Riprendo dal sito dell'Osservatorio internazionale cardinale van Thuân [qui]. Puntualizzazione sulla posizione di Silvio Brachetta nei confronti di p. Innocenzo Gargano [vedi nel blog] e, a seguire, interessante intervista a cura di Stefano Fontana.
Silvio Brachetta, giornalista e collaboratore del nostro Osservatorio, studioso di San Bonaventura da Bagnoregio ma non meno preparato sui Padri della Chiesa e sulla teologia in genere, è intervenuto in un dibattito a livello nazionale e i suoi scritti polemici sono stati pubblicati nel noto blog di Sandro Magister Settimo Cielo. La disputa riguardava alcuni scritti del teologo camaldolese padre Guido Innocenzo Gargano. Su di essi Brachetta ha fatto da apripista, altri teologi sono in seguito intervenuti da varie parti del mondo per contestare la dubbia visione del padre camaldolese.
La tesi di padre Gargano
Riepiloghiamo brevemente. Fra Gargano in un saggio pubblicato sull’Urbanian University Journal, poi ripreso su Settimo Cielo, sosteneva che Gesù Cristo, pur avendo insegnato l’indissolubilità del matrimonio, non avrebbe tuttavia rigettato completamente la “legge vecchia” di Mosè che permetteva il divorzio. Mosè lo aveva fatto – così disse Gesù – per la “durezza del loro cuore”, ma questa durezza del cuore – sostiene Gargano – c’è anche oggi nei coniugi che si sono separati e che hanno costituito una nuova coppia. Nei loro confronti Gesù avrebbe usato misericordia ancor più di Mosè, perché la sua “legge nuova”, enunciata nel discorso delle beatitudini, toglie l’asprezza e il legalismo della legge vecchia.
Dato l’attuale dibattito sulla comunione ai divorziati risposati, si capisce bene dove la tesi di Gargano vuole andare a parare. Si tratterebbe di ammettere un “divorzio cattolico”.
Gargano basava la sua tesi, tra l’altro, su una particolare lettura di Matteo 5, 19: «Chi dunque trasgredirà uno solo di questi precetti, anche minimi, e insegnerà agli uomini a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà agli uomini, sarà considerato grande nel regno dei cieli». Ci sarebbe, insomma, un salvezza minima e una salvezza massima. Ci sarebbe un minimo per entrare nel regno dei Cieli. L’atto di ripudio, che la legge mosaica permetteva, sarebbe un “precetto minimo” e colui che la attuasse entrerebbe - come minimo - nel regno dei Cieli. Gargano, poi, collega tutto questo con il discorso della montagna ove Gesù, secondo lui, avrebbe sostituito alla legge la misericordia.
La contestazione di Brachetta
E’ a questo punto che Brachetta pubblica la sua contestazione, dimostrando - Sant’Agostino, San Giovanni Crisostomo, San Cassiano e San Tommaso d’Acquino alla mano - che essa è sbagliata. Nessun Padre della Chiesa e nessun Dottore ha mai avvalorato una interpretazione come quella di Gargano, nonostante costui pretenda il contrario. L’hanno invece esclusa.
Quanto alle parole di Gesù - «Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli, ma da principio non fu così. Perciò io vi dico: Chiunque ripudia la propria moglie, se non in caso di concubinato, e ne sposa un’altra commette adulterio» - non possono essere interpretate, nella loro chiarezza inoppugnabile, come una sorta di presa d’atto da parte di Gesù della “durezza di cuore”. Gesù revoca la liceità di dare l’atto di ripudio e conferma la condizione di adulterio per eventuali seconde nozze.
Inoltre il Discorso della montagna, che potrebbe essere visto come un ammorbidimento del Decalogo tramite la misericordia, invece è un suo inasprimento.
Quindi egli può concludere: «In realtà pare del tutto ambigua una sorta di liberazione dalla “littera” legalistica, come auspica Gargano, almeno per quanto riguarda il Decalogo. La strada della misericordia è invece indicata con chiarezza dalla Chiesa: pentimento del delitto contro la “littera” dei santi precetti e conseguente perdono da parte di Dio».
La disputa continua…
Alla replica di padre Gargano, che ripeteva con parole diverse i medesimi concetti del saggio precedente, e che spiegava la diversità delle due posizioni attribuendola alla diversità dei metodi di approccio al testo evangelico, Brachetta ribadiva le sue tesi:
- non è vero, come sostiene Gargano, che Gesù abbia compiuto la Legge antica nel senso di Mosè, cioè nel senso di una Legge “più accondiscendente”;
- ma anzi, e solo nell’ambito del Decalogo, Gesù ha inasprito il precetto, come si evince dal Discorso della montagna;
- è vero che la Legge nuova del Cristo è diretta verso la misericordia, ma non depotenziando il Decalogo - dove il Decalogo è solo la prima metà della Legge - ma annullando l’applicazione della pena (“occhio per occhio”), che viene assunta dal Crocifisso, al posto dei peccatori (si evince sempre, ad esempio, dal Discorso della montagna).
«Sono intervenuto - scrive Brachetta nel suo secondo scritto su Settimo Cielo - nel tentativo di bloccare un’operazione non molto chiara nel metodo, ma chiarissima nel traguardo: sdoganare la liceità dell’atto di ripudio, rendere lecito il secondo matrimonio dopo il divorzio e indurre il Sinodo sulla famiglia ad ammettere ai sacramenti i divorziati risposati».
Stefano Fontana
__________________________________________L’equivoco farisaico di separare dottrina e prassi
Intervista a Silvio Brachetta
Caro Brachetta, intanto complimenti per la competenza e il coraggio intellettuale con cui è intervenuto in questo dibattito. In questa fase “sinodale” sono nate varie tesi teologiche spinte, che vorrebbero fare da supporto a radicali revisioni della dottrina e della prassi. Come mai secondo lei?
Perché gran parte dei teologi non fa più «teologia in ginocchio», rievocata da Joseph Ratzinger durante il suo pontificato. Ratzinger attingeva al teologo Hans Urs von Balthasar, che la contrapponeva alla «teologia a tavolino», sterile e presuntuosa. L’espressione però risale almeno a sette secoli prima, a San Francesco d’Assisi, che concedeva ai suoi frati lo studio teologico solo sulla via dell’umiltà, nell’obbedienza. Non è dunque teologo in ginocchio chi non fonda le proprie tesi sull’obbedienza alla dottrina di Cristo. E nemmeno chi adotta novità tali da contraddire i Padri e i Dottori della Chiesa. Ancor meno chi cerca di adattare il Testo sacro alle proprie opinioni. Viceversa, il teologo in ginocchio adatta le proprie opinioni alle Sacre Scritture e alla Tradizione apostolica.
Il lavoro del teologo, non dovrebbe essere - come diceva l’istruzione Donum veritatis (1990) del cardinale Ratzinger - di natura “ecclesiale”, ossia a servizio della Chiesa?
Certamente, nel senso di un servizio «pratico». Mi spiego. Per San Bonaventura, ad esempio, era inconcepibile il «momento speculativo» teologico senza il successivo «momento pratico», cioè la conoscenza che si traduce in azione salvifica reale, come da procedura tutta francescana. Ratzinger, in Donum veritatis [alcuni riferimenti alla DV nel blog: qui e qui], rispetta il primato bonaventuriano della Fede, che dev’essere poi affidata alla ragione, affinché «divenga comunicabile», trasmissibile ad altri esseri umani ragionevoli. Il teologo, allora, è chiamato innanzi tutto da Dio a servire la Verità, indagandone le profondità, realizzandola nell’azione e - nel momento successivo - a servire la Chiesa, con le opere di apostolato e di evangelizzazione.
Gli innovatori della prassi cattolica su matrimonio e sacramenti dicono di voler cambiare solo la prassi e non la dottrina. Però, come nel caso di Gargano da lei contestato, cambiano la dottrina, a cominciare dal senso delle parole di Gesù. Si tratta quindi di un trucco?
L’equivoco sta proprio nella separazione di dottrina e prassi. Aristotele concepiva l’ambito teoretico separato da quello pratico. Con il cristianesimo - e in particolare con il francescanesimo - questo non è più possibile: la dottrina serve alla prassi e, se il processo di comprensione della Fede è un “capire la Verità”, non per questo non sono necessarie anche le opere, che sono un “fare la Verità”. Sulle questioni legate alla Fede, “capire” e “fare” sono inseparabili, proprio perché coinvolgono le capacità umane soggettive (ragione e volontà), che assentono alla Verità oggettiva, a Dio. Il trucco è separare ragione e volontà le quali, come sostiene San Bonaventura, non sono sostanze, ma capacità dell’unica essenza psichica.
Secondo lei nel popolo cristiano quanta consapevolezza c’è della posta in gioco al prossimo Sinodo sulla famiglia?
Direi molto poca. Molto più oggi che in passato, nel laicato cattolico serpeggia il fariseismo, che separa il dire dal fare. Al peccato c’è rimedio, ma all’ipocrisia farisaica di rimedio ce n’è ben poco, specialmente senza una guida spirituale ferma ed autorevole. Circa il fariseismo, inoltre, è in voga un errore molto diffuso tra i fedeli: sembrerebbe che il fariseo fosse colui che ama le regole, la legge. No. Il fariseo segue le regole e le attua a modo suo, o non le attua. Cioè dice e non fa, che è, appunto, l’improvvida separazione di certi teologi tra dottrina e prassi. Chi invece ama la legge e la mette in pratica, si salva. Spesso chi ama la legge è additato come rigorista. Eppure, chi non ama la legge come può metterla in pratica? (A cura di Stefano Fontana)
17 commenti:
A proposito di "rigorismo"avevo riportato ieri le parole del card. Cottier intervistato da p. Spadaro decisamente molto impegnato e attivo nella cordata di chi sta tentando di vincere la battaglia che aggirerà la Dottrina attraverso il cavallo di Troia del percorso penitenziale affidato a vescovi e poi a un sacerdote ad hoc.
http://vaticaninsider.lastampa.it/vaticano/dettaglio-articolo/articolo/sinodo-famiglia-42596/
Per Cottier:
«Nel rigorismo è insita una brutalità che è contraria alla delicatezza con cui Dio guida ogni persona»
e aggiunge che
"non vi è dubbio che l’Anno della Misericordia illuminerà i lavori del Sinodo del 2015 e ne impronterà lo stile. Ci sono persone rimaste scandalizzate dalla Chiesa, donne e uomini che, a causa di un giudizio negativo emesso in maniera impersonale e privo di anima, si sono sentiti allontanati, rigettati in maniera grave."
Coloro che si sono allontanati, secondo il cardinale, perchè feriti dal rigorismo e dalla brutalità(!)senza anima dei pastori in realtà rifiutavano di obbedire alla legge del Signore che conoscevano, in fondo son stati coerenti, ma dobbiamo far finta di non sapere che immunerevoli sono coloro che son restati vivendo come volevano, con il placet e la benevolenza dei loro pastori?
Cottier e chi come lui, Bergoglio in primis, usano termini come rigorismo, durezza di cuore, crudeltà, dove lo vedono negli ultimi decenni?
Dove la brutalità ?!?
Chi dà scandalo? Chi non fa che esigere il rispetto e l`obbedienza al messaggio del Signore o chi vive contro quel messaggio?
Forse che la Parola del Signore è dura, senza anima, senza misericordia e insopportabile per l`uomo e la donna moderni?
Forse che esserLe fedele significa essere duro, rigido, un rigorista senza anima e brutale?
Non c`è dubbio invece che quella Parola scandalizzi chi mette le proprie voglie al centro e esige che tutto giri attorno a quel centro, e si pieghi al suo cospetto.
Costoro, dopo aver trovato preti compiacenti che chiudevano non un occhio ma tutti e due, ora trovano anche nella gerarchia chi, apertamente e Sinodo permettendo, vuole trasformare la loro ribellione, la loro indisciplina, se non ancora formalmente in legge per la chiesa, in una possibilità aprendo loro una porta che sarà presentata come l`inizio di un cammino lungo e difficle ma che finirà per aprire un`autostrada.
Molto interessante. Estraggo dall’ultima risposta in particolare:
“..Circa il fariseismo, inoltre, è in voga un errore molto diffuso tra i fedeli: sembrerebbe che il fariseo fosse colui che ama le regole, la legge. No. Il fariseo segue le regole e le attua a modo suo, o non le attua. Cioè dice e non fa, che è, appunto, l’improvvida separazione di certi teologi tra dottrina e prassi. Chi invece ama la legge e la mette in pratica, si salva. Spesso chi ama la legge è additato come rigorista. Eppure, chi non ama la legge come può metterla in pratica?”.
Questo pare confermato come insegnamento ed indicazione pratica da Nostro Signore che ammonisce: Fate tutto ciò che vi dicono ma non fate ciò che fanno.
I Farisei erano una setta politco-religiosa che ha vieppiù scavato un fossato tra Legge Mosaica così come prescritta ed invece sue eterodossse applicazioni che sono poi sfociate nell’odierno talmudismo. Hanno scavato il fossato che oggi separa Cattolicesimo e giudaismo e che solo alla fine dei tempi sarà colmato con il riconoscimento da parte degli Ebrei di Gesù Cristo come unico e solo Messia dato per la salvezza dell’uomo.
(segue)..
(prosegue) ....
I modernisti e post-modernisti che infestano la Chiesa sono anch’essi una setta politico-religiosa che vuole instaurare il culto dell’uomo, deformando la Legge nuova che è Cristo, che completa quella Mosaica, ma non la contraddice, neppure di un iota, infatti Dio è Verità e non può perciò contraddirSi. La setta modernista ha anche velleità politiche, come si può evincere ad esempio nella cronaca quotidiana dove i temi dibattuti da molti prelati sono solo di ordine materiale e sociale (immigrazione, disoccupazione, riunioni di Todi, teologia della liberazione etc, solo per fare alcuni esempi) e non invece partendo dalla dimensione spirituale (come insegnato da Gesù e dagli Apostoli) perché poi ciò informi tutta la realtà creata.
Come i farisei partivano dalla Legge Mosaica e deformandola imponevano carichi insopportabili al popolo, così fanno i modernisti di ogni tempo con il Vangelo, deformandolo per imporre prassi peccaminose ed immoralità di ogni genere a chi si abbevera ai loro falsi insegnamenti. Gesù maledice (“guai a voi”) i dottori della legge che si sono impossessati della Chiave della scienza perché “non siete entrati voi ed impediste coloro che vogliono entrare”. La Chiave della scienza è la Legge , che è figura di Cristo, quindi essi impediscono la conoscenza di Cristo (S. Cirillo di Gerusalemme); S. Ambrogio spiega “Usurpando il compito di far conoscere Dio, in realtà sono di ostacolo agli altri ed essi stessi non riconoscono ciò che professano”. S. Giovanni Crisostomo commenta che “Non solo si sottraggono ai loro compiti, ma corrompono anche gli altri. Uomini di questo genere sono una peste, perché in realtà hanno come unico scopo la perdizione degli uomini, vedi S. Paolo 1ª Tess. II, 15”.
Questi pochi spunti mi sembra aiutino a vedere il parallelo tra i farisei di 2000 anni fa e gli odierni neo-modernisti. I farisei erano degni eredi dei loro padri (che uccisero i profeti perché gli ricordavano le loro mancanze e mancanza di vera carità nei confronti del Signore), così essi scagliarono il loro odio verso Gesù, che prosegue ai giorni nostri disconoscendone il ruolo messianico e la natura Divina. I neo-modernisti sono gli eredi dei vari eresiarchi, di Lutero e per ultimo dei modernisti che ne sono il sunto e come questi rifiutarono l’obbedienza alla Gerarchia ed alla Tradizione e vollero deformare persino la Sacra Scrittura, che condannavano le loro mancanze, così essi vogliono distruggerle e con esse vogliono modificare la Chiesa stessa costruendono una a loro immagine. I tentativi perciò di pervertire gli insegnamenti che sempre, da tutti (i fedeli) ed ovunque sono sempre stati creduti (come dottrina da credersi per la salvezza dell’anima) sono coerenti con questo disegno.
In questa profonda notte che è sempre più scura, fredda ed ostile quasi in senso epidermico, il nostro compito è quello di vigilare e custodire ciò che ci è stato affidato, e se ci è stato affidato è perché siamo ritenuti capaci di difenderlo.
un passaggio veloce, visto che in questo periodo non riesco a leggere bene.
d'accordo con Brachetta e Marco P.
e una domanda che mi autopongo su padre gargano et similia: ma a che pro farsi sacerdoti, se si vogliono rimestare le cose a questa maniera? per volgere al contrario le cristalline parole di Gesù Cristo?
incredibile
Molti anni fa ho ascoltato di padre Gargano meditazioni molto belle frutto di ina esegesi sapiente.
Poi si è rivelata la sua vocazione ecumenica con anni di "dialogo ebraico-critiano" (Settimane di Camaldoli). Insieme a spunti nutrienti certe commistioni risentono delle tendenze conciliari (Nostra Aetate e post)...
Molto ne abbiamo scritto. Basta consultare il motore di ricerca del blog.
... Alla fine lui et similes (compresi purtroppo i papi) hanno acquisito una mentalità rabbinica di conio farisaico-talmudico e Cristo Signore lo hanno messo all'angolo...
Efficace il discorso di Marco P. :)
Ho basato il mio intervento su un commento di Don Curzio Nitoglia del 2009 sulle sette maledizioni che Gesù scaglia contro i farisei;
dal medesimo commento e in particolare con riferimento all'ultimo intervento di mic (11.53) estraggo questo:
"I neo-modernisti, con la teoria della “ermeneutica della continuità”, sono peggiori dei farisei, poiché mentre i secondi innalzano monumenti ai Profeti uccisi dai loro padri e non da loro stessi, i primi costruiscono - nel post-concilio - monumenti alla Tradizione che loro stessi hanno cercato di uccidere durante il concilio Vaticano II. "
Mic,
chi va con lo zoppo .
Sbaglio o era Pio X che ammoniva a non frequentare i non cattolici? Aveva proprio ragione...
Rr
Grazie a Maria per la gentile segnalazione.
E a Luisa, Marco e Josh per le integrazioni.
Il problema lo conoscete: chi ama la tradizione sacra, la "rubrica", l'ordine, il dogma e quant'altro è marchiato a fuoco. "Rigorista"! "Rubricista"! "Ultracattolico"! "Lefebvriano"! "Fariseo"! - a prescindere.
Un abbraccio.
"..., excepta fornicationis causa" non significa "se non in caso di concubinato".
Si può fornicare anche senza vivere insieme.
Quanto è buona e misericordiosa la pastorale per i lgbt in Inghileterra, vedete qui:
http://www.thetablet.co.uk/news/2311/0/cardinal-hopes-gay-masses-can-be-rolled-out-throughout-church-in-england-and-%20%20wales
E quanto è buono il delegato pastorale per quella "comunità", pensa che ci vorrebbe una "seria revisione" del vocabolario utilizzato in relazione all'omosessualità", del resto stanno elaborando un documento da sottoporre al prossimo Sinodo.
Poveri noi, povera chiesa allo sbando, ma si può ancora chiamare "Chiesa di Cristo" una Chiesa che a quel punto tradisce la Sua Parola, la piega per metterla al servizio delle voglie del mondo, degli usi e costumi del momento?
Come possiamo sentirci quando quel tradimento viene dai vertici, da chi a parole dovrebbe essere il custode della retta Dottrina, custode e maestro della Verità rivelata da Dio ?
Ma che dite? Non sapete che il vdr ha appena ricevuto il premio Nessuno tocchi Caino? E allooooraaaaa .....manca solo il Nobel per la pace, ma arriverà presto.
parziale OT:
http://www.effedieffe.com/index.php?option=com_jcs&view=jcs&layout=form&Itemid=142&aid=318011
aiuto!
Anonimo Anonimo ha detto...
"..., excepta fornicationis causa" non significa "se non in caso di concubinato".
Si può fornicare anche senza vivere insieme.
Ma amico, a Roma ti direbbero ci 6 o ci fai?
Se la Chiesa ha stabilito, quanto meno con la prassi costante che significa concubinato (ovvero che il discorso è diretto a coppie conviventi i cui membri NON si sono MAI sposati,almeno non tra di loro), significa proprio ciò. E quasto a monte di anche altri possibili significati strettamente lessicali.
....
La confusione di Gargano è grande, e la sua concezione della salvezza sembra più protestante che cattolica: manca una adeguata teologia della grazia. Se vogliamo essere coerenti con il suo ragionamento, dobbiamo concludere che, almeno in alcuni casi, la natura umana è irrimediabilmente corrotta dal peccato, senza la possibilità di essere risanata dalla grazia. In una simile posizione non c’è posto per la grazia infusa nel cuore dell’uomo, che ne fa una nuova creatura risanandone le ferite dall’interno ed elevandola all’ordine soprannaturale per la formale partecipazione alla vita divina. È in questo modo che si raggiunge lo "skopòs" dell’opera salvifica di Cristo!
Inoltre, affermare nuovamente la validità della legge mosaica per la salvezza, anche se entrando come "minimo" nel regno dei cieli, è gravemente contrario alla rivelazione del Nuovo Testamento, e di conseguenza alla fede cristiana. Se la legge mosaica è tuttora via di salvezza, Cristo sarebbe morto invano.
...
http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1351104
Sinodo. La domanda chiave: Gesù ammette o no il divorzio?
Innocenzo Gargano, illustre esegeta, spiega che sì, e il cardinale Kasper concorda con lui. Ma il Nuovo Testamento e la tradizione della Chiesa dicono l'opposto, obiettano i critici. In anteprima, un libro del biblista Gonzalo Ruiz Freites
di Sandro Magister
Come volevasi dimostrare...
Deo gratias!
http://www.settimanaleppio.it/dinamico.asp?idsez=18&id=838
Il comando di Gesu' e' stato ampiamente trattato da Santa Madre Chiesa , pertanto . mi permetto di suggerire ai Padri di
impiegare il tempo loro donato in modo piu' proficuo : Adorazione Eucaristica in ginocchio , Recita del rosario in ginocchio . Digiuno per 24 ore ( si puo' solo bere ) . Piu' proficuo di così !
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