Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

mercoledì 15 maggio 2019

Riforma della curia, la vittima sarà la Dottrina della fede

I due interessanti articoli sotto riportati ci aiutano a comprendere i progetti di riforma della Curia romana, la cui bozza, che porta il nome di “Praedicate Evangelium”, è stata inviata oltre che a cardinali ai vertici delle conferenze episcopali, ai sinodi delle chiese orientali, ai Superiori e alle Superiore maggiori e ad alcune università romane. Nonostante la tanto sbandierata e controversa sinodalità, la bozza non è stata mandata a tutti i cardinali, che sono i primi consiglieri del Papa. 

Riforma della curia, la vittima sarà la Dottrina della fede

Non risparmia né le parole né i concetti il cardinale Gerhard Müller nel valutare i progetti di riforma della Curia romana emersi dal Consiglio dei C9 (ora ridotto a C6) e fatti conoscere da alcune interviste e dichiarazioni di porporati vicini al Pontefice regnante. In un caso specifico l’ex prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede (“la Suprema”, come era definita una volta) ha parlato di “scioccante stupidità teologica”. La bozza di documento, che è stata distribuita nelle settimane scorse ai cardinali (ma, secondo alcune fonti, non a tutti) nelle intenzioni vorrebbe far assumere all’evangelizzazione un ruolo preminente, rispetto alla dottrina e al Magistero; e questo anche fisicamente, accorpando Propaganda Fide e il dicastero per la Nuova Evangelizzazione. Ma secondo Müller il documento, che costituirebbe il punto di arrivo di decine e decine di riunioni del C9-C6 non presenta “un’idea convincente dell’origine, dell’essenza e della missione della Chiesa”.

Il cardinale ha espresso le sue riserve e le sue critiche in un’intervista in tedesco alla Passauer Neue Presse. La bozza di documento, che porta il nome di “Praedicate Evangelium” è stata inviata oltre che a cardinali ai vertici delle conferenze episcopali, ai sinodi delle chiese orientali, ai Superiori e alle Superiore maggiori e ad alcune università romane. Di qui a metà giugno il C6 dovrebbe ricevere un feedback da tutte queste persone, in modo da discutere eventuali modifiche ed integrazioni durante la prossima riunione, che si svolgerà il 25, 26 e 27 giugno, e le riunioni successive.

Müller ha aperto le sue osservazioni rilevando che la Curia Romana ormai da tempo "si trova in uno stato di sospensione ["ortlosen Schwebezustand"], perché non è più chiaramente orientata a servire il Papa per la Chiesa universale". Per lui la bozza della futura Costituzione Apostolica "è un conglomerato di idee soggettive individuali, pii desideri e dichiarazioni morali, insieme a citazioni individuali dai testi del Concilio e dichiarazioni dell'attuale Papa".

Uno dei nodi centrali di crisi secondo Müller, è la mancanza di una chiara distinzione "tra le istituzioni secolari del Vaticano come Stato sovrano, la Santa Sede come soggetto di diritto internazionale e il primato ecclesiologicamente fondato del Papa" che è "come vescovo di Roma, nella successione dell'apostolo Pietro, principio visibile e fondamento dell'unità".

L’ex prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede afferma che "l'errore fatale" della precedente riforma, operata da papa Paolo VI - che ha reso "la Segreteria di Stato il centro della curia" - viene ulteriormente peggiorato. Müller ammette che la Segreteria di Stato serve il Papa nel "compimento della sua missione", tuttavia "la più alta missione è il suo Magistero [del Papa] come membro e capo del Collegio dei Vescovi". "I doveri secolari, sottolinea," sono solo secondari e non sono affatto fondamentalmente collegati al papato". Al contrario, talvolta la Segreteria di Stato ha persino" oscurato "la" missione essenziale "del Papa.

"Oggi dare la priorità ai compiti secolari sulla missione spirituale è un errore che deve essere urgentemente evitato", afferma il cardinale Müller che mette in guardia contro una "secolarizzazione del concetto di Chiesa", come se questa dovesse “essere guidata come una compagnia internazionale" e come "si trattasse di un equilibrio di potere" tra una società madre e le sue filiali.

Uno degli aspetti che sembrano colpire in maniera negativa il porporato è l’assenza di una gerarchia di importanza fra i vari organismi della Curia romana, così come appaiono dalla bozza. “Non esiste più una Suprema  (come era chiamata la Congregazione della Fede) perché tutti i dicasteri devono essere allo stesso livello. E parla di un "elenco privo di un progetto di sedici ministeri che in qualche modo servono il Papa, i singoli vescovi e le conferenze episcopali ".

Ad esempio, l'ufficio delle elemosine del Papa viene nella lista prima della Liturgia e dei Sacramenti, sottolinea il cardinale. Inoltre, "l'Evangelizzazione è indicata al primo posto, anche se è un compito della Chiesa universale e non un compito specifico del Papa".

Si pone una domanda cruciale, il porporato: "Qual è, allora, la differenza tra il Dicastero per l'Evangelizzazione e il Dicastero per la Dottrina della Fede, che ha anche il compito di servire ‘il Papa e i vescovi nella proclamazione del Vangelo nel mondo intero’”? Quest’ultima frase è tratta dalla bozza stessa. Ci sarebbe da un lato un'evangelizzazione senza contenuto e dall'altra parte la proclamazione della "Fede in Cristo, il Figlio del Dio vivente"?

"Anche se", spiega Müller, "il Magistero della Chiesa Universale è la vera ragione per l'esistenza del primato papale, l'insegnamento della Fede è menzionato nella bozza meramente come un compito casuale del Papa tra molti altri e, cosa più importante, ora sembra subordinato ai suoi doveri secolari".

Müller indica anche un passaggio della bozza del documento, che descrive i compiti del nuovo Dicastero per la Dottrina della Fede che conterrebbe una "scioccante stupidità teologica".

Rileva poi un "uso sbagliato e deviante delle nozioni fondamentali della teologia cattolica", nonché un "modo di pensare secolarizzato" da parte di coloro che sviliscono la Congregazione per la Dottrina a una sorta di "maestro di scuola". Così come critica il concetto di rafforzare la "periferia" a scapito del "centro", Roma. Questo potrebbe sembrare "populisticamente plausibile", spiega Müller, ma "suona acuto e stonato a un orecchio teologicamente formato". [Fonte]

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Prolissa e imprecisa: la riforma della curia non va
Abbiamo letto in anteprima la bozza della Costituzione di riforma della curia romana alla quale stanno lavorando i cardinali Maradiaga e Marx: imprecisioni e ambiguità sul ruolo dei dicasteri e sulla loro gerarchia. Ma anche lungaggini verbose e persino un invito alle diocesi a valorizzare l’equilibrio cosmico delle culture indigene. E per le benedizioni papali si cercano sponsor.
Praedicate Evangelium, così dovrebbe chiamarsi – se il Pontefice regnante dovesse dare il suo assenso – la nuova Costituzione di riforma della Curia romana. Prima di entrare nel merito della stessa, a cui abbiamo potuto dare una rapida lettura nei giorni scorsi, bisogna riportare quanto circola nell’entourage papale: e cioè che il cardinale Oscar Maradiaga, e il cardinale Reinhard Marx, cioe i due porporati che tengono le chiavi del cuore di papa Bergoglio, stanno sottoponendo lo stesso a un massiccio pressing affinché il documento venga proclamato il prossimo 29 giugno, festa dei Santi Pietro e Paolo, in concomitanza magari con un concistoro per la creazione di cardinali.

Non è affatto sicuro che ci riescano. Il portavoce vaticano, Alessandro Gisotti, come riportato dal SIR parlava di un testo pronto entro l’anno. E a quanto pare il Pontefice stesso avrebbe manifestato qualche resistenza e perplessità a servire così in fretta un piatto che rischia di essere mal cucinato.

La cinquantina di pagine che abbiamo scorso non ci è sembrata esaltante. Anzi. Ormai – dal 1981 – sono decenni che leggiamo documenti ecclesiastici, e quello di cui parliamo ci ha colpito in maniera negativa: ci è sembrato uno zibaldone poco organico e poco accurato. Fra l’altro è anche privo di un indice; e questo, in un testo che tratta di molti diversi argomenti e capitoli, e ha come scopo la riorganizzazione di un sistema statuale complesso, ci pare veramente un segno pessimo. Non è casuale che anche fra le persone dell’entourage del Pontefice, e fra i porporati a lui legati e fedeli, sottovoce le critiche circolino, e ci sia chi giudica il documento non degno di recare la firma di un Pontefice.

Il secondo appunto riguarda le forme della consultazione. Vedrete più avanti, da alcuni brani della lettera con cui il coordinatore, il card. Maradiaga, ha inviato il testo a responsabili del Vaticano, Superiori generali maschili e femminili, vertici delle conferenze episcopali e alcune università (scelte non si sa in base a quale criterio) che si cerca di dare l’impressione di un processo di consultazione in piedi da tempo. Ma – e questo ci sembra straordinario – la bozza non è stata inviata a moltissimi cardinali. Ora, i cardinali, anche se non ricoprono incarichi operativi, sono per definizione i primi consiglieri del Pontefice. Molti di loro, anche se magari in pensione, hanno sulle spalle il peso e il valore di una grande esperienza nella gestione delle cose di Chiesa. E se non si chiede il loro parere proprio quando si studia come riorganizzare la Chiesa, quando si dovrebbe interpellarli?

Un ampio cappello teologico apre il documento; quasi a voler scrivere una nuova Lumen Gentium. Ma la Lumen Gentium era frutto di un Concilio, e comunque non era un documento di carattere pratico-organizzativo, come quello che riguarda l’impostazione dei servizi nella Chiesa. Scherzando, un vescovo ci ha detto: “Quando fai una normativa nello Stato della Città del Vaticano sui Pompieri, è inutile che tu metta una premessa teologica sul fuoco, dicendo magari che anche lo Spirito santo agiva nel fuoco… Si sa che è tutto finalizzato alla pastorale…la Chiesa si occupa di anime. Il Codice finisce dicendo: Suprema lex salus animarum… lo dice il Codice stesso. A che serve quel cappello teologico?”.

Il cardinale Maradiaga scrive nella lettera di invio: 
Il Santo Padre coerente col principio da egli stesso dichiarato che Una Chiesa sinodale è una chiesa dell’ascolto desidera che la consultazione sia ulteriormente ampliata, e che pertanto tale testo, per quanto provvisorio, sia sottoposto ad ulteriore esame prima di giungere a conclusione”. In realtà in precedenza non era stato inviato nulla. Questa è la prima bozza. “Detta consultazione, come forse le è noto, è stata già avviata dal Consiglio dei cardinali sin dal principio dei suoi lavori con la raccolta di consigli, soprattutto dai dicasteri della Curia romana. Ora però giunti ad una tappa conclusiva al fine di offrire alla considerazione del Sommo Pontefice un testo ancora più completo sembra opportuno procedere a una ulteriore consultazione di carattere sintetico”. La lettera indica una “Ideale continuità” con la Pastor Bonus, e poi fa riferimento gli interventi che dal 2014 al 2017 il Papa ha rivolto alla Curia Romana in occasione degli Auguri Natalizi. Ora questo è abbastanza umoristico, se si pensa che quegli interventi erano contrassegnati da critiche e appunti severissimi…

Osservando il testo della bozza, tale indicazione a cominciare da quello della sinodalità, già richiamato, potranno trovarsi senz’altro sin dai primi articoli relativi all’indole pastorale delle attività curiali. Di riferimento sono stati pure altri criteri, fra cui quello della sussidiarietà specialmente nella relazione con le Chiese locali, e anche negli accorpamenti di precedenti dicasteri attuati dal Santo Padre negli anni di precedente pontificato.
Voglia esprimere una valutazione generale;
È pregato di segnalare eventuali lacune e imprecisioni.
Proponga possibili suggerimenti migliorativi.
Formuli particolari indicazioni circa il rapporto della Chiesa romana con le Chiese particolari, le Conferenze episcopali nazionali, le riunioni internazionali di conferenze episcopali, il Conseil des Patriarches catholiques d’Orient e altri analoghi consigli o raggruppamenti”.

Le risposte, come abbiamo visto, vanno inviate possibilmente entro il 31 maggio prossimo. Il che significa che il duo Marx-Maradiaga vuole cercare di “forzare” l’approvazione per il 29 di giugno.

Il testo della bozza però non appare curato e preciso come ci si dovrebbe attendere da una Costituzione che dà le linee per una riorganizzazione strutturale. Parla genericamente di dicasteri, per alcuni accenna a un prefetto, a un segretario o a un sottosegretario; per altri nulla, non si capisce chi li dovrebbe guidare. La “diaconia della carità” viene al terzo posto, dopo Evangelizzazione e Dottrina della Fede. E questo fa alzare più di un sopracciglio: l’esigenza – e la pratica – della carità c’è sempre stata in ogni luogo e tempo nella Chiesa, e si è sempre risposto. Che senso ha un dicastero a questo scopo? Ci sono le Caritas, le diocesi, ogni parrocchia che si attiva; fin dagli inizi è la comunità a essere protagonista. Gli atti ricordano che i fedeli si riunivano intorno all’apostolo, leggevano, facevano comunione, e proporzionatamente alle proprie forze mettevano in comune i beni…

Il testo offre qualche spunto particolare di interesse. Per esempio, parlando della Carità, afferma: “Dicastero per il servizio della carità, cioè l’elemosineria apostolica. Esercita l’opera di assistenza e di aiuto verso i poveri a nome del Santo Padre e dipende direttamente da lui. L’attività del dicastero guidato dal Prefetto, cioè dall’elemosiniere, è quella di rendere concreta la sollecitudine e la vicinanza per le persone o famiglie che vivono in situazioni di indigenza, di emarginazione e povertà come in occasione di calamità. L’elemosineria apostolica è competente a ricevere e altresì a cercare e sollecitare libere donazioni destinate ad alimentare il fondo per le opere di carità. Per lo stesso scopo l’elemosiniere ha la facoltà delegata dal Santo Padre di concedere la benedizione apostolica a mezzo di diplomi quali devono avere la firma dello stesso e il timbro a secco del suo ufficio”. Cioè, in una Costituzione Apostolica si parla della ricerca di sponsor e delle pergamene con le benedizioni del Papa…

E, per esempio, l’Art. 130 è curioso. La Chiesa “Si adopera affinché le conferenze episcopali valorizzino e proteggano le culture indigene con il loro patrimonio di saggezza e il loro equilibrio cosmico e spirituale come ricchezza per l’intera umanità”. Cosmico? I culti della Madre Terra o qualche cosmogonia latino-americana? Ma ne siamo sicuri?

Un ultimo spunto riguarda la Prefettura della Casa Apostolica (attualmente affidata a mons. Georg Gaenswein). La Costituzione prevede che il Prefetto accompagni sì il Pontefice, ma solo in Vaticano. Fuori della Mura insieme non possono uscire. Ci si può augurare, per la dignità della Sede Apostolica, che la bozza giustamente provvisoria incontri una severa revisione. Magari affidata a dei professionisti, magari cardinali in pensione… (Marco Tosatti 11-05-2019 - Fonte)

10 commenti:

irina ha detto...

Se non si entra nell'ottica che costoro sono stati scelti per le loro incompetenze invece che per le loro competenze, al fine di portare al completo smantellamento della Chiesa Cattolica, ogni volta è un colpo al cuore e della Chiesa Cattolica, ormai in agonia, e dei pochi fedeli rimasti cattolici. Loro non sono i costruttori, sono i guastatori, ormai è solo da accidiosi neghittosi sperare in bene.

Pellegrinante ha detto...

Sembra davvero che abbiano una fretta del Diavolo.
A tutta prima sembrerebbe che ulteriori cento anni non siano stati sufficienti.

Fantasia al potere anche nella Chiesa ha detto...

Se avessimo ancora dei veri teologi morali degni di questa qualifica, ora si disputerebbe seriamente, al fine di una definizione perentoria e vincolante per tutti, sulla liceità di fornire sostegno economico a una banda di eretici. Finora solo teologici, ora anche operativi. Perché il passaggio, alla lunga, è inevitabile.

bernardino guerrini ha detto...

Hanno davvero una fretta del diavolo..... hanno paura di non avere il tempo per distruggere tutto.... e forse Dio quel tempo non lo concede.

Cesare Baronio ha detto...

Se da Santa Marta ci dicessero che è in preparazione una bozza di documento che prevede il ripristino del titolo di "suprema" alla Congregazione del Sant'Uffizio, e che inasprisce le pene per gli eretici, sarei parimenti sospettoso, e considererei questa presunta riforma non tanto per come è presentata, ma sulla base di chi la propone.

La setta conciliare - ché di setta stiamo ormai parlando almeno dal 2013, connotata non solo da membri palesemente eretici, ma anche da una propria gerarchia e da un capo ad essa funzionale - parte da dei presupposti ideologici tali, da inficiare alla radice qualsiasi speranza di cambiamento, se non in peggio. E dico presupposti ideologici perché essi non possono nemmeno ambire ad esser definiti dottrinali, vista la loro inconsistenza e l'abissale imperizia di chi li formula.

Per questo ritengo che confutare Praedicate vangelium sia una perdita di tempo, un esercizio inutile, dal momento che tanto l'estensore del documento quanto chi lo confuta partono entrambi dal riconoscimento implicito degli errori ecclesiologici formulati dal Concilio; il primo in modo forse più brutale e sovversivo, oltre che con minor competenza; il secondo con maggiore prudenza e senza la componente eversiva tipica della compagine bergogliana, facendo ben attenzione a ribadire senza equivoci che il Vaticano II rimane punto fermo ed irrinunciabile. Ermeneutica della rottura contro ermeneutica della continuità, ma sempre ermeneutica di quell'infausta assise.

E' significativo che anche l'ala moderata della neo-chiesa inizi a sentirsi poco rappresentata dall'intemperante argentino, la cui esuberanza rivoluzionaria non impedisce a molti Prelati di prender le distanze dalle parole ma non da chi le pronunzia, dalle idee ma non da chi le formula.

Lo stesso Muller parla del documento ma non evidenzia che esso è espressione coerentissima del pensiero di Bergoglio, e che quindi se vanno condannate le idee dev'esser denunciato anche chi quelle idee le diffonde. Mi sembra che questo atteggiamento - esso sì davvero clericale - finisca per lasciar credere che le idee possano rimanere in un iperuranio e che viceversa esse non si incarnino nelle persone, nelle società e nella Storia. Un po' come avviene per il peccato: l'azione peccaminosa rimane tale - anche nelle fantasiose elaborazioni dottrinali di Bergoglio - ma il peccatore, ossia chi quel peccato lo compie, è in qualche modo sempre giustificabile. Esiste allora il peccato ma non il peccatore, l'eresia ma non l'eretico. Eppure il peccato in sé non esiste, finché non c'è chi lo compie; né esiste l'eresia, se non nel momento in cui un Ario, un Lutero o un Loisy non la teorizzano.

E gli errori e le imprecisioni e gli equivoci volutamente incistati nei vaniloqui conciliari sono frutto di persone, di teologi progressisti e di Vescovi e Cardinali modernisti, che quegli errori hanno teorizzato, formulato, diffuso e difeso. E che difendono tuttora, o portando alle estreme conseguenze la loro carica eversiva (come fa Bergoglio) o cercando di moderarla non per coerenza logica, ma per mera prudenza, per non dover trarre le necessarie conseguenze e quindi agire coerentemente.

E non dimentichiamo che la schiera di incompetenti che oggi infeuda la Curia e tutti gli organismi ecclesiali è stata fatta avanzare di carriera, nominata in posti strategici e promossa ai vertici delle istituzioni da coloro che oggi, con stupore quasi patetico, scoprono che quei disgraziati, quegli incompetenti, quei ribaldi sono riusciti a prendere il loro posto di comando. Esattamente come i primi, cinquant'anni fa, presero il posto dei buoni e degli ingenui che li avevano lasciati avanzare.


E.P. ha detto...

Piccola chiosa al card. Müller: la “scioccante stupidità teologica” non è una novità giuntaci a partire dal documento Praedicate indigenum cosmicum.

Anonimo ha detto...

Cardinali che riattaccano la corrente abusivamente a un centro sociale di estrema sinistra. Pontefici che baciano i piedi di leader politici. Preti a bordo di navi che trafficano esseri umani. Guardatevi da questa chiesa di impostori. Non sono cattolici. Non sono cristiani.
(Cesare Sacchetti)

Aloisius ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Angheran70 ha detto...


"Lo stesso Muller parla del documento ma non evidenzia che esso è espressione coerentissima del pensiero di Bergoglio, e che quindi se vanno condannate le idee dev'esser denunciato anche chi quelle idee le diffonde".

Solita tirata contro i ratzingeriani da parte di Baronio , solo che il carattere sofistico è quanto mai evidente. La critica al documento non sarebbe una critica anche all'autore? O forse si vorrebbe una dichiarazione preventiva di sede vacante da parte dei cardinali per ritenerli credibili? Schema ormai ben noto...Mentre il tacito patto tra gruppo di San Gallo e Curia wojtyliana procede come un bulldozer , certo tradizionalismo se la prende con i pochi conservatori rei di avanzare qualche dubbio.
Perfetta eterogenesi dei fini. (to be censored)

Marisa ha detto...

CONFERENZA SU AMORIS LAETITIA - Milano lunedì 20 maggio 2019

http://blog.messainlatino.it/2019/05/conferenza-su-amoris-laetitia-lunedi-20.html Milano