Situazione dei seminari
Scrive Peter Kwasniewski:《Ecco una nota che ho ricevuto da un seminarista che prega l'antico breviario:
"Pregare il breviario in latino non è molto visto di buon occhio nel mio seminario. Ho notato in biblioteca l'altro giorno che l'istituto ad un certo punto ha preso tutti i [vecchi] breviari che potevano essere usati per pregare le ore e li ha rimossi dalla raccolta. Sospetto l'intento di scoraggiare la recita dell'Ufficio Divino sulla liturgia delle ore."
Il latino è una chiave per la vasta casa del tesoro della Cristianità Occidentale. Ecco perché i progressisti lo temono così tanto e hanno fatto del loro meglio per oltre 50 anni per sopprimerne la conoscenza.》
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Mi ricorda un episodio significativo di diversi anni fa.
Avevo appena messo in circolazione un piccolo saggio sulla Questione Liturgica [vetus e Novus Ordo a confronto: praticamente i prodromi del mio successivo libro], che diffondevo a richiesta. Le richieste fioccavano e ne ho diffuse oltre un migliaio di copie...
Una richiesta mi colpì moltissimo: era di un seminarista che scriveva da un seminario italiano, del quale per ovvi motivi non faccio il nome, anche se sono passati molti anni e il mio interlocutore dovrebbe (spero) essere ormai un sacerdote. Mi chiese di spedire 30 copie (per lui e altrettanti colleghi), ma all'indirizzo di sua madre, perché sia il blog che quelle copie potevano esser letti solo di nascosto dai superiori...
3 commenti:
Sul tema, segnalo che la crisi modernista ha colpito duramente anche i grandi (una volta) seminari delle grandi diocesi cattoliche (una volta) di Padova e Vicenza: https://www.diocesipadova.it/da-settembre-2025-un-unico-seminario-per-quattro-diocesi/
I seminari dal 1965 in avanti nell'ipotesi migliore insegnano il nulla o, più spesso, il peggio! E questo molto prima di Bergoglio!!
Diciamo più esattamente che il Concilio Pastorale arrivò quando già molti speravano in una rivoluzione nella Chiesa. E che contestualmente al Concilio Pastorale ci fu la Rivoluzione Sessantottina, che arrivò puntuale anche nei seminari.
Fino a metà degli anni '70 gli aspiranti preti si sentivano rivoluzionari: marinavano le lezioni per fare sciopero in piazza assieme ai compagni comunisti, uscivano senza permesso per rientrare tardissimo, avevano totalmente dismesso veste e breviario, accettavano (o addirittura desideravano) novità liturgiche (e fu così che la "comunione sulle mani" ebbe successo già più di vent'anni prima che la CEI, nel 1989 in assenza del cardinal Siri, la ratificasse)...
Lo sfascio non prometteva nulla di buono, e perciò calò dall'alto la "dittatura del moderatismo". Anche nei seminari. In controtendenza quel tanto che basta e seguendo il giochetto di tesi-antitesi-sintesi: tesi cattolica, antitesi rivoluzionaria esagerata, sintesi che smussa gli spigoli peggiori e dà una parvenza di equilibrio. La dittatura del moderatismo, cioè il trovare un compromesso fra la verità e l'errore, fra la cattolicità e la rivoluzione, fra la talare e i pantaloncini corti, fra la Messa tridentina e la celebrazione con pizze e cocacola, fra l'organo e la Messa-beat, fra i preti con l'aspersorio e i preti col mitra, fra il Catechismo di san Pio X e il libretto di Mao, fra il donarsi a Cristo e il donarsi al Dialogo... E così oggi vediamo consolidato ogni compromesso fra la verità e l'errore.
È inutile che la Chiesa postconciliare si interroghi sul drammatico crollo delle vocazioni: se le liturgie sono imbarazzanti ("cringe"), se i preti "cantano e ballano" per intrattenere i 'gggiovani, i più si vergogneranno di partecipare come chierichetti o anche solo seguire le iniziative. E quelli che davvero serviranno Messa, vedranno non uno che lavora nella vigna del Signore, ma un addetto a certi cerimoniali parolai in cui lui stesso non sembra credere, vedranno non un uomo virile che per quel Santissimo Sacramento ha scommesso tutta la vita ma un intrattenitore, un mestierante del sacro, una sorta di impiegato statale che non vede l'ora di andarsene in ferie.
Per questo i numeri delle vocazioni dalle parrocchie sono così miseri. Per questo stesso motivo una percentuale non trascurabile proviene dai movimenti ecclesiali (anch'essi in crisi), almeno in quelli il cringe è mentalmente giustificato dall'etichettina "siamo più speciali degli altri". Non c'è bisogno di studiare marketing per capire che dopo sessant'anni di banalizzazione progressiva della figura del sacerdote, è del tutto naturale che chi ha un germe di vocazione nel cuore guardi altrove. Ma il vaticansecondismo è autolesionista per definizione, non guarderà alla Tradizione neppure se glielo consiglia l'ateo esperto di marketing, desiderando letteralmente estinguersi.
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