Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

lunedì 14 maggio 2018

Mons. Crepaldi in Senato: “Senza il riferimento al Creatore, l’ordine naturale si indebolisce e poco a poco viene perso di vista”

Liberare la libertà. Fede e politica nel terzo millennio (Cantagalli, Siena 2018, il nuovo volume di Joseph Ratzinger/Benedetto XVI, è stato presentato a Roma, venerdì 11 maggio, con inizio alle ore 18, presso la Sala Zuccari di Palazzo Giustiniani. Dopo un indirizzo di saluto del Presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati, sono intervenuti: l’arcivescovo Georg Gänswein, prefetto della Casa Pontificia e segretario particolare del Papa emerito, il presidente del Parlamento Europeo Antonio Tajani, l’arcivescovo di Trieste Giampaolo Crepaldi.
L’incontro è stato moderato dar Pierluca Azzaro, curatore del volume, che contiene una prefazione di Papa Francesco e un testo inedito del Papa emerito Benedetto XVI.
Pubblichiamo di seguito il testo integrale dell’intervento dell’Arcivescovo Giampaolo Crepaldi.
* * *

Nel libro che abbiamo l’onore di presentare oggi convergono tre Pontefici e questo lo rende veramente singolare e di grande interesse. Ci sono alcuni testi scelti del teologo Joseph Ratzinger, insieme ad alcuni suoi insegnamenti espressi durante il suo Pontificato. C’è la prefazione di Papa Francesco. E c’è anche un rinvio, implicito, a san Giovanni Paolo II. Infatti, il titolo “Liberare la libertà” del volume è ripreso dal paragrafo 86 della Veritatis splendor ed esprime il senso e gli intenti dell’intera enciclica sulla morale. Questa “convergenza” è, come dicevo, di grande interesse perché segna la continuità e nello stesso tempo la novità – la novità nella continuità, si potrebbe dire – degli insegnamenti della Chiesa sul tema dei rapporti tra la fede e la politica.

La politica, la morale, la fede: questi sono i tre termini che fanno da cornice ai contenuti del libro e che, occorre riconoscerlo, costituiscono il quadro dell’intera Dottrina sociale della Chiesa. La politica ha bisogno della morale. Essa non è direttamente morale, perché ha una sua legittima autonomia di criteri e di metodi. Però non può prescindere dalla morale, come testimoniano i comuni cittadini che sono spesso molto rigorosi nel giudicare la politica proprio dal punto di vista etico, e come testimoniano anche gli uomini politici che sentono sempre il bisogno di giustificare secondo il bene e la giustizia le scelte che operano. Non c’è uomo politico che non presenti come “buona” e “giusta” l’azione che sta per intraprendere. Anche il raggiungimento di obiettivi di ordine materiale – per esempio di carattere economico o produttivo – in politica assume sempre anche una giustificazione legata al bene comune. Su quest’ultimo si hanno visioni spesso diverse, ma ciò non impedisce ai politici, per primi, di appellarvisi nella giustificazione delle loro scelte. E proprio questo dimostra che la politica, pur essendo autonoma, non si fonda da sé. Cerca la sua ultima legittimità non nei risultati raggiunti né, a ben vedere, nel mandato elettorale, ma nel bene comune, ossia di tutti e di ciascuno, che essa è chiamata a realizzare.

Oggi viviamo in un contesto di pluralismo etico. Però tutti ci riconosciamo in alcuni principi morali di fondo, che sono anche presenti nella nostra Costituzione repubblicana. Ciò significa che si tratta di un pluralismo “inquieto”, che da un lato sente il richiamo della libertà, ma nello stesso tempo avverte l’attrattiva per la verità. Non è per caso che la stessa discussione politica tocchi spesso tematiche di grande significato etico, non solo di morale individuale ma anche di morale pubblica. Non è questo il segno di un pluralismo “inquieto”? Pluralismo che testimonia, pur nel conflitto delle interpretazioni e delle valutazioni, che la politica non basta mai a se stessa e che i politici sono lì anche per qualcosa d’altro dalla politica. E che proprio questo – il fatto di essere a servizio di altro da sé – dona alla politica la sua ultima dignità.

È a questo punto che entra in gioco la fede, la quale apre sia alla politica che alla morale delle finestre che esse non sarebbero in grado di aprire da sole. Nella vita umana tutto ha bisogno di essere salvato dai pericoli di involuzione che porta con sé. Se la politica assolutizza se stessa si trasforma in tecnica o in ideologia. Se la morale assolutizza se stessa diventa una serie di divieti legalistici. Il respiro della fede cristiana può aiutare l’una e l’altra – non rendendole esse stesse fede, ma, lasciandole nella loro legittima autonomia – offrendo loro però un fine ulteriore, una spinta della coscienza verso l’alto e verso il largo, eco di un richiamo da oltre e verso un oltre. Da ciò non può derivare nessun danno né alla politica né alla morale, che non vengono negate, ma confermate e, potremmo dire, “fatte respirare meglio”.

Mi sono soffermato su questi tre passaggi – la politica, la morale, la fede cristiana – perché questo loro rapporto di reciproca “purificazione” rappresenta uno dei punti più interessanti degli insegnamenti di Benedetto XVI in questo libro, qui confermati da Papa Francesco. Infatti, non è solo la fede a purificare la politica e la morale, ma anche il contrario. Si tratta di una circolarità virtuosa. Nel famoso dibattito del 2004 con Habermas, il cardinale Ratzinger notava che il nichilismo politico ha bisogno della purificazione della fede così come il fondamentalismo terrorista ha bisogno della purificazione della ragione. Tra ragione e fede c’è circolarità.

La vita politica dei rappresentanti del popolo, le scelte dei legislatori deputati a ciò dalla volontà popolare, rappresentano un alto ruolo istituzionale, ma con ciò non sono esenti dai problemi di coscienza, anzi – se così si può dire – questi problemi qui sono ancora più centrali. Nell’opera che oggi presentiamo sono presenti anche Sant’Agostino e il Cardinale Newman, autori molto amati da tutti e tre i Pontefici coinvolti in questa pubblicazione. I due grandi pensatori, come ben sappiamo, hanno indagato a fondo la coscienza umana, offrendo spunti impareggiabili anche per la coscienza del politico. La coscienza è l’ultimo tribunale per il nostro agire, ma non è l’unico. Benedetto XVI ci ha insegnato che la coscienza ha bisogno di una autorità che metta in moto la sua anamnesis, il recupero più profondo della sua storia e delle proprie motivazioni. Il motivo ultimo per cui c’è bisogno della autorità è che essa induce questo processo di verifica continua della coscienza con se stessa. Ecco perché nella Chiesa c’è l’autorità ecclesiastica, ed ecco perché nella società e nella politica esiste un’altra autorità che consiste nella verità. Il tribunale della verità al quale Socrate intendeva sottoporre i suoi stessi giudici. Quando la coscienza, anche quella dell’uomo politico, rientra in se stessa e si concede al processo dell’anamnesis – spiega Benedetto XVI – essa incontra la verità, che abita in interiore homine, la verità che unifica mentre le opinioni dividono. La politica è attività e talvolta attivismo, ma nello stesso tempo sente il bisogno di questo sguardo interiore, perché la verità è conosciuta sia dall’intelletto che dal cuore. Papa Francesco, nella Prefazione al libro, indica molte di queste verità che anche per la politica devono rimanere tali: il rispetto della vita, la tutela della famiglia, la ricerca della giustizia per tutti. La coscienza personale è in grado di vederle anche quando, nell’agone politico, essa subisce scossoni e strattoni, e quando lo fa si accorge che non lo fa solo con l’intelletto ma anche con il cuore. Nella sua Prefazione, Papa Francesco insiste molto a segnalare l’importanza di uno sguardo di amore. In fin dei conti, anche il riconoscere la dignità della persona, il valore della famiglia, della vita umana, dell’educazione dei giovani secondo il bene e la virtù … sono atti d’amore, di amore per la verità delle cose che precede i Parlamenti e le Costituzioni. C’è qualcosa che precede la politica – come già ho detto in precedenza – e il tenerne conto da parte della politica non implica una sua diminuzione, ma il riconoscimento del suo onore e della sua vera dignità. Nel famoso discorso al Bundestag di Germania [qui], tenuto da Benedetto XVI nel 2011, si diceva appunto che la maggiore virtù del politico è quella chiesta da Salomone a Dio: la saggezza di saper guidare gli uomini nel bene, perché la politica non è amministrazione di cose ma governo di uomini.

Il libro ospita anche un inedito di Benedetto XVI sul tema dei diritti umani e del loro fondamento, segnalando il pericolo che la moltiplicazione dei diritti porti con sé la distruzione dell’idea di diritto, processo questo che credo sia evidente ai nostri giorni. I diritti umani appartengono all’uomo come soggetto di diritto, ma per la loro legittimazione presuppongono i doveri che derivano dall’ordine naturale finalisticamente inteso. In molti casi i diritti vengono invece assolutizzati e, quindi,  infinitamente moltiplicati. Ci si chiede perché ciò avvenga. La risposta principale data da Benedetto XVI nel suo inedito è che il piano naturale non riesce a mantenersi come tale, e quindi a raggiungere i suoi fini naturali, senza il piano soprannaturale. Senza il riferimento al Creatore, l’ordine naturale si indebolisce e poco a poco viene perso di vista. Concezione questa che Papa Francesco conferma nella sua Prefazione. Si fonda qui il ruolo pubblico della fede cattolica che vanta la pretesa di onorare fino in fondo le esigenze naturali della persona e della società in quanto “religione dal volto umano” e chiede che questo suo ruolo le venga riconosciuto anche dalla politica. Si tratta di una richiesta – esigente – di libertà religiosa.

Il libro che stiamo presentando è denso di contenuti e va letto come tale, ma è anche foriero di speranza e come tale va pure valorizzato. Nelle attuali difficoltà, probabilmente non diverse da quelle di altri periodi, ma a noi più evidenti perché più presenti e vivide, la politica può essere ancora fonte di speranza. Può sembrare temerario ed avventato affermarlo, ma la fede è in grado di trasfondere anche nella vita politica un “realismo cristiano”. Esso consiste nel non chiudere gli occhi davanti alla realtà, anche nelle sue forme più crude, e nel non tralasciare di perseguire tutte le vie concretamente in nostro possesso per risolvere i problemi e trovarvi giuste soluzioni. Ma consiste anche nel non cessare di confidare nell’aiuto di Dio, che è il Signore della storia. Il cristianesimo è una religione di speranza, come Benedetto XVI ha bene illustrato nell’enciclica Spe salvi. Questa è una virtù teologale, ma non perciò essa non si estende anche in ambiti che potremmo considerare profani o laici. La vita politica ha bisogno di presupposti – come ho più volte ricordato – che essa non sa darsi. Uno di questi presupposti è proprio la speranza. Essa ha aiutato tanti valenti uomini politici a fare scelte contro il proprio interesse e li ha spinti a forti rinunce pur di mantenersi fedeli al bene del proprio Paese e del proprio popolo. Ciò è avvenuto – si badi bene – non solo per uomini politici credenti, ma anche per uomini politici che, almeno espressamente (ma è solo il Signore che giudica cosa si agita nel profondo dei cuori) non esprimevano una fede religiosa. La speranza è un valore cristiano ed è un valore umano. È un valore umano che Cristo ha elevato a virtù divina. La fede religiosa dona alla vita sociale molti aiuti: uno di questi è proprio la speranza. E il libro che stiamo presentando contiene un confortante e incoraggiante messaggio di speranza, per tutti. Anche per questo siamo grati a papa Benedetto.
+ Giampaolo Crepaldi

8 commenti:

irina ha detto...

cara mic,
proponi questi piatti unici dove dentro c'è tutto ed il suo contrario. E ogni ingrediente è firmato da un nome eccellente dell'attualità. Vuoi farci intendere che questo è il pappone di cui dobbiamo ingozzarci volenti o nolenti? Ti ringrazio, quando ho fame preferisco il singolo frutto, il singolo formaggio, la singola verdura e gustare uno/a alla volta e quello/a solo/a. L'emerito perchè non lo si lascia sul monte in preghiera? E questi legami su carta con il supplente, a futura memoria? Sono esempi sui quali dobbiamo conformarci, zitti e mosca? Così si bruciano anche il buon Crepaldi e l'editrice Cantagalli,o sono veri e propri Auto-da-fé che proponi, senza parere? sii esplicita, non capisco. Grazie.

mic ha detto...

Cara Irina,
Sono talmente "cotta" da non aver inserito alcun incipit. E propongo ciò che più si impone all'attenzione: uno scritto del papa emerito che sembra in controtendenza con l'andazzo attuale, insieme a commenti autorevoli in occasione della sua presentazione...
I contenuti sono tutti da verificare e conto sempre su di voi per mettere in risalto ciò che va rilevato.
Appena riesco dirò la mia :)

irina ha detto...

Grazie per la risposta, non pensavo avresti pubblicato la mia nota. So il lavoro che stai facendo e l'impegno che ci riversi, si percepisce da ogni dove. Grazie.
Le mie preferenze oggi vanno o su qualcosa dove c'è da imparare oppure su qualcosa da correggere, questi mix in prima battuta mi indispongono, stiamo facendo una grande fatica a sciogliere tanti nodi ma, capisco anche che bisogna battere e ribattere.
Il bravo Crepaldi che si beve Ratzinger con Bergoglio, mi addolora. Come mi addolorano tanti altri che vedono, non vedono, non vogliono vedere. Ma posso io, che sono zero spaccato, fare le pulci a Crepaldi, che è tra i nostri pochissimi migliori, per scoprire eventuali sue collusioni con lo sfascismo ecclesiale? Qui sono vite eccellenti spese per la Chiesa; da che parte si comincia, se cominciar si deve? Questi mix, cara mic, sono difficili per me, mi straziano. Il post non l'ho letto, perchè oscuramente capisco che, se beve la pozione avvelenata, vuol dire che non trova nulla di disdicevole nei componenti della mistura, che vi è assuefatto. Sono stanca di star sempre all'erta, anche davanti agli scritti di chi vorrei leggere rilassata. Vorrei imparare. Il fatto che l'emerito sia in controtendenza, è in perfetta linea con il metodo: un passo a destra, un passo a sinistra. Metodo che non consente a nessuno di fargli tana in modo definitivo, neanche al fedele Radaelli. Ora se non ci sarà un riconoscimento chiaro, da parte sua, davanti a Dio e al mondo, con un libro per esempio, visto che difficoltà nello scrivere non le ha, libro in cui rivede il suo pensiero ambiguo, è puerile parlare di controtendenza, perchè questa è stata l'unica tendenza della vita sua. Questo lo scrivo in forza della stragrande ammirazione, che ho avuto verso di lui. Questo suo risveglio è quello che Radaelli si augura per lui, per il quale prega e scrive, come prega e scrive per tanti altri che ancora nel pensier si fingono adamantini.

marius ha detto...

papa emerito?

correggiamoci sull'uso delle parole, perché l'emeritato non è applicabile al papato. Qui abbiamo solo un ex papa.

Sacerdos quidam ha detto...

Aridatece San Pio X...

Gederson ha detto...

Cara Mic,

Sarebbe interessante dare distacco alla controversia tra Ratzinger/Benedetto XVI e Marcelo Pera cerca i diritti umani. Secondo testo firmato da Andrea Tornielli con il libro “Liberare la libertà”*, Ratzinger prende distanze dalle nuovi tese di Marcello Pera che ha criticato in Roma 17 aprile 2018 un cristianesimo che «si impegna a togliere le ingiustizie. Ascolta la voce del mondo, il grido del mondo che soffre, e ritiene di poter andare incontro alle ingiustizie ed alle sofferenze, traducendo il messaggio cristiano in un messaggio che è secolare o politico. Ѐ così che la Chiesa, non soltanto di Bergoglio, che è l’ultimo dei protagonisti di questa evoluzione o involuzione, è così che la Chiesa ha accolto le richieste del mondo secolare e le ha fatte proprie. Ѐ così che la Chiesa ha riconosciuto i diritti inderogabili della donna, dell’uomo, del bambino, dell’immigrato, del sofferente, cioè ha trasferito il messaggio dal terreno della salvezza al terreno della liberazione, con la convinzione che chi si impegna nella liberazione si acquisisce meriti per la salvezza». Certamente in questo tipo di cristianesimo il riferimento al Creatore esiste ma è solo un riferimento nominale. I diritti di Dio non esistono in questo tipo di cristianesimo. Voglio dire che al creare l’uomo Dio ha stabilito per lui un fine e ciò che i diritti umani diffende è un altro fine per l’uomo: il fine temporale senza nessuna appertura al suo fine ultimo.

Nel testo se può leggere ancora Marcelo Pera dicendo:

“«Questa è una visione ideologica che oggi è molto diffusa negli atteggiamenti, nelle parole... di questo Pontefice, ma che sfortunatamente, a me pare, ha colpito la Chiesa negli ultimi tempi, non soltanto in questo secolo. Oggi si dicono parole dentro la Chiesa, e si accolgono parole che fino ad ottanta, novanta anni fa erano considerate eresie»”.

Vedete bene, Ernesto Buonaiuti nel libro “Lettera di un prete modernista” parla della condanna del modernista George Tyrrel. Nel testo dice che lui per se diffendere della sua condanna ha scritto articoli dove ha appelato, e diffeso, la liberta religiosa. Questa non è stata proclamata nel Concilio Vaticano II? Quindi, la liberta che non aveva Tyrrel nel tempo di S. Pio X viene offerta come un diritto umano nell’ultimo Concilio. Quindi, è naturale che che all’interno della Chiesa si accolgono parole che fino ad ottanta, novanta anni erano considerate delle eresie. Il proprio Ratzinger quando era ancora Papa nel suo famoso discorso alla Curia Romana di diciembre di 2005 ha detto:

 ”I martiri della Chiesa primitiva sono morti per la loro fede in quel Dio che si era rivelato in Gesù Cristo, e proprio così sono morti anche per la libertà di coscienza e per la libertà di professione della propria fede – una professione che da nessuno Stato può essere imposta, ma invece può essere fatta propria solo con la grazia di Dio, nella libertà della coscienza”.

E:

“Il Concilio Vaticano II, riconoscendo e facendo suo con il Decreto sulla libertà religiosa un principio essenziale dello Stato moderno, ha ripreso nuovamente il patrimonio più profondo della Chiesa”.

Gederson Falcometa ha detto...

Certamente se i nostri martire sono stati morti per la libertà di coscienza e per la libertà di professione della propria fede sono stati morti per i diritti umani. Pensare che i nostri martiri hanno datto la loro vità per i pagani adorare il loro Dio è pensare che non hanno combatuto contro il paganesimo, perchè allo stesso tempo che se compie il mandato del vero Dio di insegnare e fare discipoli in tutto il mondo, loro non potevano diffendere la liberta dei pagani di cultuare divinità che non esistono. Inoltre a questo, facendo suo questo principio essenziale dello Stato laico, la Chiesa ha prodotto esattamente il tipo di cristianesimo che ha detto Marcelo Pera. Un cristianesimo che “ha trasferito il messaggio dal terreno della salvezza al terreno della liberazione, con la convinzione che chi si impegna nella liberazione si acquisisce meriti per la salvezza”. Questo problema appare evidente nella propria intenzione dell’ordenazione del nuovo rito, come dice Mons. Lefebvre:

“Ho qui il fascicolo di una ordinazione sacerdotale svoltasi qualche anno fa a Tolosa. Un “animatore” inizia la celebrazione presentando il candidato all'ordinazione, chiamandolo col solo nome C. e dicendo: “Ha deciso di vivere più a fondo (il dono totale fatto a Dio e agli uomini) consacrandosi interamente al servizio della Chiesa nella classe operaia...”. C. ha effettuato il suo “cammino”, cioè il suo seminario, in gruppo ed è questo gruppo che ora lo propone al vescovo: “Noi vi chiediamo di riconoscere, di autenticare il suo passo e di ordinarlo prete”. Il vescovo gli pone allora parecchie domande che han l'aria di sostituirsi alla definizione del sacerdozio: “Vuoi essere ordinato prete per essere, con i credenti, Segno e Testimonio di ciò che cercano gli uomini nei loro sforzi di Giustizia, di Fraternità e di Pace... per servire il popolo di Dio... per riconoscere nella vita degli uomini l'azione di Dio nella molteplicità di itinerari, di culture e di scelte... per celebrare l'azione del Cristo e assicurare il suo servizio? [...]”.
La materia del Sacramento è salva: è l'imposizione delle mani che ha luogo in seguito. E altresì la forma: sono le parole dell'ordinazione. Ma dobbiamo rilevare che l'intenzione non è molto chiara. Il prete viene forse ordinato ad uso esclusivo di una classe sociale e innanzitutto per instaurare la giustizia, la fraternità, la pace su un piano che oltretutto sembra limitato all'ordine naturale?
La celebrazione eucaristica che segue, in sostanza la prima Messa del nuovo prete, viene intesa in questo senso. L'Offertorio è composto per la circostanza: “Noi ti accogliamo, Signore, ricevendo da Te questo pane e questo vino che ci offri, vogliamo rappresentare con essi il nostro lavoro, i nostri sforzi per costruire un mondo più giusto e più umano che ci battiamo per realizzare affinché siano garantite migliori condizioni di vita...”. La preghiera sulle offerte è ancora più equivoca: “Guarda, Signore, ti offriamo questo pane e vino perché divengano per noi una forma della tua presenza””. I nuovi pretti**, Mons. Lefebvre

Le parole di Marcelo Pera cerca il trasferimento del messagio dal terreno della salvezza al terreno della liberazione, con la convinzione che chi si impegna nella liberazione si acquisisce meriti per la salvezza, fa domandare: che cosa è la salvezza secondo la dottrina cattolica? Che cosa è la salvezza secondo la dottrina conciliare? Sono le stesse cose?

Gederson Falcometa ha detto...

Per finire, secondo me, torniamo una volta in più al testo “Joseph Ratzinger torna in catedra”*** de Sandro Magister. Dove se vede che la propria dottrina di Ratzinger sulla salvezza non è chiara. La negazione del sacrifizio espiatorio di Gesù sulla croce cambia profondamente la dottrina della salvezza. Inoltre a questo o Dio Creatore nella teologia di Ratzinger è appena "l'ipotesi migliore"****.

* La cortese presa di distanze di Ratzinger delle nuove tese di Marcello Pera, Andrea Tornielli
http://www.lastampa.it/2018/05/07/vaticaninsider/la-cortese-presa-di-distanze-di-ratzinger-dalle-nuove-tesi-di-pera-rk6BGqzk6rUz2ZM4D16vXL/pagina.html

** I nuovi preti, Mons. Lefebvre
http://www.corsiadeiservi.it/it/default1.asp?page_id=1890

*** Joseph Ratzinger torna in catedra, Sandro Magister http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1351256.html

**** "L'ipotesi migliore": l'umile proposta della Chiesa di Ratzinger e Ruini
http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/142423.html