Ricevo, da parte di Marco Bongi e pubblico, per condividere, queste interessanti riflessioni, con le quali sono in perfetta sintonia. Ho aggiunto una chiosa finale.
Mi è capitato più di una volta di chiedermi come mai, gli ecclesiastici e i liturgisti "conciliarmente corretti", a fronte del proprio astio, per non dire odio, nei confronti della S. Messa Tridentina, si mostrino invece assolutamente ossequiosi e rispettosissimi verso le liturgie orientali, cattoliche od ortodosse, a loro poco importa.
Non ho infatti mai letto un articolo o un libro nel quale si denunci il fatto che esse sono celebrate in una lingua morta come il greco antico o lo slavonico, dove si critichi il "rubricismo" o la ridondanza del rito, la mancanza di "actuosa partecipatio" da parte dei laici, la scarsa "creatività" del celebrante.
Si sa, l'ecumenismo impone le sue dure leggi: grande rispetto verso la cena Protestante così come per la Messa di S. Basilio. Peccato che siano l'una completamente l'opposto dell'altra.
Nei confronti dei "fratelli separati" è assolutamente indispensabile mostrare attenzione e magari simulare una venerazione nei confronti di ritualità completamente avulse dallo spirito liturgico post-conciliare. Si, dico simulare, perchè non posso pensare che uno dei nostri teologi d'assalto come Gianfranco Ravasi o Bruno Forte, possano sinceramente apprezzare la consacrazione nascosta dietro l'iconostasi e poi, il giorno dopo, osannare l'altare verso il popolo o la celebrazione da parte dell'assemblea presieduta dal "ministro ordinato".
In tutto ciò c'è ipocrisia o semplicemente sensibilità diplomatica? Non riesco a capire. Un fatto comunque appare certo. Sulla questione della S. Messa di sempre è in corso uno scontro che trascende le semplici argomentazioni teologiche. Se così non fosse perchè non si applica ad essa la medesima benevolenza intellettuale ostentata nei confronti dei riti orientali?
C'è dunque dell'altro e credo proprio che ciò abbia a che fare con la dimensione universale della Messa antica, con l'ecclesiologia che essa sottende. Le liturgie orientali sono tollerate, nonostante il loro fissismo e la ieraticità che emanano, perchè comunque fanno riferimento a piccole chiese mummificate o a residue porzioni di Chiesa Cattolica sparse in "partibus infidelium".
Nessuna di loro si pone in posizione di superiorità rispetto agli Stati civili o cerca di contrastare gli orientamenti mondani sul piano globale. Esse non sono in grado, o non vogliono, disturbare i manovratori, siano essi governi islamici o comunisti, imperatori bizantini o sultani turchi.
Se Pietro invece recuperasse appieno la propria Autorità e la Chiesa Romana la sua dimensione verticale e gerarchica, il pericolo, per la società contemporanea secolarizzata, assumerebbe ben altra portata.
La S. Messa Tridentina esprime in modo perfetto la trascendenza, l'universalità e la verticalità del rapporto fra l'uomo e Dio. Per questo penso che non possa trovare nè rispetto, nè tolleranza da quegli uomini, anche ecclesiastici, che idolatrano la modernità e i "valori" espressi dalla rivoluzione francese.
Marco BONGI
Estraggo un brano dalla Conferenza del card. Joseph Ratzinger in occasione delle Journées Liturgiques de Fontgombault del 22-24 luglio 2001, Autour de la question liturgique, che mi ha colpita fin da allora e mi è tornato la mente leggendo l'articolo di Marco Bongi, cui aggiungo una piccola chiosa.
La relazione, dotta e professorale, è ricca di spunti e suggestioni e conduce alla sottolineatura del "mistero pasquale", tema ricorrente anche nelle omelie e discorsi più recenti, quasi come se prima del Concilio, esso non fosse stato ben compreso. Il testo integrale è consultabile qui perché, per correttezza, ritengo che quel che esporrò debba esser letto nel suo contesto, consapevole che particolarmente le affermazioni di Papa Ratzinger non si prestano mai ad essere sezionate, perché in genere sviluppano discorsi complessi che si rifanno a 'visuali' le più disparate e vanno lette nella loro articolazione sapiente. E tuttavia il brano in questione fa un'affermazione specifica e precisa ed è su questa che mi soffermo.
"Trento non si ingannò, si appoggiò sul solido fondamento della Tradizione della Chiesa. Rimane un criterio affidabile. Ma noi possiamo e dobbiamo comprenderlo in un modo più profondo, attingendo alle ricchezze della testimonianza biblica e della fede della Chiesa di tutti i tempi. Vi sono autentici segni di speranza di questa comprensione rinnovata e approfondita di Trento possa, in particolare tramite la mediazione delle Chiese di Oriente, essere resa accessibile ai cristiani protestanti."
Trento rimane solo "un" criterio affidabile? Mentre ci preoccupiamo di rendere accessibile la comprensione rinnovata e approfondita ai cristiani protestanti, che ne facciamo di quelli cattolici che hanno perso ogni tipo di comprensione? E perché ci deve essere bisogno della mediazione delle Chiese di Oriente? Quella Latina non aveva - anzi ha - una sua valida espressione liturgica? Il rito usus antiquior non è già una forma sublime di ricchezze di testimonianza biblica e della fede della Chiesa di tutti i tempi in esso confluita? A quali tempi dobbiamo attingere se è solo da 40 anni che tutto è stato stravolto?
5 commenti:
La spiritualità profonda che emana il VO non può che essere amata da chi, forse anche senza aver approfondito le basi teologiche e dottrinali che l'hanno generato, ne vive con fede la sacralità.
Ciò indubbiamente intralcio per coloro che , per mezzo dell'impoverimento sia dottrinale che formale della liturgia, hanno tentato di distruggere lo stesso cattolicesimo.
Ma non praevalebunt!
dalle parole citate del card Ratzinger appare la preoccupazione troppo 'umana' ereditata dal concilio oppure immessa attraverso esso: quella che la comprensione di chi è lontano dipenda dalla nostra maggiore o minore abilità di favorirla...
Dal l'ultimo Sinodo delle Chiese orientali, non mi era sembrato osservare tutto questo ossequio per le liturgie orientali così come oggi le vediamo.
Anzi mi pareva che da più parti si richiamasse ad una riforma anche di quelle, come già fatto per il rito latino, seguendo le stesse direttive, proprio per incrementare quella actuosa partecipatio dell'assemblea e per dare più spazio ai contributi dei laici.
E da molti parti si diceva infatti che da quel Sinodo non si vedevano buoni auspici anche per il proseguo della controversia fra VO e NO del rito romano (che spinta potrà avere infatti la chiesa romana che recupera il VO, se quelle orientali vanno nella direzione del NO? forse quella del compromesso fra VO e NO, ma piacerebbe a chi difende a spada tratta il VO?)
Quindi forse alla parola ossequio si dovrebbe sostituire la parola "rispetto", in quanto nessun "romano" può mettere bocca sui riti delle chiese cattoliche orientali, ma di fatto sotto sotto si invoglia alla riforma anche di quelli.
Alessio
Alle domande di Marco Bongi credo si possa rispondere: è il moderno razionalismo il cancro che rode e consuma la nostra Religione, la schiaccia in un orizzontalismo ed in un sociologismo dalle rovinose conseguenze che si sintetizzano della perdita del senso del sacro e del mistero.
In questa concezione razionalistica non può trovar posto il latino in quanto lingua sacra incorruttibile nel tempo in cui si esprimono le immutabili Verità della Fede. Cambia la lingua, cambierai la Fede.
Non solo gli scismatici orientali hanno la loro lingua sacra ormai estinta (greco antico e slavonico) ma anche gli scismatici africani, i copti (il copto è anch'esso una ligua estinta). E ricordiamo anche le religioni non cristiane: l'islamismo (arabo coranico), l'induismo ed un ramo del buddismo (sanscrito), il nucleo fondamentale del buddismo (pali) e si potrebbe continuare.
Il criterio solidamente fissato a Trento, un criterio, ahimé desueto, è il fondamento sulla Tradizione, d'accordo, ma non capisco in qual modo possan le Chiese orientali esser un tramite per una migliore comprensione della ricchezza di Trento da parte dei protestanti, giacché la ricchezza ch'esse hanno è eredità della Chiesa Cattolica.
E' solo nella Chiesa Cattolica la richezza integra, senza alterazioni né diminuzioni, dell'unica Chiesa di Cristo.
Le Chiese separate non credano di poter portare nella Chiesa Cattolica qualcosa ch'essa non abbia già.
non capisco in qual modo possan le Chiese orientali esser un tramite per una migliore comprensione della ricchezza di Trento da parte dei protestanti, giacché la ricchezza ch'esse hanno è eredità della Chiesa Cattolica.
Questa è verità. Ed è quanto emerge chiaramente dall'ecclesiologia di S. Agostino, che Mons. Gherardini ha così sapientemente illustrato nel suo ultimo libri "la Cattolica", del quale inserirò uno stralcio significativo nel prossimo thread.
Lo metterò a confronto, approfondendo, con un'altra affermazione del card Ratzinger espressa nella relazione citata in questo articolo e messa in pratica nella sua 'pastorale' inclusiva di cui abbiamo avuto recenti dimostrazioni...
Per ora anticipo la frase, che mi ha dato i brividi:
"...La conclusione è precisamente che tutto ciò che precedeva è visto nella sua insufficienza come ombra, ma pure che il Cristo attira tutto a sé, che vi è anche nel mondo pagano una preparazione al Vangelo, che anche elementi imperfetti possono condurre al Cristo, qualunque siano le purificazioni di cui hanno bisogno."
La frase, presa a sé e riferita unicamente ai "sacrifici antichi" ed ai "semina Verbi" di cui parlano gli antichi filosofi, non fa una grinza. Ma, purtroppo, essa si aggancia agli strumenti di salvezza affermati presenti nelle chiese e comunità separate dalla Unitatis Redintegratio ed a recenti 'approvazioni'... altro che disorientamento! Dov'è la proclamata ma non attuata "lettura in continuità"?
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