L'importanza dell'equilibrio spirituale
Sono sempre più convinto che trovare un equilibrio spirituale interiore sia la più grande difficoltà che la maggior parte dei cattolici deve affrontare nella propria vita spirituale. Per equilibrio spirituale intendo la capacità di bilanciare tendenze opposte mantenendo la pace, bilanciando conoscenza e incertezza, legge e grazia, misericordia e giustizia, fede e ricerca, sofferenza e redenzione, peccato e perdono e così via. Una vita spirituale equilibrata richiede che queste idee apparentemente contrarie siano mantenute in un equilibrio armonico, dove nulla viene sopravvalutato e nulla viene trascurato. La virtù consiste nel trovare una media tra gli estremi, così come l'equilibrio spirituale. In sostanza si tratta di avere una fede pienamente integrata nei vari aspetti della nostra vita.
Ciò richiede che ci sentiamo a nostro agio con una certa tensione; sostanzialmente, mantenendo più palline da destreggiare simultaneamente senza farne cadere nessuna. Ricordiamo il famoso passo dell'Ecclesiaste: "Per ogni cosa c'è il suo momento, il suo tempo per ogni faccenda sotto il cielo.
C'è un tempo per nascere e un tempo per morire,
un tempo per piantare e un tempo per sradicare le piante.
Un tempo per uccidere e un tempo per guarire,
un tempo per demolire e un tempo per costruire. ecc." (Ecc. 3:1-3) Il mancato riconoscimento del fatto che “per ogni cosa c’è il suo momento” renderà la nostra vita spirituale squilibrata e ci condurrà ad anomalie spirituali non salutari. Proverbi dice che "una bilancia falsa è un abominio per il Signore, ma un peso giusto gli è gradito" (Proverbi 11:1). Un "falso equilibrio" è una bilancia appesantita artificialmente in modo da inclinarla da un lato. Proprio come una falsa bilancia corrompe le transazioni finanziarie sconvolgendo la parità tra le parti, così una vita spirituale troppo "ponderata" verso un lato della "bilancia" sconvolgerà la nostra vita interiore e ci priverà della pace che Cristo vuole che abbiamo. (cfr Gv 14,27).
Esistono vari modi in cui possiamo non riuscire a integrare la fede in modo equilibrato. Ad esempio.
Possiamo considerare la fede come un hobby, qualcosa a cui ci rivolgiamo per svago o divertimento come una tregua dalle esigenze della vita ordinaria; è qualcosa che "ci piace fare" perché suscita il nostro interesse o coinvolge i nostri talenti.
Allo stesso modo, possiamo considerare la fede come una distrazione, qualcosa che usiamo come mezzo per fuggire da una vita familiare infelice o da una carriera faticosa. In questo caso il cattolicesimo è qualcosa che ci offre una scusa per essere altrove.
Molto comune oggi è la fede come movimento socio-politico, in cui interagiamo con la nostra religione in modi analoghi a come interagiamo con il nostro sistema politico moribondo.
Ci sono persone che sottolineano la fede come un codice morale, una serie di precetti che dicono loro cosa possono e cosa non possono fare, alimentando la scrupolosità finché il cattolicesimo non diventa così completamente legalistico che potrebbe anche essere ebraismo. La prudenza è interamente sostituita dalle regole.
Prevalente tra un certo segmento dei Boomer cattolici tradizionali è la fede come organizzazione sociale locale, principalmente un'occasione per socializzare e godere di un senso di comunità.
Al contrario, tra i Tradizionalisti spesso vedi la fede come una controcultura radicata, i cui segni sono i sigari, i liquori, l’autosufficienza, il movimento anti-vaccini e una miriade di altre estetiche culturali che riguardano più uno stile di vita particolare che qualcosa che abbia a che fare con il cattolicesimo autentico.
Ho constatato in molti la fede come un'ossessione compulsiva, qualcosa di non integrato nella loro vita più ampia, ma che, in un certo senso, sostituisce ogni ambito della vita diventando l'unico ambito di cui sono ossessionati escludendo tutto il resto, incluse relazioni, lavoro, hobby. (Per lo più sono persone che mi inviano email sconclusionate non richieste CON MOLTE MAIUSCOLE).
C’è anche la fede ridotta alla civiltà occidentale, dove il cattolicesimo è trattato semplicemente come un veicolo per la restaurazione della civiltà occidentale. Qui la religione è valutata soprattutto come forza culturale, come una sorta di contenitore per preservare l’eredità occidentale, che viene trattata come il bene superiore.
Vedo spesso la fede come masochismo, dove la sofferenza è fortemente accentuata al punto da eclissare completamente ogni senso di gioia, felicità o spensieratezza riguardo alla religione. Mi viene in mente una donna che una volta mi disse che non dovremmo mai sentirci festosi a Messa, nemmeno la mattina di Pasqua. Questo genere di cose è prevalente tra le mamme che studiano a casa eccessivamente stressate e tormentate dall'ansia in matrimoni infelici con mariti emotivamente controllati che possono dare un senso alla loro miseria solo proiettandola sull'intera razza umana.
Infine, nella gerarchia possiamo avere la fede come istituzione, dove lo scopo della fede è sostenere e perpetuare le strutture istituzionali della Chiesa, con un’eccessiva attenzione alla demografia, alle finanze e alle risorse. L’istituzione stessa diventa la propria ragion d’essere.
Il fatto è che nessuno di questi approcci è del tutto sbagliato; puoi trovare aspetti di verità in ognuna di queste concezioni. Il problema è che possono essere onnicomprensive, fino a diventare effettivamente fede, svoluppandosi in una vasta sovrastruttura che permea la nostra vita spirituale e diventa la lente attraverso la quale vediamo la Chiesa. E quando identifichiamo completamente il cattolicesimo con la civiltà occidentale, o con la sofferenza, o con l’istituzione, o qualsiasi altra cosa, allora siamo destinati ad andare fuori rotta.
San Paolo mette in guardia contro l'essere "legati al giogo estraneo dei non credenti" nelle nostre relazioni umane (2 Cor 6,14). L'immagine qui è di due buoi che condividono un giogo dove uno è molto più grande o più forte dell'altro. In questa situazione, i buoi più forti esercitano un controllo sproporzionato e la coppia di buoi virerà continuamente da una parte. Questa analogia si applica anche al modo in cui distribuiamo la nostra attenzione ed energia. Se concentriamo un'energia eccessiva sulla fede come sofferenza, col tempo questa idea giungerà a caratterizzare tutta la nostra religione fino a quando non saremo in grado di sperimentare la felicità. Se dedichiamo troppa attenzione all’essere ispirati, il cattolicesimo finirà per dedicarsi più al “possedere la libertà” che alla crescita nella santità. E così via.
Integrare la nostra fede nella nostra vita non è una cosa facile, e non pretendo di esserci riuscito completamente. E anche nelle situazioni migliori avremo tutti diversi aspetti del cattolicesimo che risuonano più profondamente ln noi o che ci piacciono particolarmente, e questo è nprmale. Penso che la conclusione definitiva sia che dobbiamo sentirci a nostro agio nel mantenere una certa tensione nella nostra esperienza di fede. Le note musicali possono essere ottenute solo da una corda che sia sotto la giusta tensione, e i frutti di una vita santa ci richiedono di mantenere una certa tensione, senza scivolare né troppo da una parte né dall'altra. Dobbiamo, ad esempio, essere in grado di rispettare le regole e un quadro morale senza avere la sensazione di aver bisogno di un teologo morale che ci guidi in ogni singolo scenario ristretto. Dobbiamo avere una sana rassegnazione cattolica verso la sofferenza senza diventare austeri e soggetti alla depressione. Dobbiamo perseverare nella certezza della nostra fede, accontentandoci di sapere che non avremo mai risposte ad alcune cose da questa parte del cielo. Dobbiamo rispettare la nostra eredità occidentale senza farne un idolo.
Insomma, serve equilibrio. Che Dio, nella sua grazia, ci dia la costanza di cui abbiamo bisogno affinché sia così.
La bontà e la verità si incontreranno, la giustizia e la pace si baceranno.(Sl 85,11)
[Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]
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A I U T A T E, anche con poco,
l'impegno di Chiesa e Post-concilio anche per le traduzioni
(ora che sono sola ce n'è più bisogno)
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IBAN - Maria Guarini
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6 commenti:
Penso che la conclusione definitiva sia che dobbiamo [[...]
Insomma, serve equilibrio. Che Dio, nella sua grazia, ci dia la costanza di cui abbiamo bisogno affinché sia così. La bontà e la verità si incontreranno, la giustizia e la pace si baceranno.(Sl LXXXV,11).
E SOPRATTUTTO, CHE Possiamo chiedere, cercare e quando DIO lo vorrà ottenere (ognuno nel modo migliore per lui) la familiarità con Gesù!
E' da incidere sulla roccia ed incorniciare in oro.
E si può rissumere con la sentenza: "Ogni eccesso è difetto" .
A dirla sinteticamente i grandi Mali di oggi sono l'ipocrisia, la menzogna, la superbia, il protagonismo. Non volendo più nessuno riconoscere il suo semplice compito, ognuno se ne inventa un altro quasi sempre come primo attore. In questo sforzo titanico, accanto al reale, il protagonista si inventa una narrazione falsificata con forti tinte drammatiche gestita da una ipocrisia raffinata. Quindi si vive su scene artefatte, con relazioni menzognere, con una ormai conoscenza di sé e dell'altro alterata dalla eroicità di scena. Ma siccome stupido stupido l'uomo non è, sparge su questa tragedia una perenne irrisione che non smaschera, ma gela ogni tentativo di svelamento. Questi mi sembrano i meccanismi che governano, nel pubblico e nel privato, la vita contemporanea.
m.a.
Avete mai sentito la parola resilienza? Vi siete mai chiesti perché in televisione, alla radio, perfino sui giornali c’è la moda dilagante di usare questa parola?
Tutti la usano. I politici la adorano. Addirittura l’hanno messa nel nome del piano di ripresa nazionale. Ma sapevate da cosa deriva la parola resilienza? Cosa significa? Resilienza è una parola presa in prestito dal mondo della fisica. Ha resilienza un «materiale capace di assorbire continui urti senza rompersi. Restando intatto, inerte». La plastica è resiliente. La gomma è resiliente, non importa quanto la colpisci, resta sempre uguale. Il vinile è resiliente, sì quello che viene usato per le pavimentazioni.
Ecco come ci considerando in poche parole! In un mondo in cui le persone sono definite «risorse», «contribuenti», «consumatori», in cui le vittime prendono il nome di «perdite e costi umani», come nei bilanci aziendali, gli esseri umani devono essere resilienti appunto! E fateci caso: flessibilità, adattabilità, resilienza, tutti aggettivi che vanno di moda nel mondo del lavoro, sono tutti presi in prestito dallo stesso mondo: quello delle pavimentazioni! L’ho già detto ma lo ripeto: le parole non sono mai soltanto parole ma sono orizzonti. Le parole che usi creano e definiscono il tuo mondo!
E allora lo dico, e lo dico a gran voce: al diavolo la resilienza. Al diavolo il «rider felice di percorre cinquanta chilometri in bicicletta per consegnare un panino». Al diavolo l’uomo macchina che più lo insulti, lo maltratti e lo metti sotto pressione, più si lascia scivolare tutto addosso. Quando la vita picchia duro non rispondo con un sorriso ebete. Accuso il colpo. Ogni urto mi lascia una cicatrice addosso.
Ecco cosa vorrei dirvi: non lasciate che nessuno vi consideri come una cosa e non come una persona! «Siamo persone, non tasti di pianoforte. Nessuno può schiacciarci per suonare la musica che piace a loro». E ogni volta che sentite qualcuno parlare di resilienza, mandatelo gentilmente a quel paese perché quasi sicuramente sta facendo una cosa, e una cosa soltanto: vi sta trattando come un elettrodomestico e non come una persona!
Bravo!
L’uomo è una creatura e la sua specificità è di avere un corpo (gli angeli no) e un’anima spirituale (gli animali no). Siamo creature “capaci di Dio” ovvero riempibili di Grazia. Maria Santissima ne rappresenta l’eccellenza e la santità dell’uomo è possibile per Grazia di Dio.
Dio ha assunto la natura umana in Cristo. Dio non è dimostrabile con un pensiero umano e la sua rivelazione resta un divino mistero, ma la luce della fede permette alla Grazia di tendere a una natura non nostra, che ci supera, ma ci ama e ci at-tende.
Con il linguaggio moderno, il Corpo e il Sangue di Cristo sono l’hardware e il Sacro Cuore di Gesù il software della volontà di Dio, che è amore.
L’intelligenza naturale dell’uomo è aperta nella meraviglia a questo stupore, cantato nel Magnificat e proteso al Paradiso.
Ogni altro inganno artificiale può precipitarci all’inferno.
9.Il Bambino Gesù. Tredicina 2024
La meditazione non è facile. Spesso dopo aver letto una pagina del Vangelo, i nostri impegni e le nostre responsabilità tendono ad avere il sopravvento. Eh sì, ci vuole tempo, determinazione e pazienza per non lasciarci distrarre. Pertanto preghiamo: caro sant’Antonio, maestro della Parola di Dio e della preghiera, aprici il cuore e la mente affinché possiamo comprendere il messaggio contenuto nella Sacra Scrittura e a metterlo in pratica nella nostra vita di ogni giorno. Amen
Messaggero di sant'Antonio
https://gloria.tv/post/94V1JHNiBxHV2bAE4a1bLRdQ8
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