Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

domenica 15 maggio 2022

Quarta Domenica dopo Pasqua

Quarta Domenica dopo Pasqua 

L'istituzione dei Sacramenti.
Salve festa dies (1)
Abbiamo veduto Gesù costituire la sua Chiesa, affidare nelle mani degli Apostoli il deposito delle verità che formeranno l'oggetto della nostra fede. Ma vi è un'altra opera, non meno importante per il mondo, alla quale egli dedicherà le sue cure durante quest'ultimo periodo di soggiorno sulla terra. È l'istituzione dei Sacramenti. Non è sufficiente il credere: bisogna anche che noi diveniamo giusti, ossia conformi alla santità di Dio: bisogna che la grazia, frutto della redenzione, discenda in noi, si incorpori a noi, onde, divenuti membra viventi del nostro divin Capo, possiamo anche essere coeredi del suo Regno. Ora, è per mezzo dei Sacramenti che Gesù deve operare in noi questa meraviglia della giustificazione, applicandoci i meriti della sua Incarnazione e del suo Sacrificio, mediante i mezzi decretati dalla sua potenza e dalla sua sapienza.

Sorgenti e canali della grazia.
Sovrano padrone della grazia, egli è libero di determinare le sorgenti dalle quali la farà discendere in noi; a noi spetta di conformarci alla sua volontà.
Ognuno dei Sacramenti sarà, dunque, una legge della sua religione, di sorta che l'uomo non potrà pretendere gli effetti che il Sacramento stesso è destinato a produrre, se sdegna o trascura di compiere le condizioni secondo le quali esso opererà. Ammirabile economia che concilia, in un medesimo atto, l'umile sottomissione dell'uomo con la più prodiga larghezza della munificenza divina. Abbiamo dimostrato qualche giorno fa come la Chiesa, società spirituale, è nello stesso tempo una società visibile ed esteriore perché l'uomo, al quale era destinata, è composto di un corpo e di un'anima. Gesù, istituendo i Sacramenti, ha assegnato a ciascuno di essi un rito essenziale; e questo rito è esteriore e sensibile. Il Verbo, prendendo carne, ne ha fatto l'istrumento della nostra salvezza nella sua passione sulla croce: è per mezzo del sangue delle sue vene che egli ci ha riscattati; e, proseguendo nel suo piano divino, egli prende gli elementi della natura fisica come ausiliari, nell'opera della nostra giustificazione. Li eleva allo stato soprannaturale e ne fa, fino nel più profondo delle anime nostre, i conduttori fedeli e potentissimi della sua grazia. Così verrà applicato sino alle sue ultime conseguenze il mistero dell'incarnazione, che ha avuto per scopo di elevarci alla conoscenza e al possesso delle cose invisibili per mezzo di quelle visibili. Così pure si spezza l'orgoglio di Satana, che disprezzava la creatura umana, perché l'elemento materiale si unisce in essa alla dignità spirituale, e che rifiutò, per sua disgrazia eterna, di piegare il ginocchio davanti al Verbo fatto carne.
Allo stesso tempo, essendo i Sacramenti segni sensibili, formeranno un nuovo vincolo nei membri della Chiesa, già uniti per la sottomissione a Pietro e ai pastori che egli manda, e per la professione della medesima fede. Lo spirito Santo ci dice nella sacra scrittura che "lo spago a tre fili non si strappa così presto" (Eccl 4,12). Ora, questo è ciò che ci lega nella gloriosa unità della Chiesa; Gerarchia, Dogma e Sacramenti, che contribuiscono a fare di noi un sol corpo. Dal settentrione al mezzogiorno, dall'oriente all'occidente, i Sacramenti proclamano la fraternità tra i cristiani; in qualunque luogo sono il loro segno di riconoscimento, e quello che li distingue agli occhi degli infedeli. È a questo scopo che i Sacramenti sono identici per tutte le razze dei battezzati, qualunque sia la varietà delle formule liturgiche che ne accompagnano l'amministrazione: ovunque, la base è la stessa, e la medesima grazia si produce mediante i medesimi segni essenziali.

Il sacro settenario.
Gesù risorto sceglie il settenario come numero dei suoi sacramenti. Sapienza eterna del Padre, egli ci rivela fin dall'Antico Testamento, che si costruirà una casa, che è la santa Chiesa, e aggiunge che la farà riposare su sette colonne (Prov 9,1; questa Chiesa la raffigura in anticipo nel tabernacolo di Mosè, e ordina che un candelabro a sette bracci, ornato di fiori e di frutti, illumini giorno e notte il santuario (Es 25,37). Quando, in un'estasi, egli trasporta in cielo il suo discepolo prediletto, è per mostrarsi circondato da sette candelieri e tenendo sette stelle nella mano (Ap 1,12.16). Quando si manifesta sotto le sembianze dell'agnello vittorioso, questo ha sette corna, simbolo della forza, e sette occhi che significano l'estensione infinita della sua scienza (ivi 5,6). Presso di lui vi è il libro che contiene i destini del genere umano, e questo libro è suggellato con sette sigilli che solo l'Agnello può togliere (ivi 5). Davanti al trono della Maestà divina, il discepolo scorge sette Spiriti beati che ardono come sette lampade (ivi 4,5), attenti ai minimi ordini di Dio, e pronti a portare la sua parola fino agli ultimi limiti della creazione.

I sette peccati capitali.
Se adesso volgiamo lo sguardo verso l'impero delle tenebre, vedremo lo spirito del male occupato a contraffare l'opera divina, usurpando il settenario, per lordarlo consacrandolo al male. Sette peccati capitali sono lo strumento della sua vittoria sull'uomo; e il Signore ci avverte che, quando nel suo furore, Satana si slancia su un'anima, prende con sé i sette spiriti più cattivi che ha nell'abisso. Noi sappiamo che Maddalena, fortunata peccatrice, non ricuperò la vita dell'anima che dopo che il Salvatore ebbe espulso da lei sette demoni. Questa provocazione dello spirito dell'orgoglio forzerà la collera divina, quando cadrà sul mondo del peccato, a imprimere il settenario fino nella sua giustizia. San Giovanni c'insegna che sette trombe, suonate da sette Angeli, annunceranno le successive convulsioni della razza umana, (ivi 7,2) e che sette altri Angeli verseranno, di volta in volta, sulla terra colpevole, sette coppe riempite dalla collera di Dio (ivi 15,1).
Noi dunque che vogliamo essere salvati e gioire della grazia, in questo mondo, e del nostro Maestro risorto, nell'altro, accogliamo con rispetto e riconoscenza il Settenario misericordioso dei suoi Sacramenti.
Sotto questo numero sacro egli ha saputo racchiudere tutte le forme della grazia. Sia che, nella sua bontà, voglia farci passare dalla morte alla vita, per mezzo del Battesimo e della Penitenza; sia che cerchi di sostenere in noi la vita soprannaturale, e di consolarci nelle nostre prove, per mezzo della Confermazione, dell'Eucaristia e dell'Estrema Unzione; sia infine che provveda al ministero della sua Chiesa e alla sua propagazione, per mezzo dell'Ordine e del Matrimonio: non sarebbe possibile di trovare un bisogno dell'anima, una necessità della società cristiana, senza che egli ne abbia provveduto per mezzo delle sette fonti di rigenerazione e di vita che ha aperto per noi, e che non cessa di far scendere sulle nostre anime.
I sette Sacramenti sono sufficienti per tutto; uno solo di meno, e l'armonia sarebbe spezzata. Le Chiese dell'Oriente, separate dall'unità cattolica da tanti secoli, confessano con noi il settenario sacramentale; e il protestantesimo, portando, su tale numero, la sua mano profana, ha dimostrato, in questa come in tutte le sue altre pretese riforme, che il senso cristiano gli faceva difetto. Non ce ne meravigliamo; la teoria dei Sacramenti s'impone tutta intera alla fede; l'umile sottomissione dei fedeli deve accoglierla, prima di tutto, come venuta dal sommo Maestro: è quando si applica all'anima, che la sua magnificenza e la sua efficacia divina si rivelano; allora noi comprendiamo, perché abbiamo creduto. Credite et intelligetis.

Il Battesimo.
Oggi consacriamo la nostra ammirazione e la nostra riconoscenza al primo dei Sacramenti: al Battesimo. Il Tempo pasquale ce lo mostra in tutta la sua gloria. Noi l'abbiamo visto, il Sabato santo, compiere i voti dei fortunati catecumeni, e dare a popoli interi la vita della patria celeste. Ma questo mistero aveva avuto la sua preparazione. Nella festa dell'Epifania avevamo adorato l'Emmanuele, disceso nei flutti del Giordano, comunicare all'elemento dell'acqua, per mezzo del contatto della sua carne, la virtù di purificare tutte le macchia dell'anima. Lo Spirito Santo venne a posarsi sulla testa dell'Uomo-Dio, ed a fecondare, con il suo divino influsso, l'elemento rigeneratore, mentre la voce del Padre celeste risuonava nella nube annunciando l'adozione che, nel suo Figliolo Gesù, si sarebbe degnato di fare dei battezzati, oggetto della sua eterna compiacenza.
Già durante la vita mortale, il Redentore spiegò, di fronte ad un dottore della legge, le sue misteriose intenzioni. Egli disse: "Nessuno, se non nasce per acqua e Spirito, può entrare nel regno di Dio" (Gv 3,5). Secondo la sua abitudine, quasi costante, egli annuncia ciò che dovrà fare un giorno, senza compierlo ancora; noi sappiamo solamente che, non essendo stati puri nella nostra prima nascita, ce ne prepara una seconda che sarà santa, e che l'acqua ne sarà lo strumento.
Ma in questi giorni è venuto il momento per dichiarare la potenza che ha dato alle acque di produrre l'adozione progettata dal Padre. Indirizzandosi ai suoi Apostoli, dice loro, con la maestà di un re che promulga la legge fondamentale del suo impero: "Andate e ammaestrate tutte le genti, battezzandole nel nome del Padre e del Figliuolo e dello Spirito Santo" (Mt 28,19). Ecco il beneficio principale che annunzia al mondo: la salvezza per mezzo dell'acqua, con l'invocazione della Santissima Trinità, poiché, dice egli ancora: "Chi crede e sarà battezzato, sarà salvo" (Mc 16,16). Rivelazione piena di misericordia per il genere umano; inaugurazione dei sacramenti, per mezzo della dichiarazione del primo, di quello che, secondo il linguaggio dei Padri, è la porta di tutti gli altri! Noi che gli dobbiamo la vita delle anime nostre col suggello eterno e misterioso che ci fa membri di Gesù, salutiamo con amore questo augusto mistero. San Luigi, battezzato nell'umile fonte di Poissy, si compiaceva di firmarsi: "Louis de Poissy"; considerando il fonte battesimale come una madre che l'aveva dato alla vita celeste, dimenticava la sua origine regale per non ricordare che quella di figlio di Dio. I nostri sentimenti devono essere gli stessi del santo re.
Ma ammiriamo la condiscendenza di Gesù risorto, quando istituì il più indispensabile dei suoi sacramenti. La materia che scelse era la più comune, la più facile ad incontrarsi. Il pane, il vino, l'olio d'ulivo, non stanno dappertutto sulla terra; l'acqua scorre in ogni luogo; la provvidenza di Dio l'ha moltiplicata sotto tutte le forme, affinché, nel giorno segnato, la fontana di rigenerazione fosse ovunque accessibile all'uomo peccatore. Il Salvatore ha affidato gli altri Sacramenti al sacerdozio che, solo, ha il potere di amministrarli; per il battesimo non sarà così. Qualunque fedele potrà esserne il ministro, senza distinzione di sesso, né di condizione. E vi è di più: qualunque uomo, anche se non è membro della Chiesa cristiana, potrà conferire al suo simile, per mezzo dell'acqua e dell'invocazione della santissima Trinità, la grazia battesimale che non è in lui, alla sola condizione di voler compiere seriamente, con questo atto, ciò che fa la Chiesa quando amministra il sacramento del Battesimo. E c'è ancora dell'altro: questo ministro del sacramento può mancare all'uomo che sta per morire; l'eternità si aprirà per lui senza che una mano altrui si alzi per versare sulla sua testa l'acqua purificatrice; il divin fondatore della rigenerazione delle anime, non l'abbandona in questo momento supremo. Che esso renda omaggio al santo Battesimo, che lo desideri con tutto l'ardore dell'anima sua, che abbia sentimenti di compunzione sincera e di vero amore; dopo questo, se egli muore, la porta del cielo sarà aperta a lui per mezzo del Battesimo di desiderio.
Ma il bambino che non ha ancora l'uso di ragione, e che la morte falcerà tra qualche ora, sarà dunque stato dimenticato in questa munificenza generale? Gesù ha detto che colui che crederà e sarà battezzato sarà salvo: come dunque otterrà la salvezza, questo essere debole che si spegnerà con la macchia del peccato originale e che è incapace di avere la fede? Rassicuratevi. La potenza del Battesimo si estenderà fino a lui. La fede della Chiesa che lo vuole per figlio, gli sarà imputata; che si versi l'acqua sulla sua testa in nome delle tre divine Persone, ed ecco, egli sarà cristiano per sempre. Battezzato nella fede della Chiesa, questa fede è adesso in lui personalmente, insieme con la Speranza e con la Carità; l'acqua sacramentale ha prodotto questa meraviglia. Ora può spirare; il regno del cielo è suo.
Tali sono, o Redentore, i prodigi che tu operi nel primo dei sacramenti, per effetto di quella tua volontà sincera della salvezza di tutti (1Tm 2,4); di maniera che coloro nei quali non si compie questa volontà, sfuggono alla grazia della rigenerazione soltanto in conseguenza del peccato commesso precedentemente, peccato che la tua eterna giustizia non sempre ti permette di prevenire in se stesso, o di riparare nelle sue conseguenze. Ma la tua misericordia è venuta in soccorso: ella ha teso le sue reti, ed innumerevoli eletti vi sono caduti. L'acqua santa è scesa fino sulla fronte del bambino che si spegneva tra le braccia di una madre pagana, e gli Angeli hanno aperto i loro ranghi per riceverlo. Alla vista di tante meraviglie, cosa ci resta da fare, se non esclamare con il Salmista: "Noi che possediamo la vita, benediciamo il Signore"?
La quarta domenica dopo Pasqua, nella Chiesa greca, viene chiamata Domenica della Samaritana, perché vi si legge il brano del Vangelo in cui è riportata la conversione di questa donna.
La Chiesa Romana oggi, nell'ufficio notturno, comincia la lettura delle Epistole dette Canoniche, lettura che essa continua fino alla festa della Pentecoste.

Messa
EPISTOLA (Gc 1,16-21). - Carissimi: Ogni ottima cosa ricevuta, ogni dono perfetto viene dall'alto, e scende dal Padre dei lumi, nel quale non c'è variazione né ombra di mutamento. Egli ci ha di sua volontà generati con la parola di verità, affinché noi siamo quali primizie delle sue creature. Voi lo sapete, o fratelli miei dilettissimi: ogni uomo deve essere pronto ad ascoltare, lento a parlare, lento all'ira, perché l'ira dell'uomo non fa adempiere la giustizia di Dio. Sbarazzandovi quindi di ogni immondezza e di ogni resto di malizia, abbracciate con mansuetudine la parola innestata in voi, la quale può salvare le anime vostre.
Imitare il Padre.
Le grazie elargite al popolo cristiano vengono dalla grande e serena bontà del Padre celeste, principio di tutto, nell'ordine della natura; e se, nell'ordine della grazia, noi siamo divenuti suoi figli, è perché lui stesso ci ha mandato il suo Verbo consustanziale, che è la Parola di verità, per mezzo della quale noi siamo diventati, nel Battesimo, figli di Dio. Ne segue che dobbiamo imitare, per quanto è possibile alla nostra debolezza, la calma del nostro Padre, che è nei cieli, e garantirci da quelle agitazioni passionali che sono il carattere di una vita esclusivamente terrestre, mentre, la nostra, deve svolgersi per il cielo dove Dio ci attira. Il santo Apostolo ci avverte di ricevere con dolcezza questa Parola, che ci fa ciò che noi siamo. Essa è, secondo la sua dottrina, un innesto di salvezza, trapiantato nelle anime nostre. Che esso possa svilupparvisi, che il suo buon esito non venga impedito da noi, e saremo salvi.
VANGELO (Gv 16,6-14). - In quel tempo: disse Gesù ai suoi discepoli: Vo da colui che mi ha mandato: e nessuno di voi mi domanda: Dove vai? invece, perché vi ho detto queste cose, la tristezza vi ha riempito il cuore. Ma io vi dico il vero: è meglio per voi che me ne vada; perché, se io non me ne vado, non verrà a voi il Consolatore; e se me ne vado, lo manderò a voi. E, venendo, egli convincerà il mondo riguardo al peccato, alla giustizia, ed al giudizio. Al peccato, per non aver creduto in me; alla giustizia, perché io vo al Padre e non mi vedrete più; al giudizio, perché il principe di questo mondo è già giudicato. Molte cose avrei ancora da dirvi; ma per ora non ne siete capaci. Quando invece sarà venuto quello Spirito di verità, egli vi ammaestrerà in tutte le verità, perché non vi parlerà da se stesso; ma dirà tutto quello che avrà udito, e vi annunzierà l'avvenire. Egli mi glorificherà, perché riceverà del mio e lo annunzierà a voi.
L'annuncio dello Spirito Santo.
Quando Gesù disse agli Apostoli: "me ne vado", questi ne furono rattristati. Non lo siamo anche noi che, dalla sua nascita a Betlemme l'abbiamo costantemente seguito, grazie alla Liturgia che ci univa a lui ad ogni passo? Ancora qualche giorno, ed egli ascenderà al cielo, e l'anno perderà quell'incanto che gli veniva, di giorno in giorno, dalle sue azioni e dai suoi discorsi. Non vuole però che noi ci lasciamo andare ad una tristezza troppo grande. Ci annunzia che, in sua vece, il Consolatore, il Paraclito, scenderà sulla terra e resterà con noi, per illuminarci e fortificarci, sino alla fine dei secoli. Profittiamo delle ultime ore di Gesù: presto verrà l'ora di prepararci a ricevere l'ospite celeste, che dovrà venire a sostituirlo.
Gesù, che pronunciava queste parole la vigilia della sua Passione, non si limita a mostrarci la venuta dello Spirito Santo, quale consolazione dei suoi fedeli; ma, nel medesimo tempo, ci fa vedere come sia temibile, per coloro che non avranno voluto riconoscere il Salvatore. Le parole di Gesù sono tanto misteriose quanto terribili; prendiamo la spiegazione che ce ne da sant'Agostino, il Dottore dei dottori. "Quando lo Spirito Santo sarà venuto, dice il Salvatore, convincerà il mondo di ciò che riguarda il peccato". Perché? "Perché gli uomini non hanno creduto in Gesù". Quanto grande sarà, effettivamente, la responsabilità di coloro che, essendo stati testimoni delle meraviglie operate dal Redentore, non si saranno piegati alla sua parola! Gerusalemme sentirà dire che lo Spirito è disceso sui discepoli di Gesù, e ne resterà così indifferente, quanto lo fu per i prodigi che le additavano il Messia.
La venuta dello Spirito Santo sarà come il preludio della rovina della città deicida. Gesù aggiunge che il Paraclito convincerà il mondo in quanto alla giustizia; perché, egli dice, "io vado al Padre, e voi non mi vedrete più". Gli Apostoli, e quelli che crederanno alla loro parola, saranno santi e giusti per mezzo della fede. Crederanno in colui che se n'è andato al Padre, in colui che i loro occhi non vedranno più in questo mondo. Gerusalemme, al contrario, non ne conserverà i ricordi che per bestemmiarlo; la giustizia, la santità, la fede di quelli che avranno creduto saranno la sua condanna, e lo Spirito Santo l'abbandonerà alla sua sorte. Gesù disse ancora: "Il Paraclito convincerà il mondo in quanto al giudizio". Perché? "Perché il principe di questo mondo è già giudicato". Quelli che non seguono Gesù Cristo, seguono, tuttavia, un altro padrone: questo padrone è Satana. Ora, il giudizio di Satana è già stato pronunciato. Lo Spirito Santo avverte dunque i discepoli del mondo che il loro principe è sprofondato per sempre nella reprobazione.
Vi riflettano dunque, poiché, aggiunge sant'Agostino, "l'orgoglio dell'uomo avrebbe torto di contare sull'indulgenza; vale la pena per lui contemplare il supplizio al quale sono abbandonati gli angeli superbi" [1].

Preghiamo
O Dio, che unisci le anime dei fedeli in una sola volontà, da' ai tuoi popoli di amare ciò che comandi e di desiderare ciò che prometti; affinché i nostri cuori, anche in mezzo alla vicende terrene, sian fissi ove sono le vere gioie.
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[1] Tratt. XCV su san Giovanni.
(da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. Roberti, P. Graziani e P. Suffia, Alba, 1959, p. 167-175)
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Nota di Chiesa e post-concilio
1. Salve festa dies è il titolo di un inno della Chiesa cattolica, nel quale si celebra la Pasqua cristiana (festa dies), con la Resurrezione di Gesù. La tradizione lo attribuisce al poeta latino Venanzio Fortunato, che l’avrebbe scritto prima dell’anno 609. In tal caso sarebbe uno dei più antichi canti tramandati. L’inno, non incluso nella liturgia obbligatoria, lo cantiamo durante il rito introduttivo della Messa nel tempo di Pasqua. Testo intero:
Salve festa dies toto venerabilis aevo
qua Deus infernum vicit et astra tenet.
Ecce renascentis testatur gratia mundi
Omnia cum Domino dona redisse suo.
Namque triumphanti post tristia tartara Christo
Undique fronde nemus gramina flore favent.
Qui genus humanum cernens mersisse profundo
Ut hominem eriperes es quoque factus homo
Tristia cesserunt infernae vincula legis
expavitque chaos luminis ore premi.

7 commenti:

Mala tempora ha detto...

Immaginate una democrazia dove i servizi segreti si occupano delle ospitate in tv perché gente come Orsini viene considerata un pericolo per la sicurezza nazionale, tuttavia si lasciano trattare i medesimi temi a Damiano dei maneskin.

Ancora preghiere ha detto...

Per l'Islam e l'Occidente era soltanto un'altra figlia di un dio minore. Una ragazza cristiana bruciata viva e un prete torturato a morte. Come quella coppia di cristiani arsa in una fornace: gli avevano prima spezzato le gambe perché non potessero scappare e lei è stata avvolta nel cotone, perché bruciasse più rapidamente. La nostra immaginazione e indignazione è ormai tutta occupata dalla nuova Guerra Fredda da non reagire alla guerra (calda) di civiltà? Hanno decapitato gli armeni e siamo rimasti in silenzio. Hanno falcidiato i copti e siamo rimasti in silenzio. Hanno abbattuto gli assiri e siamo rimasti in silenzio. Hanno fatto saltare in aria i maroniti e siamo rimasti in silenzio. Hanno fatto a pezzi i caldei e siamo rimasti in silenzio. Cosa vogliamo che sia un'altra ragazza cristiana di un posto sperduto della Nigeria, un'altra pecorella nel "più grande mattatoio di cristiani al mondo"? L'Islam lo conosciamo ("uccideteli ovunque li incontriate"). Ma anche per noi post-cristiani meritano poca pietà pubblica (niente Onu, Unione Europea, piazze, giornali e tv). Ratzinger disse tutto a Ratisbona. Per questo lo linciarono.

Anonimo ha detto...

Questo Damiano non lo conosco, ma capisco che si tratta di persona dello spettacolo. Ora credo che sia chiaro a tutti che stiamo vivendo entro un kolossal reality hollywoodiano dove vincerà chi saprà, malgrado le apparenze, distinguere il Bene dal male e vorrà scegliere il Bene come sua bandiera nel campo della battaglia contro il male.

mic ha detto...

DOMINICA IIII. POST PASCHA ("Cantate Domino")

Cantate Domino canticum novum, alleluja: quia mirabilia fecit Dominus, alleluja: ante conspectum gentium revelavit justitiam suam, alleluja, alleluja, alleluja. (Ps. ibid. 1) Salvavit sibi dextera ejus: et brachium sanctum ejus.
V Gloria Patri, et Filio, et Spiritui Sancto. Sicut erat in principio, et nunc, et semper, et in sæcula sæculorum. Amen.

Mic ha detto...

Dal Messalino del '58

Gesù sta per ascendere al cielo e privare gli Apostoli e la sua Chiesa della Sua presenza visibile. Però "è utile per voi che io me ne vada". I cristiani spiritualizzati per il distacco dalla presenza sensibile del Sihnore Gesù, riceveranno lo Spirito Santo e, mediante i suoi doni, avranno nuova luce all'intelletto, nuova gorza alla volontà (Vangelo). Potranno comprendere meglio quanyo Gesù ha insegnato, fuggire le indidie del demonio, realizzare nella vita gli insegnamenti del divin Maestro (Epistola). Si attuerà così quella giustizia interiore che Dio ha rivelato (Introito) e che sola potrà unire gli uomini nell'armonia di un solo volere, orientandoli verso l'unico vero bene (Orazione). È questo il regno di Cristo sulla terra.

Anonimo ha detto...

Chierichetti della Arcidiocesi di Washington scrivono al loro Arcivescovo affinché non li privi della Messa tradizionale:
«Per noi la messa in latino è un rifugio rifugio dove i mali del mondo e le lotte della vita non possono penetrare. Crediamo che sia la cosa più vicina al paradiso sulla terra e ci piacerebbe che continuasse».

Preghiera di Padre Pio ha detto...

16 MAGGIO
Madre mia, profondi in me quell'amore che ardeva nel tuo cuore per lui, in me che, ricoperto di miserie, ammiro in te il mistero del tuo immacolato concepimento, e che ardentemente bramo che per esso tu mi renda puro il cuore per amare il mio e tuo Dio, pura la mente per assorgere a lui e contemplarlo, adorarlo e servirlo in ispirito e verità, puro il corpo affinché sia un suo tabernacolo meno indegno di possederlo quando si degnerà venire in me nella santa comunione (Epist. IV, p. 860).