Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

martedì 30 aprile 2019

II vescovo di Passau, Stefan Oster, legge gli “appunti” di Benedetto XVI con un “anticipo di simpatia”

Lo scorso Venerdì santo Stefan Oster, vescovo di Passau (diocesi della bassa Baviera), ha pubblicato sul suo sito Internet un commento al controverso saggio di Benedetto XVI  [qui] sugli abusi nella Chiesa in cui esprime un’opinione diversa da quella negativa di tanti altri, tra cui moralisti e teologi, e la sua grande riconoscenza per quello scritto.
Il papa emerito Benedetto XVI ha espresso un suo parere, e non perché – a mio modo di vedere – non intenda mantenere una presunta promessa di silenzio, che non ha mai fatto. E nemmeno interviene con presunzione su eventi da cui da lungo tempo è estraneo. A scrivere non è una persona anziana che vuole giustificarsi, ma che non ha alcuna idea della realtà della vita.
Io leggo il testo semplicemente come un’espressione del suo cammino, della sua condivisione, della sua compassione per la Chiesa, per la situazione storica in cui ci troviamo e a cui siamo giunti, per le persone che operano nella Chiesa e per quanti, anche dalla Chiesa, sono stati trattati male.
Il testo intende illustrare gli avvenimenti che si sono sviluppati – nella società e nella Chiesa – per imparare da essi e per meglio comprendere chi è o che cos’è e può essere la Chiesa nella sua natura profonda, e cosa pertanto è necessario fare.

Crisi delle teologia morale, il martirio e l’assenza di Dio
Vorrei solo sottolineare tre aspetti fondamentali che Benedetto XVI ha illustrato in questo ordine – e che sono tra loro strettamente connessi: la crisi della teologia morale, l’assenza di Dio e il martirio. Questi punti, in particolare il secondo, sono stati a malapena ricordati nei commenti frettolosi ed emotivi. Questo – a mio parere – è già un segno che Benedetto XVI indica qualcosa di centrale.
L’assenza di Dio nei commenti è così poco percepita e presa sul serio che la sua presenza non figura nemmeno più come tema.

La realtà in cui si crede cambia il comportamento
La nostra fede insegna che il Dio della Verità e dell’Amore si è rivelato in Cristo e che questi è in mezzo a noi, realmente presente, in particolare nell’eucaristia. Il comportamento di un credente nei riguardi di questa presenza è determinato dalla qualità, dalla profondità, dall’intensità del suo fiducioso assenso ad essa. Se io realmente credo che il Signore è presente nella comunione, ciò determina il modo con cui mi pongo davanti a lui, come lo adoro, come sto alla sua presenza. Al contrario: più debole è il mio assenso alla presenza di Dio nell’eucaristia, tanto meno essa influirà sul mio comportamento.

Si tratta della qualità del rapporto
Avviene come davanti a una persona di riguardo: sì, certo, ci sono determinate regole di comportamento nei riguardi degli altri, ma più profondo è il mio rispetto e la mia stima per l’altro, più ciò influirà sul mio pensiero e sul mio comportamento davanti a lui. Si tratta della qualità della relazione.
La fede è relazionale e la profondità dell’assenso interiore a questa presenza dice quanto è determinante per me questa realtà! Se la persona trova difficile dire il suo sì interiore a questa presenza, rimarrà “chiusa in se stessa”, non ne sarà influenzata, si accontenterà solitamente di puri convenevoli, ma niente di più.
Assenza di Dio non significa che Dio è realmente assente, ma che la fede nella sua presenza è scalfita, altrimenti uno non cambia il suo comportamento quando la Chiesa nella sua fede professa che Dio è presente nella sua Chiesa, è presente nell’eucaristia, nei sacramenti, nella sua Parola e nel suo agire amorevole.

Decido io che cos’è la libertà
Se l’assenza di Dio diventa il “clima” dominante o se la sua affermata presenza si riduce semplicemente a un pio pensiero, allora la persona tenderà soprattutto a determinare da se stessa che cos’è la libertà e in quali ambiti della vita si sente libero.
Potere, sesso e denaro sono sempre stati in tutti i tempi le grandi e permanenti sfide dell’uomo e il Vangelo, in tutti questi punti, è molto chiaro ed esplicito: coloro che credono in Gesù sono provocati e invitati a seguirlo nella rinuncia a un potere che vuole dominare sugli altri, a un possesso che ostacola l’ingresso nel regno di Dio e ad accogliere l’invito a vivere la forza e la bellezza della sessualità là dove è posta a servizio dell’amore e della (nuova) vita e non dove è determinata, in primo luogo, dall’impulsività egocentrica.

Esiste un male in se stesso?
Benedetto pone alla teologia morale la domanda decisiva, ossia se esiste l’“intrinsece malum”, il male in se stesso. Ci sono degli atti malvagi che sono sempre e in ogni circostanza tali, oppure dipende sempre dal tempo, dalle circostanze e dalle possibili conseguenze determinare se un atto è buono o cattivo?
A questo interrogativo – a mio parere – si può rispondere in maniera positiva solo a partire dalla contrastante esperienza religiosa che il bene e il vero sono semplicemente presenti. Un male in se stesso o un atto malvagio c’è solo in riferimento al Vero e al Bene assoluto. Altrimenti, il soggetto che giudica rimane l’unica norma mentre, in quanto creato e limitato, è chiamato a collocarsi sempre in una storia e in circostanze che lo rendono relativo.

L’assoluto e il martirio
Solo l’incontro con il Vero e il Bene assoluto può, a partire di qui, spiegare quale atto è in se stesso sempre e in ogni circostanza buono o cattivo.
Proprio per questo Benedetto, alla fine del suo articolo, richiama l’attenzione sul martirio, sulla testimonianza del dono della vita a Cristo che tante persone hanno dato nel cristianesimo. Il martire crede che “c’è una verità che è più grande e più profonda di me. Ed essa è qui. Su di essa si misurano la mia vita e il mio comportamento. Solo per questa verità posso vivere e morire”.

Se la presenza di Dio non è più creduta, scompare anche il martirio
Benedetto ha ragione: se Dio non è più creduto presente, la valutazione di ciò che è peccato si sposta soprattutto nel mio giudizio soggettivo. Oppure si formano – all’occorrenza – delle alleanze in un soggettivismo collettivo.
Ambedue, il soggettivismo individuale e quello collettivo, devono necessariamente escludere l’assoluto Vero e Bene in sé. Esso costituirebbe una pericolosa minaccia. Perciò, giudicando in base a un soggettivismo individuale o collettivo, non esiste più in nessuna circostanza il “male in sé”, nemmeno negli ambiti del potere, del sesso e del denaro. E anche le risorse per contrastare le pulsioni egocentriche che sento dentro di me restano molto limitate. O, al contrario: con il mio instabile modo di ragionare trovo ben presto dei motivi sufficienti per cui l’atto prima definito cattivo adesso può dirsi perfino buono.
In conclusione: se la presenza di Dio non è più creduta, scompare in definitiva anche il martirio, perché non esisterebbe più una verità complessiva per cui valga la pena dare la propria vita. Benedetto ha fatto riferimento al nucleo centrale della fede e alla nostra precaria relazione nei confronti di questa verità: la presenza reale del Signore nella sua Chiesa tutto cambia se è creduta. Perciò gli sono molto riconoscente”.
Stefan Oster - Fonte

13 commenti:

Anonimo ha detto...

Il Prof. Julio Loredo, nella sua introduzione, afferma: "Il processo rivoluzionario è esploso in ambito tendenziale e culturale, con l’umanesimo e un certo rinascimento, che hanno sovvertito in radice la mentalità dell’uomo medievale, innescando il processo storico poi identificato con la “modernità”.
https://campariedemaistre.blogspot.com/2019/04/libri-cristianita-dalla-periferia-al.html

tralcio ha detto...

Nel vangelo proposto oggi dalla Santa Messa, Gesù sprona Nicodemo a non meravigliarsi all'udire (più che un invito è un dovere) che: "dovete nascere dall'alto".

Nicodemo è di moda. Pare essersi diffuso nella gerarchia cattolica un certo scetticismo riguardo le cose soprannaturali. La Chiesa stessa è ridotta ad agenzia se non a partito, occupandosi di "cose concrete", fianco a fianco con il mondo al quale desidera piacere...

Gesù dice a chi avrebbe il compito di istruire e guidare il gregge per la salvezza delle anime (ecco la vera pastorale) che è l'ignoranza di queste cose (soprannaturali) a meravigliare Lui! E -senti senti-, proprio Lui, ponte tra il Cielo e la terra, divide quelli che sanno di che cosa stanno parlando e lo testimoniano da chi non accoglie questa testimonianza. Distingue pertanto "noi" da "voi"...

Infatti nel gruppo del "voi" il problema è che già nelle "cose terrene" c'è poca fede. Figuriamoci dovendo riferirsi a quelle ultraterrene! Il che non è un optional, ma la ragione stessa di essere considerati "uomini e donne di Dio" per il bene delle anime.

Oggi un articolo di A. M. Valli riporta all'attenzione le malefatte di un predatore seriale che per anni ha rappresentato il volto della Chiesa che denunciava lo schifo del vizio e si sarebbe dovuta occupare delle vittime. Questo uomo falso e ipocrita, capace di mentire, ha operato vestendo i panni da Cardinale... E' stato diabolico. Ha utilizzato gli strumenti del mondo (lusso, vizio, TV, soldi, potere, lauree, alleanze) per irridere il Cielo in spregio ai comandamenti offerti da Dio per "gestire" le faccende terrene secondo la volontà di Dio.

Gesù a Nicodemo ricorda che "Se vi ho parlato di cose della terra e non credete, come crederete se vi parlerò di cose del cielo? Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell'uomo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna".

Ci vuole proprio "un anticipo di simpatia" per capire chi parla di Cielo, mentre c'è solo chi si rigira nel fango, grugnendo o grufolando, ma mostrandosi profumato, impomatato e tutto sorridente, garantendo introiti, voti e chissà che altro.

Sono giorni in cui il calendario inanella Santi pesanti... San Luigi Maria, Santa Caterina, San Pio V, San Giuseppe lavoratore... Chissà se c'è chi ha ancora voglia di loro, o se invece si debba pensare piuttosto che ad essere "affidabile" e "credibile" sia chi è affine allo zio Ted... che non è piovuto dal Cielo, ma cresciuto in un terreno ben identificabile.

Proprio quel brodo di coltura che lo scritto di Benedetto XVI ha illustrato sapientemente.

Anonimo ha detto...

...ed allora perché non ha provveduto come cardinale e poi come papa? Anzi perché ha inventato pure un papato doppio?

Ratzinger? No, grazie. ha detto...

Io direi, oserei dire, anche basta con Ratzinger. Ha avuto il suo grande momento per cercare di riscattarsi dal suo ben noto afflato modernista che sempre lo ha caratterizzato (e ahimè lo abbiamo appurato durante il CVII e poi successivamente con la difesa continua di esso) col pontificato e l'ha gettato alle ortiche, di fatto poi consegnando pure l'oramai residuo povero desolato gregge al lupo...Il tutto continuando a restare vestito di bianco e abitando in Vaticano come Emerito papa, un titolo del tutto arbitrario e mai visto nella storia della Chiesa che non lo può prevedere. E come se non bastasse non discutendo mai alcuna decisione o atto (o omissione) di Bergoglio, anzi facendosi sempre più spesso ritrarre insieme amichevole e sorridente, dichiarando in OGNI OCCASIONE ufficiale e ufficiosa - e anche nelle interviste - di andare d'amore e d'accordo!

Insomma di guai già ne ha fatti a sufficienza ormai. Consegniamolo quindi alla storia e non pensiamoci più...(mio personale modesto suggerimento)

fabrizio giudici ha detto...

Certe critiche a Ratzinger sono ben motivate, giusto farle; non comprendo però perché dovremmo dire "consegniamolo alla storia". Pietro avrebbe dovuto essere consegnato alla storia dopo il canto del gallo? Non credo. Diciamo che c'è un Ratzinger da tenere e un Ratzinger da criticare, come dice Radaelli nel suo ultimo articolo.

PS Sul vestito bianco: negli ultimi tempi ho iniziato a credere che Ratzinger ritenga di essere "il vescovo vestito di bianco" del Terzo Segreto.

Anonimo ha detto...


Il processo rivoluzionario è esploso con l'umanesimo e un certo rinascimento...

Esatto. Ma non bisogna dimenticare l'esaurimento interno del pensiero medievale, la crisi della polis medievale per via del conflitto insanabile tra papato e impero e dell'anarchia inestinguibile. La Scolastica si era in pratica esaurita imbalsamando Aristotele da un lato, dall'altro scadendo nel volontarismo e nel nominalismo di un Occam, di un Duns Scoto. Il papato, nella sua legittima battaglia per difensersi dalla troppo pesante tutela imperiale, era scivolato su posizioni teocratiche, che lo immergevano senza scampo nella politica, anche quella meno buona. Cominciavano a diffondersi eresie, che battevano sul tasto della mondanizzazione della Chiesa, invocando una religiosità più attenta ai bisogni della coscienza individuale e usando gli aspetti negativi della Chiesa temporale come alibi per uscire dal seminato. La lotta contro il re di Francia finì con il Papa ad Avignone, lo Stato della Chiesa in dissoluzione. A ciò seguì il Grande Scisma d'Occidente, un'immane sventura, che tolse molto al papato, sul piano del prestigio. L'umanesimo si inserì in questo contesto. Un colpo mortale venne dalle scoperte geografiche e, ancor più, da quelle astronomiche, cose che venivano a scuotere (in apparenza) non solo i Testi Sacri ma anche l'immagine stessa del mondo finora condivisa da tutti.
Ci furono diversi elementi negativi a intersecarsi, alcuni dei quali interni alla Chiesa e al pensiero cattolico.
E perché a un certo punto, si andarono a cercare i modelli nell'antichità? La visione cristiana, la cultura cristiana, non se erano forse inaridite?
Z.
Z.

Anonimo ha detto...

Non so se pensi di essere il vescovo del 3° segreto o se sa cose che noi neppure immaginiamo, ma qualcosa comincia a muoversi, sono usciti tre libri di e su di lui e mons.Gaenswein ha tenuto una bella omelia per la consacrazione di 4 sacerdoti nel monastero di Heiligekreuze in Austria e terrà una conferenza il prossimo mese per presentare un libro e dire alcune cose, sulle foto ,sorridenti più o meno, penso che non gli sia data scelta, per la petizione di cui sopra, come dice la dott.ssa Guarini non è poi così semplice dichiarare un papa eretico e penso che non basterebbe neppure l'intervento autorevole di Ratzinger teologo e canonista, quanto ai processi sommari, lasciamo tempo al tempo, allora Gesù avrebbe dovuto cacciare tutti i discepoli. Segnalo una bella e argomentata dichiarazione del cardinale Mueller su lifesitenews, magari venisse tradotta.....
P.S. tra i firmatari ho visto deacon Nick, un caro amico di quando aveva il blog Protect the pope, poi fatto chiudere, wish you luck. no comment.

Anonimo ha detto...

A Fabrizio e anonimo 18,46 vorrei solo fare una precisazione: san Pietro non era Papa quando rinnegò prima del canto del gallo ma lo era quando fu rimproverato da san Paolo e si ravvide nel comportamento . Sorriso + o sorriso - non gli è stata data scelta, come dire che anche Gesù doveva sorridere invece di farsi condannare. Quanto ai processi sommari direi che di sommario ci sono delle azioni e degli scritti di entrambi questi 2 personaggi, mentre i dubia e altri richiami scritti pubblici, quindi ufficiali,non sono sommari x nulla, anzi manco han ricevuto risposta, quindi direi che è giusto procedere oltre.

Anonimo ha detto...

Vescovo del terzo segreto? Non direi proprio, e poi mi si chiarisca se è giusto affermare per scritto che i giudei non hanno bisogno di convertirsi a Cristo, e questo è stato dell'anno scorso, Ratzinger ha precisato il suo pensiero senza ombra di dubbi.

fabrizio giudici ha detto...

A Fabrizio e anonimo 18,46 vorrei solo fare una precisazione: san Pietro non era Papa quando rinnegò prima del canto del gallo

Sì, ma io non pensavo tanto al papato in questo caso: pensavo ad un "fedelissimo" di Cristo, che poi l'ha tradito gravemente, e poi è ritornato in carreggiata, facendo grandi cose. Finché c'è vita c'è speranza. Dunque, non è lecito consegnare già ora Ratzinger alla storia. Mi pare che il costante pungolamento di Radaelli, oltretutto, sia anche finalizzato ad una sua ancora sperabile auto-correzione.

Anonimo ha detto...

Segnalo:

https://opportuneimportune.blogspot.com/2019/04/la-sorgente-spiega-alla-foce-come-mai.html?m=1#more

Anonimo ha detto...

Scusate la brutale franchezza, l'attuale occupante del soglio papale se ne infischia altamente e non risponderà mai come finora ha fatto, continuerà dritto per la sua strada finché quelli che l'hanno messo lì non decideranno altrimenti.

Anonimo ha detto...


Il papa non risponderà alla Lettera Aperta...




Chi deve rispondere alla Lettera Aperta

La Lettera non è indirizzata al Papa ma ai vescovi. Chi deve rispondere, sono i vescovi
e i cardinali, in quanto vescovi.
Il caso di coscienza viene creato a loro. Se non rispondono, peggio per loro.
E la risposta qui è una sola, possibile : devono ammonire il papa a cambiar rotta.
Non importa siano in tanti ad ammonirlo, basterebbe anche un gruppetto.
Questa Lettera creerà forse degli imbarazzi a qualcuno, p.e. ai cardinali dei Dubia
superstiti. Non è indirizzata la Lettera ai cardinali come collegio né come individui.
Possono quindi tacere. Però sarebbe appunto imbarazzante per loro non prender posizione su una lettera del genere, un unicum nella storia della Chiesa, che fa parlare i fatti in modo serio ed equilibrato, senza uscire dal seminato teologico-canonistico. Ancor più imbarazzante, tuttavia, se la criticassero. Imbarazzante per loro, si capisce.
Z.