Oggi Dante non festeggerà con voi.
Se ho ben capito il carattere di Dante Alighieri, anzi il caratteraccio sdegnoso e spigoloso, oggi non sarà contento del Dantedì, la festa in suo onore proclamata per oggi. Perché la gente d’oggi con la sua visione spirituale, politica e morale e con la sua tempra indomita di esule e dissidente, ha ben poco a che fare e che spartire; e col suo fiero amor patrio ancor meno. L'Alighieri si sentirebbe preso in giro dal Dantedì, usato e manipolato da chi dell'italianità ha sempre fatto carne da porco e spezzatino di viltà; e si sentirebbe più esule che mai davanti a questi connazionali. Una società straniera alla sua visione poetica e profetica, lontana da ogni senso del divino e dell'ultraterreno, sorda a ogni richiamo alla tradizione, alla morale e al sacro, cosa può celebrare di Dante, se non giocare su un equivoco e lasciarsi intrattenere dai danteggiatori? Una repubblica delle lettere dominata dal conformismo più becero, devota all'uniformità ideologica, culturalmente mafiosa, divisa in quote, fobie, categorie protette, come può rendere omaggio a chi fu in vita e nelle lettere nemico di tutto questo e ne pagò aspramente lo scotto?
Per questo, per onorare l'altissimo poeta, e la sua indole, mi accompagnerò oggi – dopo aver scritto un libro dedicato a lui come nostro padre e fondatore dell'Italia – con un fiorentino in disparte (nato per caso a Perugia) che preferì andarsene dall'Italia. Andrò idealmente da lui, nella sua soffitta di Lugano, per scrivere di Dante come “il più grande anti-italiano”. Dico di Giuseppe Prezzolini, che quando era a New York scrisse un libro che sette anni dopo, nel 1955, uscì per la prima volta anche in Italia da Vallecchi, lo stesso editore del mio Dante, con un titolo che non si presta a equivoci: L'Italia finisce. Questo libro che è un viaggio amaro e disincantato tra storia, pensiero e letteratura del nostro paese, dedica un capitolo a Dante intitolato appunto L'Antitaliano.
Prezzolini sostiene che Dante fu il più grande degli antitaliani, un giudice severo, un critico implacabile della vigliacca Italia e del suo servilismo che nei nostri giorni dà spettacolo miserabile di sé. Ma lo spirito antitaliano di Dante, come quello di Prezzolini, è tutt'altro che ostile alla sua patria, non sogna un paese che dimentica la sua identità, si emancipa dalle sue radici, si disitalianizza, si fa colonia altrui o tinello di una società apolide e internazionale. Al contrario, rimprovera agli italiani proprio di aver tradito la loro origine e la loro missione, di aver voltato le spalle alla gloria dei padri, degli eroi e dei santi. La sua ostilità all'Italia e agli italiani è dunque un amore deluso e tradito.
Dante, nota Prezzolini, ebbe una predilezione speciale per l'Italia intesa come giardino dell'Impero; ne ebbe una precisa consapevolezza geografica e linguistica. Tanto è vero che ne delineò i confini, fino al Carnaro e ne sognò l'unificazione linguistica sotto l'egida del “volgare illustre” che avrebbe sublimato e riunito gli sparsi volgari che si parlavano allora nella nostra penisola. Dante, come Virgilio, ebbe nostalgia di un'Italia antica e ventura ma non presente.
In realtà gli amanti d'Italia si dividono in due categorie: gli arcitaliani, come si definì Curzio Malaparte, e gli antiitaliani, come li definì Prezzolini. Ossia coloro che difesero l'Italia a spada tratta, magari si sacrificarono per lei o comunque testimoniarono con le opere e con i fatti il loro vivo sentimento d'appartenenza nazionale e coloro che coltivarono un amore scorbutico per la propria terra, presero a inveire contro il loro paese e i loro compatrioti perché non erano stati all'altezza della loro patria, ne avevano sporcato il nome e la fama. “Il rigore logico e l'unità di pensiero e azione di Dante poco han ha che fare con la rilassatezza morale comunemente associata al carattere italiano” scrive Prezzolini. Non si può del resto amare Dante e detestare il Medioevo, di cui il poeta è figlio e maestro, seppur percorso d'inquietudini e presagi.
Non si può amare Dante e negare il Sacro Romano Impero di cui il poeta resta massimo cantore e teorico. Non si può amare Dante e considerare superato il suo senso della trascendenza, il suo amor divino, la sua fede e la sua dottrina. “Il suo Impero voluto da Dio è il contrario del corso seguito dalla civiltà italiana” nella modernità. Insomma la grandezza di Dante è nella sua Inattualità: lo tengano a mente i celebratori di Dante, magari col tentativo di adattarlo al tempo nostro e ai canoni del presente, inclusi il politically correct e la cancel culture. Sentiamo Prezzolini: “Sentire fortemente, agire risolutamente, peccare appassionatamente e pensare audacemente: ecco ciò che muove l'animo suo”.
Pensando a tutto questo suggerirei di ribattezzare il Dantedì come Dantesque, allo stesso modo del burlesque, più consono a un tempo di pagliacci, travestiti e trasformisti. “Se mala cupidigia altro vi grida/ Uomini siate, e non pecore matte”.
Marcello Veneziani
14 commenti:
Il 25 marzo 1300, giorno dell'Annunciazione (e capodanno fiorentino) dell'anno del Grande Giubileo indetto da Bonifacio VIII, nel mezzo del cammin di nostra vita Dante si smarrisce nella selva oscura.
A partire dal 2021, ovvero dal settecentenario della morte del Poeta, questo giorno è diventato dantedì, giornata per celebrare il nostro Dante. Io la renderei festa nazionale al posto dei vari 25 aprile, 2 giugno o 4 novembre.
Lo scorso 17 marzo avevo scritto che la proclamazione del Regno d'Italia "aveva più senso" delle altre feste nazionali perché era la nascita politica dell'Italia.
Ma culturalmente l'Italia nasce con Dante. La nostra lingua, anche se fissata dal Manzoni (e popolarizzata dalla televisione) è stata forgiata da Dante. Se Manzoni come lingua nazionale ha scelto il fiorentino è per Dante. Dopo Dante la civiltà italiana conosce quell'esplosione di arte e bellezza che ha fatto del nostro Paese "il Bel Paese".
Di solito le feste nazionali partono da un evento politico. Personalmente ho sempre dato la prevalenza alla cultura sulla politica ma per l'Italia la cosa è ancora più vera.
Non abbiamo diffuso la nostra cultura sulla punta delle baionette come altre potenze imperiali. Quando ci abbiamo provato, sotto il fascismo, abbiamo fatto ridere i polli. Ma nelle corti europee si imparava l'italiano perché era la lingua della musica e della bellezza. Ne dovremmo andar fieri, fieri di essere associati più a pittori e compositori d'opera che a conquistatori e razziatori. "Son fiero e me ne vanto/gli sbatto sulla faccia/cos'è il Rinascimento" (cit. Giorgio Gaber).
Per questo Dante vale più di tutti i 25 aprile, 2 giugno, 4 novembre e anche 17 marzo.
(Andrea Sartori)
La memoria del sommo poeta è affidata alla voce di attori straordinari che hanno portato in più occasioni i versi della "Divina Commedia" dalla pagina allo schermo. In occasione del Dantedì guardate lo speciale su RaiPlay qui: https://www.raiplay.it/programmi/dantedi
LA VANA OSSERVANZA DI TRADIZIONI UMANE E L'OSSEQUIO FARISAICO DI PRECETTI DIVINI E' SUPERSTIZIONE CHE GESU' CONDANNA (S. GIROLAMO)
Considera la follia dei farisei e degli scribi. Essi rimproverano al Figlio di Dio di non osservare le tradizioni e i precetti degli uomini. Essi infatti non si lavano le mani quando mangiano il pane, ci si deve lavare le mani, cioè purificare le opere non del corpo ma dell’anima perché in esse possano trovare compimento le parole di Dio.
Ma egli, rispondendo, disse loro: E voi, ancora perché trasgredite il comando di Dio in grazia della vostra tradizione? Con una verace risposta confuta una falsa calunnia. Come voi violate i comandamenti di Dio per una tradizione tutta umana e rimproverate i miei discepoli di annettere poca importanza alle prescrizioni degli antichi per osservare i comandamenti di Dio?
Dio infatti ha detto: Onora il padre e la madre; e chi maledirà il padre o la madre sia messo a morte. Voi invece dite: Chi dice al padre o alla madre sia offerto a Dio ciò he potresti avere d’utile da me, costui non sarà tenuto ad onorare il padre suo o la madre sua. Questo onore di cui parla la Scrittura consiste non tanto in segni di deferenza e di rispetto quanto nell'assistenza e nel soccorso effettivo che si dona loro. Onorate le vedove che sono veramente vedove - dice San Paolo( 1 Tim.,5,3) - questo onore si chiama dono. E in altro passo (1 Tim.5,17-18) I presbiteri sono degni di un doppio onore soprattutto coloro che si affaticano nella predicazione e nell'insegnamento. dice infatti la Scrittura: Non mettere la museruola al bue che trebbia (Deut.25,4) come pure: L’operaio è degno della sua ricompensa (Lc.10,7).
Dio, dando questo comandamento, aveva avuto riguardo alle infermità, all'età avanzata o all'indigenza dei genitori, e voleva che i figli onorassero i loro genitori procurando loro le cose necessarie alla vita (cfr. Es,20; Dt.5; Eccl.3). I farisei sconvolgendo questa legge piena di sapienza, insegnavano ai figli iniqui che se qualcuno voleva offrire a Dio, che è il vero padre, quelle cose che si devono ai genitori, l’offerta fatta a Dio dovrebbe essere giudicata assai migliore che non l’assistenza dovuta ai genitori. Ora molto probabilmente gli stessi genitori, nel timore di incorrere nel crimine di sacrilegio, non osavano richiedere quello che vedevano consacrato a Dio e si riducevano in povertà estrema. Accadeva così che l’offerta fatta dai figli sotto forma di offerta a Dio e al tempio tornava a vantaggio dei sacerdoti.
Mt.15,1-20 La vana osservanza di precetti umani
S.GEROLAMO
Liber 2 Comment. in cap.15 Matthaei
Breviario Romano, Letture dal Mattutino
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Epistola
(Es.20,12-24) La legge antica
La Legge era come una siepe scavata attorno alla vigna di Israele, difesa contro l’idolatria e costante richiamo a Dio ma dalla sua defezione il popolo messianico doveva capire il significato dell’umana debolezza: così a poco a poco sarebbe maturato, per la pienezza dei tempi e si sarebbe disposto per la venuta di Cristo a invocare l’aiuto che poteva venire solo da Dio(cfr. lettera ai Romani). Ma lungi dal suscitare il desiderio di un Messia come liberatore spirituale la legge fu minata dall’osservanza legalistica ed ipocrita e piegata all’ambizione e all’egoismo nazionale.
Vangelo( Mt.15,1-20) La Legge nuova
Gesù e i farisei
Gesù, Verbo di Dio, Autore della Legge e Guida del popolo dell’antica alleanza, insegna che non è la purezza legale ed esterna che può dare all’uomo la giustificazione davanti a Dio ma la purezza interiore che solo Dio può dare all’uomo contaminato dal peccato. Egli stesso abitando nell'uomo con il suo Spirito divenne la nuova legge dell’uomo redento e la forza per osservare i comandamenti. Per mezzo di Lui e della nostra partecipazione al Suo sacrificio la Legge, tributo di servitù al padrone, diventa obbedienza di figli al Padre, il suo giogo diviene soave e lieve. Osservare la legge significa per il cristiano essere e vivere in Cristo e, naturalmente, passare attraverso alla Sua Passione e Morte per essere una manifestazione vivente della Sua Risurrezione. Senza l’animo del sacrificio e dell’amore necessario all’osservanza dei comandamenti la religione diviene ipocrisia, formalismo, superstizione, diventa la religione che Isaia stigmatizza, che Gesù condanna.
E cosa c'entra con dante?
Non c'entra con Dante, ma ci ha ricordato che oggi è il III mercoledì di Quaresima con letture e riflessioni che fanno bene a tutti... È per questo che l'ho passato.
Mettere il 25 marzo festa di Dante come festa Nazionale? Buona idea. Ma perché voler eliminare il 4 novembre? Tra l'altro non è stato già eliminato come festa civile?
Il 4 novembre celebra il compimento dell'unità nazionale con il raggiungimento delle frontiere naturali e la cacciata del secolare nemico austriaco, degli Asburgo che ci avevano occupato, sfruttato e tenuti divisi per secoli.
Rinunciare a celebrare il 4 novembre significa rinunciare alla propria identità nazionale. Che non può essere e non è solo culturale. Nei secoli precedenti l'identità culturale sentita dai ceti dirigenti italiani non impediva le continue lotte fratricide e le chiamate degli stranieri al soccorso.
L 'imperiaslimo italiano mussoliniano è stato un errore, come lo è stata tutta l'espansione coloniale a sud di Suez. Però non direi che "abbia fatto ridere i polli". Non c'era niente da ridere. Il megalomane sogno imperiale di Mussolini fu preso estremamente sul serio da inglesi e americani, che vedevano il Corno d'Africa e la via delle Indie minacciati da un grande Stato (Africa Orientale Italiana) che, se uscito dalla fase progettuale, avrebbe potuto creargli grossi problemi.
Croce difendeva il colonialismo italiano perché, diceva, aveva effettivamente fatto progredire le popolazioni indigene sottomesse. In Libia i nativi godevano di una cittadinanza minore e dello sviluppo di enti agricoli anche per loro. Fu abolita la schiavitù, furono abbellite le città, fu creata una ammnistrazione della giustizia equanime. In Etiopia ed Eritrea idem. Fu effettivamente abolita la schiavitù, furono create molte infrastrutture civili, zone particolarmente depresse e maltrattate dal regime etiopico (schiavista e razzista) furono risanate in profondità, con grande sollievo delle popolazioni locali.
Poi Mussolini inciampò sulle leggi razziali, ma queste non inficiarono le cose buone che aveva fatto l'Italia in quei paesi, anche sul piano strettamente culturale.
Historicus
Per secoli nei suoi documenti ufficiali la Santa Sede faceva coincidere l'inizio dell'anno con il 25 marzo. Credo sia stato san Pio X ad allineare l'inizio dell'anno nei documenti all'1 gennaio, come le altre Cancellerie.
A proposito dei valori che Dante rappresenta e che si cerca di calpestare in tutti i modi.
Ieri Franceschini, un deputato postcomunista, ha detto che presenterà una proposta di legge affinché in futuro i figli portino solo il cognome della madre! La lotta dei comunisti, pre o post, alla famiglia tradizionale e secondo natura non conosce soste e continua su tutti i fronti.
L ' insano disegno di legge non dovrebbe passare. Però non si sa mai. Meloni ha nel femminismo un punto debole (vedi recente approvazione del reato di 'femminicidio', punibile solo con l'ergastolo, un'oscenità giuridica). Finora il suo femminismo non è stato estremo, però, su certi temi oggi non si può esser sicuri di nulla. Il femminismo è malattia trasversale nello schieramento politico e non solo in Italia.
I comunisti vogliono instaurare formalmente il matriarcato, quando le donne non ne vogliono sapere di fare figli. L'indice di natalità dell'Italia è uno dei più bassi: 1, 2. Una vergogna, della quale i "democratici" (pre e postcomunisti) sono tra i maggiori responsabili.
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1) Non conosciamo con precisione la sua data di nascita. Tuttavia, poiché nel canto XXII del Paradiso afferma esplicitamente di essere nato sotto il segno dei Gemelli, possiamo essere sicuri che sia nato fra il 14 maggio e il 13 giugno. Quanto all’anno, è quasi sicuramente il 1265 perché sia Giovanni Boccaccio sia Giovanni Villani vogliono Dante cinquantaseienne al momento della morte, avvenuta a Ravenna fra il 13 e il 14 settembre 1321.
2) Sappiamo almeno quando fu battezzato: il 27 marzo 1266, il giorno del Sabato Santo.
3) Il suo vero nome era Durante, del quale Dante sarebbe un diminutivo. Gli fu dato in ricordo di un parente ghibellino.
4) Alighieri non è un cognome, ma la forma genitiva del nome del padre, Alighiero, a sua volta nipote di un altro Alighiero. Pare che Dante non usò mai la forma “Alighieri” in vita, perché nei documenti del suo tempo vengono citate solo le forme latine Alagherii (patronimico al genitivo) e de Alagheriis (gentilizio all’ablativo). Fu Boccaccio a sancire il trionfo della forma moderna che tutti conosciamo.
5) Il suo trisavolo Cacciaguida degli Elisei aveva partecipato nel 1147 alla seconda crociata al seguito dell’imperatore Corrado III, trovando la morte in Palestina l’anno seguente. Dante lo inserì come personaggio centrale in ben tre canti del Paradiso, il XV, il XVI e il XVII, e gli mette in bocca dapprima la nostalgica descrizione della Firenze del passato, poi la famosa profezia post-evento dell’esilio.
6) Rimase orfano della madre, Bella degli Abati, ad appena cinque anni. Il padre si risposò subito dopo con Lapa di Chiarissimo Cialuffi, dalla quale ebbe due figli, Francesco e Gaetana.
7) All’età di dodici anni fu fidanzato con Gemma Donati, che sposò regolarmente a vent’anni e dalla quale ebbe tre, forse quattro figli. Una tradizione originata da Boccaccio (ma non è detto che sia vera) vuole che il loro matrimonio fu assai infelice. Di sicuro Dante non dedicò un solo verso a noi pervenuto alla moglie.
8) Nel Trattatello in laude di Dante, Boccaccio lo descrive di media statura, dal volto lungo e il naso aquilino, con gli occhi grossi, il labbro inferiore più pronunciato di quello superiore, i capelli e la barba neri e crespi e un’espressione perennemente pensierosa e malinconica in volto.
9) Il suo particolare fisico più celebre è indubbiamente il naso aquilino molto pronunciato. Eppure, già una ricostruzione realizzata nel 1921 dall’antropologo Fabio Frassetto sulla base del cranio del Sommo Poeta dimostrò che aveva un naso assai meno sporgente. Alla stessa conclusione è giunta una nuova ricostruzione del 2007, ad opera di un team guidato da Giorgio Gruppioni. Il nasone apparve nell’iconografia con la scuola di pittura giottesca e venne consacrato definitivamente dalla ritrattistica rinascimentale.
10) Nel 1289 partecipò alla battaglia di Campaldino contro Arezzo e alla presa di Caprona contro Pisa.
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11) Politicamente era un guelfo, ossia un sostenitore del papa. Per la precisione apparteneva alla consorteria dei guelfi bianchi, fautori di una maggiore autonomia del comune fiorentino dall’autorità papale. Tuttavia, negli anni dell’esilio si avvicinò allo schieramento ghibellino, che sosteneva l’imperatore del Sacro Romano Impero, e quando l’imperatore Arrigo VII scese in Italia nel 1312 salutò entusiasticamente la sua venuta come l’occasione per ristabilire l’ordine in Italia. Per questo nel carme Dei sepolcri Ugo Foscolo definirà il Sommo Poeta «Ghibellin fuggiasco».
12) Scrisse opere sia in volgare sia in latino. Nella prima lingua compose la Vita Nova, le Rime, il Convivio e la Divina Commedia; nella seconda il De vulgari eloquentia, le Egloghe e la Quaestio de aqua et terra, scelta dettata dalla necessità di rivolgersi a un pubblico di dotti.
13) Non ci è giunta nessuna sua opera autografa e nemmeno una misera firma.
14) Le accuse per le quali fu condannato all’esilio perpetuo il 10 marzo 1302 erano baratteria, ossia corruzione, frode, pratiche estortise, proventi illeciti e pederastia, ossia omosessualità, un’accusa molto usata all’epoca per colpire gli avversari politici. Nel caso avesse messo piede nuovamente a Firenze, la condanna prevedeva la morte sul rogo.
15) Nel De vulgari eloquentia presentò le sue personali teorie linguistiche. Chiamò “volgari” le lingue parlate dal popolo e ipotizzò correttamente una parentela e una comune origine degli idiomi spagnoli, francesi e italiani, ma sostenne anche erroneamente che il latino derivasse artificialmente da questi. Inoltre, sosteneva la maggiore nobiltà e la superiorità delle lingue volgari rispetto al latino in quanto, pur essendo mutevoli col tempo, erano comunque le lingue dell’uso vivo.
16) Esiste il sospetto, privo di certezze, che abbia risieduto a Parigi fra il 1309 e il 1310. Prova ne sarebbe un passo del canto X del Paradiso, in cui allude al «Vico de li Strami», ossia Rue de Fouarre, dove si svolgevano le lezioni della Sorbona. Alcuni dantisti ipotizzano invece che in quel periodo sia stato ospite della corte papale di Avignone.
17) In qualità di rappresentante diplomatico dei marchesi Malaspina della Lunigiana, ebbe un ruolo decisivo nella firma della pace di Castelnuovo del 6 ottobre 1306 con il vescovo-conte di Luni, Antonio Nuvolone da Camilla.
18) La scelta di scrivere la Commedia in volgare anziché in latino, la lingua dotta dell’epoca, gli attirò le critiche degli intellettuali già in vita. Uno di questi, l’amico bolognese Giovanni del Virgilio, nel 1319 gli inviò una lettera in versi in cui lo esortava a mettere da parte una lingua così infima per scrivere nella gloriosa lingua latina e dimostrare così il suo vero talento. Dante rispose con le due Egloghe, componimenti in esametri di carattere bucolico in cui ribadì la propria scelta di scrivere in volgare attraverso un alter ego pastorale, il poeta Titiro.
19) Quando morì, il già citato Giovanni del Virgilio gli dedicò un epitaffio, mentre un altro amico, il poeta Cino da Pistoia, compose la canzone Su per la costa, Amor, de l’alto monte.
20) Benché sia definito “padre della lingua italiana”, quando Pietro Bembo codificò la lingua italiana nel XVI secolo gli preferì come modelli di riferimento Petrarca per la poesia e Boccaccio per la prosa, in quanto la lingua dantesca era troppo composita e variegata (un critico moderno, Gianfranco Contini, parlerà addirittura di «plurilinguismo» dantesco). Ciò contribuì a determinare un lungo declino critico di Dante, snobbato e accusato di essere troppo “medievale” soprattutto in epoca illuminista. Per la rivalutazione che gli diede il posto che merita nel canone letterario italiano bisognò aspettare il Romanticismo e il Risorgimento.
21) Il suo volto compare sulle monete italiane da 2 euro. Nel 2015, settecentocinquantesimo anniversario della sua nascita, è stata coniata anche una moneta commemorativa da 2 euro ispirata al dipinto Dante col libro della Commedia, tre regni e la città di Firenze di Domenico di Michelino.
NBQ: Scandroglio: il Prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede qualifica come moralmente accettabile la condizione transessuale.
Quanto è profondo l'abisso?
"Abyssus abyssum invocat" Salmo 41
quanto tempo manca al sempre più vicino Castigo divino, sul tipo di quello di Sodoma e Gomorra?
Non deve mancare molto ormai.
Questo papa, a coronamento e ulteriore sviluppo degli errori dei predecessori, ha impresso alla Chiesa una svolta femminista e sodomitica.
Tanto adesso arriva Carletto d'Inghilterra e mettera' ogni tessera a posto.
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