Intervista a Marcello Veneziani apparsa su Il Giornale il 5 dicembre a cura di Alessandro Sansone.
- A mio parere non sono Garibaldi, Cavour o i Savoia ad aver fondato l’Italia ma Dante. Perché la nostra è nazione culturale prima che politica; l’Italia nasce dall’arte e dalla lingua, dalla letteratura e dalla geografia poetica prima che da guerre, regni, costituzioni. Perciò ho parlato di “identità italiana”. Dante ha concepito l’Italia come unità culturale e linguistica, civiltà prima che nazione, e nazione prima che stato, figlia della cristianità e della romanità.
- Nel tuo saggio introduttivo definisci Dante “pensatore celeste”: cosa significa questa formula? Oltre ad essere un poeta Dante era anche un filosofo e un teologo?Dante non fu solo poeta ma profeta, e non fu solo uomo di lettere ma pensatore e visionario. Tutta la sua opera, non solo la Divina Commedia, è frutto di una visione metafisica, spirituale e riflette non poche questioni teologiche. La definizione di pensatore celeste deriva da Marsilio Ficino, il neoplatonico che tradusse nell’italiano rinascimentale l’opera dantesca dedicata alla Monarchia (lo chiamò “volgarizzamento”) e definì Dante “per patria celeste, di stirpe angelico, filosopho poeticho”. Non si comprende Dante fuori dal suo orizzonte religioso ed esoterico, tutto il suo cammino non si spiega solo alla luce della letteratura ma della sapienza e della filosofia.
- Quali erano i riferimenti culturali di Dante? I classici della romanità, innanzitutto, da Cicerone a Severino Boezio; poi i filosofi da Platone ad Aristotele, seppure mediato dai “commentatori” arabi come Averroé e riletti tramite sant’Agostino e San Tommaso. E poi, naturalmente, c’è il milieu della sua epoca. Un ruolo speciale è assegnato a Bernardo di Chiaravalle che conduce Dante all’apice del suo viaggio in Paradiso: dopo Beatrice è lui, il santo e mistico che scrisse in lode dei cavalieri Templari, a condurlo negli ultimi tre canti del Paradiso.
- Nell’antologia di brani danteschi da te raccolti una sezione particolarmente importante è rappresentata dal concetto dell’Amore. Cosa intendeva l’Alighieri con questo termine? Chi è davvero Beatrice? Dante, come sostiene qualcuno, era un “Fedele d’Amore”?Per secoli ha dominato una visione romantica di Dante che ha esaltato il suo amore per Beatrice. In queste pagine invece riprendo la lettura che ne hanno dato Dante Gabriel Rossetti e Pascoli, e poi Valli e Guénon e de Rougemont, che dubitarono della realtà storica di Beatrice e colsero il significato platonico e metaforico dell’Amore come cammino e ascesa. Sullo sfondo è il suo legame con Fedeli d’Amore e la sua concezione dell’amore come sapienza, iniziazione ai misteri e visione del divino.
- Secondo te chi è il vero capostipite della lingua e la letteratura italiana? Brunetto Latini, i poeti siciliani o proprio Dante Alighieri?
Sì, potremmo citare Dino Compagni e Guido Guinizelli, la scuola siciliana, Cavalcanti. Ma Dante dà alla lingua e alla letteratura italiana quella matura consapevolezza di sé e la collega a un disegno politico e culturale che non era presente nei suoi precursori. Perciò davvero Dante è il nostro padre. Col paradosso che Dante non ha avuto poi eredi, ma è rimasto nella sua gloriosa solitudine di precursore e iniziatore (o continuatore) di tradizione. - Nel tuo saggio analizzi anche la sua visione politica. È corretta definire Dante “ghibellin fuggiasco”?È una semplificazione scolastica che prende spunto dalla definizione foscoliana. In realtà Dante fu un guelfo bianco sui generis ma ritenne che l’Impero, il Sacro romano impero, derivasse direttamente da Dio e non fosse il riflesso del potere papale. Dante precorre in chiave metafisica, l’autonomia della politica che poi avrà la chiave di Machiavelli, che si occupò della “fisica” del potere, pur ponendo attenzione agli Arcana Imperii. La sua è una teologia politica, o se vogliamo una “teologia civile ragionata”, per dirla con Vico. Ma c’è tutto il suo temperamento passionale, politico, la sua fierezza.
- Qual è il tuo canto della Commedia preferito?Dovrei distinguere tra quelli che più amo, quelli che più cito, quelli che mi sembrano più illuminanti; tra quelli in cui si è folgorati dalla bellezza poetica e letteraria e quelli più significativi sul piano simbolico e sapienziale. Per citare l’apoteosi, direi i versi dell’ultimo canto del Paradiso, il trentatreesimo, dedicati al “Vivo Lume”, che cominciano con “Luce eterna che sola in Te sidi” e si chiudono con “L’Amore che move il sole l’altre stelle”. Ricordo che le stelle concludono le tre cantiche.
- Visto il contesto pandemico in cui ci troviamo, ma in fondo anche prescindendo da esso, gli italiani sapranno celebrare il Sommo Poeta come si conviene o la sua condizione di “esule” (in patria) è ancora attuale?
Dante fu costretto a lasciare la sua casa, noi siamo costretti a restare nelle nostre case, se non con una libertà condizionata. Lui fu esule noi siamo costretti agli arresti domiciliari dalla pandemia. Ma viviamo in forme diverse la sua alienazione, il suo sradicamento, la sua solitudine. Inevitabilmente l’anno dantesco sarà penalizzato dalle misure anti-pandemia, augurandoci che almeno da Pasqua in poi con una maggiore libertà godremo anche di una maggiore possibilità di “vivere Dante”, in pubblico. Per ora ne offro una lettura privata, in casa…
11 commenti:
Il concetto nobilitato della donna,che deve fare da tramite tra Dio e gli uomini. Se oggi avessimo una concezione tale della donna,vi sarebbe meno corruzione e sarebbe mantenuto anche il cristianesimo.
"... Dante ha concepito l’Italia come unità culturale e linguistica, civiltà prima che nazione, e nazione prima che stato, figlia della cristianità e della romanità...!
Ricominciamo da Dante, seme e frutto ad un tempo, che è bene impiantare in noi e di cui è salutare nutrirsi.
SAN DAMASO, PAPA E CONFESSORE
MARTIROLOGIO ROMANO SECONDO IL CALENDARIO DEL VETUS ORDO
Oggi 11 dicembre 2020 si festeggia a Roma san Dàmaso primo, Papa e Confessore, il quale condannò l'eresiarca Apollinare, e ripose nella sua sede Piètro, Vescovo d'Alessandria, che ne era stato scacciato. Ritrovò ancora molti corpi di santi Martiri, e con versi adornò i loro sepolcri.
San Damaso nacque nella Spagna; ma la sua educazione la compì in Roma, dove si era recato ancor giovanissimo. Per la sua aperta intelligenza e per la sua sentita pietà, gli vennero conferiti molto presto gli ordini sacri e fu ritenuto presso Papa Liberio, che allora governava la Chiesa. Quando poi questi venne esiliato a Berea dall'imperatore Costanzo, Damaso lo seguì e con lo zelante Papa s'occupò del buon andamento della Chiesa. Alla morte di Liberio, avvenuta nel 366, fu eletto a succedergli per unanime consenso, contando sessant'anni di età.
Durante i suoi vent'anni di pontificato ebbe a sostenere prove durissime. Si sa che la dignità papale, fin d'allora, era circondata di tanto splendore che lo stesso Pretestato, senatore pagano, disse a Damaso che si sarebbe fatto cristiano se lo evessero fatto vescovo di Roma. Non deve far meraviglia quindi se Ursicino, prete ambizioso, stizzito per l'elezione di Damaso, sollevò contro il suo rivale il popolo ed ottenne di essere eletto anche egli vescovo di Roma. Ma il Signore punì questo orgoglio, facendolo esiliare nelle Gallie con sette dei suoi più fanatici partigiani.
Damaso si mise con grande ardore a riformare la Chiesa secondo gli ideali apostolici, mirando soprattutto alla formazione del clero, al quale scopo bandì un decreto che obbligava i chierici ed i monaci a condurre vita in comune.
Ma l'opera imperitura di Damaso è specialmente quella di aver incaricato S. Girolamo, che allora teneva presso di sè in qualità di segretario, di tradurre in lingua latina tutti i libri della Sacra Scrittura. San Girolamo parla sovente nelle sue opere di Damaso, e fa risaltare soprattutto gli aiuti e gli incoraggiamenti che ricevette da lui. Circa la Sacra Scrittura Damaso definì l'elenco dei libri santi divinamente ispirati.
Molto noti di lui sono i cosiddetti Carmina che si leggono nelle Catacombe sulle tombe dei Martiri. Ne scrisse molti e bellissimi, per cui è ritenuto celeberrimo poeta, e se ora conosciamo il nome e qualche cosa della vita di tanti martiri lo si deve a papa Damaso. Per la sua pietà fu riputato l'ornamento e la gloria di Roma, e S. Girolamo lo chiama Virgo Virginis Ecclesiae Doctor, cioè vergine dottore della Chiesa Vergine. Morì nel 384 in età di 80 anni.
http://www.marcelloveneziani.com/lo-scrittore/interviste/la-pandemia-il-guinzaglio-e-la-museruola/
Dante poeta profeta pensatore e visionario.
"Si parva comparare licet magna" cerco di comunque di non cadere nella spocchia che noto in alcuni dantisti, che in occasione della ricorrenza del settecentesimo sono aumentati a livello esponenziale e ci fanno credere parecchie baggianate tipo Dante filo islamico, Dante che smussa i toni sulla sodomia, Dante attualizzato e banalizzato per renderlo ancora più trendy e amenità varie di cui possiedo ampio campionario...
Ciò che rende unico Dante è il suo essere critico nei confronti degli uomini e delle istituzioni ma non di Dio, il suo desiderio di conoscenza, di trascendenza, di infinito, di Dio (o del Logos), ciò che insomma costruisce lo statuto ontologico del nostro viaggio esistenziale, di quello stesso viaggio "reale" (è tale anche se rivissuto poeticamente e proprio per questo di una realtà unica perché al di là del tempo e dello spazio, in una sospensione di desiderio (de sidera) nella sua voglia (necesse) di andare "oltre" le stelle, quella voglia in cui tutti possiamo identificarci. Insomma per quella unicità rappresentata realizzata per "ciò per cui la Commedia è e resterà il miracolo della poesia mondiale".
A tale proposito Eugenio Montale disse: " Poeta concentrico, Dante non può fornire modelli ad un mondo che si allontana progressivamente dal centro e si dichiara in perenne espansione. Perciò la Commedia è e resterà l'ultimo miracolo della poesia mondiale.."
A proposito dell'utilizzo di Dante in chiave attualizzante ...per capire Dante bisogna conoscere a fondo la storia, la cultura, la lingua del tempo di Dante ed evitare di attribuire a lui e ai suoi personaggi atteggiamenti che non possono essere loro propri." (E.N.Girardi, Nuovi Studi su Dante, Ediz. Teoria e storia letteraria, 1987, pag.156).
È un'esplicita esortazione a non banalizzare Dante con assurde pretese attualizzanti ad ogni costo.
''Ma Dante dà alla lingua e alla letteratura italiana quella matura consapevolezza di sé e la collega a un disegno politico e culturale che non era presente nei suoi precursori.''
Falso mito tanto caro appo i circuli 'culturali', là u' il Nostro conversa e ha pratica del continovo.
Comunque, ecco un antico commento dell'Inferno (buona lettura)
https://www.academia.edu/704618/Chiose_sopra_la_Comedia_di_Dante_Alleghieri_fiorentino_tracte_da_diversi_ghiosatori_edizione_critica_dellultima_redazione_dellOttimo_commento_vol_1_Inferno?email_work_card=view-paper
https://www.apemusicale.it/joomla/news/54-news2020/10837-raistoria-ascolti-record-per-alighieri-durante-detto-dante
https://www.raicultura.it/storia/articoli/2020/03/Dante-fra-guelfi-e-ghibellini-51014f62-0edf-4f54-8f1f-7e34e92caaf7.html
𝗖𝗼𝗺𝗲 𝗻𝗮𝗰𝗾𝘂𝗲 𝗹’𝗮𝗺𝗼𝗿𝗲 𝗽𝗲𝗿 𝗗𝗮𝗻𝘁𝗲
Prima di studiare Dante lo respirai in casa. Mio padre con i suoi studi filosofici e mia madre con i suoi studi letterari mi raccontavano già da bambino le avventure di Dante nell’aldilà e spesso tiravano fuori per commentare i fatti della vita, terzine dantesche, figure, allusioni e narrazioni attinte dalla sua Commedia. Dante era ai miei occhi di bambino l’archeologia del fumetto, una via di mezzo tra Ulisse e Paperino, fratello maggiore di Pinocchio e del suo viaggio dantesco da burattino di legno a bambino.
Marcello Veneziani
ALL' INFERNO CON DANTE
"Dante Alighieri, o Alighiero, battezzato Durante di Alighiero degli Alighieri e anche noto con il solo nome Dante, della famiglia Alighieri (Firenze, tra il 21 maggio e il 21 giugno 1265 – Ravenna, notte tra il 13 e il 14 settembre 1321), è stato un poeta, scrittore e politico italiano. Il nome 'Dante', secondo la testimonianza di Jacopo Alighieri, è un ipocoristico di Durante; nei documenti era seguito dal patronimico Alagherii o dal gentilizio de Alagheriis, mentre la variante Alighieri si affermò solo con l'avvento di Boccaccio.
È considerato il padre della lingua italiana; la sua fama è dovuta eminentemente alla paternità della Comedìa, divenuta celebre come Divina Commedia e universalmente considerata la più grande opera scritta in lingua italiana e uno dei maggiori capolavori della letteratura mondiale. Espressione della cultura medievale, filtrata attraverso la lirica del Dolce stil novo, la Commedia è anche veicolo allegorico della salvezza umana, che si concreta nel toccare i drammi dei dannati, le pene purgatoriali e le glorie celesti, permettendo a Dante di offrire al lettore uno spaccato di morale ed etica."
"Ma Dante restava. Se noi avessimo avuto Dante dopo Machiavelli, dopo Campanella e dopo il Bruno, come gli inglesi il loro Shakespeare i tedeschi il loro Goethe, dopo Lutero e Calvino, l'impedimento sarebbe stata minore: ma come credere nel progresso nel protestantesimo e del pensiero moderno sul cattolicesimo dei tempi di Dante, senza colpire l'Alighieri stesso?..
G. Noventa, Storia di un'eresia
" Si può disarmare la propria patria, senza volerla tradire: come si può prostituire la propria moglie , restandole fedele...E' possibile svolgere con un minimo di coerenza e di filosofica dignità la teoria del progresso partendo dalla grandezza dell'Alighieri e dalla grandezza di quella civiltà di cui l'Alighieri è espressione "
G. Noventa, Caffè Greco
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