Pubblichiamo il testo della relazione svolta dal prof. Roberto de Mattei il 16 maggio 2019 al Rome Life Forum, che precede la Marcia per la Vita del 18 maggio, tenutosi presso la pontificia Università San Tommaso d’Aquino (Angelicum), sul tema “City of man vs City of God – Global One World Order vs Christendom”. Il convegno è stato organizzato dalla coalizione internazionale Voice of the Family [vedi].
Mysterium iniquitatis: dal Nuovo ordine mondiale al caos globale
Il Mysterium iniquitatis secondo Leone XIII
Per cercare di fare un poco di luce sul mysterium iniquitatis, bisogna risalire ai primi momenti della storia universale.
Nella sua enciclica Humanum genus del 20 aprile 1884 contro la massoneria Leone XIII afferma:
“Il genere umano, dopo che “per l’invidia di Lucifero” si ribellò sventuratamente a Dio creatore e largitore de’ doni soprannaturali, si divise come in due campi diversi e nemici tra loro; l’uno dei quali combatte senza posa per il trionfo della verità e del bene, l’altro per il trionfo del male e dell’errore. Il primo è il regno di Dio sulla terra, cioè la vera Chiesa di Gesù Cristo; e chi vuole appartenervi con sincero affetto e come conviene a salute, deve servire con tutta la mente e con tutto il cuore a Dio e all’Unigenito Figlio di Lui. Il secondo è il regno di Satana, e sudditi ne sono quanti, seguendo i funesti esempi del loro capo e dei comuni progenitori, ricusano di obbedire all’eterna e divina legge, e molte cose imprendono senza curarsi di Dio, molte contro Dio.”
Papa Leone XIII insegna dunque che l’umanità è divisa in due campi che si combattono senza tregua: il regno di Dio, costituito dalla Chiesa di Cristo, e il regno di Satana, composto dai seguaci del demonio. Questa lotta non è un episodio della storia, ma risale al primo momento della creazione dell’universo, e durerà fino alla fine dei tempi.
Gli Angeli furono creati nello stesso tempo della luce, ma dopo che Dio separò la luce dalle tenebre, alcuni Angeli si separarono dalla luce, che è Dio, per immergersi nelle tenebre. Ciò si ripete nella storia e costituisce propriamente il mysterium iniquitatis: un mistero in sé stesso impenetrabile, perché la nostra intelligenza non è in grado di comprendere né l’intima essenza del Sommo Bene, né la natura profonda del Male, di cui Dio permette l’esistenza, senza volerlo. C’è “una luce inaccessibile” (1 Tm. 6, 16), dove Dio abita, ma c’è anche una tenebra inaccessibile che la luce divina non illumina. Per questo diciamo che Satana opera nel mistero. Come ogni mistero, anche quello del male è superiore alla comprensione della ragione, ma non la contraddice. Con la ragione illuminata dalla fede possiamo cogliere qualche riflesso di luce in questo mistero che, come ci conforta san Paolo, a suo tempo, sarà rivelato (II Thess. 2, 6-8). Solo “Dio è luce, e in Lui non vi è oscurità alcuna” (1 Gv. 2, 5).
Per spiegare questo mistero di iniquità, Leone XIII si richiama alle due città che, nel suo capolavoro La Città di Dio, sant’Agostino descrive con queste parole: “L’una è la società degli uomini devoti, l’altra dei ribelli, ognuna con gli angeli che le appartengono, in cui da una parte è superiore l’amore a Dio, dall’altra l’amore di sé”.
La forza di attrazione e di coesione che le genera e le mantiene è l’amore. “Due amori hanno generato due città: quella terrena, l’amore di sé fino al disprezzo di Dio; quella celeste, l’amore di Dio fino al disprezzo di sé”. La scelta radicale è tra Dio, a cui ci unisce intimamente l’umiltà di cuore, e il demonio, al quale ci vincola l’orgoglio e l’amore di sé. L’essenza di questo scontro è morale e si radica nella libertà umana: bisogna scegliere secondo la gravitazione che l’amore imprime alla nostra vita.
Il “Corpo mistico di Satana”
La Città di Dio è la Chiesa nei suoi tre stati: militante, sofferente e trionfante. Un vincolo spirituale lega in un unico Corpo Mistico i fedeli che lottano sulla terra, le anime che soffrono in purgatorio e i beati che gioiscono in Cielo. L’uomo infatti è un essere sociale non solo nell’ordine naturale, ma anche in quello soprannaturale. La comunicazione vitale dei beni soprannaturali tra i membri delle tre chiese è la Comunione dei Santi.
Un’intima solidarietà esiste anche tra i Figli delle tenebre. Il legame che li unisce è l’odio. Essi si odiano e si detestano l’un l’altro, ma convergono nella lotta contro il Bene, come recita il Salmo: “convenerunt in unum adversus Dominum et adversus Christum eius” (Sl. 2, 2).
Il padre Sebastiano Tromp, un teologo gesuita che collaborò alla redazione dell’enciclica Mystici Corporis di Pio XII e che nel Concilio Vaticano II fu consulente del cardinale Ottaviani, dedica un’appendice del suo trattato Corpus Christi quod est ecclesia al De corpore diaboli, mostrando, sulla base di citazioni scritturali e patristiche, che la città di Satana forma una specie di corpo mistico del demonio.
San Gregorio Magno nei suoi libri Moralium parla spesso del corpus diabuli, costituito dal diavolo e dai suoi seguaci. “Come i santi sono membra di Cristo, così gli empi senza fede sono membra del diavolo”; “Il diavolo è il padre di tutti gli iniqui e tutti gli empi sono le membra di questo capo”.
La Civitas diabuli non è solo un insieme di errori o di perversioni morali, ma ha una sua struttura organizzata. Essa ha dogmi, riti, gerarchie, perché costituisce una contraffazione della vera Chiesa. È una contro-chiesa, che l’Apocalisse definisce “sinagoga di Satana” (Apoc. 2, 9; 3, 9). Tertulliano descrive i rituali che erano utilizzati nel secondo secolo, rivelando che già in quell’epoca esisteva una parodia diabolica dei misteri cristiani. Sant’Ireneo parla dei Cainiti che esaltavano come liberatori i grandi ribelli a Dio, Caino, Esaù, Giuda. Le sette gnostiche medievali, come i Catari, consideravano Caino, i costruttori della torre di Babele, gli abitanti della città di Sodoma, come i loro precursori. La massoneria, che eredita fede e costumi dello gnosticismo, costituisce il motore propulsivo visibile della civitas diabuli dopo il XVIII secolo. Nessuna altra setta ha ricevuto tante condanne da parte della Chiesa negli ultimi tre secoli e l’enciclica Humanum genus di Leone XIII ne costituisce una sorta di compendio.
Il Corpo Mistico di Cristo e il Corpus diabuli sono due regni che si oppongono nella storia come la vita e la morte, il bene e il male, la luce e le tenebre: il loro fine è di annientarsi a vicenda. La lotta tra i due eserciti è perpetua e implacabile ed è riassunta in queste parole: “E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa” (Mt. 16, 18). Da una parte la Chiesa, che è il Regno di Cristo, dall’altra parte un nemico che viene indicato come “le porte dell’inferno” e che impiegherà invano tutti i suoi sforzi per prevalere sulla Chiesa.
Il demonio e l’inferno
È importante sottolineare che non si può parlare del demonio senza parlare dell’inferno. La terra, il purgatorio, il paradiso sono i luoghi abitati dalle anime che compongono la Civitas Dei. Ma anche i membri della Civitas diabuli abitano dei luoghi, che sono la terra e l’inferno, perché per essi non c’è purgatorio. L’inferno, secondo la dottrina cattolica, designa non solo lo stato dei dannati, ma anche il luogo nel quale sono eternamente puniti gli angeli ribelli e gli uomini morti in peccato mortale.
Perché i membri della Civitas diabuli parlano spesso del demonio, ma non parlano dell’inferno se non per negarlo? Perché chi ama una persona tende a parlarne sempre, in bene o in male, e del demonio si può parlare in maniera seducente, presentandolo come vittima, come angelo decaduto che conserva una sua sinistra bellezza, spianando la strada così al suo culto. Parlare dell’inferno significa invece descrivere un luogo di eterni tormenti, in sé orrido e repulsivo, significa evocare la giustizia di un Dio che infallibilmente giudica e in maniera inappellabile condanna. Per questo gli operatori del male ignorano l’inferno e se ne parlano è solo per negarlo, o per affermare che è vuoto.
Il padre Garrigou-Lagrange afferma che la massoneria negando l’Inferno dà una prova della sua esistenza. I frutti infatti rivelano l’albero. Chi odia Dio non solo ne ammette l’esistenza, perché se non l’ammettesse non lo combatterebbe, ma prova anche, con la propria perversità satanica, l’esistenza dell’inferno. Che cos’altro sono le profanazioni dell’Eucarestia, le liturgie tenebrose che culminano nelle blasfemie contro tutto ciò che è divino, se non manifestazioni di un odio che ha nell’inferno e nel demonio la sua fonte?
Il peccato originale
La lotta delle due città si spiega non solo con l’azione di Satana, ma anche con il peccato originale trasmesso da Adamo ai suoi discendenti. Il peccato è una malattia ereditaria. Tutti, dopo Adamo, nascono nel peccato, in ogni tempo e in ogni luogo. L’umanità è perciò inferma, ma non è morta, perché il peccato inclina la natura dell’uomo al male, ma non la corrompe integralmente. La natura è inferma, ma il male non costituisce l’essenza della natura.
Il peccato originale vulnerò l’anima e il corpo dell’uomo, producendo un disordine morale culminante nel peccato e un disordine fisico culminante nella morte. La conseguenza più grave del peccato di Adamo non fu però l’introduzione della morte del corpo, ma l’introduzione della morte dell’anima, la rottura della sublime relazione che stringeva Dio con la creatura ragionevole. Morte, malattie, sofferenze, angosce, errori, dubbi, conflitti: tutto questo conseguì al peccato originale. Scrive Donoso Cortés: “Il peccato coprì il cielo di lutti, l’inferno di fiamme e la terra di sterpi; portò al mondo l’ infermità e la pestilenza, la fame e la morte; scavò la tomba alle città più illustri e popolose, presiedette alle esequie di Babilonia, la città dai sontuosi giardini, e di Ninive la superba, di Persepoli figlia del sole, di Menfi dai profondi misteri, di Sodoma la lasciva, di Atene culla della arte, di Gerusalemme l’ingrata, di Roma la grande; Dio infatti se ha voluto queste cose, le ha volute soltanto come castigo e rimedio del peccato. Il peccato è responsabile dei gemiti che salgono dal petto degli uomini e delle lacrime che, a goccia a goccia, sgorgano dagli occhi degli uomini. Ma l’aspetto ancor più grave del peccato, che nessun intelletto può concepire e nessun vocabolo esprimere, è che esso ha potuto strappare lacrime dai santissimi occhi del Figlio di Dio, mite agnello che salì sulla croce carico dei peccati del mondo”. Nell’Orto degli Ulivi “conobbe tristezza e turbamento, e l’orrore del peccato era la causa di quello insolito turbamento e di quell’inconsueta tristezza. La sua fronte sudò sangue, e lo spettro del peccato era la causa di quello strano sudore. Fu inchiodato su un legno, e fu il peccato a inchiodarvelo; fu il peccato a dargli agonia, il peccato a dargli la morte”.
Il mysterium iniquitatis non ha però la sua origine nel peccato di Adamo ed Eva, ma in quello di Lucifero. La disobbedienza di Adamo ed Eva subì infatti l’influenza di Satana, ma nessuno influenzò Satana, il cui peccato non meritò il perdono di Dio, a differenza di quello dei nostri progenitori, perché fu causa di esso. Per questo se Cristo, nuovo Adamo, è il capo della Città di Dio, non è Adamo, ma Lucifero, il capo della Civitas diabuli.
Rivoluzione e Contro-Rivoluzione
Se sant’Agostino è l’aquila del pensiero che con ineguagliabile profondità delinea l’antitesi tra le due città, nessuno meglio di Plinio Corrêa de Oliveira, nella sua opera di sintesi Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, ha descritto la storia della lotta tra Civitas Dei e Civitas diabuli negli ultimi secoli. Per il pensatore brasiliano esiste un processo rivoluzionario che ha le sue origini tra il XIV e il XV secolo, quando in Europa si produce un mutamento profondo degli spiriti. La filosofia del piacere dell’umanesimo generò la Rivoluzione religiosa protestante che, al di là delle apparenti divergenze, forma un unico coerente blocco con quella umanistica. La Rivoluzione francese accolse le tendenze liberali e ugualitarie dell’umanesimo e del protestantesimo, traducendole sul piano politico e sociale. La Rivoluzione comunista estese al mondo e portò alle ultime conseguenze l’odio ugualitario della Rivoluzione francese.
Una nuova civiltà planetaria avrebbe dovuto sostituire la Civiltà cristiana. Durante la Rivoluzione Francese, il 17 giugno 1790, un rivoluzionario prussiano, Anacharsis Clootz (1755-1794), si presentò all’Assemblea come “l’oratore del genere umano”, alla testa di una deputazione di personaggi di diverse lingue e nazionalità, annunciando la costruzione di una Repubblica universale che avrebbe abbracciato tutti i popoli della terra. Un altro protagonista della Rivoluzione, l’abbé Henri Grégoire (1750-1831), domandò, in nome dell’uguaglianza universale, l’abolizione della “aristocratie de la peau”, l’“aristocrazia della pelle”. Il 4 giugno 1793 fu organizzata una mascherata e sfilò alla Convenzione una rappresentanza di uomini e donne neri, preceduta da una bandiera su cui erano dipinti un mulatto e un negro, armati di una picca, che indossavano il berretto frigio, simbolo della Rivoluzione. “Cittadini – annunciò Grégoire, tra l’entusiasmo dei deputati della Convenzione – esiste ancora un’aristocrazia: quella della pelle. Voi la farete scomparire”.
L’utopia del meticciato viene dunque da lontano ed è espressione del panteismo ugualitario della Rivoluzione francese, che pretendeva distruggere ogni disuguaglianza, non solo sociale, ma anche di natura, per costruire la contraffazione della Respublica christiana medioevale. Fu solo dopo il crollo dell’Impero asburgico, nel 1918, che l’utopia sembrò realizzarsi, con l’avvento, pressoché contemporaneo, della dittatura del proletariato comunista, del Terzo Reich nazionalsocialista e della Società delle Nazioni, poi trasformatasi in Organizzazione delle Nazioni Unite. Tutti questi progetti però sono miseramente falliti. Il sogno di costruzione del “novus ordo saeculorum”, che aveva aperto il XX secolo, è stato sostituito da un sogno di distruzione di segno opposto: il regno del Caos. Il Nuovo Ordine Mondiale è in realtà il caos mondiale, che oggi ha i colori dell’Amazzonia, il paradiso felice in cui i popoli indigeni ci trasmettono la sapienza del culto della natura, e la Carta della Terra sostituisce la Dichiarazione dei diritti dell’uomo, ormai superata dalla fase tribale della quarta e della quinta Rivoluzione. L’Amazzonia da territorio fisico assurge a luogo teologico, oggetto per eccellenza della geolatria, il culto offerto alla Madre Terra che assorbe tutte le creature animate ed inanimate nel suo grembo, dove tutto coesiste e nulla è, perché una volta annullata ogni disuguaglianza il nulla si rivela come il segreto ultimo dell’universo. La metafisica del nulla è il cuore della nuova religione.
Ma anche questo sogno nichilista viene da lontano. Negli stessi giorni in cui Clootz e Grégoire esponevano le loro utopie, il marchese de Sade (1740-1814), segretario della famigerata sezione giacobina delle Picche, svelava il vero obiettivo della Rivoluzione nel suo pamphlet Français, encore un effort si vous voulez être républicains, in cui celebrava l’apoteosi del delitto e la dissoluzione di tutte le norme morali.
Prima di Sade, teorico di questa metafisica della dissoluzione fu dom Léger-Marie Deschamps (1716-1774), un monaco benedettino ateo, che influenzò segretamente Diderot e gli enciclopedisti francesi. I suoi manoscritti furono ritrovati quasi un secolo dopo la sua morte e pubblicati per la prima volta nella Russia bolscevica, nel 1930. Lo studioso russo Igor Safarevic e l’accademico polacco Bronislaw Baczko hanno messo in evidenza il significato di questi scritti che deificano il male. Deschamps proclama l’uguaglianza generale in cui il tutto coincide con il nulla: “Tutti gli esseri defluiscono e confluiscono l’uno nell’altro e tutti non sono che aspetti diversi di un unico genere universale”. Il panteismo coincide con il nichilismo, perché tutto è nulla e tutto deve farsi nulla. Il nulla è la sola rigorosa antitesi all’essere. L’anticosmismo, che è la negazione e l’annientamento di ogni realtà, si manifesta attraverso la dissoluzione di ogni etica, di ogni diritto, di ogni società, di ogni famiglia, di ogni proprietà.
Applicando ai nostri giorni una celebre pagina di mons. Jean-Jacques Gaume (1802-1879), potremmo dire: “Se, strappando alla Rivoluzione la maschera, le chiederete: Chi sei? essa vi dirà: Io non sono quel che si crede. Molti parlano di me e pochissimi mi conoscono. Io non sono né le oligarchie finanziarie, né il mondialismo americano, né il Moloch russo, né il drago cinese. Non sono i migranti islamici che invadono l’Europa per conquistarla, né i sodomiti che manifestano contro la famiglia per distruggerla. Io non sono né Marco Pannella né Emma Bonino. Non sono Obama né Soros. Questi uomini sono i miei figli, non sono me. Quelle cose sono le mie opere, non sono me. Questi uomini e queste cose sono fatti passeggeri e io sono uno stato permanente.
Io sono l’odio per ogni ordine religioso e sociale che l’uomo non ha stabilito e nel quale egli non è re e Dio insieme. Io sono la proclamazione dei diritti dell’uomo contro i diritti di Dio. Io sono la filosofia della rivolta, la politica della rivolta, la religione della rivolta: io sono la negazione armata (nihil armatum); sono la fondazione dello stato religioso e sociale sulla volontà dell’uomo al posto della volontà di Dio! In una parola sono l’anarchia, perché sono Dio detronizzato e l’uomo al posto di lui. Ecco perché mi chiamo Rivoluzione, cioè rovesciamento”.
Nihil armatum: questa definizione coglie l’essenza della Rivoluzione, che non è il nulla, perché se fosse il nulla non esisterebbe. Ma è una marcia organizzata, una marcia armata verso il nulla, sotto la guida di quel potere tenebroso di cui tanto spesso parla san Paolo nelle sue lettere (Eph. 6 12; Col. 1, 13; Lc. 22, 53).
Il suicidio della rivoluzione
Al Signore che di sé dice “Io sono Colui che è” (Esodo, 3, 14), Satana, capo e anima della Rivoluzione, urla: “Nulla è al di fuori di me e io mi odio perché sono”. Il demonio vorrebbe precipitare la creazione nel nulla e precipitare sé stesso nel nulla. Il mysterium iniquitatis è il mistero della tensione del male verso il nulla, senza poter raggiungere questa meta. Se questo suicidio totale potesse essere attuato, la Rivoluzione avrebbe prevalso su Dio, dal momento che l’annichilimento, è il supremo atto di dominio, possibile solo a Dio, ma anche perché il male, esiste solo in quanto privazione di bene e senza il bene non può esistere, così come la malattia non può esistere senza il corpo del malato che aggredisce. La morte significa la fine non solo del malato, ma anche della malattia.
Per questo l’itinerario della Rivoluzione verso il nulla non può raggiungere il suo fine, che è la distruzione radicale e definitiva della Chiesa e della Civiltà cristiana. Quel bene che resta e di cui la Rivoluzione ha bisogno per sopravvivere è il germe della sua sconfitta. Cogliamo questo principio nella storia, dove Dio si serve sempre di un piccolo resto integralmente fedele per operare il grande ritorno della verità e del bene. Un eminente biblista, mons. Salvatore Garofalo, ha dedicato un approfondito studio a La nozione profetica del “Resto di Israele”, in cui mostra come questo concetto sia un cardine della tradizione profetica. Il principio si esprime nella formula: residuum revertetur. Dio infatti vuole servirsi dei deboli e dei piccoli davanti agli uomini per confondere e sconfiggere i potenti.
La marcia auto-distruttiva della Rivoluzione è destinata a infrangersi contro un resto di verità e di bene che costituisce il principio e il presupposto della sua sconfitta. Dove c’è una candela che arde, una luce brilla, più o meno intensamente, a seconda della fiamma di amore che la consuma. Questo resto sia pur minimo di luce che brilla nella notte ha in sé la forza irresistibile dell’alba, la potenzialità della nuova giornata di sole che sorge. La luce penetra, illumina, riscalda, vivifica, come il bene che per sua natura è comunicabile, fecondo, diffusivo. Il male è di sua natura sterile e infecondo. Il dramma del male è questo: non è in grado di estinguere l’ultimo resto di bene che sopravvive. Anche il male, certamente, si può diffondere. La sua forza però non è intrinseca, ma estrinseca. Si diffonde attraverso l’operato dei malvagi, uomini e demoni, e si impone con l’astuzia e con la violenza, non con la forza pacifica e conquistatrice della verità e del bene. E’ in questo senso un “nihil armatum”.
Gesù dice “Io sono la luce del mondo” “Chi segue me non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita” (Gv. 8, 12). Il demonio vuole spegnere la luce del mondo, vuole immergere il mondo nelle tenebre, a immagine del suo regno. Ma le tenebre non hanno in sé la forza di sconfiggere in maniera totale e definitiva la luce, perché è dalla luce che anch’esse traggono la propria esistenza.
Il mondo infernale è il mondo del caos tenebroso, espresso dalle creature deformi scolpite all’esterno delle cattedrali medioevali e dalle figure grottesche dei dipinti di Hieronymus Bosch.
L’immagine del Cielo non può essere raffigurata in un dipinto. Forse solo una cattedrale gotica o romanica ne può dare un lontano riflesso. E se una cattedrale brucia, vuol dire che l’inferno è penetrato in essa, perché il linguaggio dei simboli non perde, anche nel ventunesimo secolo, la sua forza espressiva.
L’opera tentatrice del demonio
La Rivoluzione è satanica nella sua essenza, perché mira a disfare l’opera della creazione e della Redenzione per costruire il Regno sociale del demonio, un inferno sulla terra che prefigura quello dell’eternità, così come il Regno sociale di Cristo, prefigura il Regno del Paradiso celeste.
È verità di fede: i demoni esistono, combattono gli uomini, li tentano e talora li invadono. La principale attività di Satana sta nella tentazione. Il demonio, insinua, istiga, ci induce a peccare. In questo senso egli è, almeno indirettamente, causa dei nostri peccati. Lo stesso Gesù Cristo ebbe esperienza di questa azione del tentatore, che gli disse: “Haec tibi omnia dabo, si cadens adoraveris me”: “Tutte queste cose ti darò se prostrandoti mi adorerai” (Mt. 4,9).
Il Corpo Mistico di Cristo si regge su due pilastri; la sua struttura visibile, il cui vertice è il Papa, Vicario di Cristo e la sua struttura invisibile, composta dai santi, di cui la Madonna rappresenta il modello e il compendio, tanto da poter essere definita “Vicaria di Cristo”, per quanto riguarda l’autorità non visibile, ma invisibile che esercita sui veri devoti, in quanto cuore della Chiesa.
L’opera principale del demonio è conquistare i vertici sia visibili che invisibili del Corpo Mistico di Cristo: le autorità che guidano la Chiesa e i santi che ne professano e vivono la Verità.
La tentazione per gli uomini che rappresentano la Chiesa visibile è il potere. Il demonio suggerisce loro di servire non la Chiesa, ma le proprie ambizioni, di soddisfare la propria cupidigia. Ma le anime a cui il demonio più tiene sono quelle chiamate alla santità. Satana è alla ricerca soprattutto di coloro che, come lui, hanno ricevuto più grazie da Dio. La seduzione consiste nel convincere queste anime che il bene che fanno è frutto delle loro forze e del loro merito, facendo loro dimenticare che tutto ciò che di buono compiono è in esse operato da Dio. A queste anime il tentatore offre il compiacimento dei doni che hanno ricevuto, per trasformarle da umili in orgogliose e, se questo non è possibile, offre loro la tentazione di non tendere al massimo bene, che è la perfezione, ma di accontentarsi del bene minore, che spesso è un male, sostituendo la via impervia della Croce con una spiritualità accomodante, che rinuncia all’eroismo.
Satana preferisce conquistare uomini di Chiesa che laici, e all’interno degli uomini di Chiesa coloro che hanno la vocazione più alta; perdere un’anima pura e generosa, perdere un santo, perdere un vescovo, perdere un Papa: ecco la maggior conquista di Satana. Per questo è necessaria la maggior seduzione possibile, che consiste nel proporre alla sua vittima non beni materiali grossolani, ma beni spirituali alternativi, facendo leva sul desiderio di assoluto dell’uomo. Leone XIII, come testimoniò nel suo Esorcismo, vide il trono dell’abominazione e dell’empietà, posto persino “ubi sedes beatissimi Petri et Cathedra veritatis ad lucem gentium constituta est”.
Le porte dell’inferno e le porte del Cielo
San Giovanni nell’Apocalisse parla dell’abisso di cui Satana è il re (Ap. 9, 11), perché ne possiede le chiavi (ivi 9, 1); quando apre le porte per scatenare sul mondo i suoi satelliti “dal pozzo esce un fumo come quello di una grande fornace, da cui rimangono oscurati il sole e l’aria” (ivi 9, 2).
Demoni e vapori infernali escono dall’inferno, si diffondono nella terra, penetrano all’interno del tempio di Dio. Il fumo di Satana anestetizza, prima di produrre la morte. Eppure le porte dell’inferno non prevarranno, perché anche le porte del Cielo si spalancano, e da esse escono torrenti di grazie che purificano l’aria e risvegliano i dormienti, dando loro la forza per combattere. La forza della grazia ci giunge attraverso i sacramenti, attraverso la Beata Vergine Maria, e attraverso le innumerevoli grazie attuali che riceviamo e a cui corrispondiamo. Dalle porte del Cielo, inoltre, si riversano oggi sulla terra legioni di angeli in lotta con i demoni. Se è vero, come afferma, san Tommaso, che “tutte le cose fisiche sono governate dagli angeli”, ciò significa che tutto ciò che ci circonda, tutto ciò che accade, è governato dagli angeli, presenti in ogni attimo e in ogni luogo, protagonisti dei piani divini, guide nella lotta contro il demonio, il mondo e la carne che conduciamo ogni giorno.
Le due città, composte dagli Angeli e dagli uomini, sono sempre e dovunque confuse sulla terra e perciò il loro scontro è continuo ed universale. Tra esse non c’è compromesso possibile. Noi, finché il sangue non scorre, crediamo di essere in pace. In realtà siamo in guerra. Gli Esercizi spirituali di sant’Ignazio ci ricordano l’attitudine militante del cristiano, chiamato a scegliere tra due bandiere, che non sono altro che le due città di cui ci parla sant’Agostino. Sant’Ignazio e sant’Agostino non fanno altro che esplicitare la massima evangelica secondo cui “nessuno può servire due padroni o odierà l’uno e amerà l’altro, o viceversa” (Mt. 6, 24; Lc. 16, 13). La nostra vita è un momento di questa lotta, che è la storia di una guerra senza quartiere tra i servitori dell’ordine di Dio e i seguaci del caos infernale. D’altra parte, scrive giustamente santa Ildegarda di Bingen, la razionalità, che è la più alta prerogativa delle anime spirituali, “consiste nella possibilità di scegliere fra due parti, prendendo con sé ciò che sceglie e respingendo il suo contrario, poiché in una scelta non si possono prendere insieme due cose discordanti”.
Regno dell’Anticristo o Regno di Maria?
La vittoria oggi sembra arridere al demonio e possiamo chiederci se la nostra epoca coincide con l’era dell’Anticristo, la suprema espressione del male nella storia. Però, se così fosse, dovremmo concludere di essere alla fine del mondo e di esserci arrivati avendo conosciuto il regno sociale del demonio, ma non il Regno sociale di Cristo. I protestanti, i modernisti e i loro precursori e seguaci, pur ammettendo Cristo, negano la Chiesa o, pur non negandola, la ritengono invisibile, e perciò rifiutano il suo trionfo. La loro concezione è quella di una Ecclesia spiritualis o invisibilis, ridotta ad una congrega di predestinati, a un’assemblea di santi, destinati ad essere perseguitati, senza mai essere vittoriosi nella storia. Ne deriva un’escatologia catacombalista e vittimista, che rifiuta la cosiddetta Chiesa costantiniana e l’ideale del Regno sociale di Cristo. Oggi molti cattolici fanno propria questa teologia della storia protestante e modernista. La secolarizzazione è considerata irreversibile e la Chiesa ridotta a una minoranza di fedeli che rinuncia a conquistare lo spazio pubblico. Da qui la tentazione di credersi alla fine del mondo e di deporre le armi, rifugiandosi nell’attesa. Non si combatte il mondo, perché non si crede al dovere di “instaurare omnia in Christo”, di restaurare la Civiltà cristiana sulle rovine del modo moderno, secondo il grande programma di san Pio X.
Dio però non mette nel cuore dell’uomo desideri irrealizzabili e l’aspirazione di tanti cattolici devoti al Regno sociale di Cristo è destinata a realizzarsi nella storia prima della fine dei tempi. Ciò significa che non viviamo i tempi dell’Anticristo, ma solo un’epoca anticristica, quella di cui san Giovanni dice: “Nunc Antichristi multi facti sunt” (1 Gv. 2, 18). La principale prova di questo sta nella battaglia che conduciamo contro la Rivoluzione per instaurare il Regno sociale di Gesù e di Maria, che non sarà altro che il trionfo della Santa Chiesa nella società e nei cuori. Combattiamo perché Dio ha messo nei nostri cuori l’amore per la lotta.
L’oggetto della nostra speranza
La nostra non è una battaglia senza speranza. Chi non spera desiste dalla lotta e chi continua a combattere lo fa perché è animato dalla speranza. La speranza è la virtù che illumina le tenebre della notte. Nella notte noi non vediamo e l’oggetto della speranza è proprio ciò che i nostri sensi non vedono, perché si esercita la speranza solo quando non si vede ciò che si spera. Per questo esercitiamo la virtù della speranza solo in questa terra: in Cielo possederemo ciò che oggi speriamo. In questo senso, chi spera è simile a chi possiede. Sperando, egli già possiede, in maniera imperfetta sulla terra, ciò che un giorno possederà in maniera perfetta nell’eternità.
Il Concilio di Trento insegna che la speranza è un dovere del cristiano: “In Dei auxilio firmissimam spem collocare et reponere omnes debent”. Poiché, come dicono i teologi, non si può sperare senza fede, la virtù precipua della Chiesa militante è quella miscela di fede e di speranza che si chiama fiducia, che consiste nel credere e nello sperare i beni che ai nostri sensi appaiono più lontani. San Paolo definisce la fiducia “gloriam spei, “la gloria della speranza” (Hebr. 3, 6) e san Tommaso la definisce spes roborata ex aliqua opinione, “la speranza rafforzata da una salda convinzione”.
La speranza fortifica le nostre azioni e rende efficaci le nostre preghiere. È bello lottare in difesa di un Chiesa, di cui ci è velata la sfolgorante bellezza, ma che amiamo, perché crediamo e speriamo in essa. Se in Cielo non ci sarà speranza, perché ci sarà il possesso del bene sperato, nell’inferno ci sarà un’eterna disperazione, perché si soffrirà l’assenza del bene in cui non si è creduto e non si è sperato. E ciò in cui crediamo e speriamo non è altro che Dio e tutti i beni che a Lui ci avvicinano. Per questo, con san Claude de la Colombière, ripetiamo: “Je Vous espère Vous-même de Vous même, ô mon Créateur”.
Tutto possiamo perdere tranne la fiducia. Confidiamo non soltanto di ottenere il premio delle opere buone ma anche, come dice sant’Agostino, di compiere, con l’aiuto di Dio, tali opere buone. Confidiamo di lottare fino alla vittoria perché lo speriamo e poiché l’oggetto della speranza è Dio stesso, speriamo non solo di possederlo un giorno in cielo, ma di glorificarlo già sulla terra, combattendo per il Regno sociale di Gesù e di Maria, di cui Egli ci fa sperare la realizzazione. Il Signore accende la speranza nei cuori di chi spera in Lui; e chi spera lo fa perché ha già ricevuto il dono della speranza. Un’immensa fiducia, alimentata dalla promessa di Fatima, anima la nostra lotta nella battaglia sulla terra di cui il Cielo si compiace.
34 commenti:
https://www.acistampa.com/story/gaenswein-benedetto-xvi-spiega-che-ebrei-e-cristiani-hanno-un-compito-comuneinsostituibile-11423
Bisognerà tornarci su.
Ottimo, una sola nota: lessi tempo fa, in un'omelia del 1800-1900, che il regno millenario è stato il primo millennio della Chiesa, quando ancora non si era corrotta all'interno. Inoltre i segni del tempo, a cui siamo invitati a guardare dal Vangelo, ci stanno e su diversi fronti. Idem le profezie di santi autenticati dalla Chiesa.
" la barbara pratica dell’utero in affitto – che rende i bambini oggetti e le mamme schiave "
http://www.lanuovabq.it/it/utero-in-affitto-a-bergamo-i-pro-family-si-piegano-alla-politica
Non intendo in alcun modo entrare nel merito di questa vicenda , cio' premesso, desidero soltanto rilevare come non sia passato certamente un secolo da quando si stigmatizzava in Italia il comportamento di chi per le piu' svariate ragioni cedeva ad una coppia (uomo-donna ) non fertile il cosiddetto "prodotto del concepimento "in cambio di denaro .
Mysterium iniquitatis !
Corso di preparazione per la consacrazione alla Madonna:
https://www.radiobuonconsiglio.it/consacrazione-alla-madonna/
OT:
Come fare di San Francesco d'Assisi un novello Marx - Convocazione di un convegno ad Assisi, Marzo 2020 (articolo di Ettore Gotti Tedeschi - quotidiano La Verità)
https://apostatisidiventa.blogspot.com/2019/05/povero-lui.html
Da Milano a Palermo, da Bergamo (con la presenza del vescovo Beschi) a Trapani, anche quest’anno diverse parrocchie hanno programmato fiaccolate e veglie per la Giornata internazionale contro l’omofobia, che mira a diffondere il linguaggio Lgbt anche all’interno della Chiesa, con il fine di sovvertirne l’insegnamento sull’omosessualità.
Riflessione del Venerdì apparentemente fuori tema , termine di paragone : Imelda Lambertini
Tanto ardeva del desiderio di ricevere Gesù Eucaristia che l'Ostia Santa scese dal Paradiso e volò sopra di lei comunicandola.
http://www.lanuovabq.it/it/il-miracolo-eucaristico-della-piccola-beata
A Ghiaie di Bonate adesso siamo persino “autorizzati” a pregare .
https://www.riscossacristiana.it/apparizioni-delle-ghiaie-di-bonate-adesso-siamo-persino-autorizzati-a-pregare-di-matteo-donadoni/
In ginocchio davanti al Crocifisso : Ripariamo .
Sul Mistero del Male, De Mattei, al pari di alcuni fedeli della traduzione, accenna sempre all'impero asburgico come se fosse stato "ciò che tratteneva dal male", quando quell'impero era esso stesso diventato parte del male o, se si vuole, del problema, come si suol dire.
Paolo Pasqualucci ne parla qui:
Storia : 1918-2018 - “il crollo della duplice monarchia asburgica nel 1918 costituì la perdita di un “centro cattolico” ancora “fulcro dell’equilibrio e della stabilità dell’Europa”? - Critica di un mito
http://iterpaolopasqualucci.blogspot.com/2019/03/storia-1918-2018-il-crollo-della.html
Si,Mic,bisognerà tornarci su,é importante, anche se ciò alimenterà le solite diatribe tra chi vuole difendere la Tradizione e chi vuole difendere Ratzinger, a prescindere.
Senza avventurarsi in ipotesi sulla fine del mondo, non si può ipotizzare, invece, che il Regno sociale di Cristo si sia realizzato nel cosiddetto medio evo scatenando, proprio per questo, la reazione di Satana e le forze rivoluzionarie che lo seguono.
Diluvio di acqua al tempo di Noè
Diluvio di sangue (di Gesù) al tempo della redenzione
Diluvio di fuoco secondo quanto promesso.
Il diluvio di fuoco della misericordia che trasfigura e rigenera è necessariamente altro rispetto alla pioggia di fuoco dell’ira divina in grado di ridurre in cenere la terra (come a Sodoma e Gomorra, ma su scala globale).
La differenza sugli effetti di tale "diluvio" consiste nella disposizione dell’anima nell’accostarsi alla nozione stessa di misericordia divina, cogliendone o perdendone il senso.
O l’anima si avvicinerà alla misericordia di Dio, stando dalla parte di Dio, oppure da Dio si allontanerà, distanziandosi dal mistero della misericordia.
Questa duplice possibilità ha già segnato anche i diluvi precedenti.
Il fuoco ha la capacità di fondere: tutto nei cieli sarà dissolto e ciò che è incendiato (d’amore) si fonderà e –secondo la promessa- verranno cieli nuovi e terra nuova; vi dimorerà stabilmente la giustizia, nel trionfo del cuore immacolato di Maria quando l’umanità sarà un cuor solo e un’anima sola fra di loro e con Dio e Maria regnerà sovrana nei cuori pienamente fedeli a Gesù. La fusione è quindi l’effetto di un fuoco che purifica ed amalgama, giunto non per distruggere, ma per vivere in pienezza.
Il diluvio di fuoco produrrà vita buona e non distruzione. Per tutti?
La pioggia di fuoco, come fu per la pioggia del diluvio o il diluvio di sangue prezzo della redenzione, è “segno di contraddizione”. Se deve trionfare la giustizia, non ne godono gli empi.
Il Signore usa pazienza verso tutti, perché desidera che nessuno perisca e tutti abbiano modo di pentirsi; ma quanto poi verrà consumato dal calore e non si disporrà a farsi vita nuova, si dissolverà con quanto è solo terra, distrutta. La potenza di fuoco dell'amore di Dio, la sua misericordia, è più potente del peccato e del male: perciò sarà questa terra a finire in cenere, se rifiuterà di essere Cielo.
Al culmine del caos spirituale il "tempo ultimo" riguarda quello che accadrà nel cuore di ogni uomo, poiché lì sarà la lotta tra Gesù e il mondo, tra Cielo e terra, tra la città di Dio (la Gerusalemme celeste, figura di Maria Santissima) e la Gerusalemme sulla quale Gesù pianse prima di esservi crocifisso (e poi risorgere). Non è escluso che per qualche corpo possa patire il contesto di questo scontro definitivo, ma saranno le anime ad essere contese, aderendo al segno della croce o rifiutandolo. Per alcuni la lotta sarà solo terrore di perdere gli idoli ai quali è abbarbicato , maledicendo ciò che lo disturba nel farlo, smascherato nelle proprie false dottrine.
La speranza del credente poggia sulla fede che sa che Dio non distrugge, ma crea.
Il suo Amen compie il tempo non portando buio, bensì luce, misericordia senza vendetta, nella verità e nella giustizia.
Così avverrà per le anime che sapranno riconoscere il tempo secondo la promessa di Dio. Viceversa resterà solo l'effetto carnale del diluvio di fuoco, senza fusione nel cuore nuovo di una terra rinnovata e molto, ma molto più felice.
Questa visione del prof. De Mattei non vi sembra decisamente manichea?
Non ho riletto tutto,desidero per il momento ricopiarvi qualche brano introduttivo dal libro di: Don Ennio Innocenti, La Gnosi Spuria, I Dalle Origini All'Ottocento, Sacra Fraternitas Aurigarum, 2009
"L'Apostolo Paolo, scrivendo ai cristiani di Roma, offre loro il criterio interpretativo della storia universale: essa, innegabilmente, indica una decadenza del valore umano e la causa di tale disgrazia è un difetto di apprezzamento dell'Infinito (e questo difetto è colpevole perché all'uomo non manca il potere intellettuale del giusto giudizio). Non riconoscendo l'Infinito per quello che è, l'uomo sbaglia anche nella stima di se stesso: da qui discendono tutti gli altri errori. L'Apostolo sottolinea che l'uomo inizia il suo processo conoscitivo (gnosi) dalla sfera sensibile, ma assurge di lì fino alla realtà suprema: la sua conoscenza giunge proprio all'infinita perfezione della Divinità (mediamente,come abbiamo rilevato). Approda , dunque, all'Infinito, almeno quanto basta per apprezzarlo assolutamente trascendente tutte le perfezioni limitate, ma- qui è la colpa da cui derivano tutti i mali- egli non riconosce all'Infinito quel che gli spetta: tentando di diminuire l'Infinito, finisce per annientare se stresso.
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Retta e perversa gnosi
Il prevalere dell'uomo sul bruto è fondato sulla superiorità della conoscenza di cui l'uomo è capace: egli, infatti, è il solo essere, su questa terra, che si domandi il perché del vivere, cercando fin sopra le stelle. Potere immenso, ma non immune da gravi errori. Nell'interpretare la realtà, DUE soltanto sono i giudizi sull'essere: l'essere, infatti, o è dall'intelligenza umana interpretato come PARTECIPAZIONE oppure è interpretato come CADUTA. Sia nel primo come nel secondo giudizio le conseguenze sono di grande importanza e tali da influenzare tutto il vivere umano.
L'essere è PARTECIPATO da una fonte sapiente, libera ed amante: L'Infinito Iddio. Egli, pienezza di coscienza, bontà e bellezza, partecipa il suo essere amando gli esseri che crea, ordinandoli in una collaborazione che rispecchia la sua perfezione, cui tutti-e l'uomo consapevolmente e liberamente- tendono. L'essere, invece, CADE, primordialmente e necessariamente, da un'oscurità inconscia innominabile, informe ed indeterminata, e tale caduta, che comporta la degradazione e la differenziazione degli esseri, deve essere riassorbita nell'unità indifferenziata del tutto. Nella prima interpretazione l'uomo s'innalza per dono divino. Nella seconda, l'uomo si illude d'erigersi immedesimandosi nel Tutto.
Vi sono altre caratteristiche che differenziano inconfondibilmente questi due tipi di gnosi: la PRIMA suppone la irriducibilità fra essere e non essere, Dio e gli esseri creati, lo spirito e la materia, la verità e l'errore, il bene ed il male; la SECONDA no. Inoltre,nella PRIMA ordine, gerarchia, obbedienza sono le direttive che discendono dai presupposti; nella SECONDA il caos, l'anarchia, l'individuo eslege sono armonici con le premesse. Ancora:la PRIMA progredisce aprendosi al dono e all'influsso divino; la SECONDA maturando la consapevolezza di sé e della propria fonte (or ora indicata: caduta e degradazione).
La prima gnosi la chiamiamo "PURA", la seconda "SPURIA"...
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...solo di quest'ultima qui ci occupiamo (nota:il nostro concetto di gnosi spuria è più ampio di quello di gnosticismo,e quindi lo comprende.Può risultare utile la consultazione della bibliografia sullo gnosticismo (limitata però al 1967) compilata da Giancarlo Giurovich 2002 p. 33-46; vedi inoltre, ibid. p.110 ss, p.155 ss.) Senza inseguirne le pur pregevoli caratterizzazioni focalizzate recentemente da Jacob Taubes (nota: Taubes 2001 p.227 ss. L'opera costituisce un prezioso aggiornamento bibliografico riferibile ad un concetto dilatato di gnosi molto vicino a quello da noi stessi adottato), possiamo tuttavia sollecitare la riflessione del lettore su alcune significative implicazioni.
% segue domani
Per R.Quagliarella 17 maggio 17:56
Questa visione del prof. De Mattei non vi sembra decisamente manichea?
Anch'io ho avuto lo stesso pensiero. E molto mi ha colpita, al di là dei riferimenti agli autori citati, la contrapposizione del corpus diaboli con il Corpo mistico di Cristo. Non mi pare chiaro se l'affermazione sia sul piano metafisico o su quello metaforico. La differenza non è da poco perché, nel primo caso, gli si attribuirebbe un potere analogo sia pure di segno opposto.
Ma, sul piano metafisico, ciò non è concepibile perché il "Corpo" mistico di Cristo Signore è tale in virtù dell'Incarnazione del Figlio di Dio ed è fecondato dal Suo Spirito di Risorto in virtù della Sua Opera divino-umana attraverso la Sua gloriosa Passione Morte, Risurrezione e Ascensione che ha ricollocato l'umanità redenta alla destra del Padre.
Ed è a Lui che "ogni ginocchio si piega nei cieli, sulla terra e sotto terra".
Invece Satana è e resta puro spirito e parlare di "corpo" mi pare improprio, anche se - ma solo in senso metaforico - può riguardare lo stuolo di esseri umani che la sua insidiosa malizia riesce a dominare.
%segue da 17 maggio 2019 23:22
Se viene chiamato 'nulla' l'indeterminato originario (da cui la 'caduta' originaria del determinato o molteplice), allora bisogna evitare confusioni con la formula cattolica CREATIO EX NIHILO: questa ha un significato tecnico, preciso: significa che l'atto creativo divino non presuppone nulla. Tale formula potrebbe essere convertita in quest'altra: CREATIO EX IPSO DEO, nel senso che consiste nella partecipazione di Dio, LIBERRIMO CONSILIO voluta. Se si sottolinea la trascendenza dell'atto creativo,allora bisogna evitare di presentarla come separazione o-peggio-come opposizione al creato, perché questo condurrebbe proprio alla rivolta gnostica.
Difatti la Chiesa presenta creazione e redenzione unite in uno stesso piano divino eterno di conciliazione umano divina, ma sottolineando libertà umana e divina per evitare che la partecipazione divina appaia assolutamente predeterminata, il che condurrebbe ad un esito gnostico. Qualora si voglia sottolineare la sproporzione tra l'Infinito Perfettissimo in atto e le nostre capacità conoscitive, bisogna evitare la sola predicazione negativa di Dio, perché la sola negazione finisce per negare sia l'Essere Perfettissimo sia l'essere creato, per opporre il creato e Dio, per esiliare Dio dal mondo e ricadere così nella prospettiva gnostica. La creazione divina comporta l'ordine divino del creato che riflette in qualche modo la perfezione divina: bisogna evitare che il 'fa'(o Parola o Verbo) diventi Fatum anonimo, che la Volontà Amorosa partecipante diventi Nomos anonimo, perché questo condurrebbe alla protesta gnostica. E difatti la Chiesa insegna che il Verbo (la cui incarnazione è voluta ab aeterno) è la personale radice di ogni essere partecipato. Questo, però, non rende 'completamente' comprensibile a noi né il Verbo né l'essere che ne partecipa, altrimenti si riaffaccerebbe la presunzione gnostica. Nel presentare la partecipazione dell'Eterno bisogna evitare di depotenziare il tempo finendo col renderlo illusorio e facendolo girare a vuoto: anche questo condurrebbe a prospettive gnostiche. Energicamente Taubes: " chi crede di pensare la storia in termini cristiani e ritiene di poterlo fare senza l'idea del fine ultimo è un pazzo...il tempo è a termine" (Taubes, 2001, p.31.) Come si vede è facile ricadere nella gnosi spuria perfino partendo da premesse giuste. Quanto più facile è stato per gli uomini cadervi nei millenni della loro dispersione. Difatti la gnosi spuria è rintracciabile nei documenti scritti di molti popoli fin dall'antichità.(nota:E' verisimile che essi tramandino idee e giudizi di generazioni assai lontane. Sappiamo ben poco delle origini dei popoli umani, come abbiamo spiegato altrove(Innocenti 1991). Per una ragionata prospettiva di tale problema, puntigliosamente aderente ad una lettura particolare dei libri sacri di Israele ( ma non immune da riserve almeno filosofiche e teologiche), cfr. Ries 1989.)
% segue questa sera
Troppo lunga e complessa la citazione. Sarebbe meglio estrarne il succo con i termini essenziali anche in relazione all'osservazione di Mic.
Nello scritto del prof. De Mattei secondo me è evidente che la contrapposizione tra i due corpi non è alla pari. La scimmia di Dio scimmiotta, ma resta pur sempre una scimmia. Evidentemente, in un'umanità convinta dai propri intellettuali ad insegnare di discendere dalle scimmie, questo potrebbe persino costituire un titolo di merito... Il fatto è che il nulla trova il suo esito nello scomparire, perciò è un corpo destinato a non essere. Viceversa il corpo mistico di Cristo, che nel salvare le anime comprende la resurrezione dei corpi.
La scimmia comunque ha saputo organizzare storicamente la propria struttura diabolica, rivoluzionando l'ordine della volontà di Dio e sostituendolo con il proprio caos. E si vede.
Le porte degli inferi non prevarranno, ma intanto la lotta c'è tutta, perché queste porte ci sono e sono ben strutturate in una contrapposizione puntuale, maniacale, simmetrica e antitetica al corpo di Cristo.
L'ANTICRISTO: UNA PROFEZIA PER IL NOSTRO TEMPO? - Matteo D'Amico
L’Anticristo: una profezia per il nostro tempo?
L’insegnamento della tradizione teologica su una figura chiave dell’apocalittica cristiana. Conferenza del ciclo "DIO, PATRIA E FAMIGLIA" organizzata dal associazione Oriente Occidente e tenutasi ad Ancona il 17 novembre 2018.
Da 1:00:10....
Dopo che Israele avra' ......alla fine entrera' nella Chiesa (S.Paolo)..
Da 1:06:23
Dio ha promesso che non ci sara' un altro diluvio ma non ha promesso che...c'e' quasi un miliardo di aborti all'anno : 60 milioni aborti chirurgici / 700 milioni aborti chimici (1:06:54)..
********
Riconoscere gli atti anticristici
Testo menzionato “L’ ANTICRISTO” DEL SACERDOTE AGOSTINO LÉMANN
https://perlamaggiorgloriadidio.wordpress.com/tag/agostino-lemann/
http://www.rassegnastampa-totustuus.it/cattolica/wp-content/uploads/2014/07/LANTICRISTO-A-L%C3%A8mann.pdf
IMpressione di "manichesimo" nell'intervento del prof. De Mattei
Mi sembrano assai pertineti le osservazioni di Mic, che conferma l'impressione.
Il manicheismo, inteso come rigorosa concezione del mondo, vede il mondo dominato dalla lotta contrapposta tra il Bene e il Male come due principi metafisici che operano tuttavia quali realtà contrapposte di uguale potenza, potenza che sarebbe tale anche sul piano metafisico-religioso. Sant'Agostino, in gioventù manicheo, combattè poi questa dottrina con successo. E difatti per la teologia cattolica il male non ha può porsi sullo stesso piano del bene, è tollerato da Dio in quanto opera del demonio che seduce gli esseri umani afflitti dal peccato originale, che tuttavia non li rende completamente malvagi, ma solo in parte (da qui la nostra continua lotta per far trionfare il bene in noi, con l'aiuto indispensabile della Grazia). Ma il male non ha la stessa potenza del bene.
Ora, storicamente, ci sono momenti nei quali ci si deve contrapporre a quello che appare il male nella politica e nella società in uno scontro frontale e purtroppo sembra di vivere in un momento storico di questo tipo. Dobbiamo opporci apertamente, culturalmente e politicamente ad una perversione diffusa ed organizzata della religione, della politica, della morale, intenta ad annientarci anche etnicamente,nelle forme che conosciamo. Questa lotta assume fatalmente sempre più la forma dello scontro frontale senza compromessi tra il Male e il Bene (appunto di tipo "manicheo", si potrebbe dire, ma in senso improprio rispetto al concetto rigoroso di manicheismo).
Nell'intervento del prof. DM, pur pregevole per vari aspetti, sembra esserci invece un'interpretazione della storia di tipo manicheo nel senso rigoroso, cioè metafisico, come ha notato Mic. Forse ciò deriva dall'adottare egli come canone interpretativo la visione dualistica della storia del dr. Plinio, basata sullo schema Rivoluzione-Controrivoluzione, inteso appunto in un senso che appare manicheo, nel significato "metafisico" e implicitamente teologico del termine.
Su questa visione che possiamo definire dualistica della storia, assai diffusa oggi tra i "tradizionalisti", si dovrebbe un giorno a mio avviso fare un discorso approfondito. A mio avviso, è una concezione che presenta diversi problemi e non so quanto possa effettivamente richiamarsi alla filosofia della storia di Agostino, la cui contrapposizione delle due Città non vuol tuttavia essere di tipo appunto "manicheo". La contrapposizione rigida Rivol.-Controriv. è giacobina quanto alla sua origine, è frutto del manicheismo politico dei rivoluzionari. Essa tende a semplificare, vedendo in tutto ciò che non coincide con la rivoluzione un nemico da distruggere o comunque il Male.
PP
Grazie per i chiarimenti.
Mi pare importante anche sul pericolo di dare “corpo” e natura “mistica” a ciò che grazie a Dio non lo ha.
Raimondo Quagliarella
L'impero asburgico può essere considerato una forma di katéchon, quella "forza che trattiene" citata da San Paolo e che impedisce l'avvento dell'Anticristo? Sì, senza alcun dubbio. Da sempre l'Impero (Romano prima, Sacro Romano poi) è sempre stato inteso come, appunto, katéchon. E, nonostante la "rottura" storica del 1806, quando Napoleone impose la rinuncia alla definizione di "Sacro Romano", l'Impero asburgico rimase l'erede diretto dell'impero universale.
Katéchon l'Impero asburgico lo fu anche con la sua politica finché non venne distrutto, con lo sciagurato primo conflitto mondiale, dalle potenze massoniche e plutocratiche: combatté l'aggressione musulmana, poi, nel XIX secolo, la Rivoluzione, il liberalismo, difese il cattolicesimo, l'ordine sociale naturale, la convivenza tra popoli diversi.
Oggi, alcuni, non solo all'Est, sostengono che la funzione di katéchon sia stata ereditata dalla Russia di Putin. E' ovviamente prematuro affermarlo. Ma qualche indizio lo farebbe pensare...
Silente
Non esisterebbero gli esorcismi se il demonio non prendesse possesso di una persona. Esci da costui. Parimenti intere comunità, vuoi delinquenziali, vuoi di folli sono possedute profondamente dai demoni. E' molto difficile distinguere dall'esterno questi fatti dello spirito. A volte sono prove, periodi in cui una persona viene vessata per poi riprendere la via della santità. Spesso nei conventi esistono riparazioni di questo tipo, come lunghe degenze inspiegabili se non come sofferenze vicarie. Di tutte queste cose noi parliamo come se fossero chiaramente separate e separabili. Non è così, la vera battaglia si svolge dentro di noi ed ognuno sa quanto è facile venir tratti in inganno. In particolare nelle 'malattie mentali', non solo è difficile la diagnosi ma anche è difficile capire a causa di chi o a vantaggio di chi quella persona sta soffrendo. Qui si capisce il motivo vero della preghiera, noi non siamo in grado di guarire, solo Dio, Uno e Trino, lo può. La medicina agisce con il farmaco o con la parola, ma non bastano nè l'uno, nè l'altro.
Non vedo alcun manicheismo nel testo di de Mattei, salvo compiere una lettura superficiale del testo e legittimare un'interpretazione banalizzante e anacronistica del termine "manicheo". Roberto de Mattei è influenzato da Plinio Correa de Oliveira? Certo che lo è, come molti di noi, anche il sottoscritto, almeno in parte. Plinio è manicheo? Naturalmente no: non mette sullo stesso piano, non soltanto valoriale, ma anche ontologico e metafisico, il Bene e il male. Vede nella storia moderna e contemporanea una lotta tra la Rivoluzione, intrinsecamente demoniaca, e la Contro-Rivoluzione, sottomessa a Dio, al diritto naturale e al Bene. Ovviamente, ci sono ampie zone di grigio (provvisorie e transitorie), numerose schiere di "tiepidi", che faranno la fine che sappiamo. Si può non essere d'accordo con questa visione metastorica e metapolitica, ma non può essere certo definita "manichea", almeno se si rispettano le definizioni storiche e il loro sottinteso ontologico, che ci dice che non c'è alcuna equivalenza ontologica tra le forze del Bene e quelle del male. E' ovvio che il corpus diaboli di de Mattei va inteso in questo senso. Mi sembra che della competenza, non solo storica, ma anche teologica del Nostro ci si possa fidare.
E poi, questa è la visione cristiana, il pensiero di Giovanni nell'Apocalisse, di Agostino, dei grandi mistici. Non c'è una via intermedia tra il Bene, che è Dio, e il male, che è privazione, assenza di Bene. Nei Novissimi c'è l'inferno e il Paradiso. Sì, il cattolicesimo è soteriologicamente "dualistico": Dio o gli inferi, salvezza o dannazione. Trasposti analogicamente su un piano storico e metastorico, per Plinio, Controrivoluzione e Rivoluzione.
Credo che sia ora che il mondo tradizionalista sappia affrontare, sine ira ac studio, criticamente ma intelligentemente, il suo rapporto con Plinio. Si può dissentire da lui (io non approvo certo tutto, soprattutto della sua visione "sociale"), occorre storicizzare e contestualizzare il suo pensiero, ma Rivoluzione e Contro-Rivoluzione rimane un testo fondamentale e una chiave interpretativa irrinunciabile per capire la dissoluzione dell'ora presente.
Silente
L'impero asburgico come katéchon, distrutto dalla massoneria etc?
Questa è a mio avviso la forma del "mito asburgico" nella quale credono i c.d.
tradizionalisti oggi. Certo, l'impero asburgico svolse una funzione positiva,
civilizzatrice e di difesa del cattolicesimo e contro i Turchi, nei Balcani e nell'Europa centroorientale. Sul mare, contro i Turchi, c'erano anche i veneziani.
Non certo positiva nei confronti dell'Italia, diventata appendice asburgica nel 1815 e
sempre sfruttata a dovere, come "provincia" di una "espressione geografica".
Ma da tempo quell'impero era cattolico più di nome che di fatto. Ci siamo dimenticati
del giuseppismo? E Francesco Giuseppe, dopo il crollo del 1866 e la trasformazione dello
Stato in Duplice Monarchia (governava l'Ungheria come re costituzionale), non aprì ai
liberali, chiamando i protestanti tedeschi e gli anticlericali al governo? Introdusse
il matrimonio civile per i matrimoni misti, tolse al clero le cause matrimoniali, accettò
la laicizzazione dell'insegnamento, rifiutò di accettare il dogma dell'infallibilità enunciato dal Vaticano primo ed anzi ne trasse spunto per denunciare il concordato con la S.
Sede. Tutto ciò provocò l'ira funesta di Pio IX e violente contrapposizioni interne nell'impero, tra clericali e anticlericali. E in Italia, la massoneria non si diffuse a partire dal Granducato di Toscana, dove gli Asburgo-Lorena ne favorirono lo sviluppo? Il marito di Maria Teresa, imperatore sacro e romano, era notoriamente massone tant'è vero che non pubblicò nei suoi Stati la bolla di scomunica della Setta emanata dal Papa.
L'impero "sacro e romano" fu poi sempre contestato dalla monarchia francese, dai comuni italiani e anche dal papato, nelle famose lotte, per le investiture etc Insomma, la storia è più complicata di come si potrebbe credere e si presta poco ad interpretazioni, che
sembrano risentire di quel manicheismo, del quale si stava parlando. .
Nel 1806 Napoleone ordinò di estinguere il Sacro romano impero, cioè ordinò che se seppellisse il cadavere, dato che quell'impero, di fatto, aveva cessato di esistere come forza politica e morale effettiva da molto tempo prima. Il trattato di Westphalia, 1648, che fa sorgere lo Stato sovrano moderno limitò alquanto i diritti dell'impero ed anzi lo ridusse a semplice Stato tra gli altri.
PP
Scena finale di 'Casablanca' :
'Ma la storia cosa dirà?'
'La storia mentirà, come al solito!'
Mah, caro PP, con molta stima, ogni tanto ci divertiamo con i nostri contraddittori storici, ai quali credo che non molti qui siano poi così interessati. Facciamo così: io mi tengo, da buon lombardo-veneto mitteleuropeo, il mio Impero asburgico europeo e cattolico, con la Cripta dei Capuccini, l'inno "Serbidiola", basse tasse e niente coscrizione obbligatoria. La sua bandiera (cantavano i contadini veneti: "la nostra bandera l'è gialda, l'è nera") è appesa nel mio studio con il ritratto di Francesco Giuseppe (senza che io lo senta come contraddizione, c'è anche quella di Mussolini, finché Fiano me lo consentirà) e lei si tiene il Regno d'Italia costruito da massoni come Garibaldi (quello che definì Pio IX "un metro cubo di letame") e il menagramo Mazzini, con le leggi Siccardi contro il clero e la Religione, con le aggressioni anticlericali alle cerimonie religiose, con vescovi incarcerati e impediti nella loro attività, giornali cattolici chiusi, scuole cattoliche vietate, tasse sul macinato, Bava Beccaris che spara sugli affamati. Per non parlare delle migliaia di cafoni del sud massacrati perché "ribelli" in nome della fedeltà ai Borboni, la migliore gioventù legittimista d'Europa (compresi discendenti degli eroi vandeani e il bisnonno di Jorge Luis Borges) impegnata nella lotta per il Trono e L'Altare a fianco dei cosiddetti "briganti", borghi e conventi incendiati, suore violentate, preti impiccati dai soliti "liberatori". E poi la "presa di Roma", una sorta di Natale massonico con altrettante violenze e incendi. Milioni di "italiani" costretti ad emigrare (come mai nessuno emigrava, prima?) Bene, questo è stato il risorgimento. Spiacente, ma io mi tengo il mio civilissimo Impero asburgico. "Serbi Dio l'austriaco regno, serbi il nostro Imperator".
Silente
Caro Silente,
Lei, mi sembra, si tiene un impero asburgico da cartolina illustrata, passando bellamente sopra ad una caterva di fatti storici che in quella cartolina non entrano (p.e. i veneti veneziani che nel 48 gloriosamente si ribellarono al dominio dei "todeschi") e mi affibbia un Regno d'Italia da cartolina della attuale propaganda neoborbonica e neolegittimista, che vuol vedere solo certe brutture, peraltro abbastanza gonfiate dalla dilagante retorica antiitaliana, che ha del Risorgimento una visione del tutto distorta e diffamatoria.
Come poi il ritratto di Cecco Beppe possa armonizzarsi con quello del Pelato, che tra l'altro combattè da volontario contro di lui nella Grande Guerra, non saprei dire.
Sono misteri nei quali non cerco di addentrarmi.
Cordialmente, PP
La questione del presunto manicheismo nel testo di De Mattei mi ha sorpreso. Io l'avevo letto prima di partire per Roma, molto velocemente, e non avevo notato nulla di strano. Visti i vostri commenti, mi son detto che mi era sfuggito, anche per miei limiti.
Stasera l'ho riletto. Leggo vari passaggi:
una specie di corpo mistico del demonio [una specie non è come l'originale]
“E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa”
senza poter raggiungere questa meta.
Per questo l’itinerario della Rivoluzione verso il nulla non può raggiungere il suo fine, che è la distruzione radicale e definitiva della Chiesa e della Civiltà cristiana.
Eppure le porte dell’inferno non prevarranno
che francamente mi pare spieghino abbastanza bene che non c'è una simmetria tra bene e male, il che sarebbe il requisito per parlare di manicheismo. Semplicemente viene ribadito che Satana scimmiotta tutte le cose di Dio, da creatura e non da divinità.
Sul fatto che non esistano vie di mezzo, mi pare che De Mattei sostanzialmente abbia fatto variazioni sul tema "Chi non è con me, è contro di me”, che è Parola di Cristo.
E' la contrapposizione rigida Rivoluzione-Controrivoluzione che rischia di essere manichea.
In questo senso: la Rivoluzione è il male assoluto, la Controrivoluzione il bene assoluto.
Nemmeno nella agostiniana Città di Dio sembra esserci una contrapposizione di questo tipo. Nel cap. 25 del I libro, Agostino afferma che ci sono veri figli della Chiesa tra i pagani (tra i membri della civitas impiorum) e falsi cristiani nella Chiesa. "Essa [la città pellegrina di Cristo Re] si ricordi che tra i nemici si nascondono dei suoi futuri concittadini e perciò, mentre cammina a fianco loro, non giudichi infruttuoso sopportarli come nemici nell'attesa che si manifestino per quello che sono...se è vero che anche tra i nemici più dichiarati, si nascondono - sia pure a loro stessa insaputa - anime predestinate ad esserci amiche"(La Città di Dio, ediz. paol., 1973, p. 99 - si delinea qui la dottrina del battesimo di desiderio implicito, individuale). Questo non significa ovviamente negoziare sui principi o non metterli in pratica, in modo anche rigido, quando necessario, come oggi.
Significa che il processo storico che ha portato alla modernità trionfante e decadente anche rispetto ai suoi migliori principi, non può esser liquidato come espressione del Male Assoluto al quale va contrapposto un modello di società cristiana atemporale ed eterno, rappresentato dal Medio Evo e dal Sacro Romano Impero, che sarebbe durato in qualche modo sino al 1918, e del quale il dr. Plinio, se ben mi ricordo, elogia persino la servitù della gleba. Ed inoltre:
appare riduttivo rappresentare la civiltà cristiana e cattolica soprattutto come "controrivoluzione", quasi la sua intrinseca natura si dovesse dedurre unicamente dal suo contrapporsi alla Rivoluzione. La civiltà cristiana-cattolica ha la sua qualità, che nel fondamento è sovrannaturale, in se stessa, a prescindere dalle Rivoluzioni, i cui principi non può accettare. Il concetto di Controrivoluzione è di origine giacobina, adottandolo come canone eterno c'è il pericolo di ragionare al modo appunto manicheo dei Giacobini.
Manichea diventa quell'interpretazione dell storia che vede solo nelle mene della Rivoluzione il decadere di una società e civiltà. La decadenza del Medio Evo comincia prima dell'Umanesimo, già all'epoca di Pier delle Vigne e l'espressione più grave ne è la lotta terribile tra impero e papato, che taglia l'erba sotto i piedi all'unità spirituale della civitas cristiana. Culturalmente, comincia con l'involuzione della Scolastica nel nominalismo e nel volontarismo, fenomeni collegati alla lotta tra papa e imperatore.
La "Rivoluzione" era ancora di là da venire.
PP
Direi che la relazione svolta dal prof. Roberto de Mattei è davvero magistrale, il suo discorso è chiaro e non lascia spazio a fraintendimenti, se lo si legge con la giusta Luce spirituale e con Fede purificata da tutte le ideologie massoniche degli ultimi 2 secoli. Poi purtroppo ci sono sempre i "dottori del cavillo" come li definisce Nostro Signore Gesù Cristo nei discorsi con Maria Valtorta che non cogliendo l'elevazione spirituale del testo si attaccano a delle piccolezze e facendo insinuazioni trasformano le piccolezze in cose enormi che oscurano la portata e il senso della relazione. L'approccio critico tra l'altro non è cristiano, sia che si parli a livello religioso che a livello storico, tra l'altro i falsi storici creati dalla massoneria, madre dell'illuminismo e quindi della rivoluzione con le sue conseguenze, tra cui gli Stati "Repubblicani e democratici" contrari al volere Divino, non si distingue l'albero dal frutto, il Sacro Romano Impero è una cosa i suoi regnanti o membri in certi periodi corrotti è un'altra cosa, il re era scelto da Dio perciò veniva unto dal Vicario di Cristo, poi se non era degno del potere temporale che gli veniva concesso dall'Alto provvedeva Dio al Gusto castigo, un regno monarchico cristiano senza dubbio rimane sempre migliore di una "repubblica democratica" voluta da Satana tramite la massoneria che è la parte centrale del suo corpus diabuli.
Riguardo al Regno sociale di Cristo sulla terra non può essere già venuto, primo perchè Cristo deve Regnare in tutti i cuori perciò non esisteranno più false religioni e sette, nel primo millennio esistevano ancora moltitudini di pagani, ebrei, eretici fuoriusciti dalla Chiesa e maomettani, idem nel Medioevo, secondo con le apparizioni di Fatima sappiamo che l'instaurazione del Regno di Cristo è stato affidato alla Santa Vergine e si attuerà dopo il Trionfo del Cuore Immacolato di Maria, terzo vari Santi nelle loro profezie e Gesù stesso a molte mistiche ha detto che il Regno sulla terra arriverà solo alla fine.
Manipolazione spietata di cose, vegetali ed animali nella «Nuova Atlantide» di Francesco Bacone
di Francesco Lamendola - 31/10/2008
Nella «Nuova Atlantide» di Francesco Bacone (1561-1626) vediamo la concezione meccanicistica e utilitaristica della natura portata fino alle estreme conseguenze, con la celebrazione di una illimitata facoltà di manipolazione sulle cose e sugli esseri viventi.
Bacone è stato definito il profeta della tecnica, ma, in realtà, è stato molto di più: è stato il profeta di una casta di tecnoscienziati i quali organizzano a loro discrezione l'intera società; modificano geneticamente piante e animali; ottengono la maturazione di frutta fuori stagione; compiono esperimenti ripugnanti per vedere fino a che punto degli animali possono vivere, dopo essere stati mutilati delle loro parti vitali; costruiscono robot capaci di ogni genere di movimento; conducono mostruose operazioni per creare delle razze animali nane o gigantesche, influendo sullo sviluppo delle cavie; fabbricano armi sempre più potenti e micidiali; realizzano navi sommergibili e studiano la possibilità di realizzare il volo.
In breve, manipolano ogni cosa e ogni essere vivente, con la più completa libertà e con la più totale mancanza di scrupoli; anzi, senza neanche porsi minimamente un problema etico nei confronti delle loro scoperte e delle relative applicazioni.
Più che il paradiso degli scienziati e dei tecnici, la «Nuova Atlantide», deforme caricatura dell'Atlantide di Platone e stravolgimento di ogni legame di armonia e di rispetto fra uomo e natura, è il delirio di una mente assetata di dominio, di potenza, d successo: una proiezione dell'Inghilterra di Elisabetta che, dopo la vittoria sull'Invincibile Armada di Filippo II di Spagna, si avviava a diventare la prima potenza marittima d'Europa e a gettare le basi del suo impero coloniale e della sua potenza mercantile e finanziaria.
Hanno scritto di lui e della sua visione filosofica Nicola Abbagnano e Giovanni Fornero (in «Filosofi e filosofie nella storia», Torino, Paravia, 1986, 1992, vol. 2, p. 143):
«Se Galilei ha chiarito il metodo della ricerca scientifica, Bacone ha intravisto per primo il potere che la scienza offre all'uomo sul mondo. Bacone ha concepito la scienza essenzialmente diretta a realizzare il dominio dell'uomo sulla natura, il "regnun hominis":ha visto la fecondità delle sue applicazioni pratiche, sicché può dirsi il filosofo e il profeta della tecnica. (…)
«La carriera politica di Bacone fu quella di un cortigiano abile e senza scrupolo. Ma quest'uomo ambizioso ed amante del denaro e del fasto ebbe un'idea altissima del valore e dell'utilità della scienza al servizio dell'uomo. Tutte le sue pere tendono ad illustrare tendono ad illustrare il progetto di una ricerca scientifica che portando il metodo sperimentale in tutti i campi della realtà faccia della realtà stessa il dominio dell'uomo. Egli voleva rendere la scienza attiva e operante al servizio dell'uomo e la concepì diretta alla costituzione di una tecnica che doveva dare all'uomo il dominio di ogni parte del mondo naturale. Quando nella "Nuova Atlantide" volle dare l'immagine di una città ideale, ricorrendo al pretesto, già adoperato da Tommaso Moro nella "Utopia" della descrizione di un'isola sconosciuta, non si fermò a vagheggiare forme di vita sociali o politiche perfette, ma immaginò un paradosso della tecnica dove fossero portati a compimento le invenzioni ed i ritrovati di tutto il mondo. E difatti in questo scritto (rimasto incompiuto) l'isola della Nuova Atlantide è descritta come un enorme laboratorio sperimentale, nel quale gli abitanti cercano di conoscere tutte le forze nascoste della natura "per estendere i confini dell'impero umano ad ogni cosa possibile". I numi tutelari dell'isola sono i grandi inventori di tutti i paesi; e le sacre reliquie sono gli esemplari di tutte le più rare e grandi invenzioni.» (continua...)
(Seconda Parte)
Si noti, in questo sintetico ritratto, il valore dell'avversativa: «ma quest'uomo…», che vorrebbe mettere in risalto come Bacone, pur essendo un arrivista avido e senza scrupoli, fu però un cultore disinteressato dell'ideale scientifico. Pare che gli Autori citati non siano neanche sfiorati dal sospetto che, forse, quell'idea "altissima" del valore e dell'utilità della scienza al servizio dell'uomo fu, appunto, forse un po' troppo alta: talmente alta da diventare ferocemente tirannica; e talmente presuntuosa da infliggere ogni sorta di sofferenza agli altri esseri viventi, senza mai domandarsi se l'uomo abbia il diritto di agire in tal modo.
Fra l'altro, l'organizzazione della società di Nuova Atlantide è esposta da un governatore che non imbastisce un colloquio con i suoi ospiti, ma che ne riceve uno solo per comunicargli, vantandosene, tutte le conquiste e le realizzazioni scientifiche e tecniche realizzate sull'isola, in un lunghissimo monologo che evidenzia la mentalità autoritaria, dogmatica e intollerante di questi sacerdoti della nuova scienza.
Ma, perché il lettore possa farsi da se stesso un'idea del tipo di società che Bacone profetizza, descrivendo le caratteristiche della Nuova Atlantide, ne riportiamo qui di seguito una pagina significativa.
Dice il Padre della Casa di Salomone a un rappresentante della nave europea capitata presso la sua isola, nella «Nuova Atlantide» di Francesco Bacone (in: Bacone, «Saggi, ecc.», traduzione a cura di Claudio Ascari, Novara, Istituto Geografico De Agostini, 1966, pp. 518-19, 523):
«… Abbiamo anche vasti e diversi frutteti e orti, nei quali non badiamo tanto alla bellezza, quanto alla varietà del terreno e del concime, adatto alle diverse piante ed erbe, e alcuni assai spaziosi, nei sono piantati alberi e bacche dai quali ricaviamo varie specie di bevande, oltre che dalle vigne., In esse pratichiamo anche ogni genere di innesto e di inoculazione, tanto di alberi selvatici quanto di alberi da frutto, e questo dà molti risultati. E artificialmente facciamo in modo che, in questi stessi frutteti e orti, gli alberi e i fiori vengano prima o dopo rispetto alla loro stagione, e che crescano e diano frutto più speditamente di quanto non facciano secondo il loro processo naturale. Artificialmente li rendiamo anche più grandi di quanto non siano in natura, e i loro frutti più grossi e più gustosi, e di sapore, di odore, di colore e di forma diversi dalla loro natura. E molti d'essi li modifichiamo in modo tale che diventano di uso medicinale.
«Abbiamo anche mezzi per far crescere diverse piante mescolando terreni diversi senza semi, e parimente di produrre diverse piante nuove, differenti da quelle comuni, e di trasformare un albero o una pianta in un'altra.
«Abbiamo ancora parchi e recinti con ogni sorta di animali e di uccelli, dei quali non ci serviamo soltanto per mostra di rarità, ma anche per dissezioni ed esperimenti, e con ciò siamo in grado di trarre lumi su ciò che si può operare sul corpo dell'uomo. E in questo riscontriamo molti singolari fenomeni: per esempio la continuazione della vita in quegli animali, anche se diverse parti che voi considerate vitali sono morte e asportate; la risuscitazione di altri che in apparenza sembrano morti, e simili. Sperimentiamo anche su di essi ogni sporta di veleni e di farmaci, sia nella chirurgia sia nella medicina. Ancora li rendiamo artificialmente li rendiamo più grandi o più alti della loro specie, o per contro li rimpiccioliamo e arrestiamo la loro crescita; li rendiamo più fecondi e produttivi di quanto non lo sia la loro specie, e per contro sterili e improduttivi. Li facciamo anche mutare colore, forma e attività in molti modi. Abbiamo trovato il modo di fare incroci e accoppiamenti fra specie diverse, e queste hanno prodotto molte nuove specie non sterili come generalmente si pensa. (Continua https://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=22061)
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