Sarebbe bene che il papa, in virtù dell'interpretazione data dal testo che segue alla sua proclamazione di Newman dottore della Chiesa, parlasse chiaro ai vescovi CEI e revocasse l'andazzo della sinodalità. In realtà gli errori, non chiamati col proprio nome, non vengono corretti con la dovuta efficacia. Di fatto, invece finora gli atti di Leone XIV mostrano il contrario [vedi qui - qui e indice precedenti qui].
Perché San Tommaso e Newman non
avrebbero approvato il documento CEI
La Chiesa italiana si prepara a votare il documento di sintesi del Cammino sinodale, intitolato Lievito di pace e di speranza. È un testo che vuole proiettare la comunità ecclesiale verso il futuro, ma la sua impostazione suscita un discernimento serio e, direi, doveroso.
Papa Leone XIV annuncia la proclamazione di san John Henry Newman come Dottore della Chiesa e co-patrono della missione educativa insieme a san Tommaso d’Aquino. La coincidenza non è casuale. È una risposta del Magistero che, silenziosamente, indica ai vescovi la direzione da seguire.
Newman e Tommaso sono due maestri che uniscono verità e libertà, dottrina e coscienza, grazia e ragione. Proprio per questo la loro voce, se oggi potesse risuonare nell’aula dell’Assemblea sinodale, suonerebbe chiara e ferma: il documento CEI non può essere approvato nella sua forma attuale, perché non poggia sul fondamento della verità rivelata.
San Tommaso: la verità come fondamento della pastorale
Per san Tommaso d’Aquino la Chiesa è un corpo vivo che ha in Cristo il suo principio e il suo fine. Ogni azione ecclesiale nasce dalla verità e ad essa ritorna. Nella Summa Theologiae scrive: “Ordo doctrinae est ordo veritatis.” “L’ordine dell’insegnamento è l’ordine della verità.”
Quando l’insegnamento si stacca dal fondamento dottrinale e si lascia guidare dalla prassi, la Chiesa perde la sua forma soprannaturale. Il documento sinodale presenta la Chiesa come “rete di relazioni”, “soggetto comunitario” e “movimento circolare tra base e centro”. Una descrizione che risuona come un linguaggio politico, non come un atto di fede.
Per san Tommaso, la verità non nasce dall’esperienza, ma dall’adesione dell’intelletto a ciò che Dio ha rivelato. “Veritas est adaequatio intellectus et rei.” Una pastorale che si costruisce sulle opinioni dei gruppi o sul consenso della maggioranza si fonda sull’instabile terreno dell’uomo, non sulla solidità della verità divina.
La sinodalità non è una democrazia dello Spirito, ma un cammino nella luce della grazia. La Chiesa è comunione, non circolarità di pareri. È unità che nasce dall’alto, non dalla somma delle voci.
San Tommaso vedrebbe nel documento una confusione tra l’ordine naturale e quello soprannaturale. L’ascolto e la partecipazione sono beni grandi, ma restano mezzi. Il fine è la salvezza delle anime e l’adesione alla verità che Dio ha manifestato. Dove la dottrina arretra davanti al metodo, la missione si svuota del suo contenuto salvifico.
San John Henry Newman ha vissuto in un tempo di grandi incertezze religiose e culturali, molto simile al nostro. Il suo genio spirituale ha mostrato che la coscienza non è la libertà di decidere ciò che è bene o male, ma l’obbedienza interiore alla verità.
“La coscienza ha diritti perché ha doveri.”
Nel documento CEI la coscienza viene invocata come spazio del discernimento personale, senza il richiamo chiaro al dovere di conformarsi alla legge morale. Si parla di “integrazione ecclesiale”, di “percorsi di accompagnamento”, di “cammini di inclusione”, ma la parola conversione appare marginale.
Per Newman, questo linguaggio rappresenterebbe un errore di prospettiva: la misericordia senza verità non educa, consola soltanto. La coscienza cristiana si forma nella grazia, non nel confronto con la cultura.
Nel Biglietto Speech Newman denunciò la malattia del suo tempo: "Il grande pericolo del nostro secolo è la dottrina che non esiste una verità positiva nella religione, ma che un credo vale l’altro.”
Oggi, quel pericolo si ripresenta sotto forma di linguaggio pastorale, dove tutto diventa legittimo perché tutto è accolto. Newman avrebbe ricordato che la Chiesa è madre proprio perché sa dire la verità, e che la coscienza si educa quando ascolta Dio, non quando cerca se stessa.
Dottrina e coscienza: due voci che convergono
San Tommaso e Newman non appartengono a epoche lontane, ma al cuore vivo della Tradizione. Tommaso insegna che la fede è actus intellectus ad veritatem divinam tendentis, l’atto dell’intelligenza che tende alla verità divina. Newman mostra che la coscienza è illuminata dalla verità divina e guidata dalla grazia.
Insieme, correggono le deviazioni che oggi minacciano la Chiesa italiana: la riduzione della verità alla prassi; la confusione tra coscienza e sentimento; la sostituzione della teologia con la sociologia.
Entrambi affermano che la sinodalità non è un processo di rappresentanza, ma un’esperienza spirituale.
La voce dello Spirito non si manifesta nei numeri dei consultati, ma nell’obbedienza dei credenti alla Rivelazione.
Il consenso non genera verità, la verità genera comunione.
Il loro giudizio sul documento
San Tommaso vedrebbe nel documento CEI un rovesciamento dell’ordine della fede: la prassi diventa principio e la dottrina conseguenza. Newman vi leggerebbe una coscienza ecclesiale che cerca se stessa, invece di cercare Cristo. Il loro giudizio sarebbe severo ma luminoso: il testo non nasce da un atto teologico, ma da una logica sociologica.
Tommaso direbbe che la verità non è una somma di esperienze, ma la luce che giudica ogni esperienza. Newman direbbe che la libertà non è capacità di scegliere, ma disponibilità ad aderire a ciò che Dio comanda.
Insieme ricorderebbero che la Chiesa non è chiamata a registrare le opinioni del mondo, ma a purificarle nella verità. La vera sinodalità è obbedienza comune allo Spirito che guida la Chiesa verso tutta la verità, come promette il Vangelo di Giovanni.
L’atto del Papa che proclama Newman Dottore della Chiesa e co-patrono della missione educativa insieme a san Tommaso d’Aquino è un monito di straordinaria chiarezza. Non è un gesto celebrativo, ma un atto magisteriale che ricolloca la Chiesa sulla sua roccia.
Newman rappresenta la coscienza illuminata dalla grazia, Tommaso la ragione elevata dalla verità. Insieme ricordano che ogni educazione, ogni missione e ogni riforma nascono da un principio divino, non umano.
Il documento CEI parla di processi, di ascolto, di dinamiche, ma i santi parlano di grazia, di fede, di verità. La loro voce attraversa i secoli e giunge oggi come un invito a ritrovare l’anima del credere.
La Chiesa non ha bisogno di nuovi linguaggi per essere credibile, ha bisogno di fedeltà per essere vera. Solo così potrà tornare a essere lievito di pace e di speranza nel mondo, senza perdere il gusto della verità che salva.
don Mario Proietti

1 commento:
Vedo alcuni noti influencer di ispirazione cattolica preoccupati per la prossima approvazione da parte del sinodo dei vescovi di un documento in contrasto con il sesto comandamento.
Vorrei far loro sommessamente notare che sono oltre 60 anni che dal Soglio di Pietro si professa l'indifferenza religiosa (che è in contrasto con il primo comandamento)
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