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martedì 10 agosto 2021

Regina linguarum. Un cattolico cinese riflette sulla bellezza e l’utilità della lingua latina

Haiyang Jiao è un giovane cattolico cinese, nato a Beijing e cresciuto nella cosiddetta “Chiesa Patriottica”. Ormai fedele a Roma, egli vive in Irlanda dove insegna lingua latina. Ecco alcune sue riflessioni su quella che egli definisce ”Regina Linguarum”. Qui un precedente sul Latino in Cina. Qui l'indice degli articoli sulla Latina Lingua. E qui quello sulla questione Sino/Vaticana.

Regina linguarum. Un cattolico cinese riflette
sulla bellezza e l’utilità della lingua latina

Alla fine di un lungo studio sulla letteratura latina di Cicerone, san John Henry Newman scrisse in “The Idea Of A University”: ”Sono assai sicuro di aver guadagnato molto in termini di precisione di pensiero, delicatezza di giudizio e raffinatezza di gusto”.

Queste parole del venerabile cardinale inglese descrivono perfettamente i sentimenti che io, cinese, cultore e insegnante di latino, provo nei confronti di questa lingua. Leggere in latino è un’esperienza unica. Il latino è di per sé didattico, è una combinazione di matematica e di poesia. Nel latino si possono facilmente osservare due caratteristiche principali: il dominio della legge (grande chiarezza a livello sintattico e semantico), e una somma eleganza abbinata alla brevità di espressione (capacità di trasmettere un messaggio forte con un numero limitato di parole). In più, ogni parola può essere modificata per soddisfare le necessità contestuali di tempo, numero, caso, persona e stato d’animo. L’apprendimento del latino è anche divertente. Da esso si può ricavare un senso di consapevolezza linguistica che conduce alla lucidità della mente. Il latino può avere un profondo impatto sul nostro modo di pensare.

Come tutti sanno, il latino era la lingua dell’Impero romano, cioè proprio quel contesto in cui la Chiesa cattolica nacque e si diffuse. Il testo originale dell’Antico Testamento è in ebreo, quello del Nuovo Testamento è in greco antico. Ma nel IV secolo san Girolamo tradusse l’intera Bibbia in latino che, insieme al greco, era la “lingua franca” dell’Impero. Papa Benedetto XVI scrisse nel motu proprio Latina Lingua [qui]: ”In realtà, sin dalla Pentecoste la Chiesa ha parlato e ha pregato in tutte le lingue degli uomini. Tuttavia, le Comunità cristiane dei primi secoli usarono ampiamente il greco ed il latino, lingue di comunicazione universale del mondo in cui vivevano, grazie alle quali la novità della Parola di Cristo incontrava l’eredità della cultura ellenistico-romana”.

Fin dalle sue origini, il cristianesimo ha contribuito allo sviluppo delle lingue (compreso il latino) prendendo in prestito parole dal latino e infondendovi nuovi significati, e introducendo nuovi modi di esprimersi. La Chiesa conservò il latino nella sua liturgia, nei documenti ufficiali, nei monasteri e nelle università. Nel Medioevo, il latino era una grande forza unificante nell’Europa occidentale. La lingua di insegnamento nelle università di tutto il continente era proprio il latino. Le lingue europee fecero un grande passo in avanti come conseguenza della traduzione al latino delle Scritture. Molte espressioni entrarono nelle lingue europee. Questo spiega alcune delle somiglianze tra di esse.

Oggi, il 75% dei testi latini esistenti è di origine cattolica, l’altro 25% comprende le opere dell’antica Roma e di scrittori come Isaac Newton. Il latino è intimamente intrecciato con la storia della Chiesa cattolica.

Il latino esercitò una profonda influenza anche sulla lingua cinese, attraverso il lavoro di traduzione condotto dai missionari. Durante il processo di traduzione dal latino al cinese, i missionari inventarono inevitabilmente un nuovo vocabolario per tradurre nella nostra lingua concetti occidentali. Così, non poche parole quotidiane del cinese moderno sono in realtà ispirate al latino e hanno quindi le loro radici nella tradizione occidentale, grazie al lavoro dei missionari e di quei studiosi cinesi dalla mentalità aperta negli ultimi quattrocento anni, specialmente nella prima metà del secolo scorso. Sfortunatamente gli effetti dell’influenza del latino sul cinese sono invisibili, nascosti dietro agli ideogrammi.

È significativo che uno dei maggiori studiosi della lingua cinese sia stato Ma Xiangbo, sacerdote gesuita del XX secolo che, guarda caso, era insegnante di latino. A riprova che una buona conoscenza del latino può anche contribuire positivamente e creativamente alla propria cultura.

Possiamo quindi capire perché la lingua latina è considerata la ”Regina linguarum”. Imparare il latino va ben oltre l’acquisizione di un complesso insieme di regole grammaticali e di un vocabolario. Il latino porta con sé anche una cultura e una tradizione. Senza almeno una conoscenza superficiale del latino è difficile avere una visione chiara e diretta dei fondamenti ultimi di molte cose, per esempio nel diritto, nella filosofia e nella letteratura.

Per poter pensare con una qualche profondità è importante conoscere almeno il vocabolario e la grammatica di base di questa lingua. Il latino contiene idee secolari, senza le quali non saremmo in grado di comprendere la maggior parte delle cose che abbiamo imparato a scuola. Il latino è onnipresente in molte discipline, in molte lingue, in molti luoghi. Non è affatto una lingua morta! Il latino va oltre la storia, trascende le nazioni, è qualcosa che appartiene assolutamente al presente. La stessa idea di ”modernità” proviene dal latino.

Purtroppo, nella mente di tante persone oggi, il latino è una ”lingua morta”, quindi studiarla sarebbe una perdita di tempo. Meglio studiare qualcosa di utile. Io rispondo con una frase tratta dalla Bibbia: ”Lapidem, quem reprobaverunt aedificantes: hic factus est in caput anguli” (La pietra scartata dai costruttori è divenuta testata d’angolo. Salmo 117, 22). Ritengo che il latino sia la ”pietra scartata” che diventerà pietra d’angolo nel futuro. Forse non aiuta a fare soldi, che è ciò che molte persone oggi vogliono, ma stabilisce uno standard umano.

Sempre più persone e organizzazioni si stanno aprendo alla necessità imperativa di riaccendere la fiamma dello spirito cattolico, e di ristabilire l’identità cattolica autentica e perenne. Per raggiungere questo obiettivo, il latino deve essere preso sul serio, perché ci lega non solo al passato, alla tradizione, ma anche ai fedeli di tutto il mondo. La lingua non è mai una questione secondaria.

Il grande papa Benedetto XVI disse: “La Chiesa dovrebbe essere un luogo dove la verità e la bellezza sono di casa”. Non possiamo essere più d’accordo! Non dobbiamo mai chiudere gli occhi di fronte alla bellezza che ci circonda: la bellezza della natura, dell’arte e delle lingue. Dobbiamo saper contemplare le bellezze della nostra Santa Chiesa Cattolica, della sua architettura, della sua musica sacra, della sua liturgia, della sua lingua. Il latino porta le persone a intravedere una realtà trascendente, invitandole ad andare oltre se stesse. Il latino è una lingua sacra che si staglia in tutta la sua maestà nella Chiesa, invitandoci ad acquisire una certa mentalità. Perché questa indescrivibile bellezza ci porta alla verità. Perciò è sempre un bene avere una lingua sacra e bella nella preghiera e nella liturgia. E il latino è perfetto per questo scopo.

Perciò credo che chi butta via questo tesoro della Chiesa sta facendo un passo nella direzione sbagliata, che può portare a gravi conseguenze. Usare e insegnare il latino è un modo efficace per combattere il predominio di una certa cultura postmoderna, liberale e vuota. Al contrario, è un eccellente modo per costruire una cultura cattolica nobile e attraente. Rinvenire questo tesoro culturale significa stabilire solide basi per il futuro.

Regina linguarum laudemus Regem regum. Lodiamo il Re dei re con la regina delle lingue. - Fonte

8 commenti:

Latino antico e moderno ha detto...

Latino antico e moderno: La "letteratura romana" di Concetto Marchesi apre con la Fabula Atellana e chiude con Venanzio Fortunato del sesto secolo. Questi possiamo presumere siano i confini del latino insegnato nelle scuole, ma noi sappiamo che tra il latino antico e quello moderno è esistito il latino medioevale che non viene insegnato nelle scuole. Esso abbraccia un arco di vari secoli e lo possiamo trovare rappresentato dai Clerici vagantes che parlavano diverse lingue ma che però parlavano tutti una lingua franca cioè il latino medioevale. Il latino medioevale è quello di San Tommaso, San Bonaventura, Guglielmo di Occam, Ruggero Bacone.... un latino importante, dotto, per gli scritti di filosofia e teologia ma anche per la corrispondenza tra stati, esso si estendeva in vari paesi europei... Tommaso insegnava a Parigi come Bonaventura alla Sorbona dove si parlava il latino medioevale.

mic ha detto...

Gutta cavat lapidem non vi, sed saepe cadendo...

Dovrebbe essere il nostro motto preferito!

Anonimo ha detto...


Dopo il latino medievale c'è stato quello degli Umanisti e dei dotti rinascimentali.
Con tendenza a sfociare nella retorica e nell'encomio, nella lingua aulica e ampollosa.
Ma anche questo è stato un latino importante, nella storia del latino.
La presenza costante del latino, per secoli lingua franca di tutta l'Europa Occidentale, non ha impedito il formarsi delle lingue e letterature nazionali. Né ha soffocato i dialetti.
S. Tommaso scriveva sempre in latino ma predicava al popolo di Napoli anche in vernacolo.
Accanto al latino elegante di un Petrarca e degli Umanisti, abbiamo l'italiano di Dante e Boccaccio, dello stesso Petrarca, la prosa sintetica, aspra e virile di un Machiavelli, di un Guicciardini. Abituati forse dal latino ad andare subito "ad rem".

Coincidenza: la sostanziale scomparsa del latino dall'orizzonete culturale, causata anche dalle sciagurate riforme liturgiche della Chiesa, sembra coincidere con la decadenza spaventosa delle letterature nazionali, secolari, ridotte oggi in uno stato pietoso (come tutta l'arte del resto, tranne le rare eccezioni, assolutamente priva di talento creativo).
Le femministe, l'orda arcobaleno, i suprematisti neri non amano il latino (non amano nemmeno la cultura, in generale).

Anonimo ha detto...

Quid dulcius quam habere amicum, cum quo audeas ut tecum omnia loqui? Servandus ergo est omni diligentia raro inventus amicus, est enim alter ego (Sen. De moribus, 20)
Che mai v’è di più dolce che avere un amico con cui osar parlare come con te stesso? E’ perciò da conservare con ogni cura l’amico vero che raramente si trova: è un altro te stesso.

Ma in questo caso è un bene che poi abbia scritto in volgare ha detto...

Secondo alcune fonti, valorizzate da Enrico Malato, "il carme / che allegrò l'ira al ghibellin fuggiasco" era stato concepito, in un primo momento, IN LATINO. Ecco l'incipit:
Ultima regna canam, fluvido contermina mundo,
spiritibus que lata patent, que premia solvunt
pro meritis cuicunque suis.
Canterò i regni più lontani, posti al di là dell'universo ruotante, / che ampi si offrono alle anime, e le premiano / ciascuna secondo i propri meriti. (trad. Giorgio Padoan)

Viator ha detto...

11 Augusti - Tertio Idus Augusti.

Sanctae Clarae Virginis, primae plantae Pauperum Dominarum Ordinis Minorum; quae ad aeternas Agni nuptias evocata est.

Morto il cardinale Martínez Somalo, ha detto...

“Grande dignità” e “solenne sobrietà”. È la fotografia delle qualità di un cardinale scattata da un Papa. Quando poco prima del 31 marzo del 2007, giorno del suo 80.mo compleanno, Eduardo Martínez Somalo, allora cardinale camerlengo di Santa Romana Chiesa, scrive a Benedetto XVI per comunicargli la rinuncia all’incarico per raggiunti limiti di età, il Papa gli invia una lettera che rivela, dietro la forma, la sostanza di una grande stima. Il Pontefice ora emerito fa entrare in quelle poche righe, datate 4 aprile 2007, una serie di sostantivi e aggettivi – “solerzia”, “competenza”, “amore”, spesi a servizio della Santa Sede.
https://www.vaticannews.va/it/vaticano/news/2021-08/morte-cardinale-eduardo-martinez-somalo-spagna-santa-sede.html

Viator ha detto...

Se qualcuno dovesse chiedermi, come filosofa, che cosa si dovrebbe imparare al liceo, risponderei: “prima di tutto, solo cose “inutili”, greco antico, latino, matematica pura e filosofia. Tutto quello che è inutile nella vita”. Il bello è che così, all’età di 18 anni, si ha un bagaglio di sapere inutile con cui si può fare tutto. Mentre col sapere utile si possono fare solo piccole cose.

Agnes Heller, Solo se sono libera