La vita di un filosofo e teologo intransigente:
Padre Réginald Garrigou-Lagrange (1877-1964)
don Christophe Vigneau
Pochi sanno che il celebre filosofo e teologo domenicano Réginald Garrigou-Lagrange (1877-1964) fosse di origine guascone, benché nessuna strada di Auch, sua città d’origine, porti il suo nome. Noi diamo qui i tratti fondamentali di questa vita donata allo studio, vita che iniziò sulle rive del Gers e che si svolse in buona parte su quelle del Tevere, a Roma, ove terminò. Non abbiamo osato intitolarla: «Il Gers sfocia nel Tevere».
Un Guascone
Marie-Aubin-Gontran Garrigou-Lagrange nacque ad Auch il 21 febbraio 1877. Il registro di stato civile indica che i suoi genitori abitavano all’epoca in via dell’Oratorio (attuale via Victor Hugo)[1]. Suo padre, François-Léonard-Junien Garrigou-Lagrange, era un funzionario dell’ufficio imposte. Era nato nella regione francese del Limosino, a Marval, nel 1844. Suo zio paterno, don Maurice Garrigou (1766-1852), era stato canonico a Tolosa. Durante la Rivoluzione, si distinse per il suo coraggio durante le persecuzioni alle quali riuscì a sfuggire per poco. Fondò in seguito una congregazione di religiose, poi morì in odore di santità. Il suo processo di beatificazione è in corso a Roma e papa Francesco l’ha proclamato Venerabile nel 2013[2].
La madre del nostro teologo, Jeanne-Marie-Clémence Lasserre, era per stirpe autenticamente originaria di Auch. Qui nacque infatti l’8 settembre 1854 da Thomas-Auguste Lasserre, anch’egli funzionario dell’ufficio imposte, e da Thérèse Fauqué. Il suo matrimonio con François Garrigou, di dieci anni più vecchio, ebbe luogo ad Auch nel 1874[3]. Secondo alcune fonti[4], era imparentata (ma fino a quale grado?) con Henri Lasserre (1829-1900), uomo di lettere e virulento polemista cattolico della seconda metà del XIX secolo, celebre per esser stato il primo storico delle apparizioni di Lourdes[5]. Il 27 febbraio il piccolo Gontran ricevette il battesimo nella cattedrale di Santa Maria dalle mani di don Saint-André, il vicario[6].
La famiglia rimase ad Auch per alcuni anni. La coppia nel 1878 ebbe un altro figlio, una bambina questa volta, di nome Alice (che morì all’età di cinquant’anni dopo che suo fratello le ebbe amministrato l’estrema unzione)[7]. Presto François Garrigou-Lagrange fu trasferito a La Roche-sur-Yon, poi a Nantes ed infine a Tarbes. Qui Gontran frequentò la scuola secondaria e superò il baccalaureato [equivalente all’esame di maturità in Italia-NdT]. Era già uno studente piuttosto brillante, ma anche alquanto arrogante. Un aneddoto, riportato da diverse testimonianze, rivela che non superò l’esame orale di francese a causa di un’insolenza, che non piacque all’esaminatore:
«Questi gli domandò l’analisi di Cinna. Il giovanotto gli rispose: “Non rileggo Cinna dalla sesta classe [equivalente alla prima media in Italia-NdT], ma, se Lei mi chiedesse delle considerazioni generali su Corneille, potrei risponderLe”. Un incidente-simbolo: Padre Garrigou-Lagrange preferì sempre le grandi sintesi ai dettagli eruditi»[8].
Conversione e ingresso nei domenicaniUna volta superato il baccalaureato, Gontran Garrigou-Lagrange si recò a Bordeaux per iniziare gli studi di medicina. All’epoca era del tutto indifferente alla religione in cui era stato educato. Una lettura, fatta nel 1897, lo turbò profondamente. Si trattava dell’opera d’Ernest Hello (1828-1885) intitolata L’Homme [L’Uomo]. Questa raccolta di saggi contrappone la concezione cristiana dell’uomo sicuro delle proprie convinzioni a quella dell’uomo moderno che dubita di tutto. Ebbe un effetto dirompente sul giovanotto, che, da agnostico o scettico qual era, divenne cattolico fervente:
«In un istante – confessò più tardi – intravidi che la dottrina della Chiesa cattolica era la Verità assoluta su Dio, sulla sua vita intima, sull’uomo, sulla sua origine e sul suo destino sovrannaturale. Io ho visto, come in un batter d’occhio, che vi era là non una verità relativa allo stato attuale delle nostre conoscenze, ma una verità assoluta, che non passerà, ma che apparirà sempre più nel suo splendore fino a quando vedremo Dio facie ad faciem»[9].
Questa conversione improvvisa può esser paragonata ad altre esperienze dello stesso tipo che hanno sperimentato diversi intellettuali o scrittori a cavallo tra il XIX ed il XX secolo: Paul Claudel, Charles Péguy, Jacques Maritain e molti altri[10].
Il nostro studente di medicina decise allora di lasciare tutto per diventare religioso. Dopo aver avuto qualche esitazione tra Trappisti e Certosini, optò alla fine per i Domenicani. Questo ordine venerabile, ripristinato in Francia da Padre Lacordaire nel 1838, stava conoscendo in quel periodo un nuovo slancio. Il contesto dell’epoca era, in effetti, favorevole: Leone XIII aveva appena pubblicato, nel 1879, l’enciclica Æterni Patris, che rivalutava gli studi filosofici e preannunciava in particolare un ritorno serio ed approfondito alle opere di san Tommaso d’Aquino.
Nel 1898 si presentò alla porta del noviziato ad Amiens. Qui prese l’abito bianco e la cappa nera dell’ordine e ricevette il nome di Réginald in omaggio al beato Réginald d’Orléans, uno dei primi domenicani francesi, compagno di san Domenico. Partì in seguito diretto verso il piccolo villaggio borgognone di Flavigny-sur-Ozerain, dove i domenicani avevano il loro Studium. Le leggi contro le congregazioni lo costrinsero ad andarsene nel 1902. Dovette partire per il Belgio, dove completò i suoi studi e venne ordinato sacerdote.
Per perfezionare la sua formazione, i suoi Superiori lo inviarono a Parigi per fargli conseguire la licenza in filosofia e letteratura alla Sorbona. Numerose lettere, ch’egli scrisse in questo periodo al suo insegnante, Padre Ambroise Gardeil, sono state conservate e persino pubblicate[11]. Vi si nota come il giovane sacerdote qui seguisse i corsi delle più grandi menti della Belle Époque, in particolare Henri Bergson[12], ma si percepisse in lui una certa stanchezza:
«Da due giorni decisamente non sono allegro. Sono i corsi che spiegano gli autori latini e greci e soprattutto il tema di latino, che hanno l’effetto di rattristarmi per l’intera giornata. Mi sembra di essere tornato a retorica. Studi privi di interesse di aneddoti alla fine noiosi e tutta questa pressione per un esame. A 27 anni ricominciare questo lavoro è terribilmente duro»[13].
Poco dopo, a poco meno di trent’anni, venne nominato professore di filosofia per i suoi confratelli domenicani. Insegnò dapprima in Belgio, dove la sua comunità si trovava sempre in esilio, poi in Svizzera ed infine a Roma.
Professore a Roma
Quando Padre Garrigou iniziò la sua carriera di professore, il mondo cattolico stava attraversando gravi disordini, che erano conosciuti col nome di «crisi modernista». Questi avvenimenti ebbero un’influenza decisiva sull’intera sua vita e sul suo pensiero al punto da potersi scrivere che «tutta la sua opera non è altro che la loro spiegazione [degli insegnamenti pontifici] e la loro difesa contro la teologia modernista»[14].
San Pio X contava sui Domenicani per confutare quella che definiva «il ricettacolo di tutte le eresie». È il motivo per cui, nel 1919, il maestro generale dell’ordine, Padre Hyacinthe-Marie Cormier, fondò un’Università a Roma. Quest’università, comunemente denominata l’Angelicum, fu posta sotto il patrocinio di san Tommaso d’Aquino. Originariamente situata in via San Vitale, si trasferì nel 1932 alle pendici del Quirinale, sopra il foro di Traiano, dove si trova tuttora. Padre Garrigou-Lagrange vi insegnò per più di cinquant’anni: prima la teologia cominciando dall’apologetica fino al 1918, poi, dal 1918 al 1959, tutti gli altri trattati della monumentale Somma teologica[15]. Nel 1915 si vide affidare anche una cattedra di filosofia, ove poté commentare la Metafisica di Aristotele. Nel 1917, ottenne una terza cattedra, ch’era stata appena fondata: teologia spirituale.
Le due guerre mondiali segnarono delle brevi interruzioni nella sua vita di studi. Durante la Prima, si recò a Nizza per arruolarsi nell’esercito francese, ma la commissione di leva lo giudicò non idoneo al servizio e lo rimandò ai suoi amati libri[16]. Durante la Seconda, poco prima che Mussolini entrasse in guerra contro la Francia al fianco della Germania, dovette lasciare l’Italia e stabilirsi a Coublevie, vicino a Grenoble, dove c’era uno Studium del suo ordine. Poté rientrare a Roma solamente nell’ottobre 1941[17].
Durante gli anni trascorsi nella Città eterna, fu un eccellente professore. I suoi corsi erano molto apprezzati non solamente dai suoi frati domenicani ma anche da numerosi preti, prelati, superiori di ordini religiosi (soprattutto il suo corso di teologia spirituale del sabato)[18]. Fulgeva tanto per le sue eccezionali conoscenze quanto per le sue ammirevoli qualità di pedagogo. «I suoi corsi – è stato detto – non sono monologhi parlati, sono drammi recitati»[19]. Aveva anche il senso dell’umorismo, il che è apprezzabile quando si insegnano materie tanto serie:
«Non vorrei mancare di rispetto alla sua memoria – testimonia uno dei suoi ex-allievi -, ma aveva il senso del comico. In un’ora di lezione, era raro che non ci fosse qualche momento d’ilarità. Era aiutato da certe particolarità del suo volto: degli occhi piccoli e pieni di astuzia, burloni, estremamente mobili, la testa quasi completamente calva, un viso che poteva mimare l’orrore, la collera, l’ironia, l’indignazione, la meraviglia. Il corso veniva intervallato da sentenze ripetute immancabilmente, attese con impazienza. Ho visto abati ridere sino alle lacrime e divertirsi di cuore. Poi, di nuovo, tornava la calma o l’impeto trattenuto»[20].
Insegnava in latino, com’era consuetudine nelle università romane. Ma il suo latino era «modellato sul francese»[21] e vi mescolava volentieri parole della sua lingua madre o d’italiano, «senza che per questo venisse mai modificato l’accento della sua nativa Guascogna»[22].
Quando non insegnava, durante le vacanze, attraversava in lungo ed in largo l’Italia e la Francia, qualche volta anche altri Paesi d’Europa o d’America, per predicare ritiri in conventi e monasteri. Alla fine di agosto si trovava spesso a Meudon, a casa dei Maritain, per tenere conferenze spirituali all’intera élite intellettuale della capitale. In particolare vi si notavano i coniugi Maritain, Henri Ghéon, Charles du Bos, il principe Vladimir Ghika, Jean Daujat e molti altri, compresi protestanti e miscredenti[23].
Un’opera immensa e impegnataAccanto alle sue attività relative alla docenza, il Padre scrisse numerose opere tanto in latino quanto in francese. In totale, si conta una trentina di titoli apparsi tra il 1909 ed il 1951. Alcuni hanno avuto varie riedizioni e traduzioni in inglese, tedesco, italiano, spagnolo, portoghese, olandese e persino in polacco. Ha pubblicato inoltre numerosi articoli su riviste, in particolare La Revue thomiste e La Vie spirituelle della provincia di Tolosa, e nei dizionari, in particolare il Dictionnaire de théologie catholique[24].
La grande polemica, in cui si distinse, fu quella della «Nouvelle Théologie» [«Nuova Teologia»]. A partire dal periodo compreso tra le due guerre, diversi pensatori cattolici, in primo luogo gesuiti, avevano cercato di affrancarsi dalla Scolastica medioevale per riformulare la dottrina della Chiesa secondo un linguaggio al contempo più vicino ai concetti moderni ed ispirato agli autori dei primi secoli della Chiesa, che sembravano loro più interessanti di san Tommaso. Questa corrente ebbe una grande influenza sul clero dopo la Seconda guerra mondiale, perché i suoi principali sostenitori, come ad esempio Henri de Lubac e Gaston Fessard, avevano acquisito molto prestigio, impegnandosi nella Resistenza. Padre Garrigou reagì con vigore a queste teorie in un articolo intitolato «La nouvelle théologie, où va-t-elle?» [«La nuova teologia, dove va?»], apparso sulla rivista della sua Università[25]. Secondo lui essa corrispondeva nientemeno che alla distruzione della fede cattolica. Queste persone rovinavano l’autorità dei concili e dei papi e risuscitavano il temibile modernismo. Li criticava in particolare per non aver utilizzato i concetti di Aristotele in teologia. Rimase fedele inoltre ad una visione tradizionale del peccato originale, commesso da Adamo ed Eva nel Giardino dell’Eden, contro qualsiasi tentativo di reinterpretare il dogma alla luce dell’evoluzionismo darwiniano.
La sua presa di posizione contro tali innovazioni lo ha portato ad esser considerato nel dopoguerra come un teologo conservatore e rigoroso, l’incarnazione di una teologia rigida e propensa alla censura. Ancora oggi soffre di questa reputazione. Il suo biografo, l’americano Richard Peddicord, ha scritto addirittura che il suo nome era ormai associato alla «rigidità teologica e repressione ecclesiastica»[26].
Così venne considerato uno degli ispiratori dell’enciclica Humani generis, che condannava la nouvelle théologie nel 1950. Fu in seguito nominato consultore del Sant’Uffizio nel 1955 ed, in questa veste, diede il suo parere su quali libri dovessero essere autorizzati o proibiti. Tuttavia, la sua intransigenza dottrinale non gli impediva d’avere il cruccio d’esser compreso dal maggior numero di persone possibile. Si ritrova in alcune delle sue opere il senso pedagogico che i suoi allievi tanto apprezzavano in lui. Accanto a lavori difficili, compose libri accessibili, di cui Padre Loew, prete-operaio a Marsiglia, confessò di essersi servito con le persone più modeste:
«… quando, senza idee preconcette, semplicemente per far scoprire ai miei piccoli vicini o ad un collega di lavoro il mistero di Dio e quello della sua stessa vita, tornavo alla fonte della teologia e vi vedevo risaltare i problemi più sostanziali rispetto a quelli più immediati. Così, a rischio di far sorridere qualcuno, la teologia, che si rivelava più adatta e più innovativa, era quella di san Tommaso e dei suoi discepoli fino ai giorni nostri, un Padre Garrigou-Lagrange, mons. Journet, Gilson o Maritain»[27].
Ciò non deve sorprendere, perché Padre Garrigou era un uomo profondamente buono verso i poveri:
«Aveva profonda compassione per la miseria dei bisognosi. Lo si vedeva sopraffatto dalle difficoltà, di cui riceveva le confidenze in parlatorio. Non temeva di venire sfruttato (e spesso lo era), ma aveva molta paura di mancare verso i veri poveri. E questi erano numerosi a Roma»[28].
Bisogna dire che lui stesso visse nella povertà più edificante, occupando una cella molto semplice senza mobili superflui, né acqua corrente. Era anche molto umile, qualità che malauguratamente non era molto comune tra i grandi intellettuali, anche cattolici, e si sottometteva in tutto alla regola del suo ordine: «Religioso esemplare – scrisse uno dei suoi condiscepoli – ha dedicato tutta la sua vita all’edificazione dei suoi superiori e dei suoi confratelli con la sua obbedienza semplice come quella di un bambino, la sua precisione, la sua assiduità in coro, la sua preghiera ed in tutti gli esercizi comuni»[29]. Peddicord ha scritto ch’egli era «il riassunto della fedeltà all’ideale domenicano»[30].
Gli ultimi anni
Padre Garrigou-Lagrange festeggiò i suoi ottant’anni nel 1957. Era circondato da tutta la sua comunità e lo stesso papa Pio XII gli scrisse una lettera di felicitazioni in latino. Gli augurava nuove forze per «compiere nuove opere eccellenti»[31]. Tuttavia, gli ultimi anni del teologo rappresentarono una lunga via crucis, un terribile ed inesorabile declino fisico e mentale.
Venne progressivamente esonerato dai suoi corsi nel 1959 e nel 1960, per poter finalmente godere di un po’ di riposo. Ma ben presto fu colpito da ciò che noi chiamiamo oggi morbo di Alzheimer, malattia ancor più tremenda quando ghermisce un’intelligenza come la sua. Dal luglio 1960 lasciò il suo convento per recarsi in clinica. Passò in diverse case di cura e finì in un convento di suore specializzate nell’assistenza ai sacerdoti in fin di vita: la Fraternità sacerdotale canadese in via della Camilluccia, alle porte di Roma. È là che si spense il 15 febbraio 1964.
Alla sua morte, papa Paolo VI gli rese omaggio, scrivendo un breve, che venne pubblicato su L’Osservatore Romano, il giornale ufficiale del Vaticano[32].
Don Christophe Vigneaux - FonteSu questo monumento della teologia preconciliare, che è il pensiero di Padre Garrigou-Lagrange, le edizioni del Cerf annunciano l’ormai prossima pubblicazione di Dieu dans l’âme. Présence et transcendance de Dieu dans la théologie de Réginald Garrigou-Lagrange [Dio nell’anima. Presenza e trascendenza di Dio nella teologia di Réginald Garrigou-Lagrange] di don Arnaud Renard.
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[1] Archivi dipartimentali di Gers (A. D. 32), 5 E 17842, nascite, 9° foglio r,, n°. 39.
[2] Su colui che viene chiamato il san Vincenzo de’ Paoli di Tolosa, si può leggere MEYER (Jean-Claude), La Vie de Maurice Garrigou, Baziège, Pélé-Jeunes, 2002.
[3] A. D. 32, 5 E 17839, matrimoni, 23° foglio v., n°. 43.
[4] Cfr. GAGNEBET (M.-R.), «L’œuvre du P. Garrigou-Lagrange: itinéraire intellectuel et spirituel vers Dieu » (Conferenza pronunciata a Roma il 27 maggio 1964), articolo apparso su Angelicum, vol. 42, Roma, 1965, pag. 8.
[5] Sulla vita di questo personaggio stupefacente cfr. GARREAU (Albert), Henri Lasserre, l’historien de Lourdes, Parigi, Lethielleux, 1948.
[6] L’atto di battesimo si trova negli archivi diocesani (Atti di cattolicità, anno 1877, n°. 41).
[7] LAVAUD (Marie-Benoît), «Le Père Garrigou-Lagrange. In Memoriam», articolo apparso su La Revue thomiste, n°. 64/2, Tolosa, 1964, pag. 195, n. 1.
[8] Aneddoto riportato da LAVAUD (Marie-Benoît), ibid., pag. 182-183.
[9] Discorso riportato da GAGNEBET (M:-R.), op. cit., pag. 9-10. [10] Cfr. GUGELOT (Frédéric), La Conversion des intellectuels au catholicisme (1885-1935), Parigi, Edizioni del CNRS, 2010.
[11] «Lettres de jeunesse au P. Ambroise Gardeil (1903-1909)», pubblicate dall’Angelicum, vol. 42, Roma, 1965, pag. 137-194.
[12] Con cui rimase per molto tempo in contatto. Gli inviò i suoi libri, in particolare La Providence et la confiance en Dieu (1932) e Le Sauveur et son amour pour Dieu (1934), che giocarono un grande ruolo nella conversione finale di Bergson al cattolicesimo.
[13] Lettera del 28 novembre 1903, ibid., pagg. 142-143.
[14] GAGNEBET (M.-R.), op. cit., pag. 17.
[15] CONGAR (Yves), Journal d’un théologien, 1946-1956, Parigi, Le Cerf, 2000, pagg. 35-36: «Era ritenuto essere, solo tra i domenicani francesi, totalmente, virginalmente fedele a san Tommaso, come se avesse una grazia tomista integrale».
[16] LAVAUD (Marie-Benoît), op. cit., pag. 186.
[17] Ibid.
[18] Ibid., pag. 185.
[19] GAGNEBET (M.-R.), op. cit., pag. 13.
[20] EMONET (P.-M.), «Un Maître prestigieux», testimonianza pubblicata su Angelicum, vol. 42, Roma, 1965, pag. 197. Padre Garrigou aveva all’epoca circa sessant’anni.
[21] LAVAUD (Benoît-Marie), op. cit., pag. 187.
[22] GAGNEBET (M.-R.), op. cit., pag. 14.
[23] Raïssa Maritain ha scritto il racconto di questi ritiri nel suo Journal, publié par Jacques Maritain, Parigi, 1964.
[24] Per una bibliografia completa, cfr. Zorcolo (B.): «Bibliografia del P. Garrigou-Lagrange» in Angelicum, vol. 42 (1965), pag. 200-272 (in ordine cronologico e tematico). Per una bibliografia più breve, con un riassunto di ciascun libro, cfr. MADIRAN (Jean) e LOUIS (Eugène) in Itinéraires, n°. 86, Parigi, settembre-ottobre 1964, pagg. 88-94.
[25] GARRIGOU-LAGRANGE (Réginald), «La nouvelle théologie, où va-t-elle?» in Angelicum, vol. 23, Roma, 1946, pagg. 126-145. Ripreso in appendice in La Synthèse thomiste, Parigi, Desclée de Brouwer, 1947, pagg. 699-725.
[26] PEDDICORD (Richard), The sacred Monster of Thomism, an introduction of the life and legacy of Reginald Garrigou-Lagrange, South Bend, Saint Augustine’s Press, 2005, pag. 2: «Per molti, Garrigou-Lagrange simboleggia un’etica teologica, che è stata completamente screditata dal Concilio Vaticano II. (…) Garrigou-Lagrange è stato efficacemente identificato con la rigidità teologica e la repressione ecclesiastica».
[27] LOEW (Jacques), Journal d’une mission ouvrière, Parigi, Le Cerf, 1959. Pag. 370.
[28] LAVAUD (Benoît-Marie), op. cit., pag. 196.
[29] Ibid., pag. 195.
[30] PEDDICORD (Richard), op. cit., pag. XII: «Garrigou fu l’incarnazione della fedeltà all’ideale Domenicano».
[31] Questa lettera è stata tradotta in francese e pubblicata in Itinéraires, n°. 86, op. cit., pag. 1-2.
[32] Osservatore romano, 17-18 febbraio 1964, citato in Itinéraires, n°. 82, aprile 1964, pag. 127.
[1] Archivi dipartimentali di Gers (A. D. 32), 5 E 17842, nascite, 9° foglio r,, n°. 39.
[2] Su colui che viene chiamato il san Vincenzo de’ Paoli di Tolosa, si può leggere MEYER (Jean-Claude), La Vie de Maurice Garrigou, Baziège, Pélé-Jeunes, 2002.
[3] A. D. 32, 5 E 17839, matrimoni, 23° foglio v., n°. 43.
[4] Cfr. GAGNEBET (M.-R.), «L’œuvre du P. Garrigou-Lagrange: itinéraire intellectuel et spirituel vers Dieu » (Conferenza pronunciata a Roma il 27 maggio 1964), articolo apparso su Angelicum, vol. 42, Roma, 1965, pag. 8.
[5] Sulla vita di questo personaggio stupefacente cfr. GARREAU (Albert), Henri Lasserre, l’historien de Lourdes, Parigi, Lethielleux, 1948.
[6] L’atto di battesimo si trova negli archivi diocesani (Atti di cattolicità, anno 1877, n°. 41).
[7] LAVAUD (Marie-Benoît), «Le Père Garrigou-Lagrange. In Memoriam», articolo apparso su La Revue thomiste, n°. 64/2, Tolosa, 1964, pag. 195, n. 1.
[8] Aneddoto riportato da LAVAUD (Marie-Benoît), ibid., pag. 182-183.
[9] Discorso riportato da GAGNEBET (M:-R.), op. cit., pag. 9-10. [10] Cfr. GUGELOT (Frédéric), La Conversion des intellectuels au catholicisme (1885-1935), Parigi, Edizioni del CNRS, 2010.
[11] «Lettres de jeunesse au P. Ambroise Gardeil (1903-1909)», pubblicate dall’Angelicum, vol. 42, Roma, 1965, pag. 137-194.
[12] Con cui rimase per molto tempo in contatto. Gli inviò i suoi libri, in particolare La Providence et la confiance en Dieu (1932) e Le Sauveur et son amour pour Dieu (1934), che giocarono un grande ruolo nella conversione finale di Bergson al cattolicesimo.
[13] Lettera del 28 novembre 1903, ibid., pagg. 142-143.
[14] GAGNEBET (M.-R.), op. cit., pag. 17.
[15] CONGAR (Yves), Journal d’un théologien, 1946-1956, Parigi, Le Cerf, 2000, pagg. 35-36: «Era ritenuto essere, solo tra i domenicani francesi, totalmente, virginalmente fedele a san Tommaso, come se avesse una grazia tomista integrale».
[16] LAVAUD (Marie-Benoît), op. cit., pag. 186.
[17] Ibid.
[18] Ibid., pag. 185.
[19] GAGNEBET (M.-R.), op. cit., pag. 13.
[20] EMONET (P.-M.), «Un Maître prestigieux», testimonianza pubblicata su Angelicum, vol. 42, Roma, 1965, pag. 197. Padre Garrigou aveva all’epoca circa sessant’anni.
[21] LAVAUD (Benoît-Marie), op. cit., pag. 187.
[22] GAGNEBET (M.-R.), op. cit., pag. 14.
[23] Raïssa Maritain ha scritto il racconto di questi ritiri nel suo Journal, publié par Jacques Maritain, Parigi, 1964.
[24] Per una bibliografia completa, cfr. Zorcolo (B.): «Bibliografia del P. Garrigou-Lagrange» in Angelicum, vol. 42 (1965), pag. 200-272 (in ordine cronologico e tematico). Per una bibliografia più breve, con un riassunto di ciascun libro, cfr. MADIRAN (Jean) e LOUIS (Eugène) in Itinéraires, n°. 86, Parigi, settembre-ottobre 1964, pagg. 88-94.
[25] GARRIGOU-LAGRANGE (Réginald), «La nouvelle théologie, où va-t-elle?» in Angelicum, vol. 23, Roma, 1946, pagg. 126-145. Ripreso in appendice in La Synthèse thomiste, Parigi, Desclée de Brouwer, 1947, pagg. 699-725.
[26] PEDDICORD (Richard), The sacred Monster of Thomism, an introduction of the life and legacy of Reginald Garrigou-Lagrange, South Bend, Saint Augustine’s Press, 2005, pag. 2: «Per molti, Garrigou-Lagrange simboleggia un’etica teologica, che è stata completamente screditata dal Concilio Vaticano II. (…) Garrigou-Lagrange è stato efficacemente identificato con la rigidità teologica e la repressione ecclesiastica».
[27] LOEW (Jacques), Journal d’une mission ouvrière, Parigi, Le Cerf, 1959. Pag. 370.
[28] LAVAUD (Benoît-Marie), op. cit., pag. 196.
[29] Ibid., pag. 195.
[30] PEDDICORD (Richard), op. cit., pag. XII: «Garrigou fu l’incarnazione della fedeltà all’ideale Domenicano».
[31] Questa lettera è stata tradotta in francese e pubblicata in Itinéraires, n°. 86, op. cit., pag. 1-2.
[32] Osservatore romano, 17-18 febbraio 1964, citato in Itinéraires, n°. 82, aprile 1964, pag. 127.
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