“Io ti assolvo dai tuoi peccati”… Assolto… Sciogliere… slegare il nodo gordiano senza sguainare la spada.
Siamo legati, addirittura incatenati e schiavi del peccato, ma veniamo assolti.
Ogni peccato è spiritualmente una colpa, determina una pena e può essere oggettivamente un danno.
Peccato è “non fare la volontà di Dio”. Può succedere per debolezza, per costrizione o per volontà pura. Se ci sono le condizioni di materia grave, piena avvertenza e deliberato consenso, il peccato è “mortale”.
Non siamo assolti da Dio, nella Sua misericordia, per non aver commesso il fatto
Non siamo assolti da Dio, nella Sua misericordia, per insufficienza di prove
Al contrario: abbiamo riconosciuto il peccato, l’abbiamo presente, l’abbiamo descritto, pentendocene.
Ce ne siamo “accusati” da noi, senza che nessuno (o prima che qualcuno) potesse farlo.
Lì scatta sacramentalmente l’assoluzione.
L’assoluzione ci libera dalla colpa, tuttavia ogni nostro peccato comporta non solo una “colpa”, ma anche una “pena”. Intanto ogni peccato, anche veniale, porta con sé la sua pena, come sua necessaria conseguenza. La pena temporale consiste in una sofferenza che si può scontare in questa vita oppure in Purgatorio. Ai peccati “mortali” (per lo spirito) può conseguire una pena che -a livello spirituale- può essere eterna. Già in questa vita comunque ogni peccato provoca una sofferenza. Il peccato infatti inquina la creazione, danneggiandola: e danneggia sia chi pecca, sia l’innocente che lo subisce senza propria colpa.
La pena (temporale o eterna) può esserci rimessa per grazia: accade quando, sinceramente pentiti, chiediamo perdono a Dio nel Sacramento della Confessione o (se questo è momentaneamente impossibile) con un atto di contrizione perfetta unito al proposito di confessarsi al più presto. Quando il peccato mortale ci viene rimesso dalla misericordia, la pena eterna (tolta la colpa resta infatti il danno provocato) viene commutata in pena temporale, come per i peccati veniali. Rimessa la colpa e mitigata o rimessa la pena, resta il danno.
Possiamo sempre essere certi che il buon Dio ci perdoni e rimetta tutta la colpa, ma questo non significa automaticamente che ci è rimessa anche tutta la pena temporale e sensibile dovuta per quel peccato. Dio non ci fa pesare la colpa, non ci giudica, non ci etichetta, non ci declassa e squalifica, ma, nella Sua infinita giustizia, non elimina la realtà (un reo confesso di omicidio, perdonato da Dio, dovrà comunque fare i conti con la realtà della persona uccisa, il danno). Nella grazia e la misericordia c’è sempre vera giustizia e non “magia”.
Un’anima tornata in grazia di Dio, confessandosi regolarmente, ottiene, quanto alla colpa, la remissione completa di tutti i peccati di cui si è pentita; ma non ha necessariamente ottenuto la remissione quanto alla pena temporale. A quell’anima può restare infatti da scontare una pena temporale legata ai suoi peccati veniali e/o ai suoi peccati mortali già confessati; senza trascurare il fatto che possono restarle alcuni peccati veniali di cui non ha mai voluto pentirsi, dei quali dunque porta ancora la colpa, oltre alla pena.
La pena temporale può essere scontata già in questa vita e in vari modi: con la penitenza, con la mortificazione, con le sofferenze accettate di buon grado per amor di Dio, con il lavoro e l’impegno quotidiano, con la pratica della carità in tutte le sue manifestazioni, con la preghiera assidua, con la partecipazione frequente ai Sacramenti e al Santo Sacrificio della Messa. Ogni volta che ci accostiamo degnamente al Sacramento dell’Eucaristia riceviamo una certa remissione della pena temporale dei nostri peccati, in misura sempre abbondante, proporzionata al fervore, alla fede e all’amore con cui riceviamo il Corpo e il Sangue di Gesù (molto importanti, perciò, sono la preparazione prima della Messa e il ringraziamento dopo la Messa).
La pratica delle indulgenze -parziali o plenarie- ha un effetto mitigante sulla pena temporale che altrimenti dovremmo scontare in Purgatorio. Compiendo un’opera buona a cui la Chiesa ha associato l’indulgenza, si ottiene (tratto dal tesoro infinito dei meriti di Gesù, di Maria e dei santi) di colmare, tutto o in parte (indulgenza plenaria/indulgenza parziale) la pena temporale che meriteremmo per i nostri peccati.
Le indulgenze non rimettono la colpa: infatti rimettono solo la pena temporale, mentre la colpa può essere rimessa con il pentimento e (almeno per il peccato mortale) attraverso la Confessione. Le indulgenze, specialmente parziali, sono facilissime da “lucrare” (come si diceva un tempo): anche solo recitando mentalmente la frase “Gesù mio, misericordia” si ottiene un’indulgenza parziale. Sarebbe sciocco non cogliere ogni giorno questa opportunità, in modo da arrivare al termine della nostra vita con molte indulgenze praticate e quindi un enorme sconto sulle pene temporali che ancora dovessero attenderci in Purgatorio.
Nulla nella sapienza ecclesiale è privo di una misericordiosissima logica. Nessun giudizio umano avrebbe previsto che Dio pagasse Lui per le nostre colpe invece di imputarcele. Ma nessuna logica può prevedere che l’essere amati come peccatori estingua una pena, causata non da “legalismo” ma dal disordine stesso intrinseco ad un peccato, che ferisce la creazione, ferisce le creature e ha piagato Cristo in croce.
Teniamo anche presente che possiamo beneficiare (“guadagnare”) le indulgenze non solo per noi stessi, ma anche per le anime dei defunti che si trovano già in Purgatorio, in modo da liberarli al più presto da ogni pena. Questa ulteriore grazia ultraterrena è evidente nella fede nella comunione dei santi e nella vita eterna. L'Assoluto assolve perchè è oltre i nostri limiti!
RS
Liberamente tratto da http://www.libertaepersona.org/wordpress/2012/08/il-purgatorio-cose-e-come-evitarlo/
8 commenti:
Jubilé de quoi, au fait ?
Cher Raoul,
je pense que au milieu de la question il n y à pas le Jubilè mais le sacrement.
Le Jubilè peut etre une bonne opportunité pour vivre le sacrement et pour reconnaître nos péchés.
Il faut que le repentir s'accompagne au reconnaitre le péché... et qui le deux s'accompagnent a une vraie (effective) pénitence pour satisfaire aussi la justice.
Le Jubilè n'est pas une simple confession or une simple absolution, sans aucune lien avec la realitè du péchè et la realitè de la miséricorde de Dieu, bién différente d'une blanchisserie à jetons.
Dieu aussi n'est pas une blanchisseur.
Pour nous "laver" Il a choisi le couleur rouge de Son sang.
Sarebbe stata una buona opportunità, il Giubileo, intendo, se chi di dovere, dal VdR all'ultimo predicatore, ne avessero approfittato per reinsegnare ai Cattolici, solo ai Cattolici per carità, non allarghiamoci, che cos'è veramente il peccato, perché con le nostre azioni peccaminose offendiamo Dio e danniamo la nostra anima, e che cosa significa appunto " dannazione". Da quando leggo ill blog, ho,scoperto cose, sui peccati veniali e mortali, che, o non ho mai saputo, o me le sono dimenticate dai tempi del catechismo ( fatto sul testo di S.Pio X). Poi, dopo aver insegnato cos'è il peccato, insegnare cos'è la Giustizia e la Misericordia, quella vera, di Dio.
Ma cosi...io folle al confessionale non ne vedo, neanche folle in chiesa, se è per questo, se non il giorno di Pasqua.
Rr
Tutto questo però e stato travolto e superato dalla nuova chiesa di Bergoglio che ha abolito i vecchi peccati sostituendoli con i nuovi reati politicamente corretti ed ideologici. Così per esempio un nemico politico è "peccatore" a seconda dello schieramento, Trump peccatore, l'abortista guerrafondaia Clinton santa. I "poveri" sono bravi e innocenti e i "ricchi" cattivi e corrotti a prescindere. L'evasore fiscale è un peccatore imperdonabile mentre il ladro, magari assassino di anziani a scopo di rapina va compreso specie se appartenente alle categorie privilegiate. Non più contano l'intenzione e l'azione ma l'appartenenza al campo giusto e si potrebbe riempire una enciclopedia con questi doppiopesismi. E poi, alla fine, c'è il "va e continua pure che va tutto bene (ai suoi amici...)" al posto del "va e non peccare più". In pratica un cornificatore seriale, che paga le tasse e vota PD va in paradiso. Non si può nascondere che la cosa abbia i suoi vantaggi.
Miles
Cher Tralcio, merci de me répondre en français. Mais ma question ne portait pas sur le péché, le sacrement ou la miséricorde, mais sur l'occasion de ce jubilé, je veux dire : le concile Vatican II, dont, à mon humble avis, pour moi qui ne suis ni catholique libéral ni démocrate-chrétien, il n'y a pas lieu de se réjouir, de "jubiler"… On ne se réjouit pas d'un désastre. On le pleure et on l'oublie. On fait en sorte qu'il ne se renouvelle pas. Mais en a-t-on pris le chemin ? Or ne va-t-on pas bientôt nous inviter à célébrer les 500 ans de la révolution luthérienne ? Là, on est en plein délire. Je le dis comme je le pense : je ne mange pas de ce pain-là. Ce catholicisme-là n'est pas le mien.
"Ce catholicisme-là n'est pas le mien." : aussi pour moi, naturellement
Oltre alle implicazioni oggettive del peccato in chi lo compie, andrebbero ricordato anche le sanzioni canoniche, che la Chiesa applica ai casi più gravi: esse sono delle pene aggiuntive, che hanno come scopo quello di rendere più tangibile al peccatore ed alla comunità la gravità del crimine compiuto, sia con uno scopo deterrente (in modo che altri si astenga dal compierlo, per le conseguenze immediate che esso implica nei rapporti sociali), sia con scopo medicinale (in modo che il colpevole si spinto ad emendare la propria condotta).
Le pene canoniche che la Chiesa infligge ad alcune fattispecie di peccati manifestano la separazione del peccatore dal corpo sociale: si pensi alla scomunica per i suicidi (che pubblicamente compiono un atto di disperazione in punto di morte), per i concubinari e i pubblici peccatori (che pubblicamente violano i Comandamenti), per i comunisti e per i massoni (che pubblicamente negano Dio e combattono contro la Chiesa), per chi compie o coopera all'aborto ecc.
Fa parte dell'atteggiamento della chiesa conciliare l'aver indebolito significativamente queste pene canoniche (a parte i casi in cui la loro applicazione riguarda buoni cattolici, in cui la severità della Gerarchia progressista non conosce misericordia). Assistiamo così alla depenalizzazione de facto del suicidio, allorché si concedono esequie pubbliche a chi si è dato la morte; vediamo gli esiti dell'abolizione della scomunica per chi richiede la cremazione (rito prettamente massonico) e l'ammissione di divorziati al ruolo di padrini nel Battesimo o nella Cresima. Non può mancare, in questo panorama generale, anche l'ammissione ai Sacramenti dei concubinari.
Ovviamente la valutazione morale sembra apparentemente preservata: ma è chiaro a chiunque che, laddove venga a mancare la riprovazione pubblica e la pena canonica legata al concubinato, per presunte ragioni pastorali, anche il peccato stesso ne venga in qualche modo legittimato, o quantomeno sia indebolita la percezione della sua gravità.
Ce catholicisme-là n'est pas le mien.
Ce n'est pas du catholicisme, tout simplement.
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