Abbiamo in cantiere diverse traduzioni per documentare, com'è nostro impegno, le reazioni e i commenti sulle recenti vicende ecclesiali dell'Orbe cattolico a confini allargati. Siamo dunque grati a MiL da cui lo riprendo di seguito, di aver anticipato dal blog L'homme nouveau dello scorso 8 aprile un intervento a caldo di don Claude Barthe sull'Esortazione Apostolica "Amoris laetitita".
Il sensus fidei / fidelium
Due successive sessioni del Sinodo dei Vescovi sul tema della Famiglia, ben inquadrate in ciò che si potrebbe chiamare “Sinodo dei Media”, hanno focalizzato l’attenzione sull’ammissione, in certi casi, delle persone che vivono pubblicamente nell’adulterio ai sacramenti della penitenza e dell’eucarestia. In un articolo de L’Homme Nouveau del 14 marzo 2015, «L’istinto della fede e la crisi della dottrina del matrimonio», evocavamo la possibilità che i paragrafi ambigui delle relazioni finali delle due sessioni potessero esser ripresi dall’esortazione post-sinodale che doveva seguire. Ci siamo arrivati.
Molti competenti analisti si accingono a commentare l’esortazione, intitolata Amoris lætitia, che porta la data dello scorso 19 marzo. Ne sottolineeranno bellissimi passaggi sulla famiglia cristiana, considerazioni opportune su aspetti raramente trattati dai documenti pontifici (i genitori anziani, le difficoltà concrete dell’educazione, ecc.). Apprezzeranno il fatto che il testo affronta direttamente le reali situazioni della famiglia nel mondo contemporaneo.
Ma noteranno pure che, sin dall’inizio, l’esortazione, nel momento stesso in cui si avvia a trattare un certo numero di problemi dottrinali già definiti dal magistero della Chiesa, afferma tuttavia la legittimità della libera discussione quanto alle applicazioni in taluni casi: «desidero ribadire che non tutte le discussioni dottrinali, morali o pastorali devono essere risolte con interventi del magistero. Naturalmente, nella Chiesa è necessaria una unità di dottrina e di prassi, ma ciò non impedisce che esistano diversi modi di interpretare alcuni aspetti della dottrina o alcune conseguenze che da essa derivano». Ciò lascia, d’altra parte, una grande libertà di discutere l’esortazione, che dunque si colloca, in premessa, al di fuori del campo degli «interventi magisteriali».
In funzione di ciò, l’ottavo capitolo («Accompagnare, discernere e integrare la fragilità»), specialmente i nn. 296-312, aprono una breccia nella dottrina morale precedente: «i divorziati che vivono una nuova unione, per esempio, possono trovarsi in situazioni molto diverse, che non devono essere catalogate o rinchiuse in affermazioni troppo rigide senza lasciare spazio a un adeguato discernimento personale e pastorale» (n. 298); «accolgo le considerazioni di molti Padri sinodali, i quali hanno voluto affermare che “i battezzati che sono divorziati e risposati civilmente devono essere più integrati nelle comunità cristiane nei diversi modi possibili, evitando ogni occasione di scandalo”» (n. 299); «è possibile soltanto un nuovo incoraggiamento ad un responsabile discernimento personale e pastorale dei casi particolari (...). Il colloquio col sacerdote, in foro interno, concorre alla formazione di un giudizio corretto su ciò che ostacola la possibilità di una più piena partecipazione alla vita della Chiesa» (n. 300). Incidentalmente, la possibilità di vivere «come fratello e sorella» per i coniugi in situazione irregolare è messa in discussione dalla nota a piè di pagina n. 329, con un richiamo indebito al n. 51 di Gaudium et spes, che tratta degli atti coniugali all’interno della famiglia legittima, ove l’astinenza è difficile. Con la conclusione pratica tanto attesa, formulata in termini un po’ imbarazzati dalla nota n. 336: una norma [si prende in considerazione quella che concerne i divorziati impegnati in una nuova unione] può, in certi casi, essere addolcita «per quanto riguarda la disciplina sacramentale».
Da parte nostra, in queste considerazioni a caldo, ci limiteremo a sollevare la questione dell’imputabilità. «Non è più possibile dire che tutti coloro che si trovano in qualche situazione cosiddetta “irregolare” vivano in stato di peccato mortale, privi della grazia santificante» (n. 301). Dal che questa proposizione: «Nel contesto di queste convinzioni, considero molto appropriato quello che hanno voluto sostenere molti Padri sinodali: “In determinate circostanze le persone trovano grandi difficoltà ad agire in modo diverso. […] Il discernimento pastorale, pur tenendo conto della coscienza rettamente formata delle persone, deve farsi carico di queste situazioni. Anche le conseguenze degli atti compiuti non sono necessariamente le stesse in tutti i casi» [Relatio finalis 2015, n. 85].
Il testo non invoca la tradizionale buona fede – di cui Dio è giudice -, che può, effettivamente, in certi casi, scusare dal peccato. Esso suppone, al contrario, un soggetto «che conosce bene la norma». In ogni caso, e molto concretamente, si trasforma un’eventuale non-imputabilità soggettiva in non-imputabilità oggettiva, che permetterà di ricevere i sacramenti pur restando in una situazione oggettiva di peccato. Tutto ciò, d’altra parte, non fa che incoraggiare una pratica liberale già consolidata in molti luoghi.
Ma ancor prima, c’è la coscienza sacerdotale, quella del pastore d’anime che dovrà rispondere al giudizio di Dio dei consigli che avrà dato. Il sacerdote, confessore o meno, che accompagna queste persone, si troverà nel caso seguente: dei soggetti in stato di pubblico adulterio, reputando di non poter rinunciare agli atti di per sé riservati al matrimonio legittimo, vogliono essere da lui considerati come responsabili, al massimo, di peccato veniale. Pur supponendo di trovarsi nel caso limite che queste persone abbiano la certezza, in coscienza, che la precedente unione fosse invalida (n. 298, con rinvio a Familiaris consortio 22, che in questo caso richiede di vivere la seconda unione come fratello e sorella), non c’è – almeno al momento – un nuovo matrimonio sacramentale. Costoro si trovano, dunque, nella situazione di tutte le persone non sposate: l’attività carnale è loro proibita dal comandamento divino. La morale naturale e cristiana parla di fornicazione. Ecco dunque che, ormai, il sacerdote potrà affermare che questi atti, in certi casi, sarebbero al massimo peccati veniali. Il capovolgimento è considerevole.
Va da sé che non siamo in presenza di un atto del magistero infallibile, cui si è tenuti ad aderire a pena di perdere la fede. Ma è permesso dire che la dottrina della Chiesa, quantomeno, non ne esce chiarita. Ed è qui necessario mettere in azione il sensus fidei/fidelium. Lo si è già visto dispiegarsi preventivamente presso eminenti pastori, come la trentina di cardinali che hanno manifestato la loro opposizione a una mutazione morale, dei quali parla Jean-Marie Guénois nel suo articolo sul Figaro di oggi, o ancora come gli autori di recenti libri collettivi (1). Nel nostro articolo del 10 marzo 2015, dicevamo che questa messa in opera dell’istinto della fede, non solo si oppone a una sorta di smagliarsi del magistero pontificio, ma pone anche le basi per la ritessitura magisteriale, per restare nel richiamo metaforico a Penelope. Oggi, molto concretamente, l’uso del sensus fidei/fidelium contribuisce a far appello – nel senso di interporre appello – al magistero morale come infallibile, e, dunque, al magistero in generale nella pienezza del suo esercizio salutare per le anime. È in gioco una posta istituzionale capitale per la Chiesa negli anni a venire.
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(1) I cardinali Walter Brandmüller, Raymond Leo Burke, Carlo Caffarra, Velasio De Paolis, Gerhard Ludwig Müller, Permanere nella verità di cristo. Matrimonio e comunione nella Chiesa cattolica, Cantagalli, 2014. Di nuovo il cardinal Caffarra, Arcivescovo di Bologna, e dieci altri cardinali: Cordes, già Presidente del Consiglio Cor Unum, Eijk, Arcivescovo di Utrecht, Ruini, già Cardinal Vicario di Roma, Sarah, Prefetto della Congregazione per il Culto divino, Urosa Savino, Arcivescovo di Caracas, Cleemis, Arcivescovo Maggiore dei Siro-Malankaresi, Duka, Arcivescovo di Praga, Meisner, Arcivescovo emerito di Colonia, Ruoco Valera, Arcivescovo emerito di Madrid, Onaiyekan, Arcivescovo d’Abuja in Nigeria, Matrimonio e famiglia. Prospettive pastorali di undici cardinali, Cantagalli, 2014.
16 commenti:
Verremo presto fuori da questa impasse per parlare d'altro.
Appare assurdo, infatti, che con tutti i problemi epocali che premono su tanti fronti non solo ecclesiali, si debba continuare a disquisire su questo documento che in ogni caso, lungo e contorto com'è, ci terrebbe invischiati a non finire impedendoci di impegnarci in attività più costruttive.
Se tra queste può rientrare anche la critica motivata e finalizzata a chiarire omissioni, distorsioni ed equivoci, anche la critica ha un limite. Se mai ci torneremo e probabilmente saremo costretti ad ulteriori approfondimenti dai casi concreti che ci si presenteranno.
Pensavo tuttavia che questo tema, basilare nella misura in cui si inquadri la famiglia intera (e non la categoria dei divorziati-risposati) negli attacchi esiziali che le vengono inferti nel sovvertimento socio-antropologico in atto, richiederebbe piuttosto che a questi attacchi si dessero adeguate soluzioni. Mentre non si giustifica il clamore e l'enfasi, soprattutto mediatici che lo accompagnano, se non con le rovinose spinte rivoluzionarie che di fatto, così com'è stato impostato, sono state aperte nella pastorale e dunque anche nella dottrina riguardo a Sacramenti come Matrimonio, Confessione, Eucaristia.
Senza ignorare anche altri aspetti relazionali, inquadrati in insinuanti allusioni buoniste, pur se rimasti sfumati e in sottofondo.
spinte rivoluzionarie...nella dottrina... Non è di oggi ma da decenni.
Il "sensus fidei", tradizionalmente inteso, in Occidente è morto. Rimane un luogo teologico al quale si fa appello ma molto teoricamente perché ciò che conta è quanto dice la casta cleriale che prescinde tranquillamente dal "sensus fidelium". La tradizione intesa come realtà veicolata dal "corpo" intero della Chiesa (dove i laici vanno ascoltati sul serio e non semplicemente consultati) non esiste. Anticamente, nei concili ecumenici, invitavano i monaci che potevano avere parte attiva (si pensi al caso di Massimo il Confessore) in quanto luoghi in cui lo Spirito poteva parlare, depositari della tradizione non meno del corpo episcopale (che la veicolava col carisma suo proprio) e quindi con diritto di parola. In questo contesto il "sensus fidelium" aveva perfetto senso e non era ancora un bel ricordo di tempi passati.
Poisappiamo com'è andata la storia: i laici sono divenuti vettore di eresia (non solo nella questione patara e valdese ma, soprattutto in quella luterana). La Chiesa tridentina ha troncato di brutto, buttando fuori i laici dall'attenzione loro riservata precedentemente. Ora solo i chierici contavano e potevano essere meglio controllati. Il "sensus fidelium" e il "sensus fidei" rimasero appannaggio dei soli chierici (i monaci erano oramai tramontati dalla possibilità di decidere per tutta la Chiesa), fintanto che non si sono corrotti pure i chierici...
Per fortuna che la Chiesa è in mano di Dio perché con questi presupposti è il fallimento totale, almeno visto dal punto di vista umano, e non c'è dubbio che interi settori del Cattolicesimo oramai non possano più essere considerati referente fedele della Rivelazione di Cristo.
Segnalo:
http://www.lanuovabq.it/it/articoli-valorizzare-ladulterio-citando-male-san-tommaso-15828.htm
Trovo che tutto questo parlare nuoccia.
Quello che manca sono uomini di Dio, che sappiano stare in Sua compagnia,che siano conoscitori degli uomini perchè sanno stare con il Signore. Tutti questi casi, contro casi, percorsi e contro percorsi,dormire come fratello e sorella, come cane e gatto, nei tempi moderni e nei tempi antichi; tutto ciò è un'ammissione esplicita che non si è capaci di valutare chi si ha davanti, ma neanche se è uomo o donna, bianco o nero.Per supplire a questa incapacità, che per un consacrato è colpa grave,non è sufficiente ingoiarsi un oceano di tabulati statistici, enciclopedie psico-sociologiche, bigini di mistica, teologie e teologi compresi, no tutto questo è fuffa. Occorrono Dolindi Ruotolo, Padri Pii,Divi Barsotti che hanno fatto un solo percorso di accompagnamento il loro, con il loro angelo custode, verso NSGC che hanno amato sopra ogni cosa.E' questo l'unico Amore serio.Ed è quello mancante.Tutta la pastorale sgorga da questo Amore soltanto.
Gentile Pietro C.
anche correndo poi il rischio di sembrarle indelicato con l'esempio che farò (essendo Lei cristiano ortodosso), sono molto edificato dal suo intervento.
In effetti c'è un misterioso e soprannaturale substrato di rocciosa di fede nell'insieme dei credenti, che in certe epoche arriva prima dei teologi e va oltre la loro presenza.
Un esempio eclatante è la fede nell'est Europa, sopravvissuta all'ateismo di stato all'interno delle famiglie, per merito di molte nonne.
Leggendo cosa scrivono certe commissioni e quel che affermano certi teologi, c'è da stupire che ancora ci siano molte persone, anche giovani, che vivono la propria fede con slancio e rigore, inclusa l'ascesi, fatto di sacrifici, digiuni e castità.
Certamente oggi passano per "rigidi", li criticano, rinfacciano loro di essere "tristi", quando addirittura non li accusano di giudicare gli altri e di essere insensibili alle sofferenze... Costoro sono ancora degli "sportivi veri" (per dirla con San Palo) e ce la mettono tutta, senza "aiutini", senza doping, senza uscire dalle regole per poter gareggiare... Credono all'autenticità della Parola di Dio, hanno a cuore l'alta qualità del cristianesimo, il cristianesimo "bio", la natura creata da Dio e non i suoi surrogati e i tre per due dell'hard discount.
Ricordo (e mi perdoni se in questo non la pensiamo allo stesso modo) come Duns Scoto, forte della fede popolare, accreditò l'Immacolata Concezione in una famosa disputa teologica in cui non prevalse il sapere o l'intelletto di uno dei contendenti, bensì il sensus fidei che precedette la teologia e il dogma.
Il sensus fidei è una grazia soprannaturale del gregge cristiano che talora supera l'uomo "psichico" (altra accezione paolina) e i suoi intellettualismi teologici, che nell'era moderna hanno appiattito lo spirito sulla psiche e "ragionano di Dio", quasi fosse un oggetto del nostro pensiero, tirandoLo dove l'ideologia dominande preferisce che sancisca il bene e il male morale. Escludendo la mistica e perciò l'esperienza stessa del mistero, questo teologare (che cessa di farsi illuminare dall'eterno, tenendo al centro Dio, per chinarsi pastoralmente a fare dell'uomo il centro) si riduce ai conforti di una una maggioranza assembleare, non di rado manipolata da cordate clericali in pieno delirio di onnipotenza se non vera e propria predilezione per la logica della mondanità, con i mass media a loro sostegno e il vilipendio di chi si oppone.
La fede (dono di Dio) in quanto tale non erra perchè fa "vedere oltre" i sensi, facendo luce sul trascendente che c'è nei simboli attraverso i quali rendiamo culto a Dio.
Non so se la Chiesa tridentina sia così colpevole verso il sensus fidei, dato che dovette fronteggiare l'eresia luterana. Di certo è una parodia del sensus fidei la salsa sociologico-psicologica con la quale sono rilette oggi la grazia e la natura. Oggi il peccato è derubricato come "cosa brutta", cercando nel peccato la "positività". Il fine pare giustificare i mezzi... Le circostanze paiono sufficienti a fare di un peccato (in materia grave, sapendolo tale e volendolo fare e rifare) un atto non solo dovuto, bensì lecito!
L'Incarnazione non è più l'occasione per una trasformazione di una natura malata in una sana, bensì un modo per dichiarare sano un malato, ma senza guarire! Chiamando questa menzogna con il nome di "misericordia". E dato che Dio è misericordia, Dio mentirebbe, cessando di essere Verità.
Concordo con lei, signor Pietro C.: la Chiesa resta nelle mani di Dio perché altrimenti con questi presupposti sarebbe il suo fallimento totale, almeno visto dal punto di vista umano, e non c'è dubbio che interi settori del Cattolicesimo oramai non possano più essere considerati referente fedele della Rivelazione di Cristo.
La cosa clamorosamente assurda e che sà di “presa in giro” è che il Card Shomborn durante la presentazione dell’esortazione si permette di affermare che in essa si riprende la dottrina di S Tommaso d’Aquino: un domenicano che dice una cosa del genere è il colmo dei colmi. Poichè non posso pensare che un domenicano non conosca in modo sufficiente S Tommaso d’Aquino non resta il fatto che sia in malafede. La contraddizione di Bergoglio è palese perchè da una parte afferma “Chi sono io per giudicare” rinunciando ad effettuare un legittimo giudizio di condanna in foro esterno di pubblici peccatori quali i gay. Dall’altra parte vuole che si pratichi un giudizio della coscienza in foro interno per ammettere i divorziati risposati alla comunione. Ciò non è possibile perchè solo Dio può giudicare in foro interno. Ai Sacerdoti è permesso giudicare solo in foro esterno.
Siccome non siamo ancora totalmente lobotomizzati ci è facile capire il messaggio che Bergoglio ha fatto passare stamattina durante la sua "meditazione" quotidiana intitolata, tenetevi bene:
"Aggrappati alla lettera" !
Ne parla anche Socci sulla sua pagina facebook
https://it-it.facebook.com/pages/Antonio-Socci-pagina-ufficiale/197268327060719
Io vorrei capire per quale motivo il Sesto Comandamento può conoscere - secondo la vulgata bergogliana - delle deroghe, mentre per altri Comandamenti questa elasticità non si dovrebbe poter applicare. Se posso fornicare, se posso vivere in pubblico concubinato, perché non dovrei poter uccidere, o rubare, o mentire, con la benedizione della chiesa conciliare? Perché un mafioso che si trova a compiere crimini (perché ciò è quanto la mafia si aspetta da lui, o perché l'ambiente in cui vive accetta la criminalità organizzata, o perché non ha un altro lavoro che gli permetta di mantenere sé e la propria famiglia) dev'essere oggetto delle condanne unanimi della Gerarchia? Perché un trafficante di armi, o uno scafista senza scrupoli, o un datore di lavoro che defrauda l'operaio della giusta mercede dovrebbero sentirsi in colpa, mentre chi vive in istato di concubinato può accostarsi serenamente ai Sacramenti? E perché un banchiere che pignora la casa ai debitori o un industriale che deturpa l'ambiente, sempre secondo il magistero del regnante Pontefice, meritano l'inferno e la dannazione eterna, mentre due sodomiti possono esser amabilmente ricevuti in udienza dalla Santità di Nostro Signore ed esser ritratti sorridenti dai fotografi apostolici? Perché uno schiavista dovrebbe esser fatto oggetto dell'esecrazione generale, mentre chi divorzia dev'esser per forza trascinato alla balaustra a comunicarsi, col plauso del Papa e dei suoi accoliti?
Grazie Luisa,
eccolo:
BERGOGLIO DECRETA IL TRIONFO DI ERODIADE E DI ENRICO VIII, CONTRO SAN GIOVANNI BATTISTA E SAN TOMMASO MORO
Un vaticanista ultrabergogliano oggi pubblica un articolo con questo titolo: "Papa Francesco chiude i conti con il Concilio Trento".
E' vero. E' esattamente quello che è accaduto con la "AMORIS FURBIZIA", ma c'è poco da gioirne. Perché nessun papa ha il potere di rinnegare la legge di Dio e il magistero costante della Chiesa.
Peraltro Bergoglio, con il suo documento, chiude anche i conti con il Vangelo. Perché la Parola di Gesù sull'indissolubilità del matrimonio è chiarissima ("non osi l'uomo separare ciò che Dio congiunge" Mt 19,6) e sempre la Sacra Scrittura comanda: "chiunque in modo indegno mangia il pane o beve il calice del Signore, sarà reo del corpo e del sangue del Signore" (1Cor 11,27).
E - come dice Gesù nel Vangelo di Giovanni - "la Scrittura non può essere annullata".
Bergoglio si è messo sotto i piedi la Parola di Dio e la Legge di Dio e stamani da Santa Marta tuona contro "i dottori della lettera", cioè contro coloro che gli ricordano la Parola di Dio e la Legge di Dio.
Egli li paragona a quelli che hanno condannato santo Stefano.
Ma santo Stefano, al contrario, è stato martirizzato proprio perché difendeva la verità, la dottrina cristiana! Era lui il vero dottore della lettera, così come san Francesco d'Assisi predicava il Vangelo "sine glossa", cioè il Vangelo alla lettera, ricordando a tutti: "guai a quelli che morranno nelli peccata mortali".
E ci sono molti altri santi, da san Giovanni Battista a san Tommaso Moro, che egualmente hanno accettato il martirio per fedeltà alla lettera (quindi allo spirito) del Vangelo, cioè per testimoniare la Legge di Dio e la Legge morale proprio sul matrimonio.
Costoro oggi vengono svillaneggiati dal "vescovo di Roma".
E' l'ora delle tenebre.
Antonio Socci
ELOGIO DELLA GIOIA EROTICA...O ELOGIO DELLA GIOIA ERETICA? O ELOGIO DI ENTRAMBE?------------L'Ansa titola: "comunione ai divorziati". La Repubblica titola: "comunione possibile per i divorziati". Il Corriere della sera titola: "il papa apre, sacramenti ai divorziati". Avvenire titola: "papa invita a parlare delle nostre famiglie così come sono". Il Messaggero titola: "il papa apre ai sacramenti ai divorziati" e aggiunge pure: "il sesso? non è male ma dono di Dio" (il che è verso.....ma solo se vissuto come Dio vuole, cioè dentro il matrimonio-sacramento. Ma questo Il Messaggero nel titolo non lo specifica....). Radio Vaticana titola: "misericordia e integrazione per tutte le famiglie". Insomma, a quanto pare nessun mezzo di comunicazione, neppure cattolico, avrebbe adunque capito nulla di questa esortazione..... Ciliegina sulla torta: il "cattolicissimo" Melloni su La Repubblica arriva a dire che Amoris Laetitia è "un elogio della gioia erotica", mentre il giornale della Cei afferma che "la famiglia ricomincia da Francesco"!!!! A questo punto mi domando: Possibile che nessuno abbia capito ciò che dice il papa? Possibile che il papa non sappia esprimersi bene? Possibile che un papa gesuita non sappia esprimere adeguatamente ciò che pensa? La risposta, forse è questa: sa esprimere talmente bene ciò che pensa che certe cose non ha neppure bisogno di scriverle per farle capire..... Deus adiuvet
Dal sito web italiano della FSSPX: Mons. Fellay: Amoris Laetitia "Esortazione terrificante"
"In attesa di una più ampia analisi dell’Esortazione Apostolica testé pubblicata, Mons. Fellay nella sua predica al Santuario di Puy en Velay di domenica 10 aprile ha espresso un primo biasimo sulle novità introdotte dal documento in questione:
« …un’Esortazione Apostolica che porta come titolo “La gioia dell’amore” ma che ci fa piangere. Quest’esortazione è un riassunto dei due sinodi sul matrimonio. È molto lunga e contiene molte cose che sono giuste, che sono belle, e dopo aver costruito un bell’edificio, una bella barca, il Sommo Pontefice ha fatto un buco nella chiglia della barca, lungo la linea di galleggiamento. Voi sapete tutti ciò che sta accadendo.
È inutile dire che il buco è stato fatto prendendo tutte le precauzioni possibili, è inutile dire che il buco è piccolo: la barca affonda! Nostro Signore stesso ha detto che neanche uno iota, neanche un solo iota sarà tolto dalla legge di Dio. Quando Dio parla, le sue parole non ammettono eccezioni, quando Dio comanda è di una sapienza infinita che ha previsto tutti i casi possibili. Non c’è eccezione alla legge di Dio. Ed ecco che d’un tratto si pretende che questa legge del matrimonio, che si conserva dicendo che “il matrimonio è indissolubile”, (la si ripete questa frase, la si dice), poi si dice che si possono, nonostante tutto, avere delle eccezioni nel senso in cui questi divorziati cosiddetti risposati potrebbero in questo stato di peccato mortale essere in stato di grazia, e quindi potrebbero fare la comunione. È gravissimo! Gravissimo! Credo che non si misuri sufficientemente la gravità di ciò che è stato detto. È inutile dire che sono delle piccole eccezioni messe lì in un angolo; è così che è passata la comunione nella mano e come vi ho detto il piccolo buco nella nave è sufficiente, la barca affonda!»[1]
Nel prosieguo del discorso il Prelato definisce il documento «[...]Esortazione terrificante che fa tanto male alla Chiesa»(min. 21.35)
Più avanti, descrivendo la situazione generale della Chiesa, il Superiore Generale afferma che: «c’è un gran numero di prelati, e perfino di cardinali, e diremmo perfino il Papa, che dicono non soltanto delle sciocchezze ma delle eresie, che aprono la strada al peccato. [...]» (min. 23.55) "
[1] Predica di mons. Bernard Fellay in occasione del pellegrinaggio al Santuario di Puy en Velay; nell’audio, a partire dal minuto 15.00.
L'ho già pubblicato da qualche minuto...
"Un penitente cacciato da padre Pio in malo modo, confidò ad un frate che assistette alla scena: «È dall’età di dodici anni che, per vergogna, nascondo i peccati durante la confessione. È la prima volta che lo dico. Se padre Pio non mi avesse respinto, forse avrei continuato»."
A proposito di eccezioni in deroga alla norma:
- il Canone Romano, o Preghiera Eucaristica I, rimane nel Messale riformato > oggi è usato dal 3% dei sacerdoti; il 74% usa la Preghiera Eucaristica II
- il Confiteor è facoltativo nella Messa riformata: viene recitato solo nel 9% delle Messe
- il colore nero rimane, nella liturgia riformata, per le celebrazioni esequiali > oggi è scomparso del tutto
- la Comunione in ginocchio e in bocca rimane la prassi ordinaria > oggi il 95% dei fedeli riceve la Comunione in mano
- la veste talare rimane l'abito normale del chierico: il clergyman è solo permesso in certi casi > oggi solo il 4% del clero indossa la talare, il 33% il clergyman e il restante 63% veste in borghese
- nell'Alma Urbe la veste talare è obbligatoria > la usa saltuariamente solo il 3% del Clero romano
- alle Udienze Papali la veste talare è obbligatoria > la usa solo il 27% dei sacerdoti (padre Lombardi non la mette MAI)
- la berretta non è mai stata abolita > oggi la usano saltuariamente solo i Prelati
- il velo del calice è facoltativo nella Messa riformata > oggi è praticamente scomparso
- calzari e chiroteche per i Pontificali del rito riformato sono facoltativi > oggi sono completamente scomparsi
- le Rogazioni e le Tempora nel nuovo Messale sono facoltative > oggi sono di fatto abolite
- le Quarantore non sono state abolite > solo il 2% delle chiese celebra la solenne esposizione delle Quarantore
- il conopeo è facoltativo > 89 chiese su 100 non hanno il conopeo sul tabernacolo
- il canto gregoriano non è mai stato abolito > il 99% delle chiese non usa mai nemmeno il Kyriale VIII per le feste
- l'uso della stola per la concelebrazione è tollerato solo in casi di grande affluenza di sacerdoti > 9 concelebranti su 10 non usano mai la casula
Questi sono solo alcuni esempi pratici che dimostrano come, nel momento in cui si deroga ad una norma, invariabilmente viene scelta l'opzione più comoda, più sciatta, più lassista. Lo dimostrano i 50 anni di orrori e abusi non solo tollerati, ma addirittura incoraggiati dalla Gerarchia.
Figuriamoci cosa accadrà per la morale matrimoniale. Pensare che i casi di concubinari che verranno ammessi alla Comunione possano essere rari, è come credere che ci si possa ancora accostare alla balaustra in ginocchio senza essere insultati dal celebrante.
Bergoglio dimostrerebbe più onestà intellettuale se dicesse ore rotundo che il Matrimonio non è più indissolubile: non ci sentiremmo, se non altro, presi in giro.
A proposito di eccezioni in deroga alla norma:
oltre a quelle ricordate dal gran Cesare Baronio, ricordo che la legge sul divorzio fu introdotta per sanare situazioni tragiche, pesantissime, dolorosissime, eccezioni alla regola...oggi c'è il divorzio breve che, se non erro, non richiede più neanche una sentenza di un giudice, eliminando quindi un altro dei criteri di diritto pubblico dell' istituto matrimoniale sec. il diritto civile.
Anche l 'aborto fu introdotto, per es., in Usa per sanare casi gravi, situazioni penosissime, eccezioni...oggi in USA, in molti Stati, si "abortisce" fin quasi al 7' mese !, oltre all'uso dei feti per prodotti cosmetici, ricerche su farmaci, ecc.
E l'eutanasia ? vedete com' è facile eutanasiare i bambini in Belgio...eppure sempre di eccezioni si parlava. Anche il programma T3 del III Reich riguardava eccezioni...per non parlare dei processi-farsa di Stalin, erano sempre eccezioni, compagni unici che sbagliavano...milioni di persone uccise nel Gulag.
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