Traduco qui sotto alcuni paragrafi di un lungo articolo (“L’Église catholique en crise”) che il liturgista francese Louis Bouyer dedicò al caso Lefebvre nel 1978. L'articolo fu pubblicato in francese sul trimestrale Commentaire (1/1978, pag. 17-26); la mia traduzione (con alcune aggiunte fra parentesi quadre) è invece dalla versione in inglese di J.M.Pepino, pubblicata su Rorate Caeli il 6 luglio 2015.
La prima cosa che pare abbia catturato la sua [di mons.Lefebvre] attenzione è il degradarsi pressoché istantaneo dei seminari francesi, così come il reclutamento e la formazione del clero. Per avere un'idea di com'era la situazione, occorre ricordare che una congregazione di origine francese [i Sulpiziani], specializzata in quel tipo di lavoro, aveva fino a quel momento rifiutato ogni più piccolo adattamento della propria regola in vigore fin dal XVII secolo. Inoltre sarebbe un understatement dire che le autorità romane competenti abbiano incoraggiato ciò. Pochi anni prima del Concilio uno dei miei amici, un sacerdote inglese che aveva dedicato la propria vita a tale compito, aveva avuto la sfortuna di pubblicare qualche critica su tale stato di cose in un giornale del clero francese. Le sue critiche erano le più oneste e documentate, basate su fatti verificati e princìpi che difficilmente potevano essere messi in discussione. I superiori della sua congregazione lo denunciarono e la collera di Roma subito distrusse la carriera e sporcò la sua irreprensibile reputazione, col risultato del suo esilio in una minuscola parrocchietta di periferia che non non poté più lasciare.
Quando il Concilio giunse alla fine, nei seminari di tale Congregazione, in particolare in Francia, credettero di dover cedere al primo segno di rivoluzione. La velocità con cui lo fecero fu pari solo alla resistenza che avevano opposto a qualsiasi riforma fino a quel momento. Gli "incontri" rimpiazzarono le lezioni, le più private devozioni furono sostituite da attivismo politico senza la più piccola transizione, e il ritualismo più conformista fece posto ad assurde improvvisazioni. Evito di citare cose più serie, che portarono perfino uno dei prelati americani più liberali a ritirare i suoi seminaristi da tale congregazione dopo i risultati irrefutabili di un'indagine dettagliata. Per rimanere in tema, occorre ammettere che c'era stata all'improvviso l'impressione di un "tana liberi tutti" in tutti i nostri seminari. Dopo il soffocante autoritarismo e l'ammorbante pietismo all'acqua di rose, presero piede la demagogia sfrenata, il caos totale, se non addirittura la cinica empietà...
Da allora i vescovi francesi ricevettero solide lamentele, rispettose ma preoccupate, e osservazioni giustificabilmente sdegnate. Allora si fecero strada anche tra coloro che erano stati incaricati nel campo della formazione i due tipi di risposta destinati a moltiplicarsi e proliferare in tutti gli altri campi: o "la situazione non è critica come pensate", oppure "è qualcosa di passeggero, e comunque inevitabile". Infatti, col pretesto della collegialità, era cominciato lo scarica barile di responsabilità e, col pretesto di "attivare strutture democratiche" (sic), sorsero piccoli soviet che sfruttarono quell'improvvisa paura delle autorità di sembrare autoritarie, esercitando alle spalle dei fedeli e del clero una vera tirannide.
Fu a questo punto che l'arcivescovo Lefebvre, che come molti altri temeva ciò che la situazione faceva chiaramente presagire da anni — cioè avere sacerdoti senza neppure un minimo di formazione, o addirittura non averne affatto (visto che era già ovvio che solo ragazzi totalmente incapaci avrebbero accettato di restare fino all'ordinazione in istituti che erano peggio che caotici) — decise di far qualcosa da sé. Dato che non era più un vescovo diocesano, non poteva avere un seminario proprio. Ma il Diritto Canonico gli offriva la possibilità di fondare un "istituto secolare", di esserne il superiore, e di offrire perciò quella che lui ritenesse la miglior formazione ai ragazzi che gli si presentavano, e infine di ordinarli personalmente al sacerdozio.
Questa fu l'origine del seminario che lo rese famoso, eretto ad Ecône, in Svizzera, inteso come internazionale anche se nei fatti reclutò quasi esclusivamente giovani francesi.
Ovviamente i suoi confratelli nell'episcopato non potevano guardare con favore tali sviluppi. La situazione peggiorò molto quando fu chiaro che nei loro seminari "moderni", "aggiornati", ecc., non entrava quasi più nessuno, mentre in questo seminario "conservatore", che era stato dichiarato inerentemente incapace di soddisfare "le giuste aspirazioni dei giovani", era visibilmente pieno di seminaristi nonostante l'esilio e il futuro incerto che comportava loro...
6 commenti:
Se si voleva combattere l'"autoritarismo" e il "pietismo all'acqua di rose" che , lungi dallo scomparire hanno assunto aspetti differenti, invece di contestare l'Autorità e scrollarsene, bisognava recuperare l'essenza. Ma occorre sempre chi se ne fa araldo e responsabile maestro e guida. Le nostre piccole briciole servono solo acché non rimanga vuoto il granaio finché l'inverno dello spirito non sarà finito.
E speriamo si tratti di un semplice inverno e non di un'era glaciale...
Per chi, come ho visto su altri lidi, bolla questo sito come "lefebvriano", è forse utile dire chi è Louis Bouyer.
Louis Bouyer, un luteriano convertito al cattolicesimo per amore della Liturgia, ebbe da dire che la Chiesa rischiava di perdere la sua anima evacuando il sacro da una liturgia da adattare al mondo moderno, ha partecipato alla preparazione del CVII, fu consultore del Consilium, spettatore delle manovre di Bugnini ne ha dipinto un ritratto terribile , è autore di diversi libri fra i quali "La Décomposition du catholicisme" , ebbe da dire che non si era convertito al cattolicesimo per vederlo prendere la via del protestantesimo.
Insomma, chi ha scritto quelle parole sulla rivoluzione postconciliare e su Mons. Lefebvre non era un retrogrado tradzionalista imbalsamato nelle sue rigide certezze.
Mi sbaglio, o non e' stato Louis Bouyer a dichiarare, subito dopo la sua messa in opera, che la liturgia della Messa del NO era una "indegna carnevalata" (o qualcosa del genere), attirandosi l'odio dei vescovi francesi? E non fu sempre lui a dimostrare che il termine "mistero pasquale" riferito alla Messa non aveva fondamento nella Tradizione della Chiesa, risultando quindi del tutto di nuovo conio?
Ulteriore considerazione, a caldo, di carattere piu' vasto: e' chiaro che le Conferenze episcopali dovrebbero essere abolite. PUnto e basta. Concepite, se ben ricordo, da san Pio X con altri intenti e altro spirito, sono diventate il pilastro di una nuova e spuria idea di collegialita' (Amerio), quella appunto insufflata dal Vaticano II. I "loro frutti" sono pessimi, poiche' esse hanno tolto di fatto al vescovo la responsabilita', che deve essere individuale, di governare la diocesi (il cui concetto "ammdernato" del resto non sembra ben definito nei testi del Concilio). Non solo. Ostacolano anche l'azione di governo del Papa e servono di alibi a qualsiasi Papa che voglia lasciar passare "riforme" incompatibili con la sana dottrina, attribuendole alla volonta' "collegiale" dei vescovi, espressa a maggioranza. Lo schema "nuova collegialita'-conferenze episcopali" facilita il proliferare di piccoli organismi collettivi di ogni tipo nella Chiesa ("soviet"-Bouyer), fautori delle "riforme" piu' strane o comunque di un'azione di "sgoverno" letale e deleteria. Come ho gia' sostenuto nei miei scritti, critici del Concilio, (scusate se mi cito), essendo il VAticano II un Concilio meramente pastorale, le conferenze episcopali potrebbero essere abolite con motu proprio dal Papa.
Per ben inserire la situazione nel suo giusto contesto storico può essere utile, per coloro che iniziano a studiare questi problemi, leggere anche della deriva cui era andato incontro il movimento liturgico. Era quella la palestra in cui si erano allenati molti protagonisti del concilio e i loro maestri.
@Viandante. Giustissima osservazione
Esiste uno studio ben articolato e documentato dell'Abbe' Didier Bonneterre, "Le mouvement liturgique. De Dom Gueeranger a Annibal Bugnini ou le Cheval de Troie dans la Cite' de Dieu", pref. de mons. M. Lefebvre, Edit. Fideliter, 1980. Di questo studio credo esista una traduzione italiana, a cura della FSSPX. Do' l'informazione senza avere per il momento il tempo di controllare. Pero'qualcun altro potrebbe farlo, il controllo. Fa vedere bene, lo studio, l'involuzione e poi la sostanziale degenerazione del Movimento verso posizioni neomoderniste.
Consigli episcopali, parrocchiali, sinodi, consigli di quartiere, circoscrizione, di fabbrica, di redazione, degli studenti e dei genitori, e dei professori...tanti soviets piccoli e grandi, che non servono per decidere nulla, ma per lasciare che le cose si degradino ogni giorno di più, in un regime assembleare dove nessuno e' reponsabile di niente...
Rr
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