Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

giovedì 7 febbraio 2019

Se anche la Chiesa diventa positivista

Il tema dell’immigrazione è il campo decisivo, non l’unico ma certamente quello più denso di implicazioni, per la difesa dell’identità europea e delle sue singole identità nazionali.
Se da un lato, nell’attuale prospettiva immigrazionista, si vede all’opera una linea anti-identitaria, anti-tradizionalista, anti-occidentale ovvero terzomondista, tendenzialmente totalitaria di ispirazione marxista, anti-cristiana eppure paradossalmente oggi sostenuta anche da larghi settori della Chiesa, dall’altro lato si assiste a una convergenza fra linee di pensiero storicamente differenti che, per una esigenza storica del presente, si trovano affiancate nella critica delle teorie immigrazioniste. Queste tendenze, ciascuna delle quali conserva intatta la peculiarità e l’autonomia che le deriva dalla propria tradizione, trovano in una concezione identitaria il punto di raccordo. Fra queste spiccano la linea del liberal-conservatorismo e quella del tradizionalismo cattolico, impegnate in uno sforzo comune. 

Ma sul tema dell’immigrazione si gioca anche una partita meno immediatamente visibile, che riguarda la religione in senso proprio o, in altri termini, il futuro del Cristianesimo in Europa. Detto in estrema sintesi: la Chiesa si trova oggi dinanzi a un dilemma dietro al quale si cela una possibile conseguenza drammatica. Il dilemma: permettere o restringere l’ingresso in Europa di enormi masse di africani e medio-orientali che, oltre ad essere portatori di elementi culturali non assimilabili e in parte anche anti-europei, sono nella loro stragrande maggioranza di religione musulmana? La conseguenza: la forte variazione demografica farà sì che in pochi decenni ci sia una maggioranza musulmana in molti paesi europei, con le ovvie implicazioni sociali, politiche e appunto religiose. Sul piano politico ci saranno movimenti di ispirazione islamica che competeranno con i vari partiti dello schieramento tradizionale europeo; sul piano sociale si avranno rivendicazioni sempre crescenti di autonomia legislativa in aree sempre più grandi del continente; sul piano religioso il Cristianesimo diventerà religione minoritaria e, data la carica ideologica con cui i musulmani aderiscono alla loro religione, essere cristiani diventerà una forma di testimonianza personale, anche rischiosa.

Oggi la Chiesa dovrebbe tutelarci dall’invasione, perché se l’Occidente è sostanzialmente il frutto dell’incontro fra religiosità cristiana e laicità borghese, fra spirito della trascendenza e prassi del capitalismo, e se solo nella simbiosi fra questi elementi è possibile la sopravvivenza dell’Occidente, essi devono proteggersi a vicenda, dinanzi a minacce esterne e interne.

Un tempo i flussi migratori erano controllati e regolati dai vari governi nazionali, i quali decidevano quote e provenienze in base a esigenze interne e non a imposizioni esterne o estrinseche alle necessità del paese, esercitando cioè la loro normale sovranità, scegliendo immigrati compatibili con la propria identità in base appunto al principio dell’«immigrazione compatibile»: una scelta per il bene della collettività, per il bene dello Stato inteso come comunità vivente e organica di persone. Ma l’accentuarsi della volontà ideologica sottesa alla teoria dei diritti umani ha progressivamente fatto scomparire questo principio, rifiutato e stigmatizzato oggi come espressione di razzismo: l’ONU vuole il riequilibrio demografico, ma impedisce che i singoli Stati lo decidano liberamente. E’ chiaro che si tratta di una posizione strumentale, finalizzata alla sostituzione.

In questo modo la questione migratoria viene trattata non solo in base a un’ideologia terzomondista, ma pure secondo un riduzionismo biologistico mascherato da egualitarismo solidale, che tradisce una concezione materialistica dell’uomo e un metodo positivistico di considerarlo. Incuranti delle differenze culturali, che sono l’aspetto più evidente delle differenze spirituali della vita, gli ideologi dell’ONU pianificano e appiattiscono, sradicano e rimescolano, come se stessero combinando elementi chimici o spostando oggetti inerti. Trascurare queste diversità significa considerare l’uomo solo come entità numerica, oggettivandolo e de-individualizzandolo, negandogli quella differenza spirituale che ha formato i popoli, le loro religioni, le nazioni, la storia stessa.

Ora, al di là della giusta esortazione all’accoglienza dei profughi che fuggono dalla guerra, un’accoglienza che noi tutti sosteniamo convintamente, perché Papa Bergoglio è uno dei principali sostenitori dell’immigrazionismo positivistico targato ONU? Perché fornisce legittimazione religiosa e morale alla sostituzione? Perché nonostante la giusta critica all’uso indiscriminato della tecnica aderisce a un progetto palesemente tecnicistico?

Tutto ha inizio l’8 luglio del 2013, con il discorso di Lampedusa, nel quale, denunciando l’indifferenza verso i migranti che ha causato i morti in mare, il Papa chiedeva «perdono per coloro che con le loro decisioni a livello mondiale hanno creato situazioni che conducono a questi drammi», e al tempo stesso associava costoro a «Erode, che ha seminato morte per difendere il proprio benessere, la propria bolla di sapone. E questo continua a ripetersi» (Omelia in occasione della visita a Lampedusa, 8 luglio 2013). Una durezza politica inusitata, che abbiamo visto spesso riaffiorare nei cinque anni successivi, fino alle recentissime dichiarazioni sulla «paura che rende pazzi» e che porta a costruire appunto «i muri della paura». In effetti, i migranti sono la preoccupazione storica ed etica principale del Pontefice, come dimostra la recentissima pubblicazione che raccoglie tutti i suoi interventi (fino al 2017) su questo tema. 

A luglio 2018 viene ribadito l’impegno a favore dell’accoglienza, «un impegno di fedeltà e di retto giudizio che ci auguriamo di portare avanti assieme ai governanti della terra e alle persone di buona volontà. Per questo seguiamo con attenzione il lavoro della comunità internazionale per rispondere alle sfide poste dalle migrazioni contemporanee» (Omelia in occasione della Santa Messa per i migranti, 6 luglio 2018). Viene qui evocato il Global Compact, per la cui adozione Papa Bergoglio si è speso pubblicamente e ufficialmente in varie occasioni, fino ad un discorso di poche settimane fa: «la Santa Sede si è adoperata attivamente nei negoziati e per l’adozione dei due Global Compacts sui Rifugiati e sulla Migrazione sicura, ordinata e regolare. In particolare, il Patto sulle migrazioni costituisce un importante passo avanti per la comunità internazionale che, nell’ambito delle Nazioni Unite, affronta per la prima volta a livello multilaterale il tema in un documento di rilievo. Nonostante la non-obbligatorietà giuridica di questi documenti e l’assenza di vari Governi alla recente Conferenza delle Nazioni Unite a Marrakech, i due Compacts saranno importanti punti di riferimento per l’impegno politico e per l’azione concreta di organizzazioni internazionali, legislatori e politici, come pure per coloro che sono impegnati per una gestione più responsabile, coordinata e sicura delle situazioni che riguardano i rifugiati e i migranti a vario titolo» (Discorso ai membri del Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede, 7 gennaio 2019).

Questa sintonia è stata sancita dalla presenza a Marrakech del Segretario di Stato cardinale Parolin, il quale, dichiarando che «poter migrare è un diritto», mentre «la non accoglienza non è un diritto» (Intervista a RaiNews24 del 13 dicembre 2019), ha fissato un punto di non ritorno, ergendo la Chiesa a garante religioso e spirituale della politica migratoria dell’ONU, giudice delle decisioni politiche dei singoli Stati in merito all’accoglienza.

Una convergenza ovvia, poiché l’humus politico da cui è sorto il Global Compact e quello in cui si sviluppano le odierne posizioni della Chiesa sui migranti presentano uno strato di contiguità stretta. A comporre infatti la frattura tra la laicità secolarizzata per molti versi ostile al Cristianesimo dell’ideologia-ONU e l’ineliminabile religiosità della visione bergogliana è la teologia della liberazione, mediatrice occulta ma indiscutibile fra queste due posizioni, perché in essa il marxismo è presente in modo coessenziale ed è stato rivitalizzato in forma nuova. 

E’ proprio qui infatti che si mostra la saldatura fra la Chiesa di Bergoglio e l’ONU: entrambe tendono a sostituire l’uomo occidentale con un’umanità nuova, frutto del mescolamento di popoli e dell’indebolimento dell’Occidente tradizionale, esattamente come volevano i teologi della liberazione, che teorizzavano «un’altra forma di vita, completamente diversa da quella che oggi viene imposta», alla ricerca «di un’utopia universalizzabile storicamente», che porti alla nascita di un «uomo nuovo» che possa «sostituire l’uomo vecchio, che domina come ideale della cosiddetta civiltà cristiana, nordatlantica e occidentale» (I. Ellacuria, Utopia e profetismo, in Mysterium Liberationis. I concetti fondamentali della teologia della liberazione, trad. it. Roma 1992, p. 359).

L’esortazione papale ad «accogliere, proteggere, promuovere e integrare i migranti» senza riserve, non investe infatti solo la dimensione etico-religiosa, ma si colloca nel quadro sociale, politico e perfino istituzionale, elaborando proposte concrete e operative (Messaggio per la Giornata Mondiale del migrante 2018, 15 agosto 2017). Se tuttavia, come accade nel Global Compact, ridurre le persone a masse e spostare queste ultime come se fossero pedine è positivistico, lo è anche una prospettiva che equipara una singola persona o piccoli gruppi di persone a grandi masse, perché nell’intenzione di accogliere l’altro si finisce  per accogliere tutti, infrangendo i diritti personali stessi e imponendo l’accoglienza forzata, lasciando trasparire una concezione materialistica, in cui la differenza ovvero l’identità spirituale viene affossata esattamente come nel marxismo vengono abolite con la violenza le differenze sociali e soprattutto individuali.

Bergoglio sembra smarcarsi da questa identificazione, ripetendo spesso che «i migranti non sono pedine sullo scacchiere dell’umanità» (Messaggio per la Giornata mondiale del migrante 2014, 5 agosto 2013), ma la volontà immigratoria che egli manifesta è propria di una concezione naturalistica che riduce lo spirito dei popoli (il Volksgeist) e delle singole persone ad agglomerato biologico, come sostiene la dottrina marxista dell’internazionalismo.

Se materialistica è l’impostazione del Global Compact su princìpi non negoziabili come il concetto di persona e la difesa della vita, l’adesione della Chiesa a questo patto è un compromesso in perdita, spiegabile con la priorità che Papa Bergoglio assegna alla lotta politica, a sua volta fondata sulla preesistente adesione al materialismo storico che la teologia della liberazione, abbandonando la metafisica e abbracciando l’azione sociale, aveva concretizzato.

Il Pontefice condanna il materialismo consumistico delle società capitalistiche, e tuttavia sostiene una forma di materialismo, quello appunto scientistico (la tecnoscienza delle migrazioni adottata dall’ONU), laicista e secolarizzante, che è infinitamente più deleterio del primo, schierando così la Chiesa su posizioni per essa sostanzialmente inedite, insostenibili e pericolose. Se la Chiesa diventa positivista, ad essere minacciato infatti è lo spirito, e se lo spirito viene disgregato, a subirne le conseguenze sarà il mondo stesso, Chiesa inclusa. (Renato Cristin - Fonte)

7 commenti:

irina ha detto...

Dobbiamo farcene una ragione, la chiesa odierna è la copia stravolta della vera Chiesa. Che poi la chiesa odierna sia positivista, marxista, satanista poco importa. L'importante è dare l'allarme e il si salvi chi può.
La chiesa odierna ha calpestato e calpesta la parte nobile dell'essere umano, la testa, pretendendo di sostituirla con un calco in terracotta animato dal compost, in vortice rotante, di ideologie/eresie agglutinatesi dal big bang ad oggi.

Anonimo ha detto...

Ho terminato una frequentazione durata alcuni anni in una societa' sportiva. La presenza di giovani del territorio era importante, di orientamento identitario, politicamente di destra anche fascista, estrazione borghese, studi universitari. Vita sociale vacanze e viaggi sportivi-agonistici tra Italia ed estero. Macchine, moto, barche e week end sistematici in ogni dove. Certamente concordanti su quanto da voi espresso, limitatamente al fenomeno migratorio in se'. Piu' volte le persone di colore definite animali da savana termini in uso anche ad adolescenti.

Cosa ho capito? Non interessa loro nulla delle radici cristiane, nemmeno come semplice residuo culturale, vivono il presente, in modo consumistico. Promiscuita' sessuale elevata all'interno del gruppo, ignoranza completa di riferimenti al tessuto religioso artistico locale anche quello piu' noto magari tutelato a livello nazionale o sovranazionale. Incapacita' di cogliere il nuovo, se presentato, che abbia riferimenti culturali a figure umanamente significative anche dal punto di vista storico esistenziale, penso ad esempio a Teresa di Lisieux. Grande attenzione e cura all'immagine, soldi, carriera, successo. Non ne parliamo della totale impossibilita' di cogliere il senso della storia in una prospettiva cristiana come l'ha presentata Vittorio Messori.


Devozione mariana zero, l'unico che mi abbia dato un certo respiro, un giovane che credo abbia una visione di Chiesa piu' come istituzione, principalmente politica. Dotato anche di buona cultura.

Altro elemento significativo i formatori sui 50, 60 anni, privi di contenuti, tanto che trovavano interessante la festa americana che ha sostituito Ogni Santi. Legati fra loro da rapporti di interesse e direi complicita'.

Ora io mi chiedo difronte ad una realta' di questo tipo, sicuramente non unica ma specchio fedele della situazione giovanile odierna, siamo cosi' sicuri che il problema sia principalmente l'immigrazione come fattore erosivo dell'identita' di un popolo? Io ho avvertito un taglio cosi' netto con loro che a volte scherzando con le sette, otto donne, tutte anziane presenti al rosario serale, nella parrocchia attigua al centro sportivo, dicevo loro: ora vado ad allenarmi, ma siatene certe, siete piu' giovani Voi di loro. Loro capivano e ridevano. In coscienza terminato il Rosario, uscivo nella consapevolezza che il futuro paradossalmente era in quella comunita' piccola, ferita, anziana, direi anche emarginata, fatta di persone senza valore, alcune ammalate, che avevano pero' il coraggio di un atto fondamentale come la preghiera mariana per eccellenza.

Anche realta' di questo tipo parlano e molto dicono.









Anonimo ha detto...

Concludo il mio intervento con una aggiunta. A Parigi anni 15 anni fa mi trovavo in metropolitana. Scioperi ovunque, metro', aerei, ferrovie. Necesita' assoluta di rientrare in Italia per lavoro. Nella folla tra centinaia di persone incrocio lo sguardo di un giovane che intuii aveva la stessa esigenza di scavalcare la situazione. Mi avvicino, e' un arabo, gli chiedo come fare per rientrare in Italia. C'e' un unico modo, mi risponde. Prendere un taxi, andare alla stazione dei bus e rientrare con quel mezzo. Fidarmi o non fidarmi? Mi fido. Prendiamo un taxi insieme, poi i biglietti saliamo sul bus entrambi con destinazione Milano. Si parla e si condivide anche il cibo. Quello che avevamo. Io gli dico che sono cattolico e nn ho motivi per cambiare. Che sono stato a ND des Victoires e che e' un luogo nel quale la presenza della Grazia e' palpabile. Non potrei rinunciare a questo.
Mi risponde l'arabo, ci sono passato anche io. Di rimando e con un po' di ironia: come mai? Sorrido….
Ecco i giovani sportivi di cui parlavo prima non vivranno una esperienza simile. Paradossalmente il mussulmano c'e' arrivato. Significa qualcosa? Credo di si. Con loro mai in tre anni di allenamento ho potuto abordare contenuti simili.

E voglio terminare con un pensiero di Andreoli Vittorio: E' il dubbio che ci aiuta a stare insieme, perché ho bisogno di sapere che cosa ne pensa quell'altro. E' l'incertezza e la fragilita' che ci spinge a stabilire legami affettivi.

E infine un incontro di qualche mese fa. Giovane sacerdote, francese. Tradizionalista. Mi dice di fare attenzione a Guitton e' un modernista. Nel colloquio ostenta una venerazione per San Giovanni Paolo II.

Tra me e me mi chiedo. Va bene se Guitton e' un pericoloso modernista Giovanni Paolo II cosa e'?

Anche la ragione vuole la sua parte.





Anonimo ha detto...


Giovanni Paolo II cosa è?

Elementary, Watson : un neo-modernista, come tutti gli altri Papi da Giovanni XXIII in poi.
Esprimono unicamente gradazioni diverse di un unico errore, un'unica eresia: il modernismo.
Ne rappresentano gli ultimi sviluppi, quelli "conciliari", portati avanti zoppicando sempre più vistosamente, appoggiandosi sempre di più alla stampella vaticanosecondista.

Quanto al vuoto morale e forse mentale dei "giovani" che praticavano sport, in questo caso di destra, c'è forse da stupirsi? Esprimono i disvalori predominanti, il vuoto dei loro maestri, se mai ne hanno avuti, il vuoto di questa società. Destra o sinistra, oggi è lo stesso, fatta eccezione per casi singoli. Sia Destra che Sinistra hanno una radicata tradizione di subcultura, oggi prevalente sulla vera cultura, cioè sulle tradizionali culture di destra e di sinistra.

La "promiscuità sessuale" ossia la corruzione dei costumi liberamente ed intensamente professata corrompe anche il cervello, incitrullisce, abitua ad una vita fondata sulla menzogna, sul disordine, sulla mancanza di disciplina esteriore ed interiore, sulla sporcizia, anche fisica.

L'immigrazione clandestina resta un grave problema e ci permette di toccare con mano la nostra abiezione. Quando Kyenge, suprematista africana, dice che l'Europa ha bisogno di 50 milioni di africani (per rinsanguarsi, anche se non lo dice in questo modo), bisognerebbe rispondere: No, ha bisogno di tornare a far figli e quindi di abolire il libero aborto, gli anticoncezionali, la libertà sfrenata dei costumi, di cominciare a colpire tutte le false e negative libertà che ci stanno distruggendo, contemporaneamente ad un'opera di "rieducazione morale e culturale". L'invasione dei clandestini è funzionale alla nostra decadenza, è quest'ultima che la permette.
O.

mic ha detto...

“La più grande minaccia che l’umanità vive in questi momenti è la minaccia dell’ideologia di genere.
E’ una minaccia molto seria, perché porta al deterioramento della nostra umanità.
Senza umanità non c’è società, senza uomini non c’è convivenza.
Senza la verità sull’umano non ci sarà mai un insegnamento veramente umano e umanizzante“.

http://www.totustuus.it/card-canizares-gender-la-piu-grande-minaccia-per-lumanita/

Anonimo ha detto...

Gli ultimi dati Istat parlano di una popolazione di stranieri in Italia pari all'8,7 per cento. Significativa ma non drammatica. Drammatico mi pare invece il calo continuo delle nascite, 449.000 rispetto ai 458.000 del 2017. Cosi' come e' drammatica inazione politica su questo fronte. I francesi hanno certamente fatto meglio. Il rapporto tra popolazione italiana e straniera e' variata a discapito della prima di uno 0,33 per cento rispetto ai dati precedenti.

Sempre statische alla mano circa un 24 per cento frequenta la messa domenicale, la fascia giovanile e' irrisoria. L'abbandono del cristianesimo e' un processo iniziato ben prima di quello dell'immigrazione, Rivoluzione francese, risorgimento, le grandi ideologia politiche di destra e di sinistra, il boom economico, il 68, venticinque anni di berlusconismo, televisioni e chi piu' ne ha ne metta.

Pio XII era ben consapevole che l'Occidente avrebbe voltato le spalle al cristianesimo.

Lo stesso Ratzinger giovanile era consapevole che il cristianesimo sarebbe sopravvissuto come piccola nicchia all'interno della societa' occidentale.









Silente ha detto...

Bene, bene, era da un po' che non leggevo un fervorino catto-comunista come quello di anonimo delle 12:24 e delle 14:05. Grazie a Mic per deliziarci ogni tanto con simili messaggi. Compuntamente antifascista, perfettamente "politicamente corretto", una dose robusta di classismo antiborghese, un'abbondante spolverata di lacrimoso antirazzismo (come sono buoni e solidali gli allogeni!), di melassa buonista, un pizzico di psicologismo - Andreoli Vittorio (sic), che fa sempre "fine". Ignorando peraltro che il nome corretto dello psichiatra e scrittore è Vittorino e non Vittorio.
Leggete questa frase dell'anonimo di quando descrive giovani che ha frequentato per anni: "Orientamento identitario, politicamente di destra anche fascista, estrazione borghese, studi universitari. Vita sociale vacanze e viaggi sportivi-agonistici tra Italia ed estero". Gronda di disprezzo antropologico, di condanna morale, di classismo e antifascismo da sezione del PCI degli anni '50.
Un onesto sociologo di sinistra, Luca Ricolfi, in un suo testo di qualche anno fa, Perché siamo antipatici. La sinistra e il complesso dei migliori spiegava gli insuccessi della sinistra con il supponente, arrogante complesso di superiorità dei progressisti. Qui ne abbiamo un esempio.
Mi interessava sottolineare questi aspetti comunicazionali perché sono esemplari dei progressisti e spiegano molte cose. Non entro nel merito dei contenuti del messaggio dell'anonimo perché non meritano confutazione.
Silente