Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

mercoledì 3 aprile 2019

Alle Scuole di Dottrina Sociale dell’Osservatorio si apprende qualcosa di “inaudito”

C’è una cosa orrenda nella Dottrina sociale della Chiesa. La parola “dottrina”.
L’Osservatorio internazionale Cardinale Van Thuân, sabato scorso avrebbe voluto fare quello che fa di solito: una scuola per trasmettere una “dottrina”, che corrisponde ai contenuti della fede nell’ambito sociale.
Oggi, però, non è quasi più possibile fare questo – oppure è possibile farlo con grande difficoltà. Non si deve più insegnare alla gente cosa fare, sotto la luce del Vangelo.
Viceversa, la Chiesa deve ora imparare cosa insegnare da quello che fa la gente. Qualunque cosa la gente faccia. Non c’è più la luce del Vangelo, c’è la luce della gente che illumina il Vangelo. Questa è la convinzione che ha imposto l’immotivato privilegio della prassi sulla dottrina.
L’Osservatorio, fin dall’inizio, si è sempre opposto a questa forma di pastoralismo dogmatico, che si è imposto sempre più granitico, e del quale la pubblicistica ha dato ampio ragguaglio nel corso degli ultimi decenni.

Il presidente dell’Osservatorio mons. Giampaolo Crepaldi e il direttore Stefano Fontana hanno scritto e detto molto su questo tema. E, tuttavia, gli argomenti di ragione oggi servono poco. Si può certamente avviare una scuola di Dottrina sociale con facilità ma, per non incontrare opposizione istituzionale, si deve fondare esplicitamente sui luoghi comuni e ben collaudati del pastoralismo odierno: «creare ponti e non muri», «ascoltare», «uscire», «vie nuove per abitare il sociale», «abitare i social network», «discernimento comunitario», «servire la vita», «umanizzare», «avviare percorsi di riconciliazione», «porsi come lievito», «incrocio tra Vangelo e storia». Si tratta di un modo di esprimersi vuoto, generico, astratto, nonostante sia tutto focalizzato sulla prassi.

In mancanza di questo tipo di referenze, però, il percorso si fa tutto in salita. Non c’è modo di venirne a capo con argomenti. L’argomentare stesso è visto da molti - chierici compresi - come ostacolo al Vangelo: è come se si fosse aperto un interruttore e la corrente elettrica non fluisse più. Ogni principio generale è sentito, nella Chiesa, come ostacolo al caso particolare, nonostante il Vangelo (e dunque Gesù Cristo) si rapporti spesso all’universale: «Chiunque sposa una ripudiata…», «Chi [chiunque] avrà creduto sarà salvato», «Beati quelli [coloro, chiunque]…», «Chiunque invocherà il nome del Signore…», «Chi [chiunque] allora trasgredirà uno solo di questi precetti…», «Chi [chiunque] mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna». Gli esempi sono numerosi. E non a caso, Gesù è percepito e indicato spesso come Maestro, cioè come colui che insegna una dottrina. Solo nel Vangelo secondo Marco, sono diciassette le ricorrenze del verbo greco “didasko” (insegnare), riferito al Cristo. Gesù è il Didàskalos, il Rabbì, il Maestro. Il Maestro prevede una scuola, dei contenuti, dei discepoli – a prescindere dall’«avvenimento» messianico. Anzi, l’«avvenimento», la «presenza» del Cristo si realizza solo con l’apporto di contenuti e di dottrina – dottrina unica e deposito della salvezza.

Tutto questo sembra oggi rimosso, nonostante coloro che hanno frequentato le Scuole dell’Osservatorio si siano dimostrati entusiasti di quanto ricevuto. Spesso la reazione è unanime: dicono di avere appreso qualcosa di “inaudito”. Questo per tre motivi: perché la parola di Dio e la sua dottrina è davvero “inaudita”; poi perché chi trasmette tale dottrina non parla per sé; e infine perché l’Osservatorio è stato in grado di trasmettere quello stesso entusiasmo che ha ricevuto nell’accostarsi alla Parola e al magistero. (Silvio Brachetta)

9 commenti:

Anonimo ha detto...

"L'errore del manifesto di Ventotene e di tutti i progetti europeisti risiede nel fatto che non hanno tenuto conto che l’Europa non va confusa con il processo di unificazione politica. Così oggi l’Unione Europea brancola senza identità. Il modo migliore per pensare in grande il Vecchio Continente, e prepararsi al voto europeo, è sollevarsi al di sopra delle miserie politiche e andare alle radici della crisi. La Nuova BQ e l'Osservatorio Van Thuan lo faranno sabato a Milano con Crepaldi, Grygiel, Scandroglio, Ceccotti, Bono e Fontana per la II Giornata della Dottrina sociale della Chiesa".
Stefano Fontana

Europa o Ue? Qui si gioca il futuro del vecchio continente
http://www.lanuovabq.it/it/europa-o-ue-qui-si-gioca-il-futuro-del-vecchio-continente

Flambeau ha detto...

Ho partecipato alla seconda edizione della scuola e devo dire che è stata una esperienza formativa davvero importante. Da applaudire anche la possibilità di seguire online; senza questa opportunità non avrei mai potuto seguirla

fabrizio giudici ha detto...

Nel frattempo Francesco supera sé stesso in manipolazione semantica delle verità della fede. Il Giornale ha appena riportato questo passaggio:

"Dio ha voluto permettere questo, i teologi della scolastica dicevano la voluntas permissiva di Dio, ha voluto permettere questa realtà: tante religioni, ognuna nasce da una cultura, ma tutti guardano il cielo e Dio - ha continuato - siamo tutti fratelli e quel che Dio vuole è la fratellanza tra noi e in modo speciale in questo viaggio con i nostri fratelli figli di Abramo musulmani. Non dobbiamo spaventarci della differenza, Dio ha voluto questo, ma, sì, dobbiamo spaventarci se non facciamo lavoro di fratellanza e non andiamo insieme nella vita".

Preso in castagna sulla frase eretica di Abu Dhabi e sulla questione della volontà positiva vs permissiva, ecco che appare un nuovo trucco: ridefinire il concetto di "volontà permissiva". Invece di essere qualcosa per cui accadono fatti di cui Dio non è affatto contento (in altre parole: la volontà permissiva è una spiegazione del perché esiste il _male_), ecco che comunque Dio è contento delle sue conseguenze. Si intenderebbe che non ha voluto positivamente l'esistenza delle altre religioni, ma ha lasciato che esistessero e alla fine Gli va bene così. Il tutto menzionando la parola "scolastica", lasciando intendere ai cattogonzi che questo è quello che dice la teologia di sempre.

Anonimo ha detto...

"Quelle che secondo Pascal sembravano le conseguenze inevitabili delle dottrine dei Gesuiti:
Peccatori purificati senza penitenza, giusti giustificati senza carità, tutti i cristiani senza la grazia di Gesù Cristo, Dio senza potere sulla volontà degli uomini, una predestinazione senza mistero, una redenzione senza certezza." ( B.Pascal, Pensieri, 889, Contro i Gesuiti ed I Nuovi Casisti,p. 426, Einaudi, 1962)

Anonimo ha detto...

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/papa-francesco-serve-rispetto-non-dite-pi-migrante-1673439.html
"A me non piace dire migranti, mi piace dire persone migranti".
Nel'Udienza generale incentrata sul viaggio apostolico in Marocco, che si è appena concluso, papa Francesco ha messo in guardia "dalla cultura dell'aggettivo", senza sostanza. "Migrante è aggettivo, persona è sostantivo - ha osservato Bergoglio, in un intervento a braccio - noi siamo caduti nella cultura dell'aggettivo e dimentichiamo tante volte i sostantivi, la sostanza. L'aggettivo va attaccato a un sostantivo, persona migrante, così c'è rispetto". "La cultura dell'aggettivo - ha poi sottolineato il Pontefice - è troppo liquida, troppo gassosa"...

per curiosità voi dite milanesi o persone milanesi, romani o persone romane, italiani o persone italiane, francese o persona francese, americano o persona americana?
non so se ridere o piangere.

fabrizio giudici ha detto...

non so se ridere o piangere.
Che dire poi delle persone islamiche o persone cattoliche, invece che genericamente gli islamici o i cattolici?

Anonimo ha detto...

Inoltre

L'aggettivo per valore e funzione può sostituire il sostantivo diventando aggettivo sostantivato, es: Ama il prossimo tuo; il primo si fece avanti; come definire il bello...

Anonimo ha detto...

Accueillir un étranger égaré, c'est chrétien. Accueillir une armée d'envahisseurs, c'est trahir!

Dissonanze cognitive ha detto...

ARTIFICI LINGUISTICI

“La guerra tra poveri oggi viene chiamata "odio per le minoranze". È un artificio linguistico che serve ad evitare il dovere di spiegare perché c'è povertà e chi l'ha creata."