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martedì 11 giugno 2024

Moltmann, il padre degli errori della teologia contemporanea

Moltmann, il teologo protestante, ha avuto grande influenza anche in ambito cattolico. Un'influenza negativa, che fa leva sulla speranza ma la ripone dentro la storia, secolarizzando la fede. I risultati sono tuttora evidenti.

Moltmann, il padre degli errori della teologia contemporanea
Stefano Fontana

Il 3 giugno scorso è morto a Tubinga all’età di 98 anni il teologo protestante Jürgen Moltmann. Egli viene di solito ricordato come “il teologo della speranza” a motivo della sua opera principale Teologia della speranza, pubblicata nel 1964 in Germania e nel 1970 in Italia da Morcelliana. Ricordarlo in questo modo non è sbagliato o riduttivo perché quel volume non intendeva trattare un capitolo della teologia, appunto la speranza, ma aveva l’intento di riformularla per intero.

Dalla speranza derivava una nuova spiegazione di tutti i temi teologici tradizionali: la rivelazione intesa non tanto nel suo carattere dottrinale quanto in quello storico, la trascendenza intesa in senso temporale come futuro anziché in senso spaziale, il peccato come rifiuto della speranza, la grazia come dono della possibilità e della capacità di sperare, la conversione come avversione al presente e conversione al futuro. Da qui l’impatto rivoluzionario della sua teologia, legato all’idea tutta protestante del mondo diventato adulto, della secolarizzazione come fenomeno cristiano, della necessità di transitare verso una teologia secolare come l’anno seguente, il 1965, avrebbe sostenuto anche Harvey Fox con il suo libro The Secular City. Storia, speranza, futuro, prassi: queste le coordinate della nuova teologia che ritroviamo poi in tutta la teologia, anche cattolica, successiva.

Sia nel Vecchio che nel Nuovo Testamento, secondo Moltmann, Dio non è inteso come consacrazione di tempi e luoghi ma collegato con una parola di promessa. La promessa vincola l’uomo alla storia che sta tra la promessa e il suo compimento. Questo è lo spazio per la responsabilità umana, per il futuro, la morale e la prassi. La teologia della speranza è elaborata in chiave escatologica, affidando d’ora in poi al teologo non il compito di «interpretare il mondo, la storia e la natura umana, bensì di trasformarli nell’attesa di una trasformazione divina». Il luogo della rivelazione di Dio diventa la storia e Dio si rivela tramite promesse storiche e con eventi storici, a cominciare dall’Esodo. Compito del cristiano non è tanto di chiedersi chi Dio sia e quali siano i suoi attributi, ma individuare dove Dio sia all’opera nella storia e partecipare attivamente alla sua opera di redenzione. Bisognava eliminare ogni dualismo metafisico e ogni visione spaziale di Dio, creare una teologia secolare dal linguaggio politico: «questo implica che noi discerniamo dove Dio è all’opera, e quindi ci uniamo al suo lavoro: quest’azione incessante è un modo di parlare: facendo ciò il cristiano parla di Dio». La verità diventa azione. Chi è Dio non lo dirà il teologo attraverso discorsi, ma lo dirà la prassi dei cristiani.

Con Moltmann la dimensione della storia entra nella teologia e ne sconvolge i connotati. Il già citato Harvey Fox si avvicinerà alla teologia della speranza e sosterrà che «Dio ama il mondo e non la Chiesa» e si serve del mondo e non della Chiesa, e nel suo libro Il cristiano come ribelle nota che «Il baseball professionistico e non la Chiesa ha fatto i primi passi verso l’integrazione razziale. Siamo molto in ritardo in tutta questa faccenda. Dobbiamo correre per metterci al passo con ciò che Dio sta già facendo nel mondo». Come si vede, la “Chiesa in uscita” ha origini lontane. Le nuove suggestioni di Moltmann verranno riprese da Johann Baptist Metz nella sua “Teologia politica” e anche Karl Rahner farà propri gli stessi presupposti, a cominciare dalla secolarizzazione che impone di pensare che la rivelazione di Dio avviene nella storia dell’umanità prima che nella Chiesa. Si può pensare che la vera svolta innovativa della teologia contemporanea sia stata provocata da Moltmann. Tutte le altre teologie infatti seguiranno la strada inaugurata da lui. La teologia della speranza si può paragonare quindi ad uno scoppio che ne ha provocato altri a catena. Egli ha potuto occuparsi di teologia della rivoluzione e della liberazione, ha tenuto a battesimo la teologia nera e la teologia femminista. Inoltre, è stato al centro del dialogo tra cristiani e marxisti.

Questo ultimo spunto ci conduce ad un altro importante capitolo della vicenda Moltmann. Mi riferisco al dialogo di pensiero con il filosofo marxista della Germania orientale Ernst Bloch, che ha tanto influito sulla teologia di Moltmann poi e su quella successiva. Il principio speranza di Bloch e Teologia della speranza di Moltmann si richiamano a vicenda. Bloch riformula il marxismo sotto la categoria dell’utopia, vede tutta la realtà come governata dal futuro e spinta a superarsi, legge la Bibbia come espressione di un “trascendere senza trascendenza”, il futuro e la storia sono i caratteri della religione cristiana come lo sono di questo mondo secolarizzato, il Dio di Israele è il Dio dell’ottavo giorno «che non è ancora stato e quindi è più autentico» e Cristo non ha nulla di spirituale, ma è l’uomo che si è seduto non alla destra di Dio ma al suo posto perché il cristianesimo è liberatorio e quindi ateo. In questo modo Moltmann si incontra non solo col marxismo ma col nichilismo ateo della modernità.

Dare un giudizio sulla teologia di Moltmann comporta darlo anche su tanta parte della teologia contemporanea. Celebrarne il pensiero esaltandolo vorrebbe dire avallare i grandi errori di questa teologia e di quelle che ne sono seguite. Mi sono limitato a richiamarne qui alcuni assunti di base. Il lettore, se crede, può esercitarsi a individuare i loro effetti negativi sulla teologia di questi decenni e anche sulla prassi della Chiesa di oggi. - Fonte

6 commenti:

Anonimo ha detto...

Cari amici, capisco che siamo in un momento di grande confusione, in modo particolare politico ed ecclesiale.
In verita, tutto parte dalla mancanza di fede e suoi valori, per cui poi non essendoci gli stessi, tutto degenera e satana avanza.
Ma vi invito a non scoraggiarsi, come diceva padre Pio, ATTENIAMOCI A VANGELI, CATECHISMO, tradizione viva di sempre, con santi ed esorcisti e vita secondo i 10 comandamenti...TUTTI E DIECI.
Senza smarrirsi e rimanendo nella Chiesa di sempre e diceva il santo, SENZA Ascoltare NESSUN ALTRO.

Per la quadratura del cerchio siederanno sulla Cattedra 6 mesi ciascuno ? ha detto...

Sarà presentato un documento sul Primato di Pietro
https://blog.messainlatino.it/2024/06/sara-presentato-un-documento-sul.html

Anonimo ha detto...

(cit. dall'art.)
necessità di transitare verso una teologia secolare come l’anno seguente, il 1965, avrebbe sostenuto anche Harvey Fox con il suo libro The Secular City.
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ma guarda... allora era proprio un'orchestra che suonava la stesa sinfonia... da quel remoto passato, da quei primi anni caldi della contestazione che infiammava sia la popolazione studentesca che il mondo delle parrocchie, mi affiora alla memoria per assonanza con questo titolo, un altro testo italiano che circolava allora tra le letture consigliate agli studenti: "Il prete nella città secolare", uno studio sociologico che già nel titolo suggeriva che il sacerdote dovesse adattarsi al mondo, quindi secolarizzarsi... mi colpiva profondamente come una insidia oscura, un'onda di maremoto che ci avrebbe travolti, noi piccoli adolescenti di allora... così inermi di fronte a tale sconvolgimento...

Anonimo ha detto...

Più che di errori parlerei di eresie....della teologia cattolica contemporanea, che si ispira ai fumi stantii del razionalismo illuminista, imbevuti di miti lessiniani. Ricordatevi Nathan il saggio e la leggenda dei tre anelli, che qualche anno fa venne esaltata dai neo-modernisti come opera capolavoro di tolleranza religiosa, ovverosia come ti traghetto la chiesa nella loggia.

Anonimo ha detto...

Mi fa piacere leggere un articolo 'critico' su questo teologo, dopo aver letto, su altro sito, una agiografia dello stesso beatificato insieme con Rahner, Kueng, von Balthasar et alii, addirittura definito come il più grande teologo degli ultimi tempi, insomma tanto per capirci, Ratzinger scansate, la cosa che più mi fa specie è che il blog master si ritiene e autodefinisce 'presbitero cattolico fedele alla CC' lo leggo solo per vedere fino a che punto di sguaiatezza e turpiloquio arriva, ma mi fa tanta tristezza, non faccio nomi, tanto avete capito già di chi parlo.

Anonimo ha detto...


"Ratzinger scansate.."

Ma in cosa consisterebbe il contributo teologico di Ratzinger, eletto dai media a grande teologo?
Se si legge attentamente la sua 'Introduzione al Cristianesimo', libro che credo ancor oggi studiato nei seminari, si resta basiti dallo spirito di compromesso con il mondo che lo pervade da cima a fondo, dalla tranquilla modifica od obnubilazione di verità di fede tradizionali (per adattarle alla psicologlia contemporanea o stravolgerle), dal sostanziale spirito innovatore che lo spinge sino all'elogio delle "intuizioni di Teilhard de Chardin", con la sua fasulla (pagana, naturalistica) concezione "cosmica" della salvezza.
Metodologicamente, Ratzinger era un seguace della ermeneutica della "storia delle forme", ben rappresentata, credo, anche da un Moltmann.
Dunque, Ratzinger..?
PP