Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

sabato 4 marzo 2017

Francesco eretico? - Don Jean-Michel Gleize

Don Jean-Michel Gleize, sacerdote della Fraternità San Pio X, 
professore di ecclesiologia al Seminario Internazionale San Pio X di Écône
Pubblicato su Courrier de Rome n° 595, gennaio 2017 e su La porte Latine. Ripreso da Una Vox

1. Trattare il proprio avversario da “eretico” poteva essere accettabile in un certo contesto ecclesiale ormai superato. Più precisamente, gli uomini di Chiesa, fossero o no teologi, hanno conosciuto anch’essi il loro repertorio di ingiurie. L’invettiva è di tutti tempi e di tutte le professioni. Se ne trovano buone tracce già nel Vangelo, fin sulla bocca del Verbo Incarnato. Se ne può rimpiangere la rarefazione, a partire dall’ultimo concilio, e deplorare il tono confortevole e mielato che regna ormai nei dialoghi interconfessionali.
L’uso dell’ingiuria dovrebbe rimanere legittima, ma a condizione che non se ne fraintenda la portata, che sarà sempre limitata. Molto spesso, essa perde infatti il suo valore originario e rappresenta solo l’estrema risorsa di coloro che non hanno più argomenti e vogliono solo evitare di perdere la faccia. E non parliamo della demonizzazione, che è una forma di manipolazione in grande scala. In breve, saremmo in piena retorica e, se si vuole, al di fuori del terreno propriamente teologico. La retorica può eventualmente servire di sostegno alla teologia, ed è proprio su questo che si fonda la sua legittimità, ma non può rimpiazzarla e ancor meno mascherarne la vacuità.

2. Cosa diversa è la censura dottrinale: questa è un’espressione tecnica e fa parte di quelle a cui ricorrono gli specialisti per dare una valutazione per quanto possibile precisa.
La qualificazione di “eretico” corrisponde a questo linguaggio di precisione che usa il teologo; essa si applica in questo senso ad una persona i cui fatti e detti manifestano a sufficienza un rifiuto o una messa in dubbio di quanto proposto da un dato rivelato, espresso dal Magistero infallibile della Chiesa. Essa si applica anche, di conseguenza o per estensione, ad una proposizione che è in accertata contraddizione col dogma.

3. Applicare questo genere di qualificativo ad una persona o ad una proposizione, implica dunque che si sia preventivamente verificato il rifiuto o la contraddizione in questione. Non si tratta solo di sapere se vi è o no un rifiuto o una contraddizione, si tratta anche di verificare se questo rifiuto o questa contraddizione riguardano precisamente un dogma, cioè una verità, non solo rivelata, ma anche proposta come tale da un atto infallibile del Magistero ecclesiastico.
Questo per dire della complessità di ciò che sta dietro il termine “eretico”.

4. La domanda che qui ci poniamo è estremamente precisa: Papa Francesco merita tale qualificazione alla luce della semplice teologia, come essa può farlo in ragione delle sue competenze reali e riconosciute, chiunque sia il membro della Chiesa che l’insegna? Ed egli, la merita a causa di ciò che afferma nell’Esortazione apostolica Amoris laetitia?
Quarantacinque teologi hanno creduto di poterlo affermare. Quattro cardinali lasciano chiaramente intendere che, in mancanza di una risposta soddisfacente ai loro dubia, il Sommo Pontefice potrebbe meritare l’attribuzione di una tale censura.
Che dire? Gettiamo semplicemente un colpo d’occhio sui cinque dubia presentati dai quattro cardinali e sui passi corrispondenti di Amoris laetitia, quelli il cui significato è oggetto del dubbio.
Per farla breve e per essere quanto più chiari è possibile, noi formuleremo l’idea sostanziale di ogni dubbio.

5. Il primo dubbio pone la domanda a proposito dei §§ 300-305 di Amoris laetitia: è possibile dare l’assoluzione e la comunione sacramentale a delle persone divorziate e risposate che vivono nell’adulterio impenitente?
Per quanto attiene alla dottrina cattolica, la risposta è no.
Che dice precisamente Amoris laetitia? Il passo seguente del n° 305 dice così:
«A causa dei condizionamenti o dei fattori attenuanti, è possibile che, entro una situazione oggettiva di peccato – che non sia soggettivamente colpevole o che non lo sia in modo pieno – si possa vivere in grazia di Dio, si possa amare, e si possa anche crescere nella vita di grazia e di carità, ricevendo a tale scopo l’aiuto della Chiesa.»
[Si legge in nota: «In certi casi, potrebbe essere anche l’aiuto dei Sacramenti. Per questo, “ai sacerdoti ricordo che il confessionale non dev’essere una sala di tortura bensì il luogo della misericordia del Signore” (Esortazione apostolica Evangelii gaudium, 44). Ugualmente segnalo che l’Eucaristia “non è un premio per i perfetti, ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli” (ibid., 47)»].
Qui il dubbio sorge con la nota. E’ fuori dubbio che l’ignoranza non colpevole del peccato scusa dal peccato. Ma a coloro che sono vittime di questa ignoranza e che quindi beneficiano di questa scusa, la Chiesa offre innanzi tutto l’aiuto della sua predicazione e dei suoi avvertimenti, la Chiesa comincia a mettere fine all’ignoranza, aprendo gli occhi degli ignoranti sulla realtà del loro peccato. L’aiuto dei sacramenti può venire solo in seguito e solo se i detti ignoranti ormai istruiti sulla gravità del loro stato, sono decisi a mettere in essere la loro conversione e ne hanno ciò che si chiama fermo proposito. In mancanza di questo, l’aiuto dei sacramenti sarebbe inoperante e rappresenterebbe anch’esso un’oggettiva situazione di peccato.
Qui abbiamo quindi a che fare con un dubbio nel senso stretto del termine, cioè con un passo suscettibile di dubbia interpretazione. E questo dubbio sorge proprio sull’espressione indecisa della nota: “in certi casi”. Per dissipare questo dubbio è indispensabile indicare chiaramente quali sono i casi in cui l’aiuto sacramentale della Chiesa si ritiene possibile, e dire che si tratta di situazioni sulle quali i peccatori sufficientemente informati sono già decisi a uscire dall’oggettiva situazione di peccato.

6. Il secondo dubbio pone la questione a proposito del § 304: esistono degli atti intrinsecamente malvagi da un punto di vista morale, che la legge riprova senza alcuna possibile eccezione?
Per chi si attiene alla dottrina cattolica, la risposta è .
Che dice precisamente Amoris laetitia? Il n° 304, citando la Somma teologica di San Tommaso d’Aquino (1a2ae, questione 94, articolo 4), insiste sull’applicazione della legge, piuttosto che sulla legge stessa, e mette in evidenza la parte che riguarda il giudizio di prudenza, il quale potrebbe esercitarsi solo caso per caso, in stretta dipendenza di circostanze uniche e singolari.
«È vero che le norme generali presentano un bene che non si deve mai disattendere né trascurare, ma nella loro formulazione non possono abbracciare assolutamente tutte le situazioni particolari. Nello stesso tempo occorre dire che, proprio per questa ragione, ciò che fa parte di un discernimento pratico davanti ad una situazione particolare non può essere elevato al livello di una norma.»
Questo passo, propriamente parlando, non introduce un’ambivalenza; esso insiste solo troppo su una parte della verità (l’applicazione prudente della legge), al punto da lasciare nell’ombra l’altra parte della verità (il valore necessario della legge), che è importante quanto la prima. Il testo pecca dunque per omissione, generando così una cattiva lettura.

7. Il terzo dubbio pone la questione a proposito del § 301: si può dire che le persone che vivono abitualmente in contraddizione con un comandamento della legge di Dio (come per esempio quello che vieta l’adulterio) sono in un’oggettiva situazione di peccato grave abituale?
La risposta cattolica è .
Amoris laetitia qui dice: 
«Per questo non è più possibile dire che tutti coloro che si trovano in qualche situazione cosiddetta “irregolare” vivano in stato di peccato mortale, privi della grazia santificante.»
Qui ci sono due punti da mettere in evidenza. Il primo punto è che la frase citata pone per principio l’impossibilità di un’affermazione universale. Essa non nega la possibilità di dire che i pubblici peccatori siano privati della grazia, nega solo la possibilità di dire che i pubblici peccatori lo siano tutti. Simile negazione è sempre stata insegnata dalla Chiesa. Infatti, nel concreto degli atti umani esiste ciò che si chiamano cause (o condizionamenti) scusanti. In ragione di esse il peccatore può non essere moralmente responsabile dell’oggettiva situazione di peccato. Queste cause sono, non solo l’ignoranza, ma anche le carenze di tipo emozionale, affettivo o psichico, e il § 302 ne fornisce i dettagli appoggiandosi all’insegnamento del nuovo Catechismo della Chiesa Cattolica del 1992.
Tuttavia, questi motivi discolpanti (quand’anche fossero frequenti, cosa che resta da provare) discolpano la persona, ma non per questo fanno cessare la situazione oggettiva di peccato: il peccatore discolpato soggettivamente non cessa di trovarvisi oggettivamente.
E’ nell’omettere questa capitale distinzione che il passo di Amoris laetitia introduce anche qui il dubbio.

8. Il quarto dubbio pone la questione a proposito del § 302: si può ancora dire, dal punto di vista morale, che un atto già intrinsecamente malvagio in ragione del suo oggetto, non può mai divenire buono in ragione delle circostanze o dell’intenzione di colui che l’ha compiuto?
La risposta cattolica è .
Amoris laetitia dice: 
«un giudizio negativo su una situazione oggettiva non implica un giudizio sull’imputabilità o sulla colpevolezza della persona coinvolta».
Questo è vero, ma il reciproco non lo è, ed è per omettere di dirlo che questo passo introduce ancora il dubbio.
Se un divorziato risposato pecca, egli pecca in quanto tale, precisamente perché vive nella situazione oggettiva di divorziato risposato, che è la situazione oggettiva di peccato grave, che come tale richiama un giudizio negativo.
Se il divorziato risposato non pecca, non è in quanto tale, ma proprio per altre ragioni diverse dalla sua situazione oggettiva di divorziato risposato, che porta da sé al peccato. Qui la confusione si verifica tra la malizia intrinsecamente malvagia di un atto e l’imputabilità di questa malizia a colui che commette l’atto. Le circostanze dell’atto e l’intenzione di colui che commette l’atto possono avere l’effetto di annullare l’imputabilità della malizia dell’atto, ma non di annullare la malizia dell’atto.
Questo quarto dubbio deriva dalla stessa omissione presente nel terzo.

9. Il quinto dubbio pone la questione a proposito del § 303: si può dire che la coscienza deve rimanere sempre sottomessa, senza alcuna possibile eccezione, alla legge morale assoluta che interdice gli atti intrinsecamente malvagi in ragione del loro oggetto?
La risposta cattolica è sì.
Amoris laetitia ripete qui la falsa confusione già introdotta da Francesco nella sua intervista con il giornalista Eugenio Scalfari (1). Nessuno può agire contro la sua coscienza, anche erronea. Tuttavia, dire che la coscienza, anche erronea, obbliga, significa direttamente che è male trasgredirla; ma questo non implica affatto che sia bene seguirla. Se la coscienza è nell’errore, perché non è conforme alla legge di Dio, basta non seguirla perché la volontà sia cattiva, ma non basta seguirla perché la volontà sia buona. San Tommaso (2) fa notare che la volontà di coloro che uccisero gli Apostoli era cattiva. Tuttavia essa si accordava con la loro ragione erronea, secondo quanto dice Nostro Signore nel Vangelo (Gv. 16, 2): «verrà l'ora in cui chiunque vi ucciderà crederà di rendere culto a Dio». Questa è la prova che una volontà conforme ad una coscienza erronea può essere cattiva.
Ed è proprio questo che Amoris laetitia non precisa, introducendo qui un quinto dubbio.

10. I cinque dubbi quindi sono perfettamente fondati. La radice è sempre la stessa, e cioè la confusione tra il valore morale dell’atto, valore strettamente oggettivo, e la sua imputabilità a colui che lo compie, imputabilità strettamente soggettiva.
Anche se può accadere che la malizia morale non sia imputabile soggettivamente, perché la persona che compie l’atto ne è scusato (il che resta da verificare, per quanto possibile, in ciascun caso), l’atto corrisponde sempre e dovunque ad una malizia oggettiva e pertanto si trova all’origine di una oggettiva situazione di peccato, che sia di fatto imputabile o no a colui che vi si trova.
La dottrina tradizionale della Chiesa dà il primato a quest’ordine oggettivo della moralità dell’atto, che deriva dal suo oggetto e dal suo fine. Amoris laetitia, capovolgendo quest’ordine, introduce il soggettivismo nella morale.

11. Simile soggettivismo, preso sia nel suo principio sia nelle cinque conclusioni che ne derivano qui, rappresenta la negazione di una verità divinamente rivelata e proposta come tale da un atto infallibile del Magistero ecclesiastico?
Per poter concludere che Amoris laetitia presenta tante eresie quanti i punti segnalati e che Francesco merita la qualificazione teologica equivalente, bisognerebbe rispondere sì.

12. E per stabilire questa conclusione, bisognerebbe verificare due cose.
Primariamente: le cinque verità minate da questi cinque dubbi, sono altrettanti dogmi?
Secondariamente: Amoris laetitia rappresenta la negazione o quanto meno la messa in dubbio formale e sufficientemente esplicita di questi dogmi?
La risposta a questi due interrogativi è lungi dall’essere evidente e certa. Poiché la nuova teologia di Francesco, che prolunga quella del Vaticano II, evita questo genere di opposizione formale nei confronti delle verità già proposte infallibilmente dal Magistero anteriore al Vaticano II. Essa pecca il più sovente per omissione o per ambivalenza. Dunque è dubbia nella sua stessa sostanza. E lo è nella misura stessa in cui è modernista o più precisamente neo-modernista.
Il capitolo VIII di Amoris laetitia si definisce, come gli altri, per l’intenzione fondamentale assegnata dal Papa a tutto il testo dell’Esortazione e che è di raccogliere i «contributi dei due recenti Sinodi sulla famiglia, unendo altre considerazioni che possano orientare la riflessione, il dialogo e la prassi pastorale» (3). Vi si trova dunque né più né meno che materia di riflessione, dialogo o prassi; che non è certo materia di negazione aperta o di messa in dubbio. O piuttosto, se Amoris laetitia si rivela essere un fattore di eresia, questo si ha in maniera assolutamente unica, sorniona e subdola come lo stesso modernismo, e cioè attraverso una pratica e un’abitudine, piuttosto che nel quadro di un insegnamento formale.

L’eresia (se c’è) di Papa Francesco è quella di una sovversione pratica, di una rivoluzione nei fatti, e noi diremmo volentieri che si tratta di quello che finora è rimasto nascosto dietro il nuovo concetto di «Magistero pastorale».
Ora, in questo dominio, le censure dottrinali difficilmente hanno presa. Le censure stabiliscono infatti un rapporto di contrarietà logica tra una data proposizione e il dogma precedentemente definito; e questo rapporto può aver luogo solo tra due verità speculative derivanti da uno stesso ordine di conoscenza. Mentre invece la sovversione consiste nel suscitare nei cattolici dei comportamenti derivanti da princípi opposti alla dottrina della Chiesa.
E’ in questa ottica che Amoris laetitia, mentre riafferma il principio dell’indissolubilità del matrimonio (ai nn° 52-53, 62, 77, 86, 123, 178), legittima un modo di vivere nella Chiesa che deriva dal principio opposto a quello dell’indissolubilità (243, 298-299, 301-303): il Magistero neomodernista riafferma il principio cattolico del matrimonio mentre autorizza che in pratica tutto si svolga come se fosse vero il principio opposto. Come censurare una cosa così? La nota d’eresia (intesa nel senso stretto di una valutazione dottrinale) conserverebbe ancora il suo senso?

13. In materia di censure è difficile trovare l’espressione meglio appropriata e non è raro che i teologi divergano nelle loro valutazioni.
Senza voler affermare che le loro intuizioni siano false, né che le valutazioni contrarie alle loro siano vere, noi vorremmo attirare l’attenzione dei cattolici perplessi su una difficoltà di cui forse non sempre si tiene conto a sufficienza. La difficoltà di questo neomodernismo proprio del Vaticano II che procede molto più a modo di una sovversione nei fatti che di un’eresia dottrinale nei testi. La prova di questa difficoltà ci viene peraltro fornita, quasi suo malgrado, dal Prefetto della Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede. Interrogato sabato 7 gennaio da un canale italiano d’informazione, il cardinale Müller ha dichiarato che l’Esortazione apostolica Amoris laetitia 
«è molto chiara nella sua dottrina» e che la si può interpretare in maniera da ritrovarvi «tutta la dottrina di Gesù sul matrimonio, tutta la dottrina della Chiesa in duemila anni di storia». Secondo lui, Papa Francesco «chiede di discernere la situazione di queste persone che vivono un’unione irregolare, e cioè che non rispettano la dottrina della Chiesa sul matrimonio, e chiede che si venga in aiuto di queste persone perché possano trovare una strada in vista di una nuova integrazione nella Chiesa».
In conseguenza di ciò, il cardinale ritiene che non sarebbe possibile procedere alla correzione fraterna richiamata dal cardinale Burke, visto che in Amoris laetitia non vi è «alcun pericolo per la fede» (4).

In realtà, il pericolo è ben reale e il cardinale Burke ha giustamente reagito nei confronti di questa dichiarazione del cardinale Müller, confermando la necessità di una correzione pontificia.
Il dibattito è dunque lungi dall’essere vano, ma non si perda di vista il suo oggetto: qui non si tratta dello scandalo di un’eresia formulata dottrinalmente, bensì di quello di una prassi che spiana la via alla rimessa in questione della verità cattolica sull’indissolubilità del matrimonio.

Per riprendere gli stessi termini di San Pio X: i sostenitori della nuova teologia morale procedono con una tale raffinata abilità da abusare facilmente degli spiriti male informati(5). Essi favoriscono l’eresia pur avendo l’aria di restare cattolici.
Favorire l’eresia: esattamente ciò che corrisponde alla nota teologica che Mons. Lefebvre ritenne di dover utilizzare per caratterizzare la nocività del Novus ordo Missae (6).
Fatto salvo qualunque altro miglior parere, noi vi ricorriamo volentieri per qualificare la difficoltà maggiore posta oggi dall’Esortazione apostolica Amoris laetitia alla coscienza dei cattolici.
___________________________________
1 - Dialogo di Francesco con Eugenio Scalfari, pubblicato su La Repubblica il 1 ottobre 2013 - http://www.repubblica.it/cultura/2013/10/01/news/papa_francesco_
a_scalfari_cos_cambier_la_chiesa-67630792/?ref=HRER3-1
[NDT - lo stesso testo riportato su L’Osservatore Romano del 2 ottobre 2013 non è più reperibile su Internet]
2 - Summa theologica, 1a2æ, questione 19, articolo 6, Sed contra.
3 - Amoris laetitia, n° 4.
4 - L’intera dichiarazione è contenuta nell’intervista rilasciata dal Cardinale Müller a tgcom24 l’8 gennaio 2017 - http://stanzevaticane.tgcom24.it/2017/01/08/non-ci-sara-alcuna-correzione-
al-papa-sui-divorziati-risposati-intervista-al-card-muller/
5 - San Pio X, Enciclica Pascendi.
6 - «Mgr Lefebvre et le Saint-Office», in Itinéraires n° 233 del maggio 1979, p. 146-147.

18 commenti:

irina ha detto...

La pastorale e la dogmatica:essendo ong gay in location di grande bellezza, la presa per i fondelli artistica ne scaturisce organica.

Luisa ha detto...

Non penso do essere OT se segnalo una riflessione di Enrico Roccagiachini pubblicato da Campari & de Maistre e ripreso da MiL:

"La confraternita degli apoti (quelli che non se la bevono)"
   
http://www.campariedemaistre.com/2017/02/la-confraternita-degli-apoti-quelli-che.html

Riprendo solo questi due passaggi:

-"È pensabile una sorta di ideale “marcia dei quarantamila” dei cattolici che desiderano mantenersi tali?
In altri termini: è forse giunto il momento di lanciare il manifesto degli apoti – anzi dei catto-apoti?

Il manifesto di coloro che non si bevono: la riduzione della misericordia a figura od espediente retorici; l’attribuzione di valore teologico all’ecologismo alla Al Gore; la collegialità di cartapesta attorno al più roccioso autoritarismo; il sociologismo esasperato, in ritardo più o meno di quarant’anni; l’aritmetica teologica del due più due uguale cinque; la spocchia di chi diffida delle parole del Verbo, perché non ci sono pervenute su supporto magnetico; Napolitano e la Bonino tra i grandi dell’Italia di oggi, o Enzo Bianchi tra i grandi dell’odierna Chiesa; la sussiegosa condanna della rigidità, che cela tutta l’insofferenza per chi si sforza di vivere come pensa e crede, anziché abbandonarsi a pensare e credere come vive; il disprezzo del diritto mascherato da irresistibile volontà di risanamento; l’incoerenza e la contraddizione spacciate per libertà evangelica; il culto della personalità travestito da amore per la semplicità e la modestia; e tutto il resto che abbiamo quotidianamente sotto gli occhi.

Il manifesto di coloro che non si bevono il mantra del “finalmente”: di una chiesa “finalmente” accogliente, inclusiva, comprensiva, misericordiosa, povera per i poveri, pacifica, evangelica, ecumenica... che, insomma, in questi ultimi duemila anni testé trascorsi avrebbe capito poco del Vangelo, ancor meno del mondo, flirtato col potere, corrotto gli animi, ecceduto in pizzi e merletti, relegato il popolo nell’ignoranza, parlato una lingua morta, oppresso i fedeli con dogmi e divieti, diviso la cristianità respingendo orientali e luterani, fatto criminale proselitismo e, soprattutto, ingiustamente negato la comunione ai plurigami! Che non si bevono, in altri termini, la nuova Chiesa grande, strana, e stravagante, in cui tutti – evangelici, cattolici e sette di ogni denominazione; forse anche i mussulmani – possano riunirsi e avere uguali diritti (ma differenti dottrine: la dottrina è un puro gioco intellettuale, con “la vita reale delle persone” non c’entra), e pensano che, invece, Dio abbia altri progetti, e magari sia pure cattolico... NB: il riferimento alla beata Caterina Emmerich è anch’esso voluto. 



Anonimo ha detto...

"Dubbi" dopo tutti gli atti che si sono aggiunti purtroppo non c'è ne sono più ....

Anonimo ha detto...

Tentando, ogni giorno grazie a voi, di capir qualcosa nella situazione pesante e intricata, che sempre più confonde il piccolo fedele...
leggo nell'art. qui riportato:
"In breve, saremmo in piena retorica e, se si vuole, al di fuori del terreno propriamente teologico."
e chiedo: qualcuno cortesemente mi può chiarire il significato di questa frase, cioè, in quale caso si tratterebbe di "retorica" e "fuori dal terreno teologico" ?
grazie per l'atttenzione.

Anonimo ha detto...

Id est: non è eretico, ma dà scandalo.
Ergo il Timbro è buona cosa.

mic ha detto...

"In breve, saremmo in piena retorica e, se si vuole, al di fuori del terreno propriamente teologico."
e chiedo: qualcuno cortesemente mi può chiarire il significato di questa frase, cioè, in quale caso si tratterebbe di "retorica" e "fuori dal terreno teologico" ?


Francamente non saprei trovare le parole anche perché non sono affatto convinta che sia solo "retorica" o, se lo fosse, dimostrerebbe una ignoranza inaccettabile per la funzione rivestita.

Marisa ha detto...

"L'eresia (se c'è) di papa Francesco è quella di una sovversione pratica..."

Siamo ancora al chiederci se eresia c'è o non c'è??
È veramente sufficiente una scaltrezza da quattro soldi (il non toccare formalmente la dottrina e squassarla nei fatti) perché uno si salvi dall'accusa di eresia??

Non ho parole...

Anonimo ha detto...

Non è la sola a non averne, neppure chi dovrebbe perlomeno consigliare se non correggere formalmente e con decisione il vdr ne ha, figuriamoci noi laici alla ricerca della verità perduta....

Alessandro Mirabelli ha detto...

Chapeau, don Gleize.

Anonimo ha detto...


@ La frase "saremmo in piena retorica al di fuori del discorso teologico..." + Il punto chiave della questione.

Mi sembra si riferisca all'uso del termine "eretico" come insulto nelle controversie teologiche, un uso che concerne quindi la "retorica" del discorso e non la teologia. Tutto qui. Questo uso, puramente "retorico", l'autore ci tiene a distinguerlo dall'uso del termine eretico in quanto risultante da una vera e propria "censura dottrinale", come quella firmata daia cosiddetti 45. Qui l'uso del termine eretico non sarebbe affatto retorico ma teologicamente e canonisticamente motivato. La conclusione dell'autore, sulla quale si può essere o meno d'accordo, sembra essere nel senso che non si riesce ad acchiappare una vera eresia nel discorso del Papa. La collaudata mouvance eretica consisterebbe nell'esprimersi ambiguamente, sul filo dell'eresia senza mai apertamente cadervi, in modo da giustificare una prassi contraria alla dottrina e farla in barba a tutti.

Il punto chiave a mio avviso è rappresentato dallo "in certi casi potrebbe essere anche l'aiuto dei sacramenti" della famosa nota che integra l'art. 305. Giustamente, P. Gleize osserva che la nota può esser interpretata come ortodossa, se "i casi" possono essere solo quelli del divorziato risposato disposto a pentirsi, a cambiar vita, a seguire l'insegnamento di sempre della Chiesa in materia. Però, annoto, è impossibile negare che lo "in certi casi" può esser inteso anche in modo eterodosso, come possibilità di fare la Comunione restando in peccato mortale ossia di trasgredire la dottrina autentica della Chiesa.
Non si può presupporre che il Papa intendesse senz'altro l'interpretazione ortodossa, dal momento che il testo, con ogni evidenza, consente anche quella eterodossa. Da qui la legittima richiesta dei Dubia, di chiarire.
L'affermazione dei 45 che il testo si presta ad una interpretazione eretica è del tutto corretta, anche se non esclude l'altra. Ora, se il Papa si rifiuta di chiarire, lasciando libero campo anche all'interpretazione eterodossa (che tra l'altro egli sembra aver approvato con la famosa lettera personale ai vescovi argentini), quali le conseguenze?
A parte la "correzione" per la negligenza dimostrata nel non rispondere, nel merito cosa si deve concludere? Che il Papa consente che un suo documento ambiguo venga inteso in senso apertamente eretico perchè manifestamente opposto al dogma della fede, venendo così meno al suo dovere di colui che Cristo ha posto affinchè "confermi nella fede i fratelli". Ragion per cui, si rivela "unfit for the job" e deve dimettersi al più presto. PP

mic ha detto...

È veramente sufficiente una scaltrezza da quattro soldi (il non toccare formalmente la dottrina e squassarla nei fatti) perché uno si salvi dall'accusa di eresia??

Più che scaltrezza da quattro soldi è il trionfo dell'informe introdotto dal concilio...
E tuttavia la soluzione, nelle pieghe del diritto, chi di dovere la troverà.
Quel che dice PP lo penso anch'io e un po' mi conforta...

Anonimo ha detto...

"unfit for the job"...!
grazie prof. Pasqualucci, concordo. Così scrisse "theremnant" più di un anno fa, in termini rispettosi ma fermi:
http://remnantnewspaper.com/web/index.php/fetzen-fliegen/item/2206-the-remnant-implora-papa-francesco-di-cambiare-rotta-oppure-di-rinunciare-all-ufficio-petrino
Magari potessimo fare una petizione come quelle già promosse per altri personaggi pubblici nefasti (tipo la ministra dell'istruzione, che distrugge di fatto le anime degli allievi...)

Mazzarino ha detto...

La logica di don Gleize. E' perfetta. Sappiamo però che esistono molte logiche così come esistono molte matematiche. Quella di don Gleize è la retta logica Aristotelica fondamento del magistero e del diritto canonico ante CVII. Questa logica non prevede però l'esistenza di un falso papa che opera per la distruzione della Chiesa di Cristo. Può esistere un papa, un pessi papa, un papa peccatore mortale, un papa che va all'inferno ma non un papa attore che prende in giro i fedeli per scopi propri e non per salvare le loro anime che, come insegna Martini, non ne hanno alcun bisogno. E' la logica nominalista del modernismo postconciliare. Distinguere eresia formale da eresia pratica significa accettare la logica modernista.E finirne risucchiati nel gorgo. Attenzione Fraternità stai giocando col fuoco (quello dell'Inferno) non perchè ti stai fidando di un eretico (formale o materiale non importa) ma perchè ti stai fidando di chi sta uccidendo Santa Romana Chiesa.

Anonimo ha detto...

ecco qui, vediamo se ciò che si annuncia in questo art. ed altri sul tema è volontà dello Spirito Santo, a cui non ci dobbiamo opporre:

http://www.lanuovabq.it/it/articoli-preghiera-rara-per-una-messa-senza-consacrazione-19137.htm

Il gruppetto di liturgisti capitanati da padre Taft vorrebbe una preghiera eucaristica senza consacrazione. Sarebbe una crepa nella teologia cattolica sull’Eucaristia e sul Sacerdozio. E per ottenerla sono pronti a forzare un caso particolare e di emergenza subìto dalla Chiesa Caldea a seguito delle persecuzioni...
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il golpe è pronto, i passi avanti sempre più rapidi verso una Messa "senza Cristo". Incredibile, ma vero. Sta accadendo, ora, in questi giorni, senza che nessuno li possa fermare.
Chissà se Paolo VI attribuirebbe tutto ciò allo Spirito Santo, come fece nel 1969.
v. anche (già è trapelato):
"L'intento di Bergoglio è ecumenico: “creare” una Messa che non sia in contrapposizione con i protestanti e quindi una liturgia che si possa celebrare “in comunione” con loro.
È questa la verità. E questo è il suo intento. Una liturgia perenne che sia però ecumenica. Ovviamente prevedo che Bergoglio per poter fare questo dovrà cambiare anche il testo della “Consacrazione”.
Il che renderebbe la Messa invalida. E prevedo pure che chi si rifiuterà di celebrare con questo “nuovo rito” sarà considerato fuori dalla Chiesa.
Stanno arrivando questi tempi. E facciamocene una ragione. Il vescovo di Roma vuole diventare “el presidente” delle varie confessioni; e per fare questo sta vendendo Gesù Cristo ad un prezzo molto più basso di Giuda.
Per quanto mi riguarda, essendo io un sacerdote, mi rifiuterò di celebrare questo tipo di liturgia. E vi dico che si tornerà ad essere cristiani delle “catacombe”.

https://lucechesorge.org/2017/02/09/con-paolo-vi-labolizione-della-liturgia-cattolica-con-bergoglio-labolizione-del-sacrificio-eucaristico/

Aloisius ha detto...

"Il golpe è pronto, i passi avanti sempre più rapidi verso una Messa "senza Cristo". Incredibile, ma vero. Sta accadendo, ora, in questi giorni, senza che nessuno li possa fermare"

Condivido tutto l'intervento di anonimo 23,35, riassunto in questa frase.
Aggiungo che nessuno li può fermare perché si sentono sostenuti da Dio e dagli uomini.
Sono convinti di avere Dio dalla loro parte, con un ragionamento del tipo 'se lo Spirito Santo ha scelto Bergoglio', allora Dio vuole aperture le sue 'pragmatiche', comprese le tattiche di dissimulazione e ambiguità necessarie a sconfiggere i cardinali cattivi, tipo taquirya mussulmana.

Ogni mezzo è lecito comtro scribi e farisei ipocriti, perché è Dio che vuole l'adeguamento del Vangelo ai tempi.
Infatti anche la gente è con noi, nemici compresi, che quindi vanno riabilitati.

Questo è il loro ragionamento, sebbene chiaramente errato, di comodo, scorretto e in mala fede.

Un vero pandemonio, nel senso letterale del termine.

E anche un tripudio di superbia, perche' non è nemmeno lontanamente pensabile, per un cattolico, considerata la chiarezza del Vangelo, che Dio, conoscendo tra l'altro la nostra debolezza e inclinazione al male e all'errore, abbia dato il potere agli apostoli di cambiare la Sua Parola adeguandola ai tempi e alla prassi del 'caso per caso.
Anche perché, se fosse stata questa la Missione affidata agli apostoli, lo avrebbe detto.

Luisa ha detto...

Il fatto è che Bergoglio sta lavorando su un terreno "fertilizzato" da decenni di lavorio costante, di accurate e continue semine ibride, con semi geneticamente modificati, lui sta cogliendo a piene mani i frutti geneticamente modificati e marci di quelle semine, non ha che a tendere la mano e il frutto gli cade nelle mani per presentarlo poi al popolo come un frutto dello spirito ( f minuscola d`obbligo), quel che cambia è che è il papa a fare di quei frutti la nuova norma di quel che è buono, bello e giusto.

Il campo con gli alberi sani non è sparito c`è e resiste anche se ridotto ma el papa lo trascura e lo ridicolizza sicuro come è che la stragrande maggioranza del popolo detto di Dio è da decenni che mangia frutti geneticamente modificati e non sa nemmeno più riconoscere il gusto, la bellezza, la qualità e verità dei frutti sani.

So che molti qui non saranno d`accordo con me ma non dimentico che durante la parentesi durata otto anni del suo Pontificato Benedetto XVI ha difeso il campo sano, lo ha curato, ha preso cura anche del campo mal seminato dell`ignoranza del quale era totalmente consapevole, egli è ripartito dalle fondamenta della nostra fede, dai principi di base, cancellandosi e sempre rivolgendo il nostro sguardo a Cristo con le sue catechesi, le sue omelie, so di non essere sola ad aver ritrovato la strada con e grazie a lui, purtroppo il suo carattere mite e l`opposizione che lo avversava non gli hanno permesso di imporre la sua volontà.

marius ha detto...

Molto bella la disanima di don Gleize.
Sulle dinamiche contenute nell'AL il tema è sviscerato a dovere.
Tuttavia non sono riuscito a cogliere l'aspetto attualissimo del problema, cioè il fatto della non-risposta del Pontefice. Questo è il punto cruciale. Come rispondere alla domanda sull'attribuzione di eresia in caso di mancata risposta?
Secondo la logica comune "chi tace acconsente". Cosa risponde il diritto ecclesiastico al proposito?
Un presunto eretico può avvalersi della facoltà di non rispondere? Quali le conseguenze?

Anonimo ha detto...

http://www.infocatho.fr/messe-sur-le-parvis-de-leglise-sainte-rita/