Dieci lunghi anni
In questi anni del pontificato di papa Francesco si è prodotta una rivoluzione antropologica dai contorni indefiniti; liquida, come del resto liquida è anche l’apostasia che flagella la Chiesa e la fede dei piccoli. Il cambiamento radicale, o riformismo, inizia con una virata morale di non poco conto, con Amoris laetitia [vedi] che prova ad allargare le maglie dell’amore. Rivolgendo tutto all’amore (parola più che realtà) si è provocata una re-finalizzazione battezzata come “cambio di paradigma”: non più la legge morale quale via sicura al fine, al bene, al centro dell’agire morale, ma l’amore espressione della misericordia. Quando non c’è più la verità della legge morale che preserva la verità della persona umana da ogni abuso, si sfocia nell’indifferentismo morale e nella giustificazione della pluralità degli amori.
Uno degli effetti più lampanti di questa rivoluzione copernicana è l’ammiccamento alla tesi luterana del peccato al centro dell’essere uomo, difatti sfociata nel più becero clericalismo. Accettare il peccato come inevitabile, rassegnarvisi, per poi scardinare la dottrina morale, è infatti il peggior clericalismo. Ormai non è più necessaria la conversione, ma l’accettazione di sé stessi, accettando il proprio peccato. Si fa dipendere così l’essere dal peccato. In verità, se il peccato non è redento non è neppure redimibile. Cristo è solo un di più inutile. È quel Crocifisso di duemila anni fa con cui Nietzsche voleva che morisse anche la sua morale.
Ma è proprio questo clericalismo contro cui a ragione si scaglia Nietzsche, definendolo “morale dei sacerdoti”, cioè un pretesto moralistico per tenere in pugno le anime dei semplici, costringendole alla rassegnazione a Dio e a Cristo in ragione della coscienza torturante del peccato. A Nietzsche, però, come ai suoi nuovi seguaci, sfuggiva un fatto: il peccato è redento, è sconfitto; al centro del disegno salvifico c’è Cristo e l’uomo nuovo – la vera grandezza dell’uomo è nel poter rinascere – ricreato in Lui mediante il dono della grazia e della carità.
Si è poi tentato un passo successivo. La dialettica “amore versus legge” ha condotto, con un tentativo quasi martellante, come il fatto di essere peccatori, a far posto all’amore omosessuale e alla cultura LGBTQ+, spingendo così la “rivoluzione dell’amore” (o meglio dell’egoismo) fino al ciglio del precipizio. Ormai è evidente che è in gioco non il quanto si può essere pastorali, ma il vero significato attribuito all’essere umano.
Vescovi contro vescovi si azzuffano sul valore immutabile di ciò che Dio ha fatto creando l’uomo. I vescovi americani, in data 20 marzo 2023, approvano un’ottima nota dottrinale per porre il limite morale alle tecnologie che manipolano il corpo umano con mutilazioni volte a cambiare il genere sessuale. Ribadiscono che ciò che Dio ha fatto creando l’uomo è cosa buona e che non si dà mai un “essere nati in un corpo sbagliato”. Corpo e anima sono l’uomo nella sua interezza e entrambi esprimo l’immagine somigliante di Dio. Anche i vescovi scandinavi, in una Lettera pastorale sulla sessualità umana per la Quaresima 2023, ribadiscono la verità non negoziabile del piano naturale del Dio creatore. La Chiesa ascolta tutti ma non baratta la sua dottrina perché c’è di mezzo il vero volto di Dio e perciò la vera dignità dell’uomo da salvaguardare contro le manipolazioni arcobaleno. Contro questi, scendono in campo i vescovi belgi e tedeschi, i quali decidono a maggioranza di benedire le coppie omosessuali e così con la pretesa dell’inclusione e della pastoralità, benedicono l’ideologia omosessualista, scardinando la Rivelazione divina. L’omoeresia sembra ora avere diritto di cittadinanza, accolta, come molti altri errori, sotto il manto misericordioso della pastorale.
Davvero qualcosa di inaudito e senza precedenti. Ormai la battaglia si combatte apertamente nella Chiesa e non su un articolo di fede, quale ad esempio, al tempo dell’arianesimo, il mistero teandrico di Cristo, ma su una questione ancora più fontale, che fa da impalcatura alla fede e che perciò se crolla, crolla inevitabilmente l’edificio della Rivelazione. È in gioco la questione dell’uomo così come creato da Dio e la sua identità di maschio e femmina; il matrimonio quale alleanza naturale e soprannaturale tra l’uomo e la donna, perciò la Chiesa quale mistero sponsale. Se cade la complementarietà tra uomo e donna cade a maggior ragione la significazione tipologico-sponsale di Cristo e della Chiesa, cade il mistero Chiesa, si aboliscono i sacramenti, viene annullata la grazia. E molto altro, con un effetto domino devastante, i cui prodromi sono già in Amoris laetitia. Si tratta di un caso molto serio. Dietro l’apparente misericordia nel benedire ogni tipo di amore, perché in fondo “l’amore è amore”, c’è una menzogna antropologica di un uomo che si vuole fare da sé senza Dio e contro di Lui. Un Eden redivivo, dove il vero maestro in cattedra è il diavolo.
Siamo dinanzi a una rivoluzione che mette mano su ciò che è davvero essenziale, naturale, umano. Ma come tutte le rivoluzioni che si gloriano di questo nome, l’arresto non è mai prevedibile. La nostra è andata ancora più a fondo. Non si arresta all’uomo. Prova poi a sostituire la natura umana, l’uomo creato e redento, con la natura verde, con gli alberi e i ruscelli. La svolta antropocentrica di Gaudium et spes, benedetta da Paolo VI, criticata durante il Concilio da K. Rahner, ma poi promossa e sviluppata proprio da lui nel post-concilio, è ormai solo una reminiscenza arcobaleno di voglie e di istinti benedetti con tanto di acqua santa. Al centro però non c’è più l’uomo, né tantomeno Cristo, ma Madre-Terra. L’ecologismo è la nuova soteriologia, e gli esperti di cambiamenti climatici i suoi profeti. Stupiti, ci si chiede attoniti come si è potuto arrivare a ciò. Cosa non ha funzionato a livello filosofico-teologico perché si postulasse la salvezza del pianeta, condannando il “peccato verde” ma aprendo le porte al peccato vero e alla miseria umana? Cristo non c’è, ma dopotutto non ci sembra neppure così rilevante. È un mezzo per parlare di altro. È un nome per darsi un nome nell’areopago multiculturale e sincretistico di oggi. Dio sembra essere solo un nome per mettere insieme le religioni più diverse. Ma di Dio non c’importa più di tanto.
Cos’è successo? Tra le varie cose che si sono aggrovigliate nel corso di quest’ultimo scorcio di secolo, se vogliamo trovare un punto di partenza, è stato soprattutto un errore di metodo, come scrivevo nel mio ultimo editoriale per Fides Catholica (2 (2022), pp. 5-14). Il metodo pastorale, elevato a principio nel discorso di Giovanni XXIII all’apertura del Vaticano II, ha fatto sì che si rendesse, a lungo andare, prassi la dottrina. L’organo docente, il magistero, fu travasato in quello discente, quando il “Papa buono”, in quel discorso programmatico, invocava un magistero dall’indole più pastorale. Il magistero di prima non era pastorale? O non era stato sufficientemente pastorale? Quale era la misura della vera pastoralità? Nessuno lo sapeva, neppure il papa. Ora siamo di fronte a un problema leggermente diverso, ma una logica conclusione di quell’appello: l’organo docente della Chiesa è diventato discente con il Sinodo sinodale (la tautologia è di fabbrica), mentre quello discente, i fedeli, sempre in virtù dello stesso Sinodo, l’organo docente. Una rivoluzione piramidale, diceva Francesco, in cui la base è al vertice e il vertice capovolto che funge da base. Alcuni fedeli dicono ciò che vogliono, i vescovi apprendono e votano con i fedeli. Pecore di un gregge smarrito che si autoregolano seguendo i dettami del pensiero dominante.
Dopotutto sembra di essere intrappolati in un labirinto autocelebrativo, dove conciliare è sinonimo di sinodale, sinodale sinonimo di Chiesa e Chiesa sinonimo di Concilio Vaticano II. Sì, il problema è da ricondursi all’inizio del Vaticano II, al desiderio di instaurare con la pastoralità conciliare una sorta di dottrina del metodo. Così la dottrina, come sempre concepita, divenne un modo, un metodo soggettivo.
Ci si potrebbe anche chiedere cosa ci si può aspettare subito dopo questa rivoluzione, che ora a ragione è doveroso definire antropo-naturistica, antropologica con risvolti naturistici, di superamento della fissità della natura umana con la flessibilità di forme naturali di vita semplice, vegetale, e con un contatto più intenso con la natura. Cosa aspettarsi? Il nulla. Ma un nulla liquido, anch’esso dai confini indefiniti, incerti, non descrivibili, solo raccontabili. La teologia narrativa è un nuovo approdo della teologia post-metafisica o piuttosto della filosofia religiosa. Forse siamo già in questa fase ma non ce ne accorgiamo. Ci auto-celebriamo. Se c’è però ancora qualcuno che ha a cuore Cristo e la sua Chiesa, la persona umana creata da Dio e il significato dell’essere uomo, faccia qualcosa. Si faccia sentire. L’alternativa è tacere per sempre, ingoiati nei gorghi di un nulla che non appare tale ma che tale è. P.S. Per approfondire questo tema e per scoprire altri temi affini di storia, filosofia e teologia, il lettore può visitare il sito fidescatholica.com e abbonarsi alla nostra rivista teologica.
padre Serafino Lanzetta, 29 marzo 2023 - Fonte padre Serafino Lanzetta
P. Serafino M. Lanzetta svolge il suo ministero sacerdotale nella Diocesi di Portsmouth (Inghilterra), è libero docente di Teologia dogmatica presso la Facoltà Teologica di Lugano e direttore editoriale della rivista teologica Fides Catholica. Per una lista aggiornata di tutte le sue pubblicazioni si veda il suo profilo qui sul sito della Facoltà Teologica di Lugano.
6 commenti:
Mi sembra che padre Serafino abbia (finalmente) fatto un ulteriore e credo definitivo passo avanti in merito al Vaticano Il. Infatti, basta leggere i suoi scritti precedenti,in merito, dove esprimeva una grande prudenza, a dir poco.
C'era il palese timore (comprensibile) di consumare uno strappo.
Mi fa molto piacere, ora si che parla chiaro, senza ambiguità, che il Signore lo benedica.
Condivido quanto scritto dall'autorevole teologo.
Una domanda banale forse: perché i vescovi belgi e tedeschi che sdoganano la benedizione delle coppie omosessuali non vengono scomunicati?
Si possono ancora definire cattolici?
Temono il rinsecchimento delle entrate cospicue teutoniche?
Non vogliamo mica pensare che la gerarchia vaticana sia gay-friendly? Quando mai! Hanno forse paura che le già scarne truppe clericali si assottiglino ancora di più segando il ramo sodomitico? Cosa è stato insegnato (e tollerato) nei seminari negli ultimi decenni?
A pensar male.......
Gz
La Chiesa con il pontificato di Papa Bergoglio, contraddittorio, ambiguo, puntato assai più su problemi terreni che su Dio e Cristo, e con soluzioni talora assai conformi allo spirito anticattolico progressista dominante nel mondo, ha perso enormemente slancio, motivazione, autorevolezza, credibilità.
Appare senza identita', disorientata, stanca.
Occorre un Papa contemplativo, che la riporti con entusiasmo e totale certezza di fede alla prioritaria divina trascendenza, a Cristo, Figlio di Dio morto per noi, risorto e vivente tramite il suo Spirito nella Chiesa.
Cristo deve ritornare al centro, al primo posto per l'intera Chiesa!
Come dice don Divo Barsotti, nel suo diario capolavoro spirituale del 57 "La fuga immobile" : "Il cristianesimo è prima di tutto una religione, è anzi la Religione... Non bisogna ridurre il cristianesimo ad una dottrina sociale... Gli è essenziale il rapporto non tanto dell'uomo con l'uomo ma dell'uomo con Dio e di Dio con l'uomo ...Anche qui trovano conferma le parole del Vangelo : "Cercate prima di tutto il Regno di Dio e la sua giustizia, il resto vi sarà dato in sovrappiu' ".
Cosa succederà se verranno approvati dal (Papa?) il "matrimonio" (o anche "solo" una benedizione) per le coppie sodomitiche e se venisse ordinato ai sacerdoti cattolici di non rifiutare tali "matrimoni"/tali benedizioni?
Si obbedirà obtorto collo?
Si disobbedirà accettando le eventuali sanzioni canoniche che, inevitabilmente, arriveranno?
Si disobbedirà e si ignoreranno le sanzioni?
Si smetterà di considerate "cattolica" la gerarchia che dovesse approvare questo abominio e quindi le si negherà ogni tipo di obbedienza e di assenso?
La uniche soluzioni valide sono la terza e la quarta...e io propenderei per la quarta (se la Chiesa Cattolica approvasse tali unioni le porte dell'Inferno avrebbero prevalso, quindi non sarebbe né lecito né tantomeno doveroso riconoscere Autorità a tali falsi pastori).
Purtroppo molti conservatori sceglieranno le prime due soluzioni e, come è abitudine dei conservatori, criticheranno come "disobbedienti" o "scismatici" coloro che, per non disobbedire a Dio, sceglieranno le terza o la quarta soluzione.
Già mi immagino le insulse e pretestuose citazioni del comportamento di Padre Pio o il citare a vanvera gli scritti di Don Dolindo Ruotolo...entrambi esempi che con l'attuale situazione c'entrano come i cavoli a merenda!
Cavalcoli direbbe che quei Matrimoni erano già contenuti IMPLICITAMENTE nella Rivelazione e che, in ogni CASO, non è lecito contestare il "magistero vivente" citando la Scrittura, la Tradizione ed il Magistero Precedente.
E,PROBABILMENTE, don Ariel (che elogia, Vauro, Cecchi Paone e Luxuria) minaccerebbe l'Inferno a quei "disobbedienti" che osassero disobbedire ad un "legittimo ordine del Santo Padre".
"non su un articolo di fede, quale ad esempio, al tempo dell’arianesimo"
Ma S.Atanasio era forse un conservatore-semiariano?
O non fu proprio grazie alla sua irriducibile intransigente determinazione (e di alcuni altri al pari di lui) che fu salvata la retta fede cattolica?
Difficile che l'attuale papa approvi formalmente la "benedizione" delle "coppie" omosessuali, a sua volta un atto che vuole essere (fortemente) simbolico.
L'approverà di fatto, lascerà fare, come ha fatto finora.
La sua tattica di smantellamento della morale della Chiesa è ormai ben nota.
Piuttosto bisognerebbe riprendere il discorso sul papa eretico.
Forse è mancata finora l'audacia intellettuale necessaria per ricavarne una possibile procedura per eresia nei confronti di un pontefice disseminatore manifesto di eresie e attentati all'etica cristiana.
Il sedevacantismo non risolve il problema. Perché la Sede sia vacante occorre sempre un'autorità che la dichiari vacante, p.e. per manifesta eresia del papa regnante.
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