Nella nostra traduzione da The Catholic Thing. I giorni di Quaresima sono giorni escatologici in cui ci prepariamo a incontrare Dio alla morte nel giudizio particolare. Anticipiamo anche la seconda venuta di Gesù nella gloria.
Insegnaci a contare i nostri giorni
Invecchiando, mi ritrovo a pensare di più alla morte. Non ho più la mia grinta e la mia resistenza giovanile. Riconosco di essere mortale. Morirò. "Settanta è la somma dei nostri anni, ottanta per i più forti" (Salmo 90). "Quanto all'uomo, le sue vie sono come l'erba che germoglia al mattino; egli fiorisce come un fiore di campo; perché il vento lo investe, e più non esiste, e il suo posto non lo riconosce più" (Salmo 103). "Signore, fammi conoscere la mia fine, e qual è la misura dei miei giorni; fammi sapere quanto è fugace la mia vita!" (Salmo 39). A causa della brevità della nostra vita, dobbiamo imparare a "contare correttamente i nostri giorni, affinché possiamo acquistare la saggezza del cuore" (Salmo 90).
La nostra vita può non essere lunga, ma ognuno di noi deve viverla in accordo con la propria particolare vocazione. "Stà fermo al tuo impegno e fanne la tua vita, invecchia compiendo il tuo lavoro." (Siracide 11:20) Come figli del Padre, la gloria della nostra vita è invecchiare svolgendo tutti i vari compiti che il Signore ci affidato. Dobbiamo supplicare Dio: "Rafforza per noi l'opera delle nostre mani! L'opera delle nostre mani rafforza!" (Salmo 90)
Inoltre, dobbiamo anche ricordare che la morte non è la fine. Viviamo vite escatologiche. Creati a immagine e somiglianza eterna di Dio, dobbiamo condividere la sua immortalità. Dobbiamo vivere per sempre. Il peccato ha portato con sé, tuttavia, la maledizione della morte. Tuttavia, Dio non poteva permettere alla morte di avere l'ultima parola. La morte è un affronto a Dio. Il Dio eterno è il Dio della vita. È il Dio vivente. Non può tollerare la morte.
Così, Dio ha mandato il Suo Figlio nel mondo. Come Parola incarnata, Gesù proclama la parola finale, e quella parola è: Sorgi! Attraverso la Sua morte sacrificale sulla croce, Gesù ha vinto il peccato e ha sconfitto la maledizione della morte attraverso la Sua gloriosa risurrezione. La risurrezione di Gesù è l'irruzione dell'eschaton, la realizzazione qui sulla terra della vita eterna. Tutti coloro che dimorano in Lui sulla terra, attraverso la fede e il battesimo, dimoreranno in Lui per sempre in Cielo.
“Non sapete che quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte? Siamo dunque stati sepolti con lui mediante il battesimo nella morte, affinché, come Cristo fu risuscitato dai morti mediante la gloria del Padre, così anche noi camminassimo in una vita nuova” (Romani 6:3-4).
Ci sono due momenti escatologici. Il primo è quello che è stato tradizionalmente chiamato il giudizio particolare, che ha luogo quando l'anima del defunto appare davanti a Dio immediatamente dopo la morte. In questo momento la persona si trova di fronte a tre possibilità: raccogliere tutti i benefici di una vita santa, cioè la vita eterna con i santi beati in cielo; la dannazione eterna morendo in uno stato di peccato mortale; o procedere in purgatorio per essere purificata dai resti del peccato che ancora sono insiti nell'anima.
Il secondo momento escatologico è il giudizio finale o universale quando Gesù risorto tornerà in gloria e splendore alla fine dei tempi. In questo momento, i morti risorgeranno corporalmente dalle loro tombe e assumeranno pienamente la risurrezione corporea di Gesù. Allora, anche, l'intera creazione troverà la sua fine escatologica, perché ci saranno un nuovo cielo e una nuova terra.
“Sappiamo bene infatti che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto; essa non è la sola, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l'adozione a figli, la redenzione del nostro corpo”. (Romani 8:22-23) Viviamo “ora”, possedendo le primizie dello Spirito, e “non ancora”, aspettando la piena redenzione del nostro corpo. Viviamo nella speranza.
Non sappiamo per quanto tempo dovremo attendere nella speranza, sia per quanto riguarda la nostra morte individuale, sia per quanto riguarda il ritorno di Cristo nella gloria. Può sembrare, secondo il nostro calcolo umano, che sia già passato molto tempo; e Gesù deve ancora tornare. Pertanto, "attendere con impazienza nell'aspettativa" può sembrare una perdita di tempo. Ma è proprio durante questo periodo di attesa nella speranza che dobbiamo sempre essere preparati. Quanto al giorno della venuta di Gesù, "nessuno lo sa, neppure gli angeli del cielo, né il Figlio, ma solo il Padre". (Matteo 24:36) In quanto incarnato, il Figlio di Dio non ne è nemmeno consapevole, e così, in fiduciosa speranza, anche Gesù attende.
Riguardo alla risurrezione, Paolo è pienamente rassicurato: “Ecco io vi annunzio un mistero: non tutti, certo, moriremo, ma tutti saremo trasformati, in un istante, in un batter d'occhio, al suono dell'ultima tromba; suonerà infatti la tromba e i morti risorgeranno incorrotti e noi saremo trasformati. È necessario infatti che questo corpo corruttibile si vesta di incorruttibilità e questo corpo mortale si vesta di immortalità.” (1 Corinzi 15:51-53).
Siamo attualmente nel periodo liturgico della Quaresima, un periodo che guarda con speranza alla Pasqua e alla gloria di Gesù Risorto. Questo, quindi, è un periodo in cui facciamo il punto delle nostre giornate. Le stiamo contando correttamente?
Questi sono anche i giorni in cui ricordiamo che moriremo, perché siamo polvere e polvere torneremo.
Questi quaranta giorni sono, allo stesso modo, giorni escatologici, perché ci stiamo preparando a incontrare Dio alla nostra morte – il nostro giudizio individuale particolare, quando le nostre azioni, buone e cattive, saranno valutate correttamente. Allo stesso modo, stiamo anticipando la seconda venuta di Gesù nella gloria. Attendiamo nella speranza escatologica di arrivare a essere come Lui nella pienezza della sua gloria di Risorto.
Nel frattempo, imploriamo il Signore: “Rafforza per noi l’opera delle nostre mani! L’opera delle nostre mani rafforza!”
P. Thomas G. Weinandy, OFM[Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]
1 commento:
Il paradiso è una realtà che non possiamo ridurre alle categorie limitate della nostra esperienza umana. È un errore pensarlo con gli schemi dello spazio e del tempo, della materia e dell’energia, perché la scienza stessa ci ha insegnato che esistono dimensioni che vanno oltre ciò che possiamo percepire con i sensi.
Le grandi scoperte della fisica moderna ci hanno mostrato come la realtà sia ben più complessa di quanto appaia. Sappiamo che lo spazio e il tempo possono curvarsi, che la materia può trasformarsi in energia, che le forze fondamentali dell’universo operano su livelli che la nostra intuizione fatica a comprendere. E se tutto questo è possibile nella struttura fisica del cosmo, perché non potrebbe esistere una dimensione ulteriore, libera dai vincoli di spazio, tempo ed energia?
Il paradiso, quindi, non è un luogo fatto di forme materiali o energie misurabili, ma una realtà che supera queste categorie. È una dimensione che potremmo definire metafisica, ma che non è in contrasto con la scienza — anzi, la scienza stessa, con la sua continua esplorazione dei misteri della natura, apre la strada alla possibilità di questa esistenza.
In fondo, chi conosce la profondità delle leggi fisiche sa che non possiamo escludere l’esistenza di una realtà oltre il visibile, una realtà che potrebbe essere il vero fondamento di tutto ciò che esiste. E questa consapevolezza non è solo un atto di fede, ma una conclusione logica per chi ricerca la verità con rigore e onestà intellettuale.
Antonino Zichichi
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