Ma non riesco a sposare posizioni sedevacantiste.
E' per questo che, al momento, sono nella posizione suggerita nelle conclusioni di don Curzio. Va da sé che il proposito di ricorrere alla preghiera non impedisce di continuare a vigilare, porsi domande e parlare... anche nella speranza che qualcosa si apra all'orizzonte da parte chi ha responsabilità diverse dalle nostre.

Anonimo ha detto...

Sant’Alfonso nel Tomo Primo di Verità della Fede alla pagina 136 (Edizione Novissima, Bassano, 1767) afferma: «Iddio ha dato la potestà di eleggere il Papa alla Chiesa, cioè al Collegio dei Cardinali, o al Concilio nel caso di Papa dubbio, o eretico, ma non nella potestà Papale. […] La sola eresia (apostasia, scisma, precisa altrove NdA), non già gli altri delitti rendono il Papa inabile al suo ufficio; onde in caso di Papa eretico, non è che il Concilio è superiore al Papa, allora il Concilio (generale imperfetto, NdA) dichiara (solamente, NdA) il Papa decaduto dal Pontificato, come colui che non può essere più Dottore della Chiesa, tenendo una falsa dottrina».

Anonimo ha detto...

“..in caso di Papa eretico, non è che il Concilio è superiore al Papa, allora il Concilio (generale imperfetto, NdA) dichiara (solamente, NdA) il Papa decaduto dal Pontificato, come colui che non può essere più Dottore della Chiesa, tenendo una falsa dottrina”

Se il papa pubblicamente eretico, in quanto eretico, e quindi non cattolico, non fosse papa (e mi sembrerebbe una contraddizione in termini un non cattolico a capo della Chiesa cattolica), il concilio che dichiarasse la realtà del suo stato (non cattolicità), non lo priverebbe dei suoi poteri, del suo status, ma si limiterebbe dare atto che egli quei poteri e quello status non li ha (perché non li ha mai avuti o perché li ha persi), con pronuncia dichiarativa e vincolante per tutti i cattolici, eliminando solo l’apparenza del pontificato. Non ci sarebbe dunque alcuna lesione del primato del papa e nessun conciliarismo.

Gesù ci invita a farci bambini. Quest’invito, se non ho capito male, è un invito anche a non farsi prendere troppo la mano da un intelletto che a volte, congetture su congetture, perde di vista la realtà e finisce per credere reali le sue idee, anche se contradette dalla realtà. Fu un bambino che, nella favola, vide e disse che il re era nudo. Gli altri erano convinti che era vestito, perché un re non può girare per strada nudo.

Hegel diceva: “se i fatti smentiscono le idee, peggio per i fatti”. Dio invece è verità. E ragione. E ci ha dato la ragione perché potessimo avvicinarci alla verità con le nostre gambe e perché potessimo accogliere quella parte di verità che non siamo in grado di cogliere da soli e che Lui stesso ci ha rivelato. Non pretende dagli uomini che essi credano a qualcosa di contrario a quello che vedono , sentono, toccano e, con ragione retta, comprendono. Gesù si è incarnato e si è reso visibile. Ha compiuto miracoli, perché credessimo nella sua divinità. Ha adempiuto tutte le profezie, perché l’intelletto degli uomini, usato rettamente, potesse comprendere che Lui era il Messia. L’esistenza di Dio, come uno scienziato ateo divenuto deista ha detto, è di evidenza scientifica.
(continua)

Anonimo ha detto...

S. Tommaso sosteneva, a ragione, che una mela é una mela. Così un eretico è un eretico. E un eretico non può essere cattolico perché secondo un certo ragionamento non potrebbe non essere cattolico.

Gesù ci ha detto che non prevarranno, cioè che non ce la faranno a distruggere la Chiesa. Non ha detto che la Chiesa non vivrà mai un periodo consistente di confusione sul suo capo visibile o di privazione. Ha detto che, alla fine, non vinceranno. Non ha detto che non vinceranno nessuna battaglia contro la Chiesa (anzi la passione della Chiesa fa parte del magistero). Ha detto che sarà sempre con noi fino alla fine del mondo, ma non ha detto che ciò sarà assicurato da una perenne sede plena.

Allora, se una data interpretazione delle parole di nostro Signore è smentita dai fatti, non potendosi negare, né i fatti, né pensare che nostro Signore non mantenga le sue promesse o sbagli le sue previsioni, occorre rivedere l’opera dell’intelletto, le idee che ci siamo fatti sui modi e i tempi di realizzazione delle promesse di nostro Signore. Occorre rivedere l’interpretazione delle parole di nostro Signore. Non mi pare che sia un dogma o un insegnamento concorde ed univoco da parte della Chiesa sul punto.

Aggiungo che la preghiera e la santificazione è assolutamente indispensabile, ma non giustifica l’inerzia materiale, il disarmo, la passività (sul piano materiale). La preghiere e la santità non sono incompatibili con l’azione. Moltissimi santi agivano, e non pregavano soltanto. Gesù ci ha salvati agendo. Dio si serve degli uomini, ordinariamente, per intervenire nella storia. Che la Chiesa tutta debba limitarsi a pregare e santificarsi, con una mano nell’altra, pretendendo l’intervento risolutore diretto di Dio non mi pare corretto. Forse è anche un’inammissibile provocazione e sfida a Dio.

Anna*

Belllarmino ha detto...

Scusate se useró il maiuscolo ma è solo per evidenziare dei passaggi non per urlare.
I problemi sono molteplici a mio avviso e più numerosi nel dichiarare la sede vacante che nel considera legittimamente occupata. Cerco di spiegarmi. Il problema che i sedevacantisti tentano in tutti i modi, giungendo a contorsioni teologiche mai viste, è quello della giurisdizione. È di fede definita irreformabilmente che la giurisdizione ordinaria viene data da Cristo alla Chiesa attraverso il SOLO Romano Pontefice e SOLO al Romano Pontefice compete quella giurisdizione piena e universale che poi partecipa all'episcopato. Senza papa, nel senso inteso dalle varie scuole sevacantiste, NESSSUN vescovo ha potestà ordinaria nella propria Diocesi, senza papa non c'è giurisdizione, senza le chiavi non c'è Chiesa e si commettono due peccati dunque nel sostenere tesi che vanno nel senso sedevacantista: contro la promessa del Redentore 'non praevalebunt' e contro il dogma della giurisdizione. Il potere delle chiavi finirà quando l'Eterno Giudice ritornerà così come magistralmente immortalato da Michelangelo nel Giudizio Universale ove San Pietro in ginocchio riconsegna le chiavi al Redentore. Dunque ogni obiezione e problema va sottoposto alla fede. Contro chi obietta che in caso di: sede vacante per morte del papa, sede vacante per eresia e sede occupata solo materialmente la giurisdizione viene data direttamente da Gesù sta dicendo un'eresia che in colpo solo cancella la Chiesa e rende legittimi allora i sacerdoti di altre confessioni non cattoliche ma ordinati validamente come i cosiddetti ortodossi. Nel caso di morte di un papa benché la sede sia vacante pure la giurisdizione c'è e resta dato che i vescovi hanno valida giurisdizione ricevuta dal Papa appena deceduto e hanno L'INTENZIONE di dare un papa alla Chiesa, quindi decade la faciloneria con cui si accosta la presunta sede vacante di questi 50 anni alla sede vacante per decesso del papa: nel sedevacantismo attuale infatto , stando alle loro tesi, NESSUN vescovo ha più giurisdizione ordinaria ed è gravissimo. Infatti essendo che l'ultimo papa (sia GXXIII o Paolo VI secondo le varie scuole) non ha avuto successori non ci sarebbero vescovi con giurisdizione e cardinali validi per eleggerne un altro. Chi applica in maniera indebita (cassiciacum), San Tommaso si rivolterebbe, la distinzione materiale/formale al papato cade anche lui sulla giurisdizione: un papa solo materialmente valido non può creare né vescovi né cardinali ANCHE SOLO materialmente validi e si torna al problema di cui sopra; viene azzerato tutto, senza testa non c'è corpo. NON ESISTONO la papità e l'infallibilità come universali metafisici che vagano per l'aria che 'si "incarnano" di volta in volta, cioè a giudizio di fedeli e di inferiori al papato, nel primo che professa la fede cattolica. L'infallibilita, il papato, la giurisdizione il magistero si individua in atti precisi no sempre e comunque , come se il papa fosse posseduto da una forza invisibile che gli fa muovere bocca e mani contro la sua volonta e che poi lo abbandona qiualora fosse eretico privando la Chiesa di Giurisdizione , la quale poi se ne va in giro qua e la da chi professa fede cattolica in una 'chiesa' invisibile senza più capo. Sa molto di platonismo ma sicuramente nulla di dottrina. (Segue)

Belllarmino ha detto...

(Continua)
Nel caso si voglia abusare del Supplet Ecclesia anche qui si dimentica che il prete eretico, ridotto allo stato laicale o per lo stato necessita etc...che DEVE assolvere o celebrare matrimoni lo puo fare perché esiste comunque giurisdizione e gerarchia valide nella Chiesa cose che, ribadiscono, secondo i sedevacantisti non ci sono più se non in loro: cioè vagando di qua e di là la giurisdizione rimasta orfana e senza gerarchia trova loro facendo a meno del papa; una elegante eresia. Scusate gli esempi canzonatori ma servono a far capire le trappole. Se i modernisti dicono che il papa è sempre e comunque infallibile, indipendentemente dal fatto che vuole usare tal potere o usi determinati atti, e i sedevacantisti altrettanto io comincerei a pormi delle domande, benché le conclusioni di ambo le parti divergano hanno le stesse premesse e disastrose conseguenze. Scusate la lungaggine cerco di concludere. Il fatto poi che si sposi una tesi che è un caso di scuola e la si faccia assurgere a dogma la dice lunga: si è probabilisti o probabilioristi? Se una tesi non è tenuta né dalla Rivelazione né dal Magistero né dalla maggior parte dei teologi come si fa a prenderla come definita? Benché i Dottori hanno illuminato la Chiesa con la loro certa dottrina pure non mi pare che essi posseggano l'infallibilità e perciò si debba prendere tutto financo le loro ipotesi teologiche e storiche(non sono storici!) come oro colato; anche qui il criterio è la Rivelazione le sue fonti, il Magistero e la retta ragione. Se si dovessero prendere tutte le tesi di Sant'Agostino staremmo messi male, visto l'influenza neoplatonica, così come tutte quelle di San Tommaso: basti pensare alla sua posizione sull'Immacolata Concezione per dirne una. A titolo di esempio per tutti i casi presentati (compreso San Tommaso) : non si dica che Giovanni XXII poteva pure errare dato che la visione beatifica non era ancora definita, che sarebbe a dire' È rigore solo quando l'arbitro fischia', infatti se è dogma è dogma sempre anche, se non ancora definito, perché contenuto nelle fonti della rivelazione, il papa ne è il servitore primo non il padrone (altro errore simile al modernismo) Perciò fa bene don Curzio a ribadire queste cose, noi non giudichiamo il papa presupponendo la conoscenza di tuuto il Magistero in tutto il corpo fedele ma sapendo umilmente di non potere avere tutte le risposte seguiamo la retta fede secondo l'esempio di Sant'Atanasio e di Sant'Ireneo cioè: quod semper quod ubique quod AB OMNIBUS creditur. Siccome la Chiesa crede quello che prega vediamo le orazioni che si dicono per il papa, ad esempio: l'invocazione alle litanie dei Santi" Ut Dominum Apostolicum in Sancta religione conservare digneris te rogamus Audi nos" e l'orazione durante l'esposizione del Santissimo cosa ci vengono proposte a fare dalla Chiesa se parlano di cose irreali? Sappiamo che tutto è nascosto nella infinita sapienza di Dio e sono le mani migliori a noi non è dato di fare grandi cose ma di avere fede. Non ci è lecito negare la realtà in nome della fede come i modernisti né negare la fede in nome della realtà come i sedevacantisti. Scusate la lunghezza volevo dare solo un piccolo contributo e spero che chi di dovere possa renderlo migliore o correggerlo. Dio vi benedica tutti e Santa Epifania.

irina ha detto...

Non ho letto l'articolo e ho dato una veloce scorsa ai commenti.
Promemoria per gli audaci:
E' di pochi giorni la notizia che il governo o un qualche ministero ha dato (?)e/o donato(?) un milione di euri alla Scuola di Bologna.Qualcuno può confermare?
Teniamo presente che vuoi in politica vuoi in religione una bella fetta di fratelli nostri è e resterà al passo con i tempi. Altro che sunniti e sciiti. Come sappiamo litigare noi italioti (definizione di Blondet)nessun altro può.

Johannes Capreolus ha detto...

Un cristiano è eretico notorio e pertinace quando afferma pubblicamente, con parole o scritti, delle proposizioni eretiche e, ammonito più volte dall'autorità, non ritratta le sue proposizioni. Valga un esempio per tutti, cioè l'eresiarca Martino Lutero che fece pubblicamente affermazioni contrarie alla fede cattolica, venne ammonito, non ritrattò e venne dichiarato eretico da papa Leone X.

Papa Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo I, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI ed il pontefice attualmente regnante non possono essere considerati eretici nemmeno notori, poiché non hanno mai affermato o insegnato pubblicamente, come supremi dottori e pastori della Chiesa cattolica, con pronunciamenti solenni o ex cathedra proposizioni eretiche da ritenersi per vere, come dogmi ad necessitatem fidei da tutta la Chiesa cattolica. Si può dire che Paolo VI era conciliarista, quindi eretico ma solo come dottore privato, poiché non ha mai insegnato il conciliarismo come una verità da ritenersi tale, come un dogma ad necessitatem fidei.

L'errore che fanno i sedecantisti o i sedeprivazionisti è quello di non distinguere fra eretico solo materialiter o anche formaliter.

Perciò, i papi , da Giovanni XXIII fino a Francesco I, sono effettivamente pontefici romani, anche se non fanno i papi.

mic ha detto...

Irina,
La notizia purtroppo è vera. È di alcuni giorni fa. Non ne ho parlato perché, se dovessimo seguire la cronaca resteremo sommersi.
In ogni caso è un segno dei tempi duri in cui siamo...

marius ha detto...

"...anche nella speranza che qualcosa si apra all'orizzonte da parte chi ha responsabilità diverse dalle nostre."

Sì, noi laici, a parte quello che già stiamo facendo, non possiamo gran ché.
Don Nitoglia allude piuttosto a ciò che potrebbero/non potrebbero; dovrebbero/non dovrebbero fare gli ecclesiastici.

Io ho un pensiero ricorrente:
Non mi aspetto che alcuni cardinali/vescovi dichiarino eretico il papa, che lo destituiscano. È un'azione pericolosa di cui non si sanno le conseguenze.

Ma senza arrivare a tanto, senza essere temerari con un'azione a tutto campo, penso che dei cardinali e dei vescovi coscienti e coscenziosi dovrebbero profilarsi in modo coordinato e ben mirato nel puntualizzare con autorevolezza singole asserzioni e atti papali, in modo da far capire pubblicamente al diretto interessato che non può continuare indisturbato in continue serie di attentati alla Catholica.

Non contestare la persona, ma i detti e le opere che non sono per nulla accettabili.

irina ha detto...

mic,grazie.
La notizia dice molto più di quello che annuncia.
Durezza dei tempi e accerchiamento.

mic ha detto...

Non contestare la persona, ma i detti e le opere che non sono per nulla accettabili.

In realtà lo hanno fatto. Pensiamo al Sinodo: ai libri, interviste, la lettera dei 13, gli interventi nel corso dell'Assise.

C'è stata una critica velata al Mitis iudex, una serie di interventi di canonisti in Italia e all'estero. Ma i pastori?
Ma è un comportamento parallelo al "vietato vietare", appare in disuso anche riaffermare in maniera solenne: magistero liquido, correzione liquida: effetto Vaticano II, reiteratamente confermato anche dai conservatori senza riconoscerne le pecche. Il conciliarismo del nostro tempo...

marius ha detto...

@ In realtà lo hanno fatto.

Mic, c'è un una presa di posizione sottoscritta da più cardinali/vescovi che puntualizza su una proposizione papale?

Non intendo diverse prese di posizioni, libri interviste, lettere, interventi durante il sinodo di singoli cardinali/vescovi, e neppure libri scritti a più mani dove essi esprimono i loro particolari diversificati pensieri pur raccolti in un unico tomo.
Cose simili lasciano inevitabilmente il retrogusto di un dibattito teologico.

Sottoscrivere insieme un documento prendendo unanime posizione su un certo preciso argomento dà tutt'un altro accento alla questione: quello della determinazione a non voler lasciar correre.
Si tratta di lavorare coraggiosamente sulla verità delle cose, altrimenti alla lunga si diventa conniventi.
Ma chi lo fa da solo rimane inevitabilmente trombato. Ergo...

Gederson ha detto...

Cerca il sedevacantismo, voleva leggere o che dicono loro sul questo testo del Concilio Vaticano I, Sessione IV (18 iuglio 1870), prima costituizione dogmatica sulla Chiesa de Cristo, Capitolo II:

Capitolo II.

La perpetuità del primato di Pietro nei romani pontefici.

Ma ciò che il principe dei pastori e pastore supremo del gregge, il signore Gesù Cristo, ha istituito nel beato apostolo Pietro a perpetua salvezza e perenne bene della chiesa, deve per volontà dello stesso Cristo, durare per sempre nella chiesa, che, fondata sulla pietra, resterà incrollabile fino alla fine dei secoli.

Nessuno, a questo proposito, ignora, anzi è noto da secoli a tutti, che il santo e beatissimo Pietro, principe e capo degli apostoli, colonna della fede e fondamento della chiesa cattolica, ha ricevuto le chiavi del regno da nostro signore Gesù Cristo, salvatore e redentore del genere umano: Pietro vive, presiede ed esercita il suo giudizio fino al presente e per sempre nei suoi successori, ossia nei vescovi della santa sede di Roma, da lui fondata e consacrata dal suo sangue. Sicché chiunque gli succede in questa cattedra, per disposizione dello stesso Cristo, ha il primato di Pietro su tutta la chiesa. Rimane, allora, ciò che ha disposto la verità, e il beato Pietro, perseverando nella solidità di pietra, che ha ricevuto, non ha lasciato la guida della chiesa che gli fu affidata. Per questo motivo ogni chiesa - cioè tutti i fedeli di ogni luogo - dovette sempre concordare con la chiesa Romana in forza della sua origine superiore, affinché in quella sede, da cui emanano su tutti le norme della veneranda comunione, come membra unite nel capo, esse si unissero nella compagine di un solo corpo.

Se, quindi, qualcuno dirà che non è per istituzione dello stesso Cristo signore, cioè per diritto divino, che il beato Pietro ha sempre dei successori nel primato su tutta la chiesa; o che il Romano pontefice non è successore del beato Pietro in questo primato: sia anatema.

Anonimo ha detto...


Non basta pregare, ci vuole anche l'azione - Sedevacantisti

1. Esempio: Nostro Signore che rovescio' i banchi anche dei morti di fame che vendevano colombe nel cortile del Tempio, cacciandoli poi a frustate. Non se la prese solo con i cambiavalute.
Meno' anche i poveri, quelli che piacciono tanto a Papa Bergoglio, perche' nell'occasione se lo meritavano, offendendo essi Dio con i loro traffici. Offendevano il decoro della Casa del Signore, ne facevano luogo di mercato.

2. Giusto ripetere il rilievo che i Sedevacantisti non sanno distinguere tra "eresia in senso materiale" ed "eresia in senso formale". Si vorrebbe anche una definizione chiara della nozione di "pubblico eretico formale", ricavata da Bellarmino, a quanto sembra, e applicata al caso del Papa eretico. Se si tratta pur sempre di un'eresia in senso "formale" non deve esser dichiarata da un'autorita' competente? E quale, allora? I fedeli? Come spiegato da ultimo da "Bellarmino", i fedeli non ce l'hanno questa "competenza".
I Sedevacantisti non contribuiscono alla necessaria critica attuale delle deviazioni dottrinali presenti nell'odierna pastorale. E questo perche' professano l'errore "infallibilista". Loro dicono: Non puoi criticare il Papa perche' e' infallibile in tutto quello che fa. Lo vuoi criticare? Allora puoi farlo solo se ammetti che non e' Papa, che la sede e' vacante. Il ragionamento e' del tutto assurdo, come ognuno puo' vedere. Cosi' ci infestano continuamente con l'argomento : "E' Papa o non e' Papa? Non e' Papa". Questo sarebbe per loro il vero problema. Inoltre, forse non tutti, sembrano attendersi la restaurazione del Potere Temporale (che rivestono di una dimensione mitica) e del Sacro Romano Impero (per la verita' quest'altro mito non e' propalato solo dai Sedevacantisti, aleggia anche negli interventi di chi, credo, non ha saputo metabolizzare certe giovanili letture evoliane).
3. Se mai l'opposizione alla politica deleteria di Papa Bergoglio si materializzasse all'interno della Gerarchia, non dovrebbe mirare a cose difficili e spinose come una destituzione per eresia formale. Basterebbe chiedere al Papa di abdicare. lo si e' gia' detto. Pero' l'opposizione, che pure c'e', appare ancora troppo debole e legata a schemi concettuali e di comportamente del tutto inadeguati alla situazione tragica e in movimento vorticoso nella quale ci troviamo (ci troviamo, anche per colpa dell'apostasia penetrata nella Gerarchia attuale). parvus

marius ha detto...

Se mai l'opposizione alla politica deleteria di Papa Bergoglio si materializzasse all'interno della Gerarchia, non dovrebbe mirare a cose difficili e spinose come una destituzione per eresia formale. Basterebbe chiedere al Papa di abdicare.

Secondo me, prima ancora di arrivare a chiedere l'abdicazione, vi è un passo preliminare da compiere, come ho già espresso sopra: passare dalla resistenza passiva a quella attiva, cioè a che gli ecclesiastici coscienti e coscienziosi stigmatizzino con determinazione le proposizioni e le azioni papali problematiche;
che non lo facciano a titolo individuale, ma formando un coordinamento unanime (firmando insieme documenti a lui indirizzati) che inizialmente può raggruppare pochi soggetti ma che col tempo sarà suscettibile di coagulare al suo interno coloro che, pur sensibili alla sana dottrina, da soli mai si arrischierebbero in una tale impresa per comprensibili timori delle conseguenze a livello personale (è comprensibile che un vescovo possa pensare: ai fini della salvezza delle anime del mio gregge meglio essere vescovo oggi che nessun vescovo domani, quindi preferisco passare l'acqua bassa).

A quel punto la richiesta di abdicazione diventerebbe sostanziosa, potrebbe farsi forte di tutta una serie di precise e pubbliche prese di posizione con relative pretese di puntuali soddisfazioni alle quali (come è probabile) il destinatario non avrà dato affatto seguito.
Detto in altri termini bisogna pur dare al vescovo di Roma la possibilità di ravvedersi, anzitutto sui singoli punti problematici (S.Paolo docet) ...poi in toto.

Anonimo ha detto...

http://www.agerecontra.it/public/press40/?p=17986
Nessuno è infallibile dice qualkche commentatore riutenendosi infallibile da sè medesimo. Fare come fece San Atanasio significa staccarsi da... non restare in...forse ha presente San Atanasio ? "loro hanno le sedi- chiese noi abbiamo la fede". Esiste la giurisdizione supplita. In passato si sono trovati situazioni analoghe e le superarono ma oggi bisogna tacere e accettare? perchè lo dice Don Nitoglia e qualche commentatore?

mic ha detto...

Anonimo,
nessuno "qui" è infallibile, ma ciò che è qui sostenuto si basa su insegnamenti dei Dottori della Chiesa. E, se è vero che Atanasio ha detto "loro hanno le chiese, noi abbiamo la fede", per la sua difesa della verità soffrì esilio e persecuzioni; ma non depose il Papa.

mic ha detto...

A quel punto la richiesta di abdicazione diventerebbe sostanziosa, potrebbe farsi forte di tutta una serie di precise e pubbliche prese di posizione con relative pretese di puntuali soddisfazioni alle quali (come è probabile) il destinatario non avrà dato affatto seguito.

L'ultima contestazione piuttosto circostanziata:
Petizione in Italiano: The Remnant implora Papa Francesco di cambiare rotta oppure di rinunciare all'ufficio Petrino
http://chiesaepostconcilio.blogspot.it/2015/12/petition-in-italian-remnant-implora.html

Non sono mancati altri appelli ma vengono tutti accolti con un noncurante silenzio...

Anonimo ha detto...

Non 1.000.000. di euro, bensì 3, da suddividere con tutte le espressioni religiose presenti in Italia, quindi, fatte le dovute suddivisioni, un mare di soldi a nientologi cattocomunisti, buddhisti, islamici, protestanti, atei razionalisti e chi più ne ha, ne metta......ah, dimenticavo la banda Riccardi, soldini anche a loro, non si fa figlio e figliastro, più le solite decine di mln. date a radioradicale, importante organo di informazione non schierato e correttissimamente politico. ......

Radicati nella fede ha detto...


  Rischiano questo secondo errore tutti quelli che, partiti per la difesa del cattolicesimo tradizionale, incominciano a disquisire se il Papa è o non è tale, su chi sia veramente il vescovo, o dove sussista veramente la Chiesa di Dio. Questi estendono la difesa della Tradizione a un campo che non compete loro, rischiando il pericolo gravissimo di porsi fuori della Chiesa.

  Dice il père Calmel “La Chiesa non è un'istituzione di questo mondo: discende dal Cielo, direttamente da Dio (…) La Chiesa è invincibile, anche se con figli soggetti alla sconfitta e spesso vinti e che tuttavia, finché rimangono nel suo seno, non saranno mai vinti irreparabilmente. Quando lo sono è perché si sono separati da lei (…) Essa resta la dispensatrice infallibile della salvezza, il Tempio santo di Dio. Coloro che l'abbandonano si perdono, ma essa non è mai perduta”. (R. T. Calmel, Breve apologia della Chiesa di sempre, pagg. 17 e 18)

  Insomma, la Chiesa è una e solo una. Non c'è una chiesa tradizionale e una chiesa modernista, c'è una sola Chiesa cattolica, i cui figli rischieranno di perdersi se la abbandoneranno, anche se con la scusa di difenderla.

  Basterebbe per capire questo, lo ripetiamo, il fatto che la Tradizione per cui lottiamo, l'abbiamo ricevuta dalla Chiesa, anzi è la Chiesa stessa.

  E la Tradizione, Vangelo – dogma – sacramenti – disciplina, non l'hai ricevuta una volta per tutte, continui a riceverla dalla Chiesa che è il Corpo Mistico di Cristo. E' chiaro quindi che, in ogni decisione e attitudine, devi salvare questa unità della Chiesa e con la Chiesa, senza mettere in dubbio la sua visibilità. Chi è Papa o vescovo, questo compete direttamente a Dio solo, e non a te. A te che hai capito la crisi della Chiesa, compete solo lo stare fermo nella sua Tradizione, in ciò che la Chiesa ha detto e fatto fuori da questi terribili momenti di apostasia. Dio si è rivelato, ti ha dato la ragione per riconoscere la sua rivelazione e per custodirla; non ti chiede di far politica ecclesiastica.

  Occorre evitare due estremi letali per la fede: l'“autoritarismo” o “obbedientismo” da un lato e il “sedevacantismo” dall'altro: entrambi portano a lungo andare all'ateismo, alla perdita della fede.
  Il primo fa stare dentro la Chiesa con una falsa obbedienza che non salvaguarda il Vangelo e i sacramenti; il secondo fa cercare una falsa chiesa alternativa: entrambi questi errori partono da una visione troppo umana della Chiesa, mancano entrambi di visione soprannaturale.

Radicati nella fede ha detto...


  Rischiano questo secondo errore tutti quelli che, partiti per la difesa del cattolicesimo tradizionale, incominciano a disquisire se il Papa è o non è tale, su chi sia veramente il vescovo, o dove sussista veramente la Chiesa di Dio. Questi estendono la difesa della Tradizione a un campo che non compete loro, rischiando il pericolo gravissimo di porsi fuori della Chiesa.

  Dice il père Calmel “La Chiesa non è un'istituzione di questo mondo: discende dal Cielo, direttamente da Dio (…) La Chiesa è invincibile, anche se con figli soggetti alla sconfitta e spesso vinti e che tuttavia, finché rimangono nel suo seno, non saranno mai vinti irreparabilmente. Quando lo sono è perché si sono separati da lei (…) Essa resta la dispensatrice infallibile della salvezza, il Tempio santo di Dio. Coloro che l'abbandonano si perdono, ma essa non è mai perduta”. (R. T. Calmel, Breve apologia della Chiesa di sempre, pagg. 17 e 18)

  Insomma, la Chiesa è una e solo una. Non c'è una chiesa tradizionale e una chiesa modernista, c'è una sola Chiesa cattolica, i cui figli rischieranno di perdersi se la abbandoneranno, anche se con la scusa di difenderla.

  Basterebbe per capire questo, lo ripetiamo, il fatto che la Tradizione per cui lottiamo, l'abbiamo ricevuta dalla Chiesa, anzi è la Chiesa stessa.

  E la Tradizione, Vangelo – dogma – sacramenti – disciplina, non l'hai ricevuta una volta per tutte, continui a riceverla dalla Chiesa che è il Corpo Mistico di Cristo. E' chiaro quindi che, in ogni decisione e attitudine, devi salvare questa unità della Chiesa e con la Chiesa, senza mettere in dubbio la sua visibilità. Chi è Papa o vescovo, questo compete direttamente a Dio solo, e non a te. A te che hai capito la crisi della Chiesa, compete solo lo stare fermo nella sua Tradizione, in ciò che la Chiesa ha detto e fatto fuori da questi terribili momenti di apostasia. Dio si è rivelato, ti ha dato la ragione per riconoscere la sua rivelazione e per custodirla; non ti chiede di far politica ecclesiastica.

  Occorre evitare due estremi letali per la fede: l'“autoritarismo” o “obbedientismo” da un lato e il “sedevacantismo” dall'altro: entrambi portano a lungo andare all'ateismo, alla perdita della fede.
  Il primo fa stare dentro la Chiesa con una falsa obbedienza che non salvaguarda il Vangelo e i sacramenti; il secondo fa cercare una falsa chiesa alternativa: entrambi questi errori partono da una visione troppo umana della Chiesa, mancano entrambi di visione soprannaturale.

marius ha detto...

Dapprima sedetevi comodi e poi guardatevi questo breve filmato a cura della S.Sede:
http://gloria.tv/media/1pR4sCJgkG2

Si tratta delle intenzioni di preghiera ufficiali di papa Francesco per gennaio 2016.
Il Video del Papa è un’inziativa globale sostenuta dalla Rete Mondiale di Preghiera del Papa (Apostolato della Preghiera) per collaborare alla diffusione delle intenzioni mensili del Santo Padre sulle sfide dell’umanità.

Ho sentito che ogni mese vi sarà qualcosa di simile: è il risultato del Dio delle sorprese della chiesa di Francesco.

Qui c'è materiale per esemplificare (ce n'è in sovrabbondanza, ma tant'è) quanto da noi rilevato in questo thread

marius ha detto...

"The Remnant implora Papa Francesco di cambiare rotta oppure di rinunciare all'ufficio Petrino"

I firmatari sono ecclesiastici (vescovi, cardinali) o laici?
In ogni caso passano già alla fase finale: la richiesta di dimissioni.

Mic, pensi che l'impatto sia identico se ad agire fosse qualche bravo prelato (che ben conosciamo) o una conferenza episcopale affiatata come quella polacca?